CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 21 marzo 2013 (1)

Causa C‑86/12

Adzo Domenyo Alopka,

Jarel Moudoulou,

Eja Moudoulou

contro

Ministre du Travail, de l’Emploi et de l’Immigration

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla Cour administrative (Lussemburgo)]

«Cittadinanza dell’Unione – Articoli 20 TFUE e 21 TFUE – Direttiva 2004/38/CE – Diritto di soggiorno – Figli minori aventi la cittadinanza di uno Stato membro, a carico di un ascendente cittadino di un paese terzo – Diniego da parte di uno Stato membro di concedere il soggiorno, un titolo di soggiorno e un permesso di lavoro – Conseguenze sul godimento effettivo dei diritti associati allo status di cittadino dell’Unione»





I –    Introduzione

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, presentata dalla Cour administrative (Lussemburgo), verte sull’interpretazione dell’articolo 20 TFUE, eventualmente operata alla luce dei diritti fondamentali, sebbene la sua problematica principale attenga al ricorrere delle condizioni previste dalla direttiva 2004/38/CE(2).

2.        La questione pregiudiziale di cui è stata investita la Corte di giustizia è stata sollevata nell’ambito di una controversia che contrappone la sig.ra Alopka, cittadina togolese, nonché i suoi due figli, nati in Lussemburgo e aventi la cittadinanza francese, al ministro lussemburghese del Lavoro, dell’Occupazione e dell’Immigrazione (Ministre du Travail, de l’Emploi et de l’Immigration), in merito alla decisione di quest’ultimo di negare, da un lato, alla sig.ra Alopka un diritto di soggiorno in Lussemburgo e, dall’altro, di ordinarle di lasciare il territorio lussemburghese.

3.        Più precisamente, dopo il rigetto della sua domanda di protezione internazionale da parte delle autorità e dei giudici lussemburghesi, la sig.ra Alopka ha chiesto la concessione di uno status di tolleranza, che le è stata parimenti negata in un primo momento. Tuttavia, in considerazione della nascita prematura dei suoi gemelli a Lussemburgo (Lussemburgo), in data 17 agosto 2008, la sig.ra Alopka ha ottenuto il suddetto status fino al 31 dicembre 2008. Qualche giorno dopo la loro nascita, i gemelli sono stati riconosciuti dal sig. Moudoulou, cittadino francese, ed è stato loro rilasciato un passaporto ed una carta nazionale d’identità francesi, rispettivamente il 15 maggio e 4 giugno 2009.

4.        Al fine di regolarizzare il proprio status, in data 6 maggio 2010, la ricorrente nel procedimento principale ha presentato presso le autorità lussemburghesi una domanda di autorizzazione di soggiorno in quanto familiare di cittadini dell’Unione europea. Dopo avere raccolto presso la sig.ra Alopka informazioni aggiuntive riguardanti le ragioni che le impedivano di stabilirsi con i propri figli sul territorio francese dove risiede il padre dei bambini, con decisione datata 14 ottobre 2010 tali autorità hanno respinto la suddetta domanda, sottolineando che né la sig.ra Alopka né i suoi figli erano in possesso dei requisiti previsti dalla legge lussemburghese di recepimento della direttiva 2004/38. Peraltro, la decisione di cui trattasi rilevava che il controllo medico dei bambini poteva essere perfettamente garantito in Francia.

5.        Dopo che il ricorso presentato dalla sig.ra Alopka in nome proprio e dei suoi figli, volto all’annullamento delle summenzionate decisioni è stato dichiarato infondato dal tribunal administratif con sentenza del 21 settembre 2011, i ricorrenti nel procedimento principale hanno interposto appello avverso la sentenza di cui trattasi dinanzi alla Cour administrative.

6.        Il giudice del rinvio rileva, in primo luogo, che la sig.ra Alopka e i suoi figli hanno condotto una vita familiare comune in un centro d’accoglienza lussemburghese e sono dunque a carico dello Stato, senza che sia intercorso alcun contatto con il padre. Esso osserva tuttavia che la sig.ra Alopka ha ricevuto un’offerta di lavoro a tempo indeterminato in Lussemburgo, che sarebbe bloccata unicamente dalla mancanza di un’autorizzazione di soggiorno e di un permesso di lavoro.

7.        In secondo luogo, il giudice a quo osserva che la situazione dei due figli presenta caratteristiche comuni a quelle della causa che ha dato luogo alla sentenza Ruiz Zambrano (3), mettendo comunque in rilievo che i figli della sig.ra Alopka non risiedono sul territorio dello Stato membro di cui hanno la cittadinanza.

8.        Ciò premesso, la Cour administrative ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 20 TFUE, eventualmente in combinato disposto [con] gli articoli 20, 21, 24, 33 e 34 della [Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; in prosieguo: la “Carta”], letti separatamente o congiuntamente, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro, da un lato, neghi al cittadino di un paese terzo, che si faccia carico da solo dei propri figli in tenera età, cittadini dell’Unione, il soggiorno nello Stato membro di residenza di questi ultimi, dove essi vivono dalla nascita senza averne la cittadinanza, e, dall’altro, neghi al detto cittadino di un paese terzo un titolo di soggiorno o anche un permesso di lavoro.

Se tali decisioni debbano essere considerate idonee a privare detti minori, nel paese di residenza in cui vivono sin dalla nascita, del godimento reale ed effettivo del nucleo essenziale dei diritti connessi allo status di cittadino dell’Unione anche nelle circostanze di specie, in cui l’altro ascendente in linea retta, con il quale i figli non hanno mai condotto una vita familiare comune, risiede in un altro Stato dell’Unione, del quale ha la cittadinanza».

9.        Osservazioni scritte sono state presentate dalla sig.ra Alopka, dai governi lussemburghese, belga, ceco, tedesco, greco, lituano, olandese e polacco, nonché dalla Commissione europea. Le stesse parti sono state sentite all’udienza svoltasi il 17 gennaio 2013, ad eccezione dei governi ceco, greco, lituano e polacco che non si sono fatti ivi rappresentare.

II – Analisi giuridica

A –    Osservazioni preliminari

10.      Il giudice del rinvio ci chiede sostanzialmente, da un lato, se un cittadino di un paese terzo, che si faccia da solo carico dei propri figli in tenera età, che sono cittadini dell’Unione nati in uno Stato membro diverso da quello di cui hanno la cittadinanza e che non hanno mai esercitato il loro diritto alla libera circolazione, possa ricavare da quest’ultimo un diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 20 TFUE e se, dall’altro, una decisione che nega tale soggiorno e le ordina di lasciare il territorio lussemburghese sarebbe tale da privare i suddetti figli dell’effettivo godimento del nucleo essenziale dei diritti afferenti allo status di cittadino dell’Unione.

11.      Al fine di apportare una risposta utile alla prima parte della questione posta dal giudice del rinvio, ritengo che occorra anzitutto respingere l’affermazione di quest’ultimo, condivisa dai governi belga e tedesco nelle loro osservazioni scritte, secondo cui la situazione in esame, al pari di quella che è all’origine della citata sentenza Ruiz Zambiano, sarebbe «puramente interna».

12.      Infatti, dalla predetta sentenza Ruiz Zambrano, nonché dalla sentenze McCarthy e Dereci e a. (4), emerge che l’articolo 20 TFUE, cui si riferisce la questione pregiudiziale, deve essere preso in considerazione in mancanza di un qualsiasi elemento transfrontaliero attuale, nell’ipotesi di cittadini dell’Unione che risiedono nello Stato membro di cui hanno la cittadinanza e che non hanno mai esercitato il loro diritto alla libera circolazione.

13.      Orbene, nel procedimento principale, i figli della sig.ra Alopka, entrambi cittadini dell’Unione, soggiornano in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza.

14.      Tale fattispecie può dunque essere equiparata a quella che è all’origine della sentenza Zhu e Chen (5), in cui la Corte ha statuito che la situazione di un minore in tenera età, cittadino dell’Unione, che risiedeva in uno Stato membro diverso da quello di cui aveva la cittadinanza e che non aveva esercitato il suo diritto alla libera circolazione, rientrava nondimeno nell’ambito di applicazione delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di libera circolazione delle persone(6), in particolare di quelle della direttiva 90/364/CEE (7), la quale è stata sostituita ed abrogata dalla direttiva 2004/38.

15.      L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 prevede d’altronde che essa si applichi segnatamente a qualsiasi cittadino dell’Unione che soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, il che corrisponde alla situazione dei figli della sig.ra Alopka.

16.      Di conseguenza, in un primo momento occorre esaminare se, alla luce delle circostanze del procedimento principale, minori in tenera età, cittadini dell’Unione, soggiornanti in uno Stato membro di cui non possiedono la cittadinanza, soddisfino i requisiti sanciti dalla direttiva 2004/38, in particolare quelli dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di quest’ultima. In un secondo momento, si tratterà di verificare se la loro madre, quale ascendente diretta, cittadina di un paese terzo, possa godere di un diritto di soggiorno derivato(8).

17.      Come consentito dalla giurisprudenza al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre dunque riformulare la prima parte della questione pregiudiziale nel senso che essa riguarda l’interpretazione della direttiva 2004/38, del resto menzionata nella domanda di pronuncia pregiudiziale e che costituisce il fulcro delle osservazioni dei governi lussemburghese, ceco, greco, lituano, olandese e polacco nonché della Commissione(9).

B –    Sulla prima parte della questione pregiudiziale relativa al possesso dei requisiti della direttiva 2004/38

18.      Per rispondere alla questione così riformulata, va ricordato anzitutto che l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38 prevede che qualsiasi cittadino dell’Unione abbia il diritto di soggiornare sul territorio di un altro Stato membro per un periodo di più di tre mesi se dispone, per se e i propri familiari, di risorse sufficienti per non divenire un onere a carico del sistema d’assistenza sociale dello Stato membro ospitante nel corso del suo soggiorno e di un’assicurazione malattia completa nello Stato membro ospitante.

19.      Come statuito dalla Corte nella citata sentenza Zhu e Chen in merito alle disposizioni della direttiva 90/364, sostanzialmente identica all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, è sufficiente che i cittadini degli Stati membri «dispongano» delle risorse necessarie senza che tale disposizione contenga la minima prescrizione in ordine alla loro provenienza(10).

20.      Di conseguenza, per soddisfare la condizione delle «risorse economiche sufficienti» di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, non è necessario che il cittadino dell’Unione disponga esso stesso di siffatte risorse, poiché può avvalersi di un diritto di soggiorno persino quando le risorse di cui trattasi provengano da un suo familiare, ascendente diretto che ha l’affidamento di tale cittadino.

21.      Tuttavia, dalla decisione di rinvio emerge che, a differenza della situazione in esame nel procedimento principale che ha dato luogo alla sentenza Zhu e Chen (11), i figli della sig.ra Alopka non dispongono di alcun mezzo di sostentamento, il che li ha portati ad essere presi interamente a carico, assieme alla loro madre, dal Granducato del Lussemburgo, sul cui territorio i tre ricorrenti nel procedimento principale soggiornano presso un centro di accoglienza.

22.      Come indicato da varie parti interessate dinanzi alla Corte, i figli della sig.ra Alopka non sembrano dunque soddisfare le condizioni di disporre di risorse sufficienti nonché di un’assicurazione malattia completa nello Stato membro ospitante, a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38.

23.      Tuttavia, dalla decisione di rinvio emerge anche che la sig.ra Alopka non avrebbe mai avuto l’intenzione di divenire un onere per lo Stato lussemburghese e avrebbe ricevuto un’offerta di lavoro per un impiego a tempo indeterminato in Lussemburgo, la quale sarebbe soggetta all’unica condizione che essa ottenga una carta di soggiorno e un permesso di lavoro in Lussemburgo. A tal riguardo, va ricordato che, nel corso del procedimento dinanzi al giudice del rinvio, la sig.ra Alopka ha fornito copia della suddetta offerta di lavoro.

24.      In tale fase, si tratta di verificare la pertinenza di tale offerta di lavoro e dunque la possibilità di tenere conto, al fine di soddisfare la condizione delle «risorse economiche sufficienti», prevista dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, di risorse non attuali ma future o potenziali.

25.      Tale questione è stata dibattuta abbastanza a lungo dalle parti interessate nel corso dell’udienza dinanzi alla Corte.

26.      In tale occasione, i governi lussemburghese ed olandese hanno adottato un’interpretazione restrittiva della condizione enunciata all’artiolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, ritenendo che una semplice offerta di lavoro non sarebbe niente più di un’ipotetica possibilità di ottenere le risorse richieste, il che non rientrerebbe nella formulazione della disposizione di cui trattasi. A giudizio dei suddetti governi, i mezzi di sostentamento devono essere già acquisiti al momento della presentazione della domanda di soggiorno, poiché ogni interpretazione opposa avrebbe come conseguenza di privare di significato e di efficacia il requisito di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della suddetta direttiva.

27.      In linea di principio, tale posizione non convince.

28.      Considero infatti, al pari del governo tedesco nonché della Commissione, che la condizione delle «risorse economiche sufficienti» possa essere soddisfatta dalla prospettiva concreta di risorse future che deriverebbero da un’offerta di lavoro alla quale un cittadino dell’Unione o un suo familiare avrebbe risposto con successo in un altro Stato membro. L’interpretazione opposta condurrebbe a privare di efficacia la libera circolazione dei cittadini dell’Unione, mentre l’obiettivo della direttiva 2004/38 è proprio quello di rafforzare il diritto alla libertà di circolazione.

29.      Inoltre, per quanto riguarda l’entità delle risorse sufficienti, l’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 2004/38 impone agli Stati membri di tenere conto della situazione personale dell’interessato. Pertanto, nella presa in considerazione della situazione concreta di una persona, non si può ignorare la circostanza che essa abbia ricevuto un’offerta di lavoro dalla quale potrà ricavare redditi che le consentono di soddisfare la condizione sancita dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38. Qualsiasi interpretazione contraria condurebbe ad un trattamento iniquo delle situazioni individuali dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari che svuoterebbe del suo significato l’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva in parola.

30.      Di conseguenza, in via di principio, il giudice a quo dovrebbe esaminare l’offerta di lavoro a tempo indeterminato fatta alla sig.ra Alopka, al fine di verificare se i suoi figli, cittadini dell’Unione, dispongano di «risorse economiche sufficienti» ai sensi della direttiva 2004/38.

31.      Tuttavia, tale esame potrebbe essere in contrasto con le norme procedurali nazionali in quanto, come già osservato, tale offerta è stata prodotta unicamente in corso di causa nel contesto del ricorso di annullamento che la sig.ra Alopka e i suoi figli hanno promosso dinanzi ai giudici amministrativi lussemburghesi. Per procedere a siffatto esame, il giudice del rinvio dovrebbe essere dunque abilitato a verificare la legittimità delle decisioni impugnate dinanzi ad esso, alla luce dei fatti successivi alla loro adozione(12).

32.      D’altronde, come indicato a giusto titolo dal governo tedesco in udienza, la direttiva 2004/38 non contiene alcuna disposizione particolare che consenta di escludere norme procedurali nazionali.

33.      Spetta dunque al giudice del rinvio valutare se dette norme gli offrano la possibilità di prendere in considerazione l’offerta di lavoro prodotta in corso di causa dalla sig.ra Alopka, alla luce dei principi consolidati dell’equivalenza e dell’effettività(13).

34.      Ove così non fosse e, di conseguenza, le condizioni dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38 non fossero soddisfatte, ci si potrebbe tuttavia interrogare sulla possibilità che le disposizioni della Carta– alle quali il giudice del rinvio ha fatto riferimento – possano condurre a mitigare, o persino ad ignorare le suddette condizioni, in particolare onde garantire che si tenga conto dell’interesse superiore del minore (articolo 24 della Carta) nonché del rispetto della vita familiare (articoli 7 e 33 della Carta).

35.      Una siffatta ipotesi sembrerebbe tuttavia difficilmente prospettabile nei limiti in cui condurrebbe ad ignorare i limiti posti dall’articolo 21 TFUE al diritto dei cittadini dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri (14) e, pertanto, mi sembra che condurrebbe a modificare le competenze e i compiti definiti nei trattati, in violazione dell’articolo 51, paragrafo 2, della Carta.

36.      Ciò posto, non sarebbe più necessario interrogarsi su un eventuale diritto di soggiorno derivato della sig.ra Alopka in Lussemburgo, poiché i suoi figli, cittadini dell’Unione, non sarebbero in possesso dei requisiti imposti dalla direttiva 2004/38.

37.      Nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio possa prendere in considerazione l’offerta di lavoro fatta alla sig.ra Alopka, e dunque le risorse future o potenziali dei suoi figli, e che ciò nonostante nutrisse dubbi sulla sufficienza di tali risorse, le disposizioni della Carta dovrebbero essere prese in considerazione in sede di valutazione della situazione personale di questi ultimi, in particolare alla luce dei legami che possono avere allacciato con il Granducato del Lussemburgo fin dalla loro nascita sul territorio di tale Stato membro.

38.      Qualora il giudice del rinvio dovesse considerare che i figli della sig.ra Alopka soddisfino le condizioni dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, si porrebbe quindi la questione del diritto derivato di cui beneficierebbe la loro madre.

39.      Per quanto riguarda i familiari di cittadini dell’Unione, l’articolo 2, paragrafo 2, punto d), della direttiva 2004/38, contempla soltanto «gli ascendenti diretti a carico (…)» del cittadino dell’Unione, ciò che di sicuro la sig.ra Alopka non è.

40.      Nella citata sentenza Zhu e Chen, pronunciata qualche mese dopo l’adozione della direttiva 2004/38 in una situazione molto simile a quella in esame nel procedimento principale, la Corte ha dichiarato che la madre della cittadina dell’Unione in tenera età non poteva avvalersi della qualità di ascendente «a carico» ai sensi della direttiva 90/364, al fine di beneficiare di un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro ospitante(15).

41.      Per contro, la Corte ha superato il rigore di tale condizione, già presente nel testo della direttiva 90/364 (16)sulla quale è stata chiamata a pronunciarsi, statuendo che «quando (...) l’articolo 18 CE [divenuto articolo 21 TFUE] e la direttiva 90/364 conferiscono al cittadino minorenne in tenera età un diritto di soggiorno a tempo indeterminato nello Stato membro ospitante, tali stesse disposizioni consentono al genitore che ha effettivamente la custodia di tale cittadino di soggiornare con quest’ultimo nello Stato membro»(17).

42.      In base alla suddetta sentenza Zhu e Chen, la sig.ra Alopka potrebbe dunque beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in Lussemburgo basato tanto sull’articolo 21 TFUE quanto sulle disposizioni della direttiva 2004/38.

43.      Tuttavia, nella citata sentenza Iida, la Corte ha interpretato il diritto derivato che sorge in capo ad un cittadino di un paese terzo ascendente diretto, non dipendente da un cittadino dell’Unione in tenera età, cui si riferisce la citata sentenza Zhu e Chen, come non rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/38, bensì come fondato unicamente sull’articolo 21 TFUE (18).

44.      Mi sembra che tale approccio renda più coerente il quadro normativo applicabile ai cittadini di paesi terzi, ascendenti diretti, non dipendenti, di cittadini dell’Unione in tenera età, beneficiari delle disposizioni delle direttive 2004/38. Infatti, se si esclude che siffatti ascendenti diretti rispondono alla condizione di essere «a carico» del cittadino dell’Unione, il che significa dunque che essi si sottraggono al campo di applicazione ratione personae della direttiva 2004/38, non si comprende per quale ragione il diritto di soggiorno derivato di cui possono beneficiare nello Stato membro ospitante dovrebbe basarsi sulle disposizioni di quest’ultima.

45.      Risulta dunque più logico, come dichiarato dalla Corte nella citata sentenza Iida, porre a fondamento di un siffatto diritto di soggiorno derivato direttamente ed esclusivamente il diritto primario dell’Unione, ossia l’articolo 21 TFUE.

46.      Di conseguenza, si può concludere che, nell’eventualità che il giudice del rinvio ritenga che i figli della sig.ra Alopka, potendosi avvalere dei dati nuovi invocati nel corso del procedimento dinanzi ad esso, soddisfino le condizioni dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, la loro madre potrebbe godere, in base all’articolo 21 TFUE, di un diritto di soggiorno derivato in Lussemburgo in quanto ascendente diretto che ha l’affidamento effettivo dei propri figli, cittadini dell’Unione.

47.      Alla luce di queste considerazioni, suggerisco di rispondere alla prima parte della questione pregiudiziale dichiarando che minori in tenera età, cittadini dell’Unione, a carico di un ascendente diretto, non dipendente, che ne ha l’effettivo affidamento, possono avvalersi delle disposizioni della direttiva 2004/38 al fine di permettere a tale ascendente, cittadino di un paese terzo, di beneficiare di un diritto di soggiorno derivato sul territorio di uno Stato membro di cui tali minori non possiedono la cittadinanza. Spetta al giudice del rinvio verificare se le condizioni poste dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva in parola siano soddisfatte, prendendo in considerazione la situazione personale dei cittadini dell’Unione interessati, comprese, se del caso, le risorse future o potenziali provenienti da un’offerta di lavoro fatta al suddetto ascendente diretto, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, alla luce dei limiti posti dalle norme procedurali nazionali e ai requisiti inerenti ai principi di equivalenza e di effettività.

C –    Sulla seconda parte della questione pregiudiziale relativa alla perdita del godimento del nucleo essenziale dei diritti afferenti alla cittadinanza dell’Unione

48.      Nella seconda parte della sua questione, il giudice del rinvio intende sostanzialmente sapere se la citata giurisprudenza Ruiz Zambrano possa applicarsi al caso in cui la sig.ra Alopka e i suoi figli, cittadini francesi, debbano lasciare il territorio lussemburghese sebbene il padre di questi ultimi, con il quale essi non hanno mai avuto alcuna vita familiare comune, risieda in Francia, di cui anch’egli è parimenti cittadino.

49.      Come già indicato, la situazione dei figli della sig.ra Alopka rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, in particolare delle disposizioni della direttiva 2004/38.

50.      Di conseguenza, l’articolo 20 TFUE quale interpretato dalla Corte nella citata sentenza Ruiz Zambrano non trova applicazione in una situazione come quella ricorrente nel procedimento principale, a maggior ragione in quanto, a partire dal momento in cui i due cittadini dell’Unione in tenera età si recano in un altro Stato membro, compreso quello di cui sono cittadini, occorre considerare che essi esercitano anche la loro libertà di circolazione, da cui consegue che la loro situazione rientra, a fortiori, nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/38.

51.      Sebbene non trovi applicazione l’articolo 20 TFUE, ciò non priva affatto di pertinenza la seconda parte della questione posta dal giudice del rinvio, poiché una delle decisioni che sono all’origine del procedimento principale ordina alla sig.ra Alopka e, di fatto, ai suoi figli di lasciare il territorio lussemburghese e crea un rischio, quantomeno potenziale, di allontanare cittadini dell’Unione dal territorio della medesima.

52.      Occorre dunque verificare se l’esecuzione di una decisione del genere produrrebbe l’effetto, ai sensi della citata giurisprudenza Ruiz Zambrano nonché Dereci e a., di obbligare, nei fatti, cittadini dell’Unione a lasciare il territorio dell’Unione nel suo insieme(19), privandoli del godimento effettivo del nucleo essenziale dei diritti conferiti dal loro status (20).

53.      A tal riguardo, l’affermazione delle ricorrenti nel procedimento principale, ribadita in udienza, secondo cui la sig.ra Alopka si troverebbe nell’impossibilità di recarsi e di soggiornare in Francia con i propri figli e sarebbe dunque costretta a fare ritorno nel Togo, il che ha verosimilmente indotto il giudice del rinvio a fare riferimento, nella sua questione, alla situazione del padre dei minori di cui trattasi– mi lascia perplesso.

54.      Infatti, occorre tenere a mente che, quali cittadini francesi, i figli della sig.ra Alopka godono del diritto incondizionato di accesso e di soggiorno sul territorio francese, in particolare in base all’articolo 21 TFUE e ad un principio di diritto internazionale, ribadito all’articolo 3 del protocollo n. 4 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950(21).

55.      Di conseguenza, la decisione delle autorità lussemburghesi di ordinare alla sig.ra Alopka e, di fatto, ai suoi figli di lasciare il territorio del Granducato del Lussemburgo non può obbligare questi ultimi a lasciare il territorio dell’Unione nel suo insieme. In veste di madre e di persona che sin dalla loro nascita, da sola, ha l’effettivo affidamento dei figli, la sig.ra Alopka stessa può dunque beneficiare di un diritto derivato di soggiornare sul territorio francese.

56.      Atteso quanto precede, non è ipotizzabile che le autorità francesi possano negare alla sig.ra Alopka di accompagnare i propri figli nello Stato membro di cui sono cittadini e di soggiornarvi con essi, a fortiori in quanto essa è l’unica persona con cui essi sin dalla nascita hanno condotto una vita familiare(22). Qualsiasi soluzione contraria condurebbe a privare di efficacia i diritti connessi al pieno godimento dello status fondamentale di cittadino dell’Unione.

57.      Inoltre, una decisione di allontanamento dal territorio lussemburghese, vista la vicinanza geografica dei due Stati membri interessati, non rimetterebbe necessariamente in discussione la possibilità per la sig.ra Alopka di accettare l’offerta di lavoro fatta da un datore di lavoro lussemburghese, poiché essa potrebbe, per esempio, svolgere la sua attività subordinata come lavoratrice frontaliera, alla stregua, del resto, di migliaia di residenti francesi.

58.      Ne consegue che una decisione delle autorità amministrative lussemburghesi che ordina alla sig.ra Alopka e, di fatto, ai suoi figli di lasciare il territorio lussemburghese non può essere considerata tale da obbligare questi ultimi a lasciare il territorio dell’Unione nel suo insieme, privandoli dell’effettivo godimento del nucleo essenziale dei diritti conferiti dal loro status di cittadini dell’Unione, poiché è pacifico che essi beneficiano di un diritto incondizionato di recarsi e di soggiornare sul territorio dello Stato membro di cui sono cittadini, diritto che necessita, per mantenere la sua efficacia, che un diritto di soggiorno derivato in Francia sia riconosciuto alla sig.ra Alopka quale persona che, da sola, ha il loro affidamento effettivo e con cui fin dalla nascita hanno condotto una vita familiare.

III – Conclusione

59.      Tenuto conto delle considerazioni che precedono, propongo di rispondere nel modo seguente alla questione pregiudiziale posta dalla Cour administrative:

«Minori in tenera età, cittadini dell’Unione europea, a carico di un ascendente diretto, non dipendente, che ne ha l’affidamento effettivo, possono avvalersi delle disposizioni della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE al fine di permettere a tale ascendente, cittadino di un paese terzo, di beneficiare di un diritto di soggiorno derivato sul territorio di uno Stato membro di cui tali minori non possiedono la cittadinanza. Spetta al giudice del rinvio verificare se le condizioni poste dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva in parola siano soddisfatte, prendendo in considerazione la situazione personale dei cittadini dell’Unione interessati, comprese, se del caso, le risorse future o potenziali provenienti da un’offerta di lavoro fatta al suddetto ascendente diretto, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, alla luce dei limiti posti dalle norme procedurali nazionali e ai requisiti inerenti ai principi di equivalenza e di effettività.

Una decisione di uno Stato membro, che ordina di lasciare il suo territorio a un cittadino di un paese terzo, ascendente diretto e che ha l’effettivo affidamento di figli in tenera età, cittadini dell’Unione aventi la cittadinanza di un altro Stato membro, non può essere considerata tale da obbligare i suddetti cittadini a lasciare il territorio dell’Unione nel suo insieme, privandoli dell’effettivo godimento del nucleo essenziale dei diritti conferiti dal loro status, poiché tali cittadini hanno un diritto incondizionato di recarsi e di soggiornare sul territorio dello Stato membro di cui sono cittadini, diritto che necessita, per mantenere la sua efficacia, che un diritto di soggiorno derivato in quest’ultimo Stato membro sia riconosciuto al suddetto ascendente diretto quale persona che da sola ha il loro affidamento effettivo e con cui fin dalla nascita hanno condotto una vita familiare».


1 – Lingua originale: il francese.


2–      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77).


3–      Sentenza dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C-34/09, Racc. pag. I-1177).


4–      V., rispettivamente, sentenze Ruiz Zambrano, cit. (punti 36, 38 e 39); del 5 maggio 2011, McCarthy (C-434/09, Racc. pag. I-3375, punto 48) nonché del 15 novembre 2011, Dereci e.a. (C-256/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 63).


5–      Sentenza del 19 ottobre 2004 (C‑200/02, Racc. pag. I‑9925).


6–      Ibidem (punti 19, 20 e 25 ‑ 27).


7–      Direttiva del Consiglio, del 28 giugno 1990, relativa al diritto di soggiorno (GU L 180, pag. 26).


8–      Ai sensi di una giurisprudenza costante, i diritti conferiti dalla direttiva 2004/38 ai familiari cittadini di paesi terzi di un cittadino dell’Unione beneficiario delle disposizioni della medesima direttiva, non sono diritti propri dei suddetti cittadini, bensì diritti derivati dall’esercizio della libertà di circolazione da parte di un cittadino dell’Unione: v., in tal senso, sentenze McCarthy, cit. (punto 42) e Dereci e a., cit. (punto 55) nonché dell’8 novembre 2012, Iida (C-40/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 67).


9 – Da una giurisprudenza costante emerge che la Corte può fornire al giudice del rinvio elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione, che ritiene utili per la definizione della controversia di cui tale giudice è investito, a prescindere dal fatto che egli vi abbia o meno fatto riferimento nell’esposizione delle sue questioni (v., in particolare, sentenza dell’8 novembre 2007, ING. AUER, C-251/06, Racc. pag. I-9689, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata). Pertanto, in applicazione di tale giurisprudenza, nella citata causa McCarthy, mentre il giudice del rinvio aveva richiesto unicamente l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2004/38, la Corte, dopo aver dichiarato che il procedimento principale esulava dal campo di applicazione della suddetta direttiva, ha basato la sua risposta sull’articolo 21 TFUE. Peraltro, sempre in riferimento a questa stessa giurisprudenza, nella sentenza del 6 dicembre 2012, O. e a. (C-356/11 e C-357/11, non ancora pubblicata nella Raccolta), la Corte, nella sua risposta al giudice nazionale ha preso in considerazione le disposizioni della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GU L 251, pag. 12), mentre nelle sue questioni il suddetto giudice si era riferito unicamente all’articolo 20 TFUE.


10 – Punto 30 della sentenza.


11–            Ibidem (punto 28).


12 – Ad ogni buon conto, tale considerazione non riguarda il procedimento amministrativo in corso, menzionato in udienza dall’avvocato dei ricorrenti nel procedimento principale nonché dal governo lussemburghese, relativo alla richiesta di diritto di soggiorno della sig.ra Alopka quale lavoratrice subordinata, che è stato promosso all’inizio del 2012 presso le autorità lussemburghesi.


13 – Questi due principi limitano l’autonomia procedurale degli Stati membri in un modo tale che norme procedurali nazionali si applicano a situazioni rientranti nel diritto dell’Unione a condizione tuttavia che le medesime norme non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) e non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività): v., in tal senso, in particolare, sentenza del 28 febbraio 2012, Inter‑Environnement Wallonie e Terre wallonne (C-41/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).


14 – Pro memoria, ricordo che l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE dispone che tale diritto sussiste «fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi» e, di conseguenza, di quelle poste dalla direttiva 2004/38.


15–      Punto 44 della sentenza.


16–      V. articolo 1, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 90/364.


17–      Sentenza Zhu e Chen, cit. (punto 46) (il corsivo è mio).


18 – Sentenza Iida,cit. (punti 55, 69 e 72).


19 V., in tal senso, cit. sentenza Dereci e a. (punto 66).


20–      Citate sentenze Ruiz Zambrano (punti 43 e 44), nonché Dereci e a. (punto 65).


21–      V., in tal senso, sentenza McCarthy, cit. (punto 29 e la giurisprudenza ivi citata).


22 – Peraltro, il soggiorno dei figli sul territorio francese potrebbe facilitare un eventuale riavvicinamento con il padre, in modo da consentire loro di intrattenere rapporti personali regolari con il medesimo, circostanza che dovrebbe essere presa in considerazione nell’interesse superiore dei figli, conformemente alle disposizioni della Carta( v., in tale senso, cit. sentenza O. e a., punto 76).