REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
N.2260/2009 Reg.Dec. N. 1312 Reg.Ric. ANNO 2004 |
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul
ricorso in appello n. 1312/2004, proposto dal prof. Alfredo
Bartoloni, rappresentato e difeso in giudizio dagli Avv.ti Corrado Mauceri,
Luciano Piacente e Fausto Buccellato ed elettivamente domiciliato nello studio
di questĠultimo, in Roma al Viale Angelico n. 45;
contro
la
Provincia Autonoma di Trento, in persona del Presidente pro-tempore,
rappresentato e difeso dagli Avv.ti S.A. Romano e N. Pedrazzoli con domicilio
eletto in Roma, Viale XXI Aprile n. 11, presso lĠAvv.to Sergio Panunzio;
il
Sovrintendente Scolastico della Provincia Autonoma di Trento, non costituitosi;
il
Ministero dellĠIstruzione, dellĠUniversit e della Ricerca Scientifica, in
persona del Ministro pro-tempore, e lĠUfficio Scolastico Provinciale di Trento,
rappresentato e difeso dallĠAvv. Generale dello Stato con domicilio eletto in
Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
la
Arcidiocesi di Trento, in persona del legale rappresentante, rappresentata e
difesa in giudizio dagli Avv.ti prof. Salvatore Alberto Romano e Pier Giorgio
Fia ed elettivamente domiciliata nello studio del primo in Roma al Viale XXI
Aprile n. 11;
per la riforma
Visto il ricorso con
i relativi allegati;
Visto lĠatto di
costituzione in giudizio dellĠArcidiocesi di Trento, della Prov. Autonoma di
Trento, del Ministero dellĠIstruzione e dellĠUfficio Scolastico Provinciale di
Trento;
Viste le memorie
prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti
della causa;
Alla camera di
consiglio del 17 febbraio 2009 relatore il Consigliere Giulio Castriota
Scanderbeg;
Uditi lĠAvv.
Buccellato, S. A. Romano, e lĠAvv.to dello Stato Stigliano;
Ritenuto e
considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
e DIRITTO
1. Il ricorrente,
docente a tempo indeterminato nei ruoli della Provincia autonoma di Trento,
stato escluso per difetto dei requisiti professionali e di servizio dal
concorso riservato per insegnante di religione cattolica indetto dalla suddetta
Provincia autonoma per la copertura dei posti di ruolo istituiti con Legge
provinciale n. 5 del 9 aprile 2001. Ha impugnato gli epigrafati atti di
esclusione dinanzi al TAR del Trentino Alto Adige assumendone sostanzialmente
la illegittimit in via derivata, per essere a suo dire illegittima sul piano
costituzionale, sotto svariati profili, la citata Legge provinciale n. 5/01 in
esecuzione della quale il concorso stato bandito. Il Tar, con la sentenza
suindicata, ha respinto il ricorso ritenendo la manifesta infondatezza della
questione di costituzionalit sollevata.
Insorge avverso la
detta sentenza col ricorso in esame il prof. Bartoloni, riproponendo
sostanzialmente in questa sede allĠindirizzo della presupposta legge
provinciale le censure di illegittimit costituzionale gi disattese dal
giudice di prime cure. Resiste con controricorso lĠArcidiocesi di Trento.
AllĠudienza del 17
febbraio 2009 il ricorso stato trattenuto per la decisione.
2. Il ricorso
infondato e va disatteso.
Col primo motivo lĠappellante,
nel rilevare la illegittimit degli atti di non ammissione alla selezione per
cui giudizio, gi inutilmente gravati in primo grado, ripropone il motivo
della pretesa non conformit a Costituzione della presupposta Legge provinciale
trentina (n. 5 del 2001), nella parte in cui (art.1) la stessa istituisce posti
a tempo indeterminato di docente di religione cattolica nonch in quella
(art.7) recante i requisiti professionali e di servizio del personale da
immettere in ruolo in sede di prima applicazione della legge ed in particolare
il giudizio di idoneit da parte dellĠordinario diocesano.
Il motivo di gravame,
disatteso dal primo giudicante sulla base della compatibilit dellĠintervento
legislativo provinciale censurato al quadro costituzionale di riferimento, si
compendia pertanto nella questione della illegittimit costituzionale della
richiamata legge provinciale, della quale dĠaltronde, come riconosce lo stesso
appellante, gli atti amministrativi di non ammissione gravati in primo grado costituiscono
pedissequa applicazione.
In particolare, viene
dedotta la violazione degli artt. 3,7,8,20 e 33 della Costituzione, con
riferimento allĠart. 9 L. 25.5.1985 ed al punto 5 lett. c) del protocollo
addizionale e dellĠart. 21 del DPR 15.7.1988 n. 405.
Nella prospettazione
dellĠappellante, la citata legge provinciale trentina, di cui si sollecita un
controllo incidentale di legittimit da parte della Corte costituzionale,
minerebbe valori primari contenuti nei citati articoli della Carta
fondamentale, ed in particolare il principio di laicit dello Stato e di
libert di insegnamento dei singoli docenti, proprio, questĠultimo, dellĠintero
sistema scolastico italiano.
Sempre secondo la
tesi dellĠappellante il punto di equilibrio tra i vari interessi in gioco (ed
in particolare la salvaguardia del principio di laicit dello Stato) sarebbe
assicurato dalla disciplina concordataria, caratterizzata dal fatto che gli
incarichi di insegnamento in parola hanno natura temporanea e sono affidati
dalla autorit scolastica dĠintesa con lĠordinario diocesano e previo
accertamento di idoneit da parte di questĠultimo. Per converso, la
determinazione della Provincia di Trento di istituire un ruolo dei docenti di
religione cattolica, la cui assunzione rimane subordinata al riconoscimento ed
al mantenimento della idoneit da parte dellĠordinario diocesano,
contrasterebbe non soltanto con la citata normativa concordataria, ma anche con
i suindicati principi costituzionali.
3. La manifesta
infondatezza della questione di costituzionalit sollevata consente al Collegio
di tralasciare il giudizio di rilevanza, ai fini decisori, della questione
medesima, pur dubbia, alla luce della pacifica e incontestata carenza, in capo
allĠoriginario ricorrente, di ogni requisito partecipativo ai fini dellĠaccesso
alla selezione riservata di che trattasi (e quindi non soltanto del requisito
del riconoscimento della idoneit da parte dellĠordinario diocesano, in
relazione alla quale soltanto si appuntano, ai fini dellĠammissione in posti di
ruolo dello Stato, le censure del ricorrente).
3.1 Osserva anzitutto
la Sezione che la ipotizzata contrariet della disciplina legislativa
provinciale di che trattasi con quella introdotta dalla modifica degli Accordi
lateranensi - ratificata con L.121/85 - non appare per vero sussistente. I
termini essenziali di quellĠaccordo, ai fini che qui interessano, possono
riassumersi nellĠassunzione di uno specifico obbligo da parte della Repubblica
Italiana nei confronti della Santa Sede, (pur nellĠaccettazione da parte di
questĠultima del pluralismo religioso quale valore primario dello Stato in
sostituzione del precedente modello di Stato <confessionale>), in ordine
allĠassicurazione del servizio di insegnamento della religione cattolica nelle
scuole pubbliche; con la ulteriore connotazione della non obbligatoriet di
detto insegnamento per la platea degli allievi. Tale vincolo prestazionale,
assunto dallo Stato italiano nella dichiarata consapevolezza dellĠimportanza
della religione cattolica nella tradizione culturale della Nazione, se impone
allo Stato di coinvolgere lĠautorit ecclesiastica nella selezione idoneativa
del personale docente (art. 5 del protocollo addizionale allĠAccordo del 1984),
non ne condiziona tuttavia le modalit di approntamento della provvista di
personale cui affidare lĠinsegnamento religioso, n tampoco la configurazione
del modello da osservare nella scelta del relativo rapporto di lavoro;
diversamente da quanto opinato da parte appellante, nessun limite o
condizionamento , infatti, rinvenibile al riguardo nelle disposizioni
concordatarie, di tal che non potrebbe che riespandersi, sotto tal profilo,
ogni prerogativa regolatoria ricollegabile alla sovranit statale presidiata
dallo stesso art. 7 della Cost.
3.2 DĠaltra parte,
anche la Corte Costituzionale, sia pur in un passaggio incidentale della
sentenza n. 390 del 1999 (cfr. punto 6.1 della motivazione), ha avuto modo di
precisare, a proposito del carattere in s non irragionevole o arbitrario del
meccanismo dellĠincarico annuale quale strumento di provvista del personale
docente di religione cattolica, che sono pur sempre possibili soluzioni diverse
rimesse, nel rispetto degli impegni pattizi, alla discrezionalit del
legislatore. E non cĠ dubbio che lĠopzione normativa della legge trentina si
inserisce in tale cornice, laddove prevede sostanzialmente la stabilizzazione
del personale insegnante di religione cattolica, senza tuttavia obliterare il
coinvolgimento dellĠAutorit ecclesiastica (questo s presidiato dalla
richiamata disposizione pattizia) nella scelta dei soggetti chiamati a
ricoprire i posti destinati a quellĠinsegnamento.
N pu autorizzare
conclusioni diverse, come preconizza parte ricorrente (l dove inserisce nella
rubrica del motivo di ricorso il punto 5 lett. c) del Protocollo addizionale
dellĠAccordo di modifica dei patti lateranensi nonch lĠart. 21 del DPR
15/7/1988 n. 405 recante lĠattuazione dello Statuto speciale per la Regione
Trentino Alto Adige in materia di ordinamento scolastico in Provincia di
Trento), la indubbia e accentuata autonomia normativa e amministrativa di cui
gode, anche nella materia scolastica, la suindicata Provincia. Casomai, i
cennati profili di autonomia e la stessa codificata non interferenza (art. 5
lett. c) del Protocollo ÒLe disposizioni di tale articolo non pregiudicano
il regime vigente nelle regioni di confine nelle quali la materia
disciplinata da norme particolariÓ)
della normativa pattizia sulla disciplina legislativa delle Province autonome,
non possono che rappresentare argomento ulteriore a comprova della legittimit
di un modello organizzatorio dellĠinsegnamento religioso che preveda
lĠaggregazione degli insegnanti in un ruolo di personale a tempo indeterminato,
fermo restando il gi richiamato meccanismo di nomina degli insegnanti stessi
delineato dallĠaccordo tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede.
3.3 Quanto ai profili
di ipotizzata illegittimit costituzionale della pi volte citata Legge
provinciale n. 5/01, valgano ad escludere ogni consistenza alla questione le
seguenti brevi considerazioni.
In ordine al
principio di laicit dello Stato compendiato nellĠart. 7 il profilo censorio
fatto proprio dallĠappellante, secondo cui detto principio resterebbe
pregiudicato dal riconoscimento allĠautorit ecclesiastica del potere di selezionare
(merc il riconoscimento della idoneit da parte dellĠordinario diocesano) il
personale da immettere in ruolo, non appare meritevole di accoglimento. Si
gi detto che il meccanismo compartecipativo (tra Stato e Santa sede) nella
selezione del personale cui affidare lĠinsegnamento della religione cattolica
frutto di una scelta assunta in sede concordataria, come tale in s non solo
non incompatibile con la Costituzione, ma alla stessa pienamente aderente (l
dove viene costituzionalizzata la fonte pattizia ai fini della regolazione dei
rapporti tra stato e Chiesa, art. 7 secondo comma); lĠappellante correla la
potenziale illegittimit del meccanismo in rapporto alla scelta della
assunzione in ruolo, e quindi stabilmente in carico allo Stato, del personale <<selezionato>>
dalla Autorit scolastica. Ma non certo tale opzione organizzativa, come gi
si detto, a mutare la compatibilit del quadro normativo con i valori
costituzionali di riferimento; a parte il fatto che sempre lĠautorit
statuale a far luogo alla nomina, non certo il grado di stabilit del
rapporto lavoristico degli insegnanti di religione a modificare il giudizio di
compatibilit con il principio di laicit dello Stato, tanto pi che la diversa
scelta organizzativa maturata in seno a questĠultimo (il profilo di autonomia
della Provincia di Trento non modifica lĠunitaria proiezione dello Stato nei
rapporti di diritto internazionale) al fine di soddisfare pi compiutamente
lĠobbligo di risultato assunto nella sede concordataria. DĠaltra parte, il
coinvolgimento dellĠautorit ecclesiastica nella scelta dei soggetti cui
affidare lĠinsegnamento della religione cattolica (nel senso che nessuno di
loro potrebbe attendere alla detta funzione di insegnamento senza lĠimprimatur
dellĠordinario diocesano), lungi dal minare il suindicato principio di laicit
dello Stato, ovvero costituire un vulnus al principio di uguaglianza tra tutte le religioni (art. 8 Cost.)
rappresenta piuttosto una scelta dettata dalla necessit di individuare, nel rispetto
degli accordi pattizi, il personale che abbia le attitudini per svolgere il
delicato compito di insegnamento della religione cattolica; dĠaltronde, una
parificazione di disciplina in rapporto a tutte le professioni religiose
sarebbe un non senso, atteso che la scelta laicale dello Stato (da intendersi
nel senso minimo di Stato <non confessionale>) non potrebbe tradursi
nella negazione – per contro a pi riprese affermata negli stessi accordi
concordatari - della diversa importanza storica del cattolicesimo, nel
patrimonio culturale della Nazione, rispetto alle altre confessioni religiose;
vieppi in un territorio, quale appunto il Trentino Alto Adige, contrassegnato
da un radicamento cos forte dei valori della tradizione cristiana da far
apparire non irragionevole la scelta della istituzione – ad opera del
legislatore provinciale- di un ruolo degli insegnanti di religione al fine di
assolvere il servizio di docenza.
Ancora, non appare
pertinente il riferimento, tra i principi costituzionali asseritamente
vulnerati dallĠintervento legislativo in parola, allĠart. 20 della
Costituzione, secondo cui il carattere ecclesiastico ed il fine di religione o
di culto di unĠassociazione o istituzione non possono essere causa di speciali
limitazioni legislative, n di speciali gravami fiscali per la sua
costituzione, capacit giuridica e ogni forma di attivit. Qui non dato
cogliere appieno neppure il profilo di censura sollevato, attesa la estrema
genericit sul punto della doglianza, tenuto conto che non ben chiaro a
tutela di quale associazione o istituzione religiosa il ricorrente solleva la
questione della pretesa limitazione legislativa riveniente dalla disciplina
introdotta nella Provincia di Trento.
N appar calzante il
profilo della ipotizzata lesione dellĠart. 33 Cost., e del principio di libert
di insegnamento con esso presidiato; vien da osservare, infatti, che detto
principio conosce la sua massima espressione proprio con riferimento
allĠinsegnamento della religione cattolica, considerato che la stessa, in
quadro di generale obbligariet degli insegnamenti, si configura (proprio in
attuazione della modifica degli accordi concordatari) a guisa di materia
rinunciabile dagli allievi, peraltro senza alcun obbligo di attendere ad
insegnamenti sostitutivi. E, dĠaltra parte, su tale configurazione particolare
dellĠinsegnamento religioso non interferisce certo la scelta del modello
organizzatorio, e quindi la disposta istituzione di un ruolo stabile dei
docenti in luogo del meccanismo degli incarichi annuali, proprio del precariato
in cui tradizionalmente venivano ad operare gli insegnanti di religione.
3.4 Peraltro non
irrilevante osservare che anche il legislatore statale (il riferimento alla
legge nazionale n. 186/03), sia pur in epoca successiva a quella cui risale la
contestata legge provinciale n.5/01), ha istituito due distinti ruoli che
riguardano il personale docente di religione cattolica. Con il che restando
confermato, sia pur indirettamente il rilievo secondo cui le modalit a mezzo
delle quali lĠordinamento statuale o locale appronta la provvista dei docenti
di religione cattolica per il disimpegno del servizio di insegnamento non
snaturano il modello di Stato laico voluto dal Costituente, n accordano alla
religione cattolica una corsia preferenziale rispetto alle altre religioni,
atteso che il presidio contro tale rischio ampiamente assicurato dalla
configurazione dellĠinsegnamento stesso in termini di non-obbligo per la platea
dei discenti, come messo in luce dalla Corte Costituzionale fin nella sentenza
n. 203 del 1989.
In definitiva,
lĠistituzione di un ruolo di insegnanti a tempo indeterminato, in luogo del
meccanismo degli incarichi ad tempus, si inscrive, come gi detto, in un diverso modello
organizzatorio del servizio di insegnamento della religione cattolica nelle
scuole pubbliche, il cui assolvimento ha costituito specifico impegno della
Repubblica italiana in sede concordataria (art. 9, comma 2 della L. 25.3.1985
n. 121).
4. Da ultimo non
coglie nel segno la censura – dedotta sempre per asserita violazione dei
parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 7, 8, 20, 33 e 97 Cost. -con la
quale si lamenta la illegittima e definitiva assunzione nei ruoli dello Stato
degli insegnanti di religione, merc il meccanismo della mobilit verso altri
insegnamenti, le quante volte venga revocato (art. 5 LP cit) il giudizio di
idoneit da parte dellĠordinario diocesano. In tali ipotesi, opina
lĠappellante, lĠaccesso ai ruoli si rivelerebbe in tutta la sua portata
discriminatoria, laddoveÒdeve essere consentito a tutti a prescindere dagli
orientamenti religiosi, culturali ecc. e soprattutto a prescindere da ogni
interferenza di qualsiasi autorit ecclesiasticaÓ.
Ma neanche tale
censura fondata.
A parte la palese
irrilevanza della questione di costituzionalit ai fini del decidere (il
ricorrente lamenta in ricorso la lesione costituita dalla mancata ammissione al
concorso riservato e non, in tesi, una ipotetica preferenza in suo danno
accordata in sede di mobilit ad un ex insegnante di religione), a dirsi che
la questione altres infondata nel merito. Trascura, infatti, lĠappellante di
considerare che lĠidoneit allĠinsegnamento si risolve in un giudizio tecnico
positivo dellĠautorit ecclesiastica, la cui permanenza in capo al docente
indicato considerato a giusto titolo presupposto indefettibile ai fini
dellĠinsegnamento della religione. N appare estranea al sistema proprio degli
impieghi alle dipendenze delle amministrazioni la regola secondo cui, venuta
meno se del caso la suddetta condizione per lĠinsegnamento della religione
cattolica, lĠinsegnante di ruolo che abbia titoli professionali adeguati sia
utilizzato in mobilit per altri insegnamenti, senza pregiudizio per le
posizioni di altri eventuali aspiranti.
5. In definitiva,
alla luce delle considerazioni che precedono, lĠappello deve essere respinto.
Le spese di lite di
questo grado, in considerazione della particolare natura delle questioni
trattate, possono essere compensate tra le parti, ricorrendo giusti motivi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul
ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la
presente decisione sia eseguita dall'Autorit amministrativa.
Cos deciso a
Roma, in Palazzo Spada, il 17 febbraio 2009 dal Consiglio di Stato, in sede
giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei
Signori:
Giovanni Ruoppolo Presidente
Paolo Buonvino Consigliere
Roberto Garofoli Consigliere
Roberto Giovagnoli Consigliere
Giulio Castriota
Scanderbeg Consigliere,
Est.
Presidente
Giovanni
Ruoppolo
Consigliere Segretario
Giulio Castriota Scanderbeg Giovanni
Ceci
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il..14/04/2009
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
Maria Rita Oliva
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Add...................................copia
conforme alla presente stata trasmessa
al
Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di
Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il
Direttore della Segreteria