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Sentenza n. 1414 del 21 settembre 2011 Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

Revoca della carta di soggiorno - pericolosità dello straniero per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana


(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 582 del 2010, proposto da:
*****, rappresentato e difeso dagli avv.ti Roberta Mazzei ed Alessandro Viti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Federico Giordani in Firenze, via A. Antognoli 26;

contro

Ministero dell'Interno e Questura di Livorno, in persona rispettivamente del Ministro e del Questore pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede sono domiciliati per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;

per l'annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

del provvedimento del Questore di Livorno Cat. A 12 Str./2009 del 21 dicembre 2009, notificato al ricorrente il 21 gennaio 2010, recante revoca della carta di soggiorno rilasciata al sig. *****.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Livorno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 giugno 2011 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso ritualmente notificato e depositato il 17 aprile 2010, il cittadino albanese ***** proponeva impugnazione avverso il decreto del 21 dicembre 2009, mediante il quale il Questore di Livorno aveva disposto nei suoi confronti la revoca della carta di soggiorno. Il *****, affidate a tre motivi in diritto le proprie doglianze verso l’operato dell’amministrazione procedente, concludeva per l’annullamento dell’atto impugnato, previa sospensione dell’efficacia.

Costituitisi in giudizio il Ministero dell’Interno e la Questura di Livorno, che resistevano alle domande avversarie, con ordinanza del 6 maggio 2010 il tribunale accordava la misura cautelare richiesta.

Nel merito, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 1 giugno 2011, preceduta dal deposito di memoria difensiva da parte della sola difesa erariale.

DIRITTO

Il ricorrente ***** impugna il decreto del 21 dicembre 2009, con cui il Questore di Livorno ha disposto nei suoi confronti la revoca della carta di soggiorno (ora, permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo), motivando tale determinazione con riferimento ad alcuni episodi occorsi negli anni 2008 e 2009, dai quali si evincerebbe la pericolosità dello straniero per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato, e, correlativamente, il venir meno delle condizioni per la conservazione del permesso, ai sensi dell’art. 9 co. 7 del D.Lgs. n. 286/98.

Con il primo motivo di ricorso, il ***** contesta l’idoneità degli elementi addotti dall’amministrazione – l’arresto del 19 ottobre 2009 per omicidio colposo e guida in stato di ebbrezza, la denuncia per maltrattamenti in famiglia da parte della moglie, l’ordine giudiziale di allontanamento dalla casa familiare, diverse segnalazioni all’autorità giudiziaria, tutte circostanze in base alle quali il ricorrente è stato sottoposto, in separata sede, alla misura dell’avviso orale – a legittimare il provvedimento adottato, posto che il Questore avrebbe omesso la dovuta valutazione di pericolosità in concreto, limitandosi a far discendere in via di automatismo il giudizio di pericolosità dalla constatata esistenza delle pendenze penali e dei pregiudizi di polizia appena menzionati.

Con il secondo motivo, è dedotta la violazione del quarto comma del citato art. 9 D.Lgs. n. 286/98: l’amministrazione avrebbe, infatti, trascurato di considerare, ai fini del giudizio di pericolosità sociale, la durata del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale, nonché il grado di inserimento sociale, familiare e lavorativo maturato dallo straniero stesso.

Con il terzo motivo, infine, il ricorrente lamenta che il provvedimenti di revoca non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, ed, in ogni caso, non espliciterebbe in alcun modo le ragioni di interesse pubblico concreto ed attuale perseguite dall’amministrazione.

Le censure, che saranno esaminate congiuntamente, sono fondate per le assorbenti ragioni di seguito esposte.

L’art. 9 del D.Lgs. n. 286/98 stabilisce, al comma 7 lett. c), che il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo venga revocato quando mancano o vengano a mancare le condizioni per il rilascio dettate dal precedente comma 4. In forza di quest’ultima disposizione, il permesso non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato, e comunque, ai fini della valutazione di pericolosità, deve tenersi conto dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'art. 1 della legge n. 1423/56, o nell'art. 1 della legge n. 575/65, ovvero di eventuali condanne anche non definitive per i reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo codice; il diniego del permesso per lungosoggiornanti deve, per altro verso, tenere conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero interessato.

Nella specie, come accennato, il giudizio espresso dal Questore di Livorno nei confronti del ricorrente ***** si fonda sulle medesime circostanze che sono a fondamento dell’avviso orale adottato a carico dell’odierno ricorrente in epoca anteriore alla revoca della carta di soggiorno. Tuttavia, l’accertamento della pericolosità sociale condotto secondo il procedimento disciplinato dalla legge n. 1423/56 non esaurisce l’ambito delle verifiche poste a carico dell’amministrazione procedente dall’art. 9 del D.Lgs. n. 286/98, giacché, lo si è visto, il venir meno delle condizioni per il rilascio del permesso implica che si abbia riguardo anche alla durata del soggiorno nel territorio nazionale ed all'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero interessato. Di una valutazione siffatta non vi è però traccia nel provvedimento impugnato, che incorre pertanto nei vizi dedotti con il secondo motivo, e questo a prescindere dall’astratta idoneità degli elementi allegati dalla Questura a giustificare la ritenuta appartenenza del ***** ad una delle categorie di soggetti pericolosi di cui all’art. 1 della legge n. 1423/56.

Può aggiungersi, per inciso, che la considerazione della natura e dell’effettività dei vincoli familiari dello straniero, nonché della durata del suo soggiorno sul territorio nazionale, costituisce il presupposto oramai generalizzato per l’esercizio dei poteri di diniego o revoca del permesso di soggiorno, come si ricava dall’art. 5 co. 5, ultima parte, del D.Lgs. n. 286/98, norma che peraltro la giurisprudenza più recente, anche di questa Sezione, ritiene applicabile – in una prospettiva costituzionalmente orientata – anche al di fuori dei casi di esercizio del diritto al ricongiungimento familiare, cui pure la norma fa esplicito richiamo.

Alla stregua di quanto precede, va altresì riconosciuta la fondatezza del terzo motivo, nella parte in cui vi si denuncia la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90. Non può infatti considerarsi raggiunta, per gli effetti di cui all’art. 21-octies co. 2 della medesima legge n. 241/90, la prova che, nonostante il vizio procedimentale, il provvedimento non avrebbe potuto avere un contenuto diverso: al contrario, appare evidente che la partecipazione dell’interessato avrebbe potuto fare luce proprio sui profili trascurati dalla motivazione dell’atto, conducendo, in ipotesi, la Questura a conclusioni differenti.

Alla rilevata fondatezza del gravame consegue l’annullamento dell’impugnato provvedimento di revoca. Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso, annullando il provvedimento impugnato.

Condanna le amministrazioni resistenti alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2.000,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 1 giugno 2011

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/09/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Mercoledì, 21 Settembre 2011

 
 
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