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Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
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Anno XI n.15 del 23 aprile 2013

 

Consultate www.uil.it/immigrazione

Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri

 

Speciale: bilancio regolarizzazione 2012

I limiti della procedura di emersione:

A 6 mesi dal 15 ottobre 2012, data di conclusione della regolarizzazione, questi i dati forniti dal Viminale. Su 134.747 domande, ne sono state lavorate 82.190, così suddivise:

Ø     23.255 definite con la firma del contratto di soggiorno e la richiesta di permesso:

Ø     Altri 10.817 già convocati;

Ø     9.746 in fase di richiesta di integrazione documentale;

Ø     13.417 rigettate;

Ø     183 rinunce;

Ø     24.772 calendarizzate per la convocazione in questura.

La Uil ha fatto notare che su 37 mila domande concluse, ben un terzo sono state rigettate. Da un’analisi dei dati del Viminale si è appurato inoltre che il 90% dei rigetti è dovuto all’impossibilità per il migrante irregolare di esibire la prova documentale di essere stato presente in Italia prima del 31 dicembre 2011.

 

 

SOMMARIO

 

Appuntamenti pag. 2

 

Sanatoria lumaca pag. 2

 

Regolarizzazione: 2012 flop annunciato? pag. 2

 

Regolarizzazione: respinta 1 domanda su 3 pag. 4

 

Sanatoria: a rilento le operazioni pag. 5

 

Emersione: 100 mila in attesa pag. 6

Regolarizzazione: esaminate 37 mila domande pag. 7

Per i bocciati la prova è quella della presenza pag. 8

 

Rimesse, meno soldi da mandare a casa pag. 9

Argentina e Brasile: più tutele nel lavoro domestico pag. 9

 

Rifugiati: Strasburgo respinge ricorso contro Italia pag. 10

 

Notizie in breve pag. 11

 

Foreign Press: pag.11

 

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A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.


Dipartimento Politiche

Migratorie: appuntamenti


 

 

 

 

 


Roma, 08 maggio 2013, sede CIR, ore 14.30

Assemblea dei soci CIR

(Giuseppe Casucci)

Monastir (Tunisia), 10 - 11 maggio 2013

UGTT: Conferenza Internazionale sulle migrazioni

(Giuseppe Casucci)

Roma, 14 maggio 2013, Chisinau – Moldavia

Firma protocollo di collaborazione tra sindacati Moldavi,Ukraini ed italiani

(Giuseppe Casucci)


 

Speciale procedura di emersione


A SEI MESI DALLA CHIUSURA DEI TERMINI PER LE DOMANDE DEL ‘RAVVEDIMENTO OPEROSO’

Immigrazione, sanatoria-lumaca

Su quasi 135 mila domande di regolarizzazione dei lavoratori stranieri irregolari presentate, finora ne sono state esaminate solo 37 mila, di cui 23.255 sono state approvate e 13.417 rigettate: è il magro bilancio del "ravvedimento operoso" avviato nel luglio 2012, reso noto da Giuseppe Casucci, coordinatore del Dipartimento Politiche Migratorie della Uil, che ha partecipato a una riunione presso il Ministero per l'Integrazione, nella quale è stato analizzato l'andamento della procedura


Immagine d'archivio

ROMA -

Attraverso la "finestra di emersione" - tra il 15 settembre ed il 15 ottobre scorsi - le imprese o le famiglie che avevano alle proprie dipendenze lavoratori stranieri in condizioni di irregolarità, potevano richiedere la regolarizzazione del dipendente, con la concessione - a fine procedura - di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Tra le difficoltà che hanno caratterizzato la regolarizzazione, Casucci ricorda: gli alti costi da pagare (mille euro all'Inps, più sei mesi di contributi arretrati, più le tasse), la prova documentale di essere stati presenti in Italia fin da prima del 31 dicembre 2011, l'alto reddito da dimostrare per chi faceva la richiesta e il rischio di espulsione per l'immigrato, nel caso la procedura non si fosse conclusa positivamente. "A distanza di sei mesi dalla regolarizzazione - spiega Giuseppe Casucci, coordinatore del Dipartimento Politiche Migratorie della Uil - i dati di bilancio forniti dal Viminale (alla data del 9 aprile 2013) appaiono non certo entusiasmanti. Su 134.747 domande presentate, ne sono state lavorate 82.190, così suddivise: 23.255 definite con la firma del contratto di soggiorno e la richiesta di permesso; altri 10.817 già convocati; 9.746 in fase di richiesta di integrazione documentale; 13.417 rigettate; 183 rinunce; 24.772 valutate positivamente e calendarizzate per la convocazione in questura. "Da un'analisi dei dati del Viminale - continua Casucci – si è appurato che il 90% dei rigetti è dovuto all'impossibilità per il migrante irregolare di esibire la prova documentale di essere stato presente in Italia prima del 31 dicembre 2011. Dunque non irregolarità documentali o assenza del posto di lavoro, ma solo una norma restrittiva imposta nella procedura", per non parlare degli alti costi della procedura e dei "lacci e lacciuoli" che hanno contribuito a rendere meno efficace l'emersione.

http://www.grr.rai.it/


 


Regolarizzazione 2012, un flop annunciato?

Intervista a Giuseppe Casucci, Coord, Nazionale UIL, Dipartimento Politiche Migratorie

A cura di Vittorio Sammarco

 


Attraverso la "finestra di emersione" - tra il 15 settembre ed il 15 ottobre scorsi - le imprese o le famiglie che avevano alle proprie dipendenze lavoratori stranieri in condizioni di irregolarità, potevano richiedere la regolarizzazione del dipendente, con la concessione - a fine procedura - di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Tra le difficoltà che hanno caratterizzato la regolarizzazione. Sono state presentate 134 mila domande, ma il bilancio dopo sei mesi è di centomila ancora in attesa e di una domanda su tre rigettata. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Casucci.

1.    Ci sono quasi centomila pratiche delle 134mila presentate dal 2012 per la regolarizzazione non ancora esaminate? Perché questa lentezza?

R. Direi intanto perché la procedura è molto complessa e deve tenere in considerazione fattori come il reddito del datore di lavoro, la prova della presenza in Italia al 31 dicembre 2011, il certificato di idoneità dell’alloggio dell’immigrato, eventuali precedenti del datore di lavoro o dello straniero in relazione con precedenti decreti flussi. Poi anche perché sportelli unici, prefetture e questure hanno poco personale e sono già oberate di altre domande (ricongiungimenti, carte di soggiorno, cittadinanze, rinnovi dei permessi, ecc.). Pagando i datori di lavoro e gli immigrati un prezzo molto caro per aderire alla regolarizzazione (mille euro) lo Stato avrebbe potuto e dovuto destinare risorse umane maggiori. Ma non l’ha fatto.

2.     Quali sono i motivi principali del grande numero di pratiche rigettate?

R. Secondo quanto ci è stato detto dal prefetto Mario Morcone, il 90% dei 13 mila rigetti ha a che vedere con l’impossibilità degli stranieri irregolari a dimostrare di essere stati presenti in Italia prima del 31 dicembre 2011. E’ un punto che la UIL aveva sollevato già nel 2012: se uno è irregolare sarà ben difficile che abbia prove documentali della presenza nel Belpaese. In realtà questa condizione è stata imposta da chi nel Governo era contrario alla sanatoria, ed ha ottenuto due effetti negativi: il primo di aver impedito l’emersione di decine di migliaia di stranieri irregolari; il secondo: di aver gonfiato le tariffe dei professionisti dei permessi, che vendevano prove falsificate a prezzi esorbitanti;

3.    La grave crisi economica sta colpendo anche le fasce di immigrati che non riescono più a trovare lavoro. Al tavolo di lavoro si è detto: “Va trovata una via d’uscita per chi viene escluso senza colpa”, a causa della perdita del permesso di soggiorno per perdita del lavoro. Ecco: quale potrebbe essere una via d’uscita ?

R. Fin dall’inizio avevamo chiesto al Governo di concedere un permesso per ricerca di occupazione a chi, a conclusione della procedura, si ritrovasse con un diniego non dipendente da sua colpa (ad esempio la non conferma del datore di lavoro, oppure il rifiuto del comune a dare certificati alloggiativi a chi era privo di codice fiscale, ecc.). Il problema è di trovare soluzioni per chi è irregolare e tanto sappiamo che non verrà mai espulso. Lasciarlo in nero significa solo ingrassare il mercato dell’economia sommersa e del dumping sociale. La soluzione potrebbe essere un permesso per ricerca di occupazione (durata di un anno). Questo permesso viene già garantito a chi ha un lavoro regolare e lo perde a causa della crisi economica. Oggi ci sono oltre 400 mila stranieri regolari formalmente disoccupati.

4.    Si è anche convenuto sull’inutilità (e forse dannosità) dell’uso a pioggia del decreto flussi, tranne per le quote obbligatorie “Uno strumento che andrà comunque sostanzialmente rivisto per il futuro”, si è detto: in che direzione?

R. Sappiamo da tempo che lo strumento dei decreti flussi è diventato ormai uno strumento scarsamente utile al fine dell’incontro tra offerta di lavoro etnico e domanda che non c’è. Purtroppo questo meccanismo che dieci anni fa funzionava, si è trasformato in un espediente soprattutto molto lucrativo per chi utilizza queste scadenze invece per una sorta di riffa dei permessi a prezzi esorbitanti. Il punto vero è che sembra finita la fase in cui c’era un mercato del lavoro attivo per gli immigrati (regolare o sommerso), anche a fronte di una situazione di scarsa crescita. Una situazione che dall’Istituto Fieri è stata definita molto opportunamente “immigrazione low cost”. Oggi anche quel lavoro viene a mancare, da qui l’incapacità del

decreto flussi (o della regolarizzazione) di far emergere posti di lavoro vero.

Nel corso di un incontro avvenuto la scorsa settimana tra sindacati, associazioni e Governo, si è anche ribadito da parte sindacale, la necessità di politiche attive occupazionali per chi è già in Italia e perde il lavoro, mentre si è convenuto sulla inutilità (e forse dannosità) dell’uso a pioggia del decreto flussi, tranne per le quote obbligatorie (studio/lavoro, mobilità europea, discendenti di italiani, tirocini e formazione, ecc.). Per quanto riguarda una possibile riforma dei meccanismi d’ingresso, che fa parte di una riforma più complessa sul fronte della normativa sull’immigrazione, è ancora presto per dire come. Bisogna prima capire cosa succederà in Italia sul fronte lavoro ed immigrazione. Attualmente centinaia di stranieri se ne stanno andando ed il tema dei flussi in ingresso appare l’ultimo dei problemi.

5.    Con questa crisi politica, che se anche appare indirizzata verso una temporanea soluzione di un governo ma che non ha di certo l’immigrazione nelle sue priorità, pensi che questi problemi potranno essere affrontati con serietà?

R. Abbiamo molte urgenze da risolvere: dal governo del mondo dell’immigrazione (che è pari ad un decimo della popolazione globale), al tema dei diritti di cittadinanza, a quello delle discriminazioni da combattere. Prima di tutto però va data risposta alla domanda di chiarezza sul futuro di tutti i cittadini (natio o meno in Italia). Senza una strategia di crescita e di uscita dal tunnel della stagnazione, diventa difficile dare risposte agli immigrati, come anche agli italiani. Non c’è dubbio, comunque, che da questa situazione se ne esce tutti insieme. In questo senso io credo la crisi non è una buona scusa per non dare risposte. Senza gli immigrati diventeremmo un paese ancor di più in declino demografico, economico e sociale. Abbiamo bisogno di loro, ed abbiamo bisogno che anche loro scommettano con noi sul futuro del nostro Paese. Risposte che tendano a dividerci e ad utilizzare la paura ed il razzismo, sono solo un vicolo cieco che ci porta in un vicolo cieco.

6.    A che punto è il percorso normativo sulla cittadinanza ai nuovi italiani che nella scorsa legislatura ha visto la presentazione di diverse proposte di legge?

R. Sui diritti di cittadinanza, la scorsa legislatura sono stati presentati oltre 50 disegni di legge (cittadinanza e voto). In questa nuova, iniziata da poche settimane, siamo già a 20 nuove proposte, segno che il tema è fortemente sentito anche da parte dei partiti. Il problema è capire se questa legislatura avrà una durata sufficiente a permettere il lavoro nelle commissioni ed il dibattito in aula su questi temi, con una conclusione positiva. So che la Presidente Boldrini è fortemente intenzionata a spingere per un veloce iter parlamentare. Questa è una buona cosa. Bisogna comunque che capiamo tutti che una riforma così importante, che a che vedere con il contratto sociale tra tutti i cittadini e con la natura stessa della società futura, non può essere fatta con le spallate di parte (di destra o di sinistra che siano). Va trovata invece una soluzione ampia (anche moderata) capace di raccogliere il più largo consenso politico possibile. Ci sono due proposte che potrebbero essere una mediazione tra le diverse posizioni: la prima permetterebbe ai minori con genitori presenti in Italia da almeno 5 anni o ai minori che abbiano completato un ciclo scolastico, di avere la cittadinanza in tempi ragionevolmente brevi e non al compimento dei 18 anni come avviene ora (vale per chi è nato in Italia o vi è arrivato da piccolo).

La seconda, più estrema, darebbe la cittadinanza ai nipoti nati in Italia degli immigrati. Sarebbe dunque un jus soli dato alle terze generazioni. E’ una proposta molto restrittiva, ma che certo troverebbe l’accordo di buona parte dei partiti. Quello che è importante, secondo me, comunque è rompere il blocco ideologico su questo terreno e cominciare a dialogare tra parti politiche anche molto diverse.


 

 

 


Immigrati, sanatoria flop. Respinta una domanda su tre.

Di Marco Ludovico, il Sole 24 ore, 19 aprile 2013.


ROMA Sta andando a rilento la procedura di emersione dal lavoro nero degli immigrati decisa dal Governo nel 2012. Mercoledì scorso c'è stata una riunione al ministero per la Cooperazione internazionale e l'integrazione. Il dicastero guidato da Andrea Riccardi ha spinto molto per l'operazione svolta poi con i ministeri dell'Interno e del Lavoro. A distanza di sei mesi però il bilancio è magro e nessuno può smentirlo. La denuncia l'ha fatta la Uil: «Abbiamo fatto notare che su 37mila domande concluse, ben un terzo è stata rigettata» spiega il segretario confederale Guglielmo Loy. Il cosiddetto «ravvedimento operoso» dei datori di lavoro che hanno assunto in nero un immigrato è stato avviato nel luglio scorso con il decreto legislativo n. 109. Con la «finestra di emersione» tra il 15 settembre e il 15 ottobre scorsi le imprese o le famiglie potevano richiedere la regolarizzazione dell'immigrato lavoratore con la concessione, a fine procedura, di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. I dati illustrati nella riunione di mercoledì dal ministero dell'Interno e aggiornati alla data del 9 aprile parlano di 134.747 domande presentate. Di queste, 82.190 sono state già elaborate e i casi positivi, con la firma del contratto di soggiorno e la richiesta di permesso, sono state 23.255; altri 10.817 sono stati «convocati»; 9.746 sono casi «in fase di richiesta di integrazione documentale». Ma la cifra destinata a salire e che colpisce di più è quella delle domande rigettate: 13.471. Secondo la Uil «tra le difficoltà che hanno caratterizzato la regolarizzazione ricordiamo gli alti costi da pagare (mille euro all'Inps, più sei mesi di contributi arretrati, più le tasse), la prova documentale di essere stati presenti in Italia fin da prima del 31 dicembre 2011, l'alto reddito da dimostrare per chi faceva la richiesta e il rischio di espulsione per l'immigrato nel caso la procedura non si fosse conclusa positivamente». Il sindacato, in particolare, sottolinea che «da un'analisi dei dati dello stesso Viminale si è appurato inoltre che il 90% dei rigetti è dovuto all'impossibilità per il migrante irregolare di esibire la prova documentale di essere stato presente in Italia prima del 31 dicembre 2011. Non irregolarità documentali o assenza del posto di lavoro - afferma la Uil – ma solo una norma restrittiva imposta nella procedura». Osserva, non senza qualche polemica, il ministro Riccardi: «Abbiamo registrato un numero di rigetto delle domande di emersione di gran lunga superiore alle precedenti esperienze, attraverso interpretazioni normative molto restrittive, contrarie alla lettera e allo spirito del ravvedimento operoso, che è stato studiato per far uscire datori di lavoro e lavoratori extracomunitari dalle sacche del lavoro nero». Secondo Riccardi c'è stata «da parte della pubblica amministrazione una rigidità eccessiva nei confronti degli stranieri, che tra l'altro stanno lasciando l'Italia per via della crisi. Eppure non abbiamo alcun interesse ad aumentare l'area della irregolarità presente nel nostro Paese, riducendo anche il gettito dei contribuiti previdenziali e le entrate fiscali; né a non assecondare la domanda delle famiglie per l'assistenza domestica di bambini e anziani».



Sanatoria Immigrati 2013: tante domande in attesa risposte e molte respinte

A rilento le operazioni sanatoria immigrati: la situazione

(business online) Sta procedendo a rilento la procedura si sanatoria per gli immigrati e su 37mila domande concluse, ben un terzo è stata rigettata, ha detto il segretario confederale Guglielmo Loy.


A distanza di sei mesi dalla regolarizzazione, spiega Giuseppe Casucci, coordinatore del Dipartimento Politiche Migratorie della Uil, i dati di bilancio forniti dal Viminale (alla data del 9 aprile 2013) appaiono non certo entusiasmanti. Su 134.747 domande presentate, ne sono state lavorate 82.190, così suddivise: 23.255 definite con la firma del contratto di soggiorno e la richiesta di permesso; altri 10.817 già convocati; 9.746 in fase di richiesta di integrazione documentale; 13.417 rigettate; 183 rinunce; 24.772 valutate positivamente e calendarizzate per la convocazione in questura. “Da un'analisi dei dati del Viminale, continua Casucci, si è appurato che il 90% dei rigetti è dovuto all'impossibilità per il migrante irregolare di esibire la prova documentale di essere stato presente in Italia prima del 31 dicembre 2011. Dunque non irregolarità documentali o assenza del posto di lavoro, ma solo una norma restrittiva imposta nella procedura, per non parlare degli alti costi della procedura e dei ‘lacci e lacciuoli’ che hanno contribuito a rendere meno efficace l'emersione”.



Regolarizzazione, 13 mila domande rigettate

© Copyright Redattore Sociale


Si è concluso l'esame per 37 mila domande di emersione dei lavoratori stranieri su 137 mila arrivate: 23 mila sono state approvate e 13 mila rigettate (una su tre). Sono i dati forniti nella riunione di ieri che si è svolta presso il ministero per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione. Ne dà notizia la Uil immigrazione che scrive in una nota: “A distanza di sei mesi dalla regolarizzazione i dati forniti dal Viminale (alla data del 9 aprile 2013) appaiono non certo entusiasmanti: su 134.747 domande presentate, ne sono state lavorate 82.190, così suddivise: 23.255 definite con la firma del contratto di soggiorno e la richiesta di permesso; altri 10.817 già convocati; 9.746 in fase di richiesta di integrazione documentale; 13.417 rigettate; 183 rinunce; 24.772 valutate positivamente dalla Dtl e calendarizzate per la convocazione in questura”. Nel corso dell’incontro, la Uil “ha fatto notare che su 37 mila domande concluse, ben un terzo sono state rigettate. Da un’analisi dei dati dello stesso Viminale si è appurato inoltre che il 90 per cento dei rigetti è dovuto all’impossibilità per il migrante irregolare di esibire la prova documentale di essere stato presente in Italia prima del 31 dicembre 2011. Dunque non irregolarità documentali o assenza del posto di lavoro, ma solo una norma restrittiva imposta nella procedura. Vanno poi considerati gli alti costi della regolarizzazione per molti settori di lavoro, che hanno spostato un eccesso di domande sul settore del lavoro domestico (il meno caro). Inoltre: i lacci e laccioli con cui la procedura è stata cosparsa,  sono purtroppo serviti a rendere meno efficace l’emersione e più convenienti gli affari dei molti trafficanti di permessi”. “Quadro confermato dal direttore per l'Immigrazione Natale Forlani che ha dipinto a tinte fosche la situazione migratoria in Italia: centinaia di migliaia di stranieri senza lavoro, aumento della irregolarità, aumento della inattività, moltissimi che se possono abbandonano l’Italia e grandi affari per gli speculatori della regolarizzazione”. “Nel 2000 – ha detto Forlani – la domanda di lavoro straniero era comunque superiore all’offerta e questo permetteva – malgrado i difetti del meccanismo del decreto flussi o delle regolarizzazione – l’emersione di posti di lavoro veri. Oggi il lavoro non c’è e queste regolarizzazioni fanno emergere molto poco. Servono invece agli affari lucrativi dei ben organizzati professionisti dei permessi”. A dimostrazione dell’analisi, il Direttore per l’Immigrazione conferma che dall’esame delle domande approvate ed un loro monitoraggio ex-post risulta che i contratti di lavoro emersi durano in genere solo poche settimane. Un fenomeno, secondo Forlani, che riguarda anche lo strumento dei decreti flussi, diventato ormai uno strumento inutile al fine dell’incontro tra offerta di lavoro etnico e domanda che non c’è. Ma un espediente molto lucrativo purtroppo per chi utilizza queste scadenze invece per una sorta di riffa dei permessi a prezzi esorbitanti. “La crisi colpisce duramente anche gli stranieri”, ha concluso il dirigente del Ministero del Lavoro, per questo non bisogna pensare a nuovi decreti flussi, ma a tutelare gli immigrati che vivono già in Italia. Nel suo intervento, Casucci (Uil) ha concordato sulla necessità di un’analisi più profonda della situazione migratoria e della sua evoluzione in Italia. “Quello che sembra certo – ha detto - è che sia finita la fase in cui c’era un mercato del lavoro attivo per gli immigrati (regolare o sommerso), anche a fronte di una situazione di scarsa crescita. Oggi anche quel lavoro viene a mancare: da qui l’incapacità del decreto flussi (o della regolarizzazione) a far emergere permessi di lavoro vero”. “Se è vero quanto affermato da Forlani però – ha aggiunto l’esponente Uil – condire la sanatoria di tante strettoie è solo servito a far alzare i prezzi del mercato dei permessi. Ora va trovata una via d’uscita per chi viene escluso senza colpa”. Nel corso della riunione ci si è posti dunque il problema di salvaguardare quegli stranieri la cui procedura di emersione è fallita, senza una loro responsabilità. In questo senso si è chiesta una maggiore tolleranza da parte delle strutture di controllo e la concessione di permessi per ricerca di lavoro. "Si è anche ribadito da parte sindacale, la necessità di politiche attive occupazionali per chi è già in Italia e perde il lavoro, mentre si è convenuto sulla inutilità (e forse dannosità) dell’uso a pioggia del decreto flussi, tranne per le quote obbligatorie (studio/lavoro, mobilità europea, discendenti di italiani, tirocini e formazione, ecc.). Uno strumento che andrà comunque sostanzialmente rivisto per il futuro. Nel corso dell’incontro è stato ribadito da parte dei Ministeri interessati che c’è la massima disponibilità ad aiutare nella concessione del permesso per emersione, tranne nei casi di violazione della legge. In effetti, in molti casi di rigetto avrebbero suggerito a questure e prefetture la concessione ad personam di permessi per ricerca di occupazione". 


Immigrati, 100mila pratiche di emersione in attesa

 

 

 


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Immigrati, 100mila pratiche di emersione in attesa


Su quasi 135mila domande di regolarizzazione dei lavoratori stranieri irregolari presentate, finora ne sono state esaminate solo 37mila, di cui 23.255 sono state approvate e 13.417 rigettate: è il magro bilancio del "ravvedimento operoso" avviato nel luglio 2012, reso noto da Giuseppe Casucci, coordinatore del Dipartimento Politiche Migratorie della Uil, che ha partecipato ieri a una riunione presso il ministero per l'Integrazione, durante la quale è stato analizzato l'andamento della procedura. Attraverso la "finestra di emersione", tra il 15 settembre e il 15 ottobre scorsi, le imprese o le famiglie che avevano alle proprie dipendenze lavoratori stranieri in condizioni di irregolarità, potevano richiedere la regolarizzazione del dipendente, con la concessione, a fine procedura, di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Tra le difficoltà che hanno caratterizzato la regolarizzazione, Casucci ricorda: gli alti costi da pagare (mille euro all'Inps, più sei mesi di contributi arretrati, più le tasse), la prova documentale di essere stati presenti in Italia fin da prima del 31 dicembre 2011, l'alto reddito da dimostrare per chi faceva la richiesta e il rischio di espulsione per l'immigrato, nel caso la procedura non si fosse conclusa positivamente. A distanza di sei mesi dalla regolarizzazione, spiega il sindacalista, i dati di bilancio forniti dal Viminale (alla data del 9 aprile 2013) appaiono non certo entusiasmanti. Su 134.747 domande presentate, ne sono state lavorate 82.190, così suddivise: 23.255 definite con la firma del contratto di soggiorno e la richiesta di permesso; altri 10.817 già convocati; 9.746 in fase di richiesta di integrazione documentale; 13.417 rigettate; 183 rinunce; 24.772 valutate positivamente e calendarizzate per la convocazione in questura. "Da un'analisi dei dati del Viminale - rivela Casucci - si è appurato che il 90% dei rigetti è dovuto all'impossibilità per il migrante irregolare di esibire la prova documentale di essere stato presente in Italia prima del 31 dicembre 2011. Dunque non irregolarità documentali o assenza del posto di lavoro, ma solo una norma restrittiva imposta nella procedura", per non parlare degli alti costi della procedura e dei "lacci e lacciuoli" che hanno contribuito a rendere meno efficace l'emersione.



Regolarizzazione: esaminate soltanto 37 mila domande su 135 mila. Un terzo quelle rigettate.
Per la Uil la difficoltà maggiore è quella di dimostrare la permanenza in Italia prima del 2012.


(www.immigrazioneoggi.it) Roma, 19 aprile 2013 - Su quasi 135 mila domande di regolarizzazione dei lavoratori stranieri irregolari presentate, finora ne sono state esaminate solo 37 mila, di cui 23.255 sono state approvate e 13.417 rigettate: è il magro bilancio del “ravvedimento operoso” avviato nel luglio 2012, reso noto da Giuseppe Casucci, coordinatore del Dipartimento politiche migratorie della Uil, che ha partecipato ieri a una riunione presso il Ministero per l’integrazione, nella quale è stato analizzato l’andamento della procedura.
Attraverso la “finestra di emersione”, tra il 15 settembre ed il 15 ottobre scorsi, le imprese o le famiglie che avevano alle proprie dipendenze lavoratori stranieri in condizioni di irregolarità, potevano richiedere la regolarizzazione del dipendente, con la concessione – a fine procedura – di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Tra le difficoltà che hanno caratterizzato la regolarizzazione, Casucci ricorda: gli alti costi da pagare (mille euro all’Inps, più sei mesi di contributi arretrati, più le tasse), la prova documentale di essere stati presenti in Italia fin da prima del 31 dicembre 2011, l’alto reddito da dimostrare per chi faceva la richiesta e il rischio di espulsione per l’immigrato, nel caso la procedura non si fosse conclusa positivamente.
“A distanza di sei mesi dalla regolarizzazione – spiega il sindacalista – i dati di bilancio forniti dal Viminale (alla data del 9 aprile 2013) appaiono non certo entusiasmanti. Su 134.747 domande presentate, ne sono state lavorate 82.190, così suddivise: 23.255 definite con la firma del contratto di soggiorno e la richiesta di permesso; altri 10.817 già convocati; 9.746 in fase di richiesta di integrazione documentale; 13.417 rigettate; 183 rinunce; 24.772 valutate positivamente e calendarizzate per la convocazione in questura. Da un’analisi dei dati del Viminale – continua Casucci – si è appurato che il 90% dei rigetti è dovuto all’impossibilità per il migrante irregolare di esibire la prova documentale di essere stato presente in Italia prima del 31 dicembre 2011. Dunque non irregolarità documentali o assenza del posto di lavoro, ma solo una norma restrittiva imposta nella procedura”, per non parlare degli alti costi della procedura e dei “lacci e lacciuoli” che hanno contribuito a rendere meno efficace l’emersione.
(Red.)



Regolarizzazione. Per il 90% dei bocciati il problema è la prova di presenza

(www.stranieriinitalia.it) Non sono riusciti a dimostrare che erano in Italia dal 2011. Dalla riunione tra ministeri, sindacati e associazioni anche il no a un nuovo decreto flussi


Roma – 18 aprile 2013 – Non sono riusciti a dimostrare, attraverso “documentazione proveniente da organismi pubblici”, che erano in Italia già dal 2011. Per questo motivo non avranno né un permesso di soggiorno, né un contratto di lavoro. È la prova di presenza lo scoglio sul quale si stanno infrangendo le speranze di migliaia di lavoratori irregolari che hanno tentato la strada della regolarizzazione. Si giustificano così quasi tutti i rigetti decisi finora dagli Sportelli Unici per l’Immigrazione, e il problema è enorme, se si considera che finora è stata bocciata una domanda su tre. Il sospetto è stato confermato ieri da un'analisi del Viminale fatta nel corso di un incontro presso il ministero dell’integrazione tra tutti i soggetti istituzionali interessati alla regolarizzazione, i sindacati e le associazioni del tavolo immigrazione e asilo. “Il 90% dei rigetti è dovuto all’impossibilità per il migrante irregolare di esibire la prova documentale  di essere stato presente in Italia prima del 31 dicembre 2011. Dunque non irregolarità documentali o assenza del posto di lavoro, ma solo una norma restrittiva imposta nella procedura” si legge in un resoconto della riunione diffuso dal dipartimento politiche migratorie della Uil. A quanto pare non è bastata l’interpretazione estensiva data in extremis dal consiglio di Stato, che considerava prove anche abbonamenti del bus, contratti telefonici, certificati medici, attestazioni di centri di accoglienza ecc. E così, quelle poche parole inserite nella legge per evitare un “effetto richiamo” si sono trasformate in una temibile strettoia. Tra costi alti e paletti, già erano partite poche domande (130 mila) rispetto alle aspettative della vigilia. Ora arrivano anche tante bocciature. Il successo della regolarizzazione appare ulteriormente ridimensionato.  L’analisi fatta ieri da Natale Forlani, direttore immigrazione del ministero del Lavoro, è che “nel 2000 la domanda di lavoro straniero era comunque superiore all’offerta e questo permetteva – malgrado i difetti del meccanismo del decreto flussi o delle regolarizzazione – l’emersione di posti di lavoro veri. Oggi il lavoro non c’è e queste regolarizzazioni fanno emergere molto poco. Servono invece agli affari lucrativi dei ben organizzati professionisti dei permessi” . “È finita la fase in cui c’era un mercato del lavoro attivo per gli immigrati (regolare o sommerso), anche a fronte di una situazione di scarsa crescita. Oggi anche quel lavoro viene a mancare: da qui l’incapacità del decreto flussi (o della regolarizzazione) a far emergere permessi di lavoro vero” ha concordato Giuseppe Casucci, coordinatore del dipartimento politiche emigratorie della Uil. “Se è vero quanto affermato da Forlani però – ha sottolineato il sindacalista – condire la sanatoria di tante strettoie è solo servito a far alzare i prezzi del mercato dei permessi. Ora va trovata una via d’uscita per chi viene escluso senza colpa”. Sindacati e associazioni hanno chiesto quindi più tolleranza e la concessione di permessi per ricerca di lavoro agli immigrati che non hanno responsabilità nel fallimento della procedura di emersione. Dal Viminale arrivano aperture in questa direzione, “tranne nei casi di violazione della legge”.

Ieri si è parlato anche dell’ipotesi di un nuovo decreto flussi, che al momento appare lontana. La linea del ministero del Lavoro rimane la stessa: stop a nuovi ingressi, bisogna prima pensare ai tanti disoccupati che sono qui, italiani e stranieri.

Un punto su cui, spiega il resoconto della riunione, i rappresentati dei lavoratori concordano. “Si è ribadito da parte sindacale – spiega il resoconto - la necessità di politiche attive occupazionali per chi è già in Italia e perde il lavoro, mentre si è convenuto sulla inutilità (e forse dannosità) dell’uso a pioggia del decreto flussi, tranne per le quote obbligatorie. Uno strumento che andrà comunque sostanzialmente rivisto per il futuro”.

Elvio Pasca


 


Sanatoria 2012: per il 90% dei bocciati il problema è la prova di presenza

Mentre tantissimi lavoratori stranieri continuano a chiedersi quale sarà l’esito della loro richiesta di regolarizzazione fatta durante la sanatoria del 2012, tanti si stanno chiedendo quale sia stata la causa della bocciatura di 1 richiesta su tre, come è stato pubblicato in un articolo recente. Secondo quanto pubblicato dal sito stranieriinitalia.it, per 90% dei bocciati il problema è la prova della loro presenza in Italia almeno 6 mesi prima della presentazione della richiesta. Ecco la spiegazione: 


Non sono riusciti a dimostrare che erano in Italia dal 2011. Dalla riunione tra ministeri, sindacati e associazioni anche il no a un nuovo decreto flussi

Permesso di SoggiornoNon sono riusciti a dimostrare, attraverso “documentazione proveniente da organismi pubblici”, che erano in Italia già dal 2011. Per questo motivo non avranno né un permesso di soggiorno, né un contratto di lavoro. È la prova di presenza lo scoglio sul quale si stanno infrangendo le speranze di migliaia di lavoratori irregolari che hanno tentato la strada della regolarizzazione. Si giustificano così quasi tutti i rigetti decisi finora dagli Sportelli Unici per l’Immigrazione, e il problema è enorme, se si considera che finora è stata bocciata una domanda su tre. Il sospetto è stato confermato ieri in un incontro  al ministero dell’integrazione tra tutti i soggetti istituzionali interessati alla regolarizzazione,  i sindacati e le associazioni del tavolo immigrazione e asilo. “Il 90% dei rigetti è dovuto all’impossibilità per il migrante irregolare di esibire la prova documentale  di essere stato presente in Italia prima del 31 dicembre 2011. Dunque non irregolarità documentali o assenza del posto di lavoro, ma solo una norma restrittiva imposta nella procedura” si legge in un resoconto della riunione diffuso dal dipartimento politiche migratorie della Uil. A quanto pare non è bastata l’interpretazione estensiva data in extremis dal consiglio di Stato, che considerava prove anche abbonamenti del bus, contratti telefonici, certificati medici, attestazioni di centri di accoglienza ecc. E così, quelle poche parole inserite nella legge per evitare un “effetto richiamo” si sono trasformate in una temibile strettoia. Tra costi alti e paletti, già erano partite poche domande (130 mila) rispetto alle aspettative della vigilia. Ora arrivano anche tante bocciature. Il successo della regolarizzazione appare ulteriormente ridimensionato. L’analisi fatta ieri da Natale Forlani, direttore immigrazione del ministero del Lavoro, è che “nel 2000 la domanda di lavoro straniero era comunque superiore all’offerta e questo permetteva – malgrado i difetti del meccanismo del decreto flussi o delle regolarizzazione – l’emersione di posti di lavoro veri. Oggi il lavoro non c’è e queste regolarizzazioni fanno emergere molto poco. Servono invece agli affari lucrativi dei ben organizzati professionisti dei permessi” . “È finita la fase in cui c’era un mercato del lavoro attivo per gli immigrati (regolare o sommerso), anche a fronte di una situazione di scarsa crescita. Oggi anche quel lavoro viene a mancare: da qui l’incapacità del decreto flussi (o della regolarizzazione) a far emergere permessi di lavoro vero” ha concordato Giuseppe Casucci, coordinatore del dipartimento politiche emigratorie della Uil. “Se è vero quanto affermato da Forlani però – ha sottolineato il sindacalista – condire la sanatoria di tante strettoie è solo servito a far alzare i prezzi del mercato dei permessi. Ora va trovata una via d’uscita per chi viene escluso senza colpa”. Sindacati e associazioni hanno chiesto quindi più tolleranza e la concessione di permessi per ricerca di lavoro agli immigrati che non hanno responsabilità nel fallimento della procedura di emersione. Dal Viminale arrivano aperture in questa direzione, “tranne nei casi di violazione della legge”. Ieri si è parlato anche dell’ipotesi di un nuovo decreto flussi, che al momento appare lontana. La linea del ministero del Lavoro rimane la stessa: stop a nuovi ingressi, bisogna prima pensare ai tanti disoccupati che sono qui, italiani e stranieri. Un punto su cui, spiega il resoconto della riunione, i rappresentati dei lavoratori concordano. “Si è ribadito da parte sindacale – spiega il resoconto – la necessità di politiche attive occupazionali per chi è già in Italia e perde il lavoro, mentre si è convenuto sulla inutilità (e forse dannosità) dell’uso a pioggia del decreto flussi, tranne per le quote obbligatorie. Uno strumento che andrà comunque sostanzialmente rivisto per il futuro”.


 

Rimesse


IL SECOLO XIXImmigrati, meno soldi spediti a casa


   Corteo a Napoli di immigrati, disoccupati e precari per il reddito di cittadinanzaMilano, 20 aprile 2013 - I soldi inviati oltre confine dagli stranieri che vivono in Italia, nel 2012, diminuiscono ma restano nell’ordine di qualche miliardo a livello nazionale e di quasi 200 milioni per la sola Liguria.

Secondo gli ultimi dati forniti dalla Banca d’Italia, l’anno scorso, le rimesse degli immigrati verso i paesi di origine si sono attestate a 6,8 miliardi, cifra impressionante anche se comunque in flessione rispetto ai 7,4 miliardi del 2011. Il principale motivo della diminuzione degli invii di denaro è la crisi economico-finanziaria, che proprio nel 2012 ha dispiegato sull’economia gli effetti peggiori, colpendo soprattutto gli stranieri.

Non a caso, secondo l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), nel Belpaese, l’occupazione tra gli immigrati nel biennio 2010-2011 si è ridotta di circa il 3,3%, vale a dire quasi tre volte tanto rispetto al calo dell’1,2% registrato dai nati in Italia. I dati dell’Autorità di Palazzo Koch fotografano una flessione anche per la Liguria, che passa da rimesse per 195 milioni nel 2011 a 177 milioni nel 2012.

Bankitalia fornisce anche lo spaccato degli invii di denaro suddivisi per le province, in base al paese di destinazione. Scorrendo questi numeri, si scopre che la maggior parte del denaro che prende il largo dalla provincia di Genova approda in Ecuador: 31 milioni, dato anche questa volta in calo rispetto ai 35 milioni del 2011.


 

Lavoro domestico


Argentina e Brasile: più tutele per lavoro domestico
di Alessandro Armato
Approvati contratti di lavoro che finalmente estendono a colf e badanti alcuni diritti elementari


Argentina e Brasile hanno introdotto leggi che ampliano significativamente i diritti e le tutele per il personale domestico. Si tratta di misure importanti in Paesi come quelli dell'America Latina, dove il lavoro domestico (categoria che comprende addetti alle pulizie e badanti, al 95 per cento donne) riguarda un vero e proprio esercito di persone che in molti casi, per retaggi di mentalità arcaiche e falle giuridiche, vengono trattate alla stregua della vecchia servitù e sono costrette a lavorare per pochi spiccioli a piacimento del datore di lavoro.    In Argentina, lo scorso 13 marzo, il parlamento aveva convertito in legge un nuovo regime contrattuale, voluto dal kirchnerismo, in base al quale chi svolge questo tipo di lavoro si vedrà riconosciuti i diritti e i benefici di tutti gli altri lavoratori per quanto riguarda orari, giornate lavorative, indennizzi, permessi e protezione dei minori. Otto ore di lavoro giornaliero, 48 ore settimanali, riposo di 35 ore settimanali a partire da sabato alle 13, da 14 a 35 giorni di ferie retribuite, fino a sei mesi di malattia retribuita, proibita la contrattazione di minori di 16 anni e un massimo di 6 ore di lavoro giornaliero per le persone tra i 16 e i 18 anni: sono solo alcuni dei paletti posti dalla nuova legge. È prevista anche l'istituzione di un tribunale specifico per denunce relative al lavoro domestico. La misura riguarda circa 1,2 milioni di persone, molte delle quali provenienti da Paesi vicini come Paraguay, Bolivia e Perù. La nuova legge manda in soffitta il vecchio statuto del governo militare di Pedro Aramburu, risalente a 57 anni fa, che non equiparava il lavoro domestico agli tipi di impiego, favorendo il declassamento delle persone impegnate in questo settore. In questo modo "si salda un debito col popolo argentino" e "si avanza nei principi di inclusione sociale e giustizia", ha dichiarato il deputato kirchnerista Héctor Recalde. Poche settimane dopo l'Argentina, anche il Brasile - Paese con squilibri sociali molto maggiori che in Argentina - ha discusso e approvato una legge che concede per la prima volta al personale domestico gli stessi diritti degli altri lavoratori. Otto ore di lavoro giornaliero, 44 settimanali e diritto a ore di riposo extra sono alcune delle novità introdotte dalla nuova legge, che si stima riguardi circa 7 milioni di persone, quasi tutte donne, impiegate in mansioni di pulizia e cucina. Negli ultimi anni, in Brasile, i diritti dei lavoratori domestici sono stati gradualmente ampliati. Ferie retribuite, licenze per malattia e maternità hanno progressivamente regolato un settore fondamentale per il sostentamento di milioni di famiglie e nel quale prima regnava l'arbitrio, che in molti casi si traduceva in abusi di diverso tipo. Ma è solo con la nuova legge che avviene un'effettiva equiparazione del lavoro domestico alle altre tipologie di impiego. Le nuove leggi introdotte da Argentina e Brasile non porranno certo fine in modo immediato ai numerosi abusi che avvengono in questo settore, soprattutto nelle enormi sacche di lavoro nero, che potrebbero anche crescere per effetto dell'aumento del costo del lavoro domestico implicito nelle nuove misure. Ma sono comunque importanti per tracciare il cammino verso un progresso e una modernizzazione intesi non solo in termini economici, ma anche e soprattutto in termini del riconoscimento effettivo dell'uguaglianza e dei diritti di tutte le persone.


 

Rifugiati: Corte Strasburgo respinge ricorso contro Italia

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19 aprile 2013 10:27

 La Corte europea dei diritti dell'uomo ha respinto oggi il ricorso presentato da una donna somala, anche a nome dei suoi figli, contro il rinvio in Italia dall'Olanda. La Corte ritiene che la donna non abbia dimostrato che il rinvio in Italia, in base al cosiddetto 'Regolamento di Dublino', esporrebbe lei e i suoi figli al rischio di trattamenti inumani e degradanti. Dunque secondo la Corte "la condizione generale dei richiedenti asilo in Italia non presenta falle sistemiche di severita' tale da far temere che un riaffidamento al nostro Paese violerebbe i diritti umani fondamentali. Conseguentemente la richiedente asilo somala che si era appellata alla Corte dovra' tornare in Italia dall'Olanda", commenta il Consiglio italiano dei Rifugiati (Cir) in una nota. Il Cir "ha sempre raccomandato di esaminare le circostanze individuali, ritenendo che in molti casi il problema e' lo stesso Regolamento Dublino II e le conseguenze della sua applicazione sulle vite delle persone. Richiedenti asilo e beneficiari di protezione internazionale possono avere buoni e giustificati motivi per spostarsi in un altro paese dell'Unione Europea, motivi che non sono per forza riconducibili alle violazioni dei diritti nel paese in cui si trovano'', dichiara Christopher Hein direttore del Cir . "Nel passato abbiamo gia' notato casi in cui richiedenti asilo e rifugiati riconosciuti in Italia avevano fatto dichiarazioni non veritiere col solo scopo di evitare il trasferimento nel nostro Paese. Questa sentenza, dobbiamo ricordare, si basa principalmente sulle dichiarazioni che questa singola richiedente asilo ha fornito alla Corte di Strasburgo e che non risultano veritiere. La ricorrente aveva ottenuto un permesso di soggiorno per 3 anni per protezione sussidiaria ed era stata accolta in un centro di accoglienza a Marina di Massa, dopo un suo primo soccorso a Lampedusa'' continua Hein. 
Al Cir "sembra che questa sentenza non modifichi gli orientamenti della Corte di Strasburgo espressi precedentemente. Vogliamo ricordare - si legge nella nota - che questa e' la stessa Corte che poco piu' di un anno fa ha condannato il nostro Paese per i respingimenti indiscriminati verso la Libia nel 2009, nel caso Hirsi vs Italia". Il verdetto di oggi "merita un esame sicuramente piu' approfondito. Noi speriamo pero' fortemente - sottolinea Hein - che questa sentenza non sia strumentalizzata per dire 'da noi va tutto bene' perche', come ampliamente documentato, non va assolutamente bene che richiedenti asilo debbano aspettare mesi per trovare un posto di accoglienza o che chi ha ricevuto una protezione internazionale venga abbandonato a se stesso senza un organico sostegno nel percorso di integrazione. Non avere falle sistemiche non vuol dire avere un buon sistema d'asilo'' conclude Hein.

 

Notizie in breve


ImmigrazioneOggi

news in 50 lingue

22 aprile 2013
Due nuovi Cie in Campania e Basilicata.
Sbloccati i fondi per le strutture previste a Santa Maria Capua Vetere (Caserta) e a Palazzo San Gervasio (Pz).

 

22 aprile 2013
Abruzzo: informatica e cultura generale in percorsi integrati nei Centri territoriali della provincia di Pescara.
Accordo tra la Regione e Fondazione Mondo Digitale con il finanziamento Fei.

 

22 aprile 2013
Libia: nuovi programmi di formazione universitaria e scambi culturali con alcuni Paesi europei.
Francia e Regno Unito partecipano a progetti di cooperazione per favorire la ripresa del sistema scolastico libico e l’incontro tra culture.

 

19 aprile 2013
Regolarizzazione: esaminate soltanto 37 mila domande su 135 mila. Un terzo quelle rigettate.
Per la Uil la difficoltà maggiore è quella di dimostrare la permanenza in Italia prima del 2012.

 

19 aprile 2013
Frontex: diminuiscono gli arrivi di irregolari ma l’Italia ancora ad alto rischio.
Presentato il Rapporto 2012. Frontiere più sicure, in aumento le frodi con documenti falsi negli aeroporti.

19 aprile 2013
Quando la moda sposa la solidarietà. L’Accademia Italiana, Fashion 4 Development e La Rinascente insieme per promuovere il lavoro delle donne africane.
I migliori laureati 2013 dell’Accademia Italiana Arte Moda Design disegneranno collezioni per l’estate 2014 che verranno prodotte nei laboratori artigianali femminili in Africa che fanno capo a F4D per poi essere venduti nei negozi La Rinascente di tutta Italia.

19 aprile 2013
Emergenza Siria: l’Unhcr esorta la Grecia a fare di più per i rifugiati siriani.
Incontro dell’Unhcr con le autorità greche previsto per questa settimana; annunciato permesso di soggiorno temporaneo di 6 mesi.

 

 

 

 

 

Foreign Press


Why immigration polls are not to be trusted

An immigration officer checks a passport at Terminal 1 at Heathrow airport"25% of Bulgarians want job in UK", read a Press Association story this morning. The Telegraph makes a marginally less audacious claim that "350,000 Bulgarians and Romanians" are looking for work in the UK, but are either of these assertions credible? Survey-based immigration projections are notoriously unreliable - just last year the Sun splashed "EXCLUSIVE" across a story claiming "48% of Brits want to get out of the UK" - so why do news organisations from across the spectrum persist in giving such garbage prominence? The fact that the BBC themselves lead with "No indication of huge Romanian-Bulgarian influx" should tell us all we need to know. The Telegraph reach their figure by adding the proportions of Bulgarians and Romanians who said they were looking to work in the UK in 2013 or 2014, but drill down a little further into the poll results most of that figure said they would only migrate if they received a firm offer of work. To equate a broad wish to migrate to the UK for a job with an imminent threat of immigration inundation is careless at best and actively misleading at worst. If we apply the same conversion to the Sun's claim, 30m Britons should by now have upped sticks and headed overseas. In actual fact there were 352,000 emigrants in the year ending June 2012, giving us an exaggeration factor of 86. Admittedly the distortion factor in Bulgaria is lower - recorded emigration rates of between 6% and 7% compare to figures of up to 50% reported in polls of the capital Sofia - but the overarching point remains the same; immigration polls are not to be trusted. If any figures from the poll are to be treated as concrete signals of future migration, they are those concerning people who have begun making concrete plans to move, such as looking for accommodation. In this case those are 1.2% and 0.4% for Bulgaria and Romania respectively, or a total of 117,240 in Telegraph money. The latest World Bank data puts the total number of Bulgarian and Romanian emigrants to the UK at 14,790, so while the requisite increase is by no means impossible, it would have to be dramatic to see these figures realised. In addition to the issue of exaggeration, the BBC poll also found that the proportion of Bulgarians and Romanians looking for work elsewhere in the EU in 2014 is down on the same figure for 2013.