CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 31 luglio 2013
XVII LEGISLATURA
Fascicolo di seduta
A.C. 1326
EMENDAMENTI
S. 587 – Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 (Approvato dal Senato).

Relatore: MOSCA.

N. 1.

Seduta del 31 luglio 2013

ART. 1.
(Delega al Governo per l'attuazione di direttive europee).

(Votazione dell'articolo 1)

ART. 2.
(Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell'Unione europea).

(Votazione dell'articolo 2)

ART. 3.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali).

  Al comma 1, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
   f) previsione di procedimenti autorizzativi semplificati per le microimprese, piccole e medie imprese, come definite ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE, della Commissione, del 6 maggio 2003.
3. 7. Prataviera, Gianluca Pini.

(Votazione dell'articolo 3)

ART. 4.
(Criterio di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE).

  Al comma 1, sostituire le parole da: ad eliminare fino: ai consumi, con le seguenti: a garantire che le tariffe e la regolamentazione della rete incentivino miglioramenti dell'efficienza energetica e sostengano una tariffazione dinamica.
4. 1. Zaratti, Ricciatti, Pannarale, Pellegrino, Zan.

(Votazione dell'articolo 4)

ART. 5.
(Criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime).

  Sostituirlo con il seguente:

Art. 5.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI).

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alla direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) prevedere che i reati relativi alla tratta di esseri umani siano configurati ai sensi dell'articolo 2 della direttiva, in particolare prevedendo come reati dolosi il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l'alloggio o l'accoglienza di persone, compreso il passaggio o il trasferimento dell'autorità su queste persone, con la minaccia dell'uso o con l'uso stesso della forza o di altre forme di coercizione, con il rapimento, la frode, l'inganno, l'abuso di potere o della posizione di vulnerabilità o con l'offerta o l'accettazione di somme di denaro o di vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un'altra, a fini di sfruttamento, punendo altresì l'istigazione, il favoreggiamento e il concorso o il tentativo nella commissione dei reati;
   b) prevedere che per i suddetti reati le pene siano stabilite come delineate dall'articolo 4 della direttiva, realizzando il necessario coordinamento con le disposizioni vigenti;
   c) prevedere che le persone giuridiche siano ritenute responsabili dei reati di cui agli articoli 2 e 3 della direttiva, secondo le modalità delineate nell'articolo 5 della direttiva e con l'applicazione delle sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive come sancite nell'articolo 6;
   d) prevedere che le autorità competenti abbiano la facoltà di sequestrare e confiscare gli strumenti e i proventi derivanti dai reati di cui alla lettera a);
   e) prevedere che le indagini e l'azione penale siano condotte secondo quanto delineato nell'articolo 9 della direttiva, in particolare prevedendo strumenti investigativi efficaci quali quelli utilizzati contro la criminalità organizzata o altri reati gravi;
   f) prevedere che le misure di sostegno dei minori vittime della tratta di esseri umani siano disposte ai sensi degli articoli 13, 14 e 16 della direttiva, e nelle indagini e nei procedimenti penali ai sensi dell'articolo 15 della direttiva;
   g) prevedere adeguate misure necessarie per scongiurare e ridurre la domanda, fonte di tutte le forme di sfruttamento correlate alla tratta di esseri umani, come delineato dall'articolo 18 della direttiva;
   h) prevedere che l'autorità cui è affidato il compito di valutare le tendenze della tratta di esseri umani, misurare i risultati delle azioni anti-tratta e di presentare relazioni ai sensi dell'articolo 10 della direttiva, sia individuata nel Ministero dell'interno;
   i) prevedere il coordinamento della strategia dell'Unione al contrasto della tratta di esseri umani, secondo l'articolo 20 della direttiva e avvenga nella forma della cooperazione giudiziaria diretta.

  2. Alle attività previste dal comma 1 si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
5. 6. Gianluca Pini, Prataviera.

  Al comma 1, lettera a), sopprimere le parole:, laddove applicabili.
5. 1. Ricciatti, Pannarale, Pilozzi, Scotto, Fava, Daniele Farina, Sannicandro.

  Al comma 1, lettera c), sostituire le parole: e secondo procedure appropriate con le seguenti: secondo procedure appropriate e considerando in favore della minore età i margini di errore scientifici.
5. 2. Pannarale, Ricciatti, Pilozzi, Costantino, Scotto, Fava, Daniele Farina, Sannicandro.

  Al comma 1, lettera c), dopo le parole: adeguatamente informati aggiungere le seguenti:, in una lingua a loro comprensibile,
5. 3. Ricciatti, Pannarale, Pilozzi, Scotto, Fava, Daniele Farina, Sannicandro.

  Al comma 1, lettera d), dopo le parole: condizioni di salute aggiungere le seguenti:, lo stato di gravidanza.
5. 4. Pannarale, Ricciatti, Pilozzi, Scotto, Fava, Daniele Farina, Sannicandro.

  Al comma 1, lettera e), dopo le parole: esseri umani, aggiungere le seguenti: , alla violenza di genere.
5. 5. Ricciatti, Pannarale, Pilozzi, Scotto, Fava, Daniele Farina, Sannicandro.

(Votazione dell'articolo 5)

ART. 6.
(Criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2011/51/UE per estenderne l'ambito di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale).

  Al comma 1, alinea, sostituire le parole da: i seguenti principi e criteri direttivi specifici: fino alla fine dell'articolo con le seguenti: il seguente criterio direttivo specifico: introdurre disposizioni che prevedano la revoca dello status di soggiornante di lungo periodo, ottenuto a titolo di protezione internazionale, nel caso in cui la medesima sia revocata, sia cessata o il suo rinnovo sia rifiutato, in conformità con l'articolo 14, paragrafo 3, e con l'articolo 19, paragrafo 3, della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004.
6. 1. Prataviera, Gianluca Pini.

(Votazione dell'articolo 6)

ART. 7.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta).

  Sopprimerlo.
7. 4. Prataviera, Gianluca Pini.

  Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: mantenere in tutti i casi con le seguenti: non abbassare in alcun caso.
7. 2. Scotto, Pannarale, Ricciatti, Pilozzi, Fava.

  Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: gli status giuridici del rifugiato e del beneficiario di protezione sussidiaria con le seguenti: lo status giuridico del beneficiario di protezione sussidiaria a quello del rifugiato.
7. 3. Fava, Ricciatti, Pannarale, Pilozzi, Scotto.

  Al comma 1, lettera d), aggiungere, in fine, le parole: , nonché garantire a tutti i beneficiari di protezione internazionale privi di mezzi di sussistenza, per un periodo di almeno 12 mesi, l'accesso ai programmi d'accoglienza e integrazione attualmente previsti dalla normativa, nell'ambito del Servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.

  Conseguentemente, al medesimo comma, dopo la lettera d) aggiungere la seguente:
   e) considerare la specifica condizione dei beneficiari di protezione internazionale nel riconoscimento del diritto all'assistenza sociale e alla salute e nell'accesso al mercato del lavoro, garantendo misure particolari di sostegno per l'effettivo godimento dei summenzionati diritti.
7. 1. Ricciatti, Pannarale, Pilozzi, Daniele Farina, Sannicandro.

(Votazione dell'articolo 7)

ART. 8.
(Criterio direttivo di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2011/85/UE, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri).

  Al comma 1, sopprimere le parole: con le disposizioni della legge 24 dicembre 2012, n. 243, nonché.
8. 1. Ricciatti, Pannarale, Marcon, Boccadutri, Melilla.

(Votazione dell'articolo 8)

ART. 9.
(Delega al Governo per il coordinamento della disciplina interna in materia di imposta sul valore aggiunto con l'ordinamento dell'Unione europea).

(Votazione dell'articolo 9)

ART. 10.
(Delega al Governo per l'attuazione del regolamento (CE) n. 2173/2005 del Consiglio, del 20 dicembre 2005, relativo all'istituzione di un sistema di licenze FLEGT per le importazioni di legname nella Comunità europea, e del regolamento (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, che stabilisce gli obblighi degli operatori che commercializzano legno e prodotti da esso derivati).

(Votazione dell'articolo 10)

ART. 11.
(Delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni dell'Unione europea e agli accordi internazionali in materia di prodotti e di tecnologie a duplice uso e di sanzioni in materia di embarghi commerciali nonché per ogni tipologia di operazione di esportazione di materiali proliferanti).

  Al comma 1, sopprimere la lettera c).
11. 3. Duranti, Pannarale, Ricciatti, Fava, Piras, Scotto.

  Al comma 1, lettera c), sopprimere le parole: e semplificazione.
11. 4. Ricciatti, Pannarale, Duranti, Piras, Scotto, Fava.

  Al comma 1, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
   f) rispetto dei divieti di cui all'articolo 1 della legge 9 luglio 1990 n. 185.
11. 2. Ricciatti, Pannarale, Duranti, Piras, Scotto, Fava.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  
2-bis. Gli schemi dei decreti legislativi di cui ai commi 1 e 2 sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere delle competenti Commissioni parlamentari.
11. 5. Piras, Fava, Scotto, Ricciatti, Pannarale, Duranti.

(Votazione dell'articolo 11)

ART. 12.
(Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010).

(Votazione dell'articolo 12)

  Dopo l'articolo 12, aggiungere il seguente:

Art. 12-bis.
(Criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2012/28/UE recante disposizioni su taluni utilizzi consentiti di opere orfane e delega per la semplificazione di banche dati contenenti informazioni su opere o fonogrammi protetti dal diritto d'autore).

  1. Ai fini dell'attuazione della direttiva 2012/28/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, recante disposizioni su taluni utilizzi consentiti di opere orfane, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, in quanto compatibili, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
   a) fermi restando il rispetto degli obiettivi di armonizzazione comunitaria perseguiti dalla direttiva, la garanzia di certezza del diritto nel mercato interno e il rispetto dei diritti dei titolari di un'opera o un fonogramma ai sensi dell'articolo 5 della direttiva, per quanto concerne l'utilizzo delle opere orfane, prevedere:
    1) criteri e modalità semplificate, anche al fine di contenerne l'onerosità, per lo svolgimento della ricerca diligente per le opere fuori commercio;
    2) che qualora successivamente alla sua digitalizzazione vengano individuati uno o più aventi diritto su un'opera orfana, i criteri di remunerazione tengano conto, in diminuzione, del valore che la digitalizzazione e la diffusione hanno conferito ad opere o fonogrammi altrimenti prive di interesse commerciale;

  2. Al fine di favorire la conservazione e la diffusione del patrimonio culturale italiano e straniero attraverso la digitalizzazione delle collezioni o la creazione di biblioteche digitali europee, da parte delle biblioteche, degli istituti di istruzione e dei musei accessibili al pubblico, nonché degli archivi, degli istituti per il patrimonio cinematografico o sonoro e delle emittenti di servizio pubblico, il Governo è delegato ad adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo che, effettuata una preliminare ricognizione delle fonti esistenti, disponga la creazione, la fusione, l'integrazione o la modificazione di banche dati nazionali contenenti i dati relativi ad opere o fonogrammi per le quali esistono titolari dei diritti d'autore, create da soggetti pubblici o privati. Ai fini dell'attuazione della presente delega, il Governo è tenuto a seguire i seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) prevedere che tali banche dati siano accessibili gratuitamente a biblioteche, a istituti di istruzione e musei accessibili al pubblico, nonché agli archivi, agli istituti per il patrimonio cinematografico o sonoro e alle emittenti di servizio pubblico che siano impegnate nella digitalizzazione di opere o fonogrammi in loro possesso;
   b) prevedere un obbligo a carico dei titolari di diritti d'autore di opere o fonogrammi di comunicare ad un'autorità pubblica o privata che gestisce una banca dati contenente informazioni relative ad opere o fonogrammi coperti da diritto d'autore, di comunicare entro un tempo ragionevole modificazioni relative ai propri dati personali o relative ai soggetti cui il diritto d'autore venga trasferito, in modo da consentire sempre la possibilità di individuare e contattare il titolare di diritti d'autore su opere o fonogrammi;
   c) stabilire che la mancata indicazione nella banca dati di informazioni o la presenza di informazioni non aggiornate sui titolari di diritti d'autore su opere o fonogrammi, incida in diminuzione sulla quantificazione della remunerazione spettante a tali titolari che siano identificati o rivendichino i loro diritti successivamente alla dichiarazione dello status di opera orfana;
   d) lasciando impregiudicate altre modalità, anche semplificate, di svolgimento della ricerca diligente, prevedere che biblioteche, istituti di istruzione e musei accessibili al pubblico, nonché archivi, istituti per il patrimonio cinematografico o sonoro e emittenti di servizio pubblico possano richiedere al titolare della banca dati l'inserimento di un'opera o un fonogramma di cui non siano identificati eventuali titolari di diritti d'autore, stabilendo che – trascorsi 12 mesi dall'inserimento dell'opera nella banca dati – possa acquisire lo status di opera orfana, ai sensi della direttiva 2012/28/UE.
12. 01. Costantino, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Ricciatti, Pannarale.

  Dopo l'articolo 12, aggiungere il seguente:

Art. 12-bis.
(Criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2012/28/UE recante disposizioni su taluni utilizzi consentiti di opere orfane).

  1. Ai fini dell'attuazione della direttiva 2012/28/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, recante disposizioni su taluni utilizzi consentiti di opere orfane, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, in quanto compatibili, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:
   a) fermi restando il rispetto degli obiettivi di armonizzazione comunitaria perseguiti dalla direttiva, la garanzia di certezza del diritto nel mercato interno e il rispetto dei diritti dei titolari di un'opera o un fonogramma ai sensi dell'articolo 5 della direttiva, per quanto concerne l'utilizzo delle opere orfane, prevedere:
    1) criteri e modalità semplificate, anche al fine di contenerne l'onerosità, per lo svolgimento della ricerca diligente per le opere fuori commercio;
    2) che qualora successivamente alla sua digitalizzazione vengano individuati uno o più aventi diritto su un'opera orfana, i criteri di remunerazione tengano conto, in diminuzione, del valore che la digitalizzazione e la diffusione hanno conferito ad opere o fonogrammi altrimenti prive di interesse commerciale;
12. 02. Costantino, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Ricciatti, Pannarale.

ART. 13.
(Criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici).

(Votazione dell'articolo 13)

  Dopo l'articolo 13, aggiungere il seguente:

Art. 14.
(Criteri di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2011/77/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2011, che modifica la direttiva 2006/116/CE concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi).

  1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2011/77/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2011, che modifica la direttiva 2006/116/CE concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:
   a) prevedere che l'esercizio dei diritti connessi al diritto d'autore di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633, riconosciuti ai produttori di fonogrammi nonché agli artisti interpreti o esecutori sui fonogrammi spetti distintamente a ciascuna delle imprese intermediarie di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2012 alle quali i medesimi hanno conferito mandato;
   b) stabilire che i compensi derivanti dagli anzidetti diritti connessi al diritto d'autore spettanti ai produttori di fonogrammi nonché agli artisti interpreti o esecutori siano tra loro ripartiti in eguale misura;
   c) prevedere che le modalità di determinazione dei compensi di cui sopra siano stabilite mediante accordi generali periodici tra gli utilizzatori e le imprese intermediarie di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2012;
   d) introdurre procedure alternative di risoluzione dei conflitti in caso di mancato perfezionamento degli accordi di cui alla lettera c);

   e) prevedere l'irrinunciabilità e la non cedibilità dei compensi spettanti agli artisti interpreti o esecutori sui fonogrammi dai medesimi interpretati.
13. 05. Gianluca Pini, Prataviera, Caparini.

  Dopo l'articolo 13, aggiungere il seguente:

Art. 14.
(Criterio direttivo di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento e del Consiglio).

  1. Nella predisposizione dei decreti legislativi per l'attuazione della direttiva 2011/83/UE concernente i diritti dei consumatori, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi di cui agli articoli 1 e 2 della presente legge, anche il seguente criterio direttivo specifico relativo agli obblighi del consumatore in caso di recesso di cui al considerando 47 e all'articolo 14 della medesima direttiva: introdurre disposizioni che consentano al consumatore di manipolare ed ispezionare i beni con le modalità e i limiti che gli sarebbero consentiti in un negozio.
13. 06. Gianluca Pini, Prataviera.

A.C. 1326
ORDINI DEL GIORNO
S. 587. – Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 (Approvato dal Senato).

N. 1.

Seduta del 31 luglio 2013

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del disegno di legge recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013» è volto ad introdurre un criterio di delega legislativa per l'attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, contenuta nello stesso disegno di legge, all'allegato B;
    il Piano d'azione nazionale sull'efficienza energetica (PAEE 2011), che identifica le misure di miglioramento dell'efficienza energetica a livello settoriale, considera anche l'illuminazione pubblica;
    il decreto-legge n. 63 del 2013 (cosiddetto decreto Ecobonus), in corso di conversione, all'articolo 5 estende al sostegno della realizzazione di progetti di miglioramento dell'efficienza energetica nell'edilizia pubblica l'utilizzo del fondo di garanzia a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento, istituito presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico dall'articolo 22, comma 4, del decreto legislativo n. 28 del 2011;
    al fine di incrementare le risorse di tale Fondo, potrebbe essere utilizzato il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, istituito dall'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, nell'ambito del Ministero del tesoro – Ragioneria generale dello Stato,

impegna il Governo:

   sostegno degli interventi di efficientamento energetico degli impianti di illuminazione pubblica;
   a valutare la possibilità che la garanzia del fondo possa valere anche per interventi di efficientamento realizzati anche attraverso forme di partenariato pubblico-privato o società appositamente costituite, al fine di garantire il pagamento dei corrispettivi dovuti dall'ente locale ai soggetti titolari degli interventi;
   ad incrementare le risorse del Fondo utilizzando il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, istituito dall'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183.
9/1326/1. Vaccaro, Mosca.

   La Camera,
   premesso che:
    i due provvedimenti, Legge Europea (AC 1327) e Legge di delegazione europea 2013 (AC 1326), esaminati congiuntamente, al fine di adeguare la normativa italiana a quella europea, contengono alcune disposizioni rilevanti per il comparto della difesa;
    in particolare l'articolo 11 della Legge di delegazione europea conferisce al governo una delega ad emanare, entro un anno dalla data dell'entrata in vigore della legge stessa, provvedimenti finalizzati al riordino e alla semplificazione delle procedure di autorizzazione all'esportazione di prodotti e tecnologie a «duplice uso», nonché alla previsione di nuove fattispecie sanzionatorie previste dalla normativa europea nei settori di riferimento, in considerazione dell'entrata in vigore del Regolamento (CE) n. 428/2009 che istituisce un nuovo regime europeo di controllo delle esportazioni, del trasferimento, dell'intermediazione e del transito dei prodotti a duplice uso;
    il riordino della disciplina nel settore del controllo dei beni duali deve rispondere sia all'esigenza di evitare la proliferazione delle armi di distruzione di massa sia garantire alle nostre imprese la possibilità di mantenere flussi di esportazioni, nel fermo rispetto degli impegni e delle normative internazionali e internazionali vigenti, comprese quelli inerenti gli embarghi commerciali e il contrasto delle infrazioni doganali;
    l'estrema delicatezza e importanza rivestite dalla materia delle procedure di autorizzazione all'esportazione di prodotti di «duplice uso» – cui afferiscono tutti quei beni che, pur essendo realizzati per un utilizzo civile, hanno possibilità e potenzialità di impiego nella costruzione di armi nucleari, chimiche, biologiche e missilistiche – richiama la necessità di una grande attenzione e cautela, rendendo più che mai opportuno che su tali provvedimenti di attuazione il Parlamento eserciti un adeguato controllo, mediante l'espressione di un parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, come per le altre ipotesi di delega contenute nel medesimo provvedimento,

impegna il Governo

a prevedere che i provvedimenti di attuazione e riordino di cui all'articolo 11 della legge di delegazione europea, emanati dal Governo nel rispetto dei principi e criteri direttivi specifici, indicati nel medesimo articolo, e in conformità delle disposizioni degli atti dell'Unione europea in materia di esportazione di prodotti e tecnologie a duplice uso, siano sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti.
9/1326/2. Salvatore Piccolo, Scanu, Villecco Calipari, Galli Carlo, Mogherini, Bolognesi, D'Arienzo.

   La Camera,

impegna il Governo:

   a prevedere nello Schema di Decreto Legislativo di recepimento della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici:
   la valutazione retrospettiva per tutte le procedure che fanno uso di animali;
   ispezioni almeno a cadenza annuale, senza preavviso, realizzate anche da Guardie zoofile appartenenti alle associazioni di protezione animali riconosciute dal Ministero della Salute in presenza di un medico veterinario da loro designato;
   l'arricchimento ambientale dei luoghi di custodia degli animali negli stabilimenti allevatori, fornitori e utilizzatori anche attuando le disposizioni della Convenzione ETS 123 del Consiglio d'Europa;
   la presenza di almeno un esperto in metodi alternativi e un biostatistico negli organismi preposti al benessere degli animali e nel Comitato nazionale per la protezione degli animali usati a fini scientifici, previsti dalla direttiva 2010/63/UE;
   che «il punto di contatto unico incaricato di fornire consulenza sulla pertinenza normativa e idoneità degli approcci alternativi proposti per la convalida» ai sensi dell'articolo 47 comma 5 della direttiva 2010/63/UE, sia composto dal Centro di Referenza nazionale per i Metodi Alternativi del Ministero della Salute e dalla Piattaforma Italiana dei Metodi Alternativi – IPAM;
   il parere vincolante di un medico veterinario per la decisione di riutilizzare un animale già impiegato in una precedente procedura;

  a realizzare senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica un elenco pubblico e aggiornato periodicamente dei metodi alternativi accreditati in letteratura scientifica ai sensi dell'articolo 47 comma 4 della direttiva 2010/63/UE:
   un elenco nazionale pubblico delle procedure che hanno utilizzato animali anche se con esito negativo;
   un elenco nazionale, pubblicato con cadenza annuale, degli animali nati, ceduti e deceduti negli stabilimenti allevatori, fornitori e utilizzatori;

  a realizzare senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica il rafforzamento dell'Ufficio della Direzione Generale della sanità animale e del farmaco veterinario del Ministero della Salute preposto ai compiti previsti dalla normativa;

  ad adeguare, in rapporto al numero degli animali che lo stabilimento utilizzatore intende utilizzare nei successivi dodici mesi, e al costo per l'acquisto degli animali stessi, la tariffa prevista per l'autorizzazione ai sensi del decreto ministeriale 19.7.1993 da parte del Ministero della Salute. Tali entrate confluiscono in un Fondo dello stesso Ministero per il sostegno ai metodi sostitutivi di ricerca;

  a far realizzare dalle Università e dagli altri stabilimenti utilizzatori di animali una informativa periodica almeno annuale ai propri studenti, docenti, operatori, ricercatori, in merito al diritto di obiezione di coscienza alla sperimentazione su animali prevista dalla legge 12 ottobre 1993, n. 413.
9/1326/3. Brambilla.

   La Camera,
   premesso che:
    a settembre sarà definitivamente approvato dall'Unione Europea il Quadro finanziario pluriennale 2014-2020, che definirà le priorità degli interventi;
    il bilancio annuale dell'Unione Europea ha un budget di circa 151 miliardi di euro nel 2013;
    tale somma corrisponde a meno dell'1 per cento del Prodotto interno lordo dell'UE;
    da una analisi della contribuzione netta di ogni Paese, l'applicazione degli attuali criteri, comporta una contribuzione netta squilibrata a carico di alcuni Paesi meno ricchi, Italia in particolare,

impegna il Governo:

   a farsi promotore presso l'Unione Europea, affinché valuti l'opportunità di rivedere i criteri di contribuzione netta dei Paesi membri al bilancio europeo, affinché la contribuzione richiesta sia correlata all'eccedenza del PIL pro-capite di ogni singolo paese membro rispetto al PIL pro-capite medio europeo, allo scopo di rendere più perequata e sostenibile la contribuzione dei Paesi membri al Bilancio europeo;
   a farsi promotore di una gestione dei fondi europei più trasparente e democratica, non essendo accettabile che i voti espressi nel consiglio dei ministri UE dai rappresentanti dei singoli governi restino segreti, eliminando di fatto ogni possibilità per gli elettori di controllare alcune delle più importanti decisioni prese dai governi da loro espressi.
9/1326/4. Castelli, Caso, Cariello, D'Incà, D'Ambrosio, Brugnerotto, Sorial, Currò.

A.C. 1327
EMENDAMENTI
S. 588. – Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013 (Approvato dal Senato).

Relatore: ALLI.

N. 1.

Seduta del 31 luglio 2013

ART. 1.
(Disposizioni volte a porre rimedio al non corretto recepimento della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto di circolazione e di soggiorno dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari. Procedura di infrazione 2011/2053).

(Votazione dell'articolo 1)

ART. 2.
(Disposizioni in materia di prestazione transfrontaliera di servizi dei consulenti di proprietà industriale. Caso EU Pilot 2066/11/MARK).

(Votazione dell'articolo 2)

ART. 3.
(Disposizioni relative alla libera prestazione e all'esercizio stabile dell'attività di guida turistica da parte di cittadini dell'Unione europea. Caso EU Pilot 4277/12/MARK).

  Sostituirlo con il seguente:
  Art. 3. – 1. I cittadini dell'Unione europea esercitano la professione di guida turistica nel pieno rispetto di quanto previsto dall'articolo 57 del Trattato dell'Unione europea.
  2. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, i cittadini dell'Unione europea abilitati allo svolgimento dell'attività di guida turistica nell'ambito dell'ordinamento giuridico di un altro Stato membro operano in regime di libera prestazione dei servizi secondo quanto disposto dalla direttiva 2005/36/CE del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206.
  3. Con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentita la Conferenza unificata, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati i siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico per i quali occorre una specifica abilitazione.
3. 5. Ricciatti, Pannarale, Lacquaniti, Matarrelli, Ferrara, Piazzoni, Airaudo, Giancarlo Giordano, Costantino, Fratoianni.

(Votazione dell'articolo 3)

ART. 4.
(Modifica al decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, in materia di ordinamento e mercato del turismo. Procedura di infrazione 2012/4094).

(Votazione dell'articolo 4)

ART. 5.
(Modifiche al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, recante attuazione della direttiva 98/5/CE, in materia di società tra avvocati. Caso EU Pilot 1753/11/MARK).

(Votazione dell'articolo 5)

ART. 6.
(Modifica al decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 208, recante disciplina dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture nei settori della difesa e sicurezza, in attuazione della direttiva 2009/81/CE).

(Votazione dell'articolo 6)

ART. 7.
(Modifiche alla disciplina in materia di accesso ai posti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni. Casi EU Pilot 1769/11/JUST e 2368/11/HOME).

  Al comma 1, lettera b), sostituire il capoverso 3-bis con il seguente:
  3-bis. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari di un permesso di soggiorno che consente lo svolgimento di attività lavorativa.
7. 4. Ricciatti, Pannarale, Pilozzi, Scotto.

(Votazione dell'articolo 7)

ART. 8.
(Modifica al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di tassazione di aeromobili. Caso EU Pilot 3192/12/TAXU).

(Votazione dell'articolo 8)

ART. 9.
(Disposizioni in materia di monitoraggio fiscale. Caso EU Pilot 1711/11/TAXU).

(Votazione dell'articolo 9)

ART. 10.
(Modifica alla legge 28 dicembre 2001, n. 448, in materia di affidamento del servizio di riscossione delle imposte locali. Caso EU Pilot 3452/12/MARKT).

(Votazione dell'articolo 10)

ART. 11.
(Disposizioni volte al corretto recepimento della direttiva 1999/63/CE relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare. Caso EU Pilot 3852/12/EMPL).

(Votazione dell'articolo 11)

ART. 12.
(Disposizioni in materia di lavoro a tempo determinato. Procedura di infrazione 2010/2045).

(Votazione dell'articolo 12)

ART. 13.
(Disposizioni volte al corretto recepimento della direttiva 2003/109/CE relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo. Procedura di infrazione 2013/4009).

(Votazione dell'articolo 13)

ART. 14.
(Modifica al decreto legislativo 29 luglio 2003, n. 267, in materia di protezione delle galline ovaiole e registrazione dei relativi stabilimenti di allevamento. Procedura di infrazione 2011/2231).

  Al comma 1, capoverso Art. 7, comma 1, sostituire le parole: euro 6.200 a euro 18.600 con le seguenti: euro 9.300 a euro 37.200.
14. 3. Franco Bordo, Palazzotto, Ricciatti, Pannarale.

  Al comma 1, capoverso Art. 7, comma 2, sostituire le parole: euro 3.100 a euro 18.600 con le seguenti: euro 9.300 a euro 27.900.
14. 4. Franco Bordo, Palazzotto, Ricciatti, Pannarale.

  Al comma 1, capoverso Art. 7, comma 6, primo periodo, dopo la parola: al ritiro aggiungere le seguenti: e alla confisca amministrativa, da parte dell'Autorità competente,

  Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sostituire le parole: o all'industria non alimentare con le seguenti: ed in nessun caso possono essere immesse in vendita a qualsiasi titolo. Chiunque immetta in vendita uova provenienti da allevamenti sottoposti alle misure di cui ai commi precedenti è soggetto alla pena prevista dall'articolo 650 del codice penale.
14. 5. Palazzotto, Franco Bordo, Pannarale, Ricciatti.

(Votazione dell'articolo 14)

ART. 15.
(Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, in materia di biocidi).

  Dopo il comma 5, aggiungere il seguente:
  5-bis. Il Ministero della salute implementa lo sviluppo, la diffusione e l'applicazione di metodi sostitutivi al modello in vivo, anche tramite i proventi derivanti dalle tariffe di cui articolo 80 del Regolamento.
15. 1. Ricciatti, Pannarale, Piazzoni, Aiello, Nicchi.

(Votazione dell'articolo 15)

ART. 16.
(Attuazione del regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sui prodotti cosmetici).

  Dopo il comma 3, aggiungere i seguenti:
  3-bis. Il Ministero della salute provvede a redigere piani di controllo, di cui al comma 5, che comprendano la verifica del divieto di sperimentazione e importazione di materie prime testate su animali.
  3-ter. Il Ministero della salute, in relazione al piano di controllo di cui al comma 3-bis, definisce, entro novanta giorni, un quadro sanzionatorio appropriato in modo da risultare effettivo, proporzionato e dissuasivo.
  3-quater. Qualora il Ministero della salute accerti irregolarità, di cui al comma 3-bis, contesta la violazione all'azienda ovvero alla società diffidandola ed assegnando un termine di sette giorni per le giustificazioni. Trascorso tale termine, o qualora le giustificazioni risultino inadeguate, sono applicate le sanzioni di cui al comma 3-quinquies, motivate anche in ragione delle giustificazioni addotte.
  3-quinquies. Nei casi di cui al comma 3-bis, il Ministero della salute applica le seguenti sanzioni:
   a) sospensione della licenza per un periodo di 6 mesi;
   b) nel caso che il fatto costituisca reato, sono punite con la sanzione pecuniaria amministrativa da euro 300 a 30.000 e con il ritiro della licenza.

  Conseguentemente, al comma 5, aggiungere, in fine, le parole: e la verifica di conformità del divieto di sperimentazione e importazione di materie prime testate su animali.
16. 3. Nicchi, Ricciatti, Piazzoni, Pannarale, Aiello.

(Votazione dell'articolo 16)

ART. 17.
(Modifica al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, recante attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari. Procedura di infrazione 2009/4583).

(Votazione dell'articolo 17)

ART. 18.
(Modifica al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 116, recante attuazione della direttiva 2006/7/CE, relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione. Procedura di infrazione 2011/2217).

(Votazione dell'articolo 18)

ART. 19.
(Modifiche al decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49, in materia di valutazione e gestione dei rischi da alluvioni. Procedura di infrazione 2012/2054).

(Votazione dell'articolo 19)

ART. 20.
(Modifiche al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117, in materia di gestione dei rifiuti delle industrie estrattive. Procedura di infrazione 2011/2006).

(Votazione dell'articolo 20)

ART. 21.
(Modifiche al decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, recante attuazione della direttiva 2006/66/CE concernente pile, accumulatori e relativi rifiuti. Procedura di infrazione 2011/2218).

(Votazione dell'articolo 21)

ART. 22.
(Modifiche al decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, relativo alla riduzione dell'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, nonché allo smaltimento dei rifiuti. Procedura di infrazione 2009/2264).

(Votazione dell'articolo 22)

ART. 23.
(Disposizioni in materia di assoggettabilità alla procedura di valutazione di impatto ambientale volte al recepimento della direttiva 2011/92/UE del 13 dicembre 2011. Procedura di infrazione 2009/2086).

  Al comma 1, sostituire le parole: sentita la Conferenza con le seguenti: d'intesa con la Conferenza.
23. 8. Prataviera, Gianluca Pini.

  Al comma 1, dopo le parole: di Trento e di Bolzano aggiungere le seguenti:, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari da rendere entro trenta giorni dalla trasmissione.
23. 9. Prataviera, Gianluca Pini.

(Votazione dell'articolo 23)

ART. 24.
(Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per il corretto recepimento della direttiva 2000/60/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque. Procedura di infrazione 2007/4680).

(Votazione dell'articolo 24)

ART. 25.
(Modifiche alla parte sesta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente. Procedura di infrazione 2007/4679).

(Votazione dell'articolo 25)

ART. 26.
(Modifiche alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. Procedura di infrazione 2006/2131).

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis», comma 2, sostituire l'ultimo periodo con i seguenti: A fine giornata i soggetti abilitati al prelievo in deroga comunicano alla regione il numero dei capi abbattuti relativamente alle specie oggetto di deroga. Le regioni verificano il raggiungimento del numero di capi autorizzato al prelievo o dello scopo e provvedono alla sospensione tempestiva del provvedimento di deroga.
26. 15. Palazzotto, Franco Bordo, Ricciatti, Pannarale.

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis», comma 3, primo periodo, dopo le parole: sentito l'ISPRA aggiungere le seguenti: o altri istituti riconosciuti a livello regionale o di provincia autonoma, ovvero altre istituzioni scientifiche con le quali le regioni e le province autonome sono convenzionate.

  Conseguentemente, al medesimo comma, dopo il secondo periodo, aggiungere il seguente: Qualora l'ISPRA o altri istituti riconosciuti a livello regionale o di provincia autonoma, ovvero altre istituzioni scientifiche con le quali le regioni e le province autonome sono convenzionate, non si esprimano nei tempi previsti, il parere sul provvedimento di deroga è da ritenersi legittimamente autorizzato.
26. 19. Borghesi, Gianluca Pini, Prataviera.

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis», comma 3, primo periodo, dopo le parole: sentito l'ISPRA aggiungere le seguenti: o altri istituti indipendenti all'uopo titolati, anche regionali laddove istituiti, dotati di analoga autonomia tecnico-scientifica ed organizzativa.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, comma 6, sopprimere il secondo periodo.
26. 20. Gianluca Pini, Prataviera, Borghesi.

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis», comma 3, primo periodo, dopo le parole: sentito l'ISPRA aggiungere le seguenti: o altri istituti indipendenti all'uopo titolati, anche regionali laddove istituiti, dotati di analoga autonomia tecnico-scientifica ed organizzativa.
26. 18. Gianluca Pini, Prataviera, Borghesi.

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis», comma 3, primo periodo, sopprimere la parola: grave.
26. 16. Franco Bordo, Palazzotto, Pannarale.

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis», sostituire il comma 4 con il seguente:
  4. Il Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro per gli affari regionali nonché il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in caso di accertata violazione della direttiva 409/79/CEE nei provvedimenti adottati dalle regioni aventi ad oggetto il prelievo in deroga, provvede a diffidarle ad adottare le necessarie modifiche per assicurare la conformità degli stessi alla presente legge e alla normativa comunitaria.
26. 35. Gianluca Pini, Prataviera.

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis», comma 4, terzo periodo, dopo le parole: e della tutela del territorio e del mare aggiungere le seguenti: e di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.
26. 17. Palazzotto, Franco Bordo, Ricciatti, Pannarale.

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis» sostituire il comma 5 con il seguente:
  5. Le regioni e le province autonome, se intendono adottare il regime di deroga di cui all'articolo 9, paragrafo 1, lettere a) e c), della direttiva 2009/147/CEE, comunicano entro il 31 gennaio di ogni anno all'ISPRA l'elenco delle specie migratrici ammissibili al prelievo, dandone comunicazione anche al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e al Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport. L'ISPRA entro i sessanta giorni successivi, determina su base nazionale la piccola quantità prelevabile delle singole specie, utilizzando a tale fine anche gli studi specializzati riconosciuti a livello regionale e le risultanze di pubblicazioni scientifiche internazionali e in conformità alle prescrizioni in materia dettate dalla Commissione europea. Nel caso in cui l'ISPRA non individui la piccola quantità prelevabile nel termine indicato, essa è determinata dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, che stabilisce direttamente la quantità e le modalità di prelievo per ciascuna specie, conformandosi ai criteri e principi fissati in materia dalla Commissione europea e provvede a ripartire, entro il 30 aprile di ogni anno, la piccola quantità riferita alle singole specie, tra il numero dei cacciatori residenti nelle regioni e nelle province autonome interessate al prelievo in deroga. La citata Conferenza individua, altresì, meccanismi di monitoraggio al fine di consentire il rispetto dei massimali di prelievo assegnati per ciascuna specie ammessa al prelievo in deroga.
26. 23. Borghesi, Gianluca Pini, Prataviera.

  Al comma 2, capoverso «Art. 19-bis», comma 6, sopprimere il secondo periodo.
26. 21. Borghesi, Gianluca Pini, Prataviera.

(Votazione dell'articolo 26)

ART. 27.
(Modifica al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato da nitrati. Procedura di infrazione 2013/2032).

(Votazione dell'articolo 27)

ART. 28.
(Modifiche al decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162, in materia di indagini sugli incidenti ferroviari. Caso EU Pilot 1254/10/MOVE).

(Votazione dell'articolo 28)

ART. 29.
(Disposizioni volte al recepimento della direttiva 2012/4/UE, del 22 febbraio 2012, relativa all'istituzione di un sistema di identificazione e tracciabilità degli esplosivi per uso civile. Procedura di infrazione 2012/0433).

(Votazione dell'articolo 29)

ART. 30.
(Modifica al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, in tema di Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale. Procedura di infrazione 2012/2189).

(Votazione dell'articolo 30)

ART. 31.
(Attuazione della decisione 2009/750/CE della Commissione, del 6 ottobre 2009, sulla definizione del servizio europeo di telepedaggio e dei relativi elementi tecnici. Caso EU Pilot 4176/12/MOVE).

(Votazione dell'articolo 31)

ART. 32.
(Modifica all'articolo 47, comma 2-quater, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, in materia di fornitura dei servizi accessori legati all'offerta all'ingrosso del servizio di accesso alla rete fissa di telecomunicazioni. Procedura di infrazione 2012/2138).

(Votazione dell'articolo 32)

ART. 33.
(Disposizioni attuative del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, concernente gli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni).

(Votazione dell'articolo 33)

  Dopo l'articolo 33, aggiungere il seguente:
  Art. 33-bis.(Principi e criteri direttivi di attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato). – 1. Il Governo adotta, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato, nel rispetto dei principi e criteri direttivi generali stabiliti dalle disposizioni di cui all'articolo 2, nonché delle disposizioni previste dalla decisione quadro medesima, nelle parti in cui non richiedono uno specifico adattamento dell'ordinamento italiano, e sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi, realizzando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti:
   a) introdurre nel libro II, titolo VIII, capo II, del codice penale la fattispecie criminosa specifica di corruzione in affari privati che punisca con la reclusione da uno a cinque anni la condotta di chi, nell'ambito di attività professionali, intenzionalmente sollecita o riceve, per sé o per un terzo, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accetta la promessa di tale vantaggio, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative non meramente esecutive per conto di una entità del settore privato, per compiere o omettere un atto, in violazione di un dovere, sempreché tale condotta comporti o possa comportare distorsioni di concorrenza riguardo all'acquisizione di beni o servizi commerciali;
   b) prevedere la punibilità con la stessa pena anche di colui che, intenzionalmente, nell'ambito di attività professionali, direttamente o tramite intermediario, dà, offre o promette il vantaggio di cui alla lettera a);
   c) introdurre nel libro II, titolo VIII, capo II, del codice penale e fra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, anche la fattispecie criminosa di istigazione alla corruzione in affari privati, con la previsione di una riduzione di pena qualora l'offerta, la promessa o la sollecitazione alla promessa non siano state accettate;
   d) introdurre fra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, le fattispecie criminose di cui alle lettere a) e b), con la previsione di adeguate sanzioni pecuniarie e interdittive nei confronti delle entità nel cui interesse o vantaggio sia stato posto in essere il reato.
33. 07. Gianluca Pini, Prataviera.

ART. 34.
(Clausola di invarianza finanziaria).

(Votazione dell'articolo 34)    

A.C. 1327
ORDINI DEL GIORNO
S. 588. – Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013 (Approvato dal Senato).

N. 1.

Seduta del 31 luglio 2013

   La Camera,
   premesso che:
    è imminente la conclusione dell'iter della procedura d'infrazione n. 2131 aperta nel 2006 nei confronti del nostro Paese per violazione della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici, oggi 147/2009/CE. Infatti, alla condanna pronunciata dalla Corte di Giustizia Europea il 15 luglio 2010 non ha fatto seguito il completo adeguamento normativo richiesto in modo articolato dall'Europa;
    l'insoddisfacente o parziale risposta del nostro Paese causerà l'irrogazione di forti sanzioni pecuniarie ai danni dei cittadini italiani;
    in particolare, la violazione delle regole comunitarie risulta grave nella mancanza di corretta applicazione dell'articolo 9 da parte dello Stato italiano, su cui grava l'obbligo di pieno e puntuale rispetto del dettato comunitario;
    specificatamente, il testo della procedura indica violazioni per non conformità alla direttiva in diverse regioni italiane;
    la conclusione del parere motivato trasmesso con nota C(2006) 2683 del 28 giugno 2006 – e quindi della procedura 2131/2006 – riporta la severa motivazione per cui in Italia «il regime delle deroghe previsto dalla direttiva è prevalentemente utilizzato per autorizzare una sorta di regime semipermanente di caccia agli uccelli rispetto ai quali la caccia è vietata»;
    uno dei punti riscontrati quale violazione ripetuta del testo comunitario è rappresentato dalla reiterata e diffusa autorizzazione al prelievo in deroga da lettera c) in mancanza di dati scientificamente solidi quale premessa necessaria ed indispensabile per calcolare correttamente la cosiddetta piccola quantità per le specie non cacciabili oggetto di deroga;
    un ulteriore punto evidenziato quale violazione ripetuta del testo comunitario è rappresentato dall'indistinta e ampia platea di soggetti autorizzati dalle regioni al prelievo in deroga su specie non cacciabili, soggetti assolutamente privi di specifica ed uniforme formazione e quindi non in grado di applicare con il rigore e l'alta selettività dettate dall'articolo 9 della direttiva il prelievo in deroga su specie non cacciabili;
    nessuna delle regioni che nel corso degli anni ha autorizzato il prelievo in deroga ha adottato misure puntuali e rigorose che rispondessero all'obbligo del corretto calcolo della cosiddetta piccola quantità o attivato specifici percorsi formativi e conseguenti valutazioni circa uniformità e capacità di selettività dei soggetti autorizzati al prelievo in deroga su specie non cacciabili,

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente le misure opportune affinché ogni eventuale ricorso all'applicazione di deroghe da parte delle regioni quali strumenti eccezionali ai sensi dell'articolo 9 della direttiva 147/2009/CE venga subordinato alla disponibilità di dati certi ed al puntuale rispetto delle modalità di calcolo della cosiddetta piccola quantità come già indicate dalla DG Ambiente della Commissione Europea al Ministero dell'Ambiente e all'ISPRA e ad attivare e realizzare, prima di richiedere deroghe, specifici corsi di formazione e successive rigorose valutazioni circa l'uniformità della preparazione e l'alta selettività quali caratteristiche obbligatorie nei soggetti autorizzabili al prelievo in deroga su specie non cacciabili.
1327/9/1. Catanoso.

   La Camera,
   premesso che:
    in base a un orientamento comunitario ormai consolidato, le opere di urbanizzazione primaria, anche se eseguite da parte di un operatore privato, sono opere pubbliche e in quanto tali devono essere assoggettate alle norme contenute nel Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE;
    su questa materia, l'Italia è stata già condannata dalla Corte di Giustizia Europea (Sent. 21 febbraio 2008 Causa C-414-/04 Commissione vs Italia) dal momento che la legislazione in materia allora vigente al momento della presentazione del ricorso da parte della Commissione, stabiliva che la medesima normativa non trovasse applicazione per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione di importo inferiore alla soglia comunitaria;
    in ottemperanza alla sentenza sopra richiamata della Corte Di Giustizia Europea il decreto legislativo 152/2008 (il cosiddetto terzo decreto correttivo) aveva emendato l'articolo 122 del Codice dei Contratti, prevedendo che anche per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione «sotto soglia», il titolare del permesso di costruire avesse l'obbligo di avviare una procedura negoziata, senza pubblicazione del bando di gara, con l'invito a partecipare al confronto concorrenziale ad almeno 5 soggetti (cosiddetta «garetta»);
    successivamente, nel quadro di interventi di liberalizzazione dell'economia italiana, l'articolo 45, comma 1, della legge 214/2011, ha aggiunto all'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) il comma 2-bis, in base al quale l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria, di importo inferiore alla soglia comunitaria, rimane a carico del titolare del permesso di costruire ma non trova applicazione il sopra menzionato Codice dei Contratti Pubblici (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), di fatto esentando il privato dall'obbligo di procedura negoziata e riportando l'ordinamento giuridico italiano in uno stato di violazione del diritto comunitario;
    il sopra richiamato articolo 16, al comma 1 prevede che all'atto del rilascio del permesso di costruire il titolare del permesso di costruire debba corrispondere al Comune, a titolo di prestazione patrimoniale imposta di carattere non tributario, un contributo per oneri di urbanizzazione a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione e in proporzione ai benefici che il realizzando complesso edilizio ne trae;
    il soprarichiamato articolo 16, al comma 2 stabilisce, altresì, che il corrispettivo di diritto pubblico posto a carico del titolare del permesso di costruire può essere rateizzabile su richiesta dell'interessato e che «a scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune»;
    con Determinazione del 16 luglio 2009, n. 7, l'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture, è intervenuta in merito alla spettanza dell'eventuale risparmio a seguito di ribasso d'asta affermando che gli eventuali risparmi di spesa, così come gli eventuali costi aggiuntivi, rimangono nella disponibilità (o a carico) del privato al quale – in forza di atti convenzionali stipulati ex articolo 28 comma 5 della legge n. 1150 del 1942 – è affidata l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo per il rilascio del permesso di costruire, dovuto in base all'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;
    in merito alla recente modifica normativa all'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001, l'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, è intervenuta con la Deliberazione n. 43 Adunanza del 4 aprile 2012 avente ad oggetto «Piano delle Ispezioni 2011 – Opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione – Ispezioni svolte presso gli Uffici delle amministrazioni comunali di Roma e Milano»;
    nella Deliberazione n. 43 del 4 aprile 2012, l'Autorità aveva ritenuto in diritto, tra le altre cose, quanto di seguito riportato: «Il campo di applicazione della norma recata dall'articolo 16, comma 2 bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, così come introdotto dall'articolo 45, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito nella legge n. 214/2011, ovverosia la non applicabilità del Codice per le opere di urbanizzazione primaria sotto soglia eseguite dal privato titolare del permesso di costruire, appare eccessivamente ampio. La liberalizzazione introdotta consente all'operatore privato di gestire contratti fino ad un valore di 5 milioni di euro, senza tracciabilità degli eventuali, e consistenti, ribassi d'asta, subappalti, qualificazione delle imprese esecutrici dei lavori stessi, vigilanza dell'Autorità, per opere di urbanizzazione di pubblica utilità che saranno acquisite al patrimonio comunale. Si ritiene possa applicarsi, in sede convenzionale, una soglia più bassa rinvenibile in quella stabilita dall'articolo 122 comma 7 del decreto legislativo n. 163 del 2006, pari ad un milione di euro, al di sotto della quale liberare dagli obblighi di rispetto del Codice, mantenendo la procedura stabilita dall'articolo 122, comma 8, del Codice, per i lavori di importo superiore»;
   considerato che:
    la normativa derivante dalle innovazioni sopra riassunte sottrae un ingente ammontare di risorse pubbliche, tale è da considerare il contributo per le opere di urbanizzazione e l'equivalente in opera portato a suo scomputo, dalle procedure tipizzate dal Codice dei Contratti;
    questa disposizione consente pratiche abusive e corruttive, dal momento che permette all'Amministrazione di «condizionare» il rilascio di permessi di costruire all'impegno, da parte del titolare del permesso, di affidare direttamente l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria a imprese «gradite/segnalate» dalla stessa Amministrazione per importi, fino a 5 milioni di euro;
    la stessa finalità liberalizzatrice – all'origine della scelta di novellare l'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 con l'inserimento del comma 2-bis – verrebbe vanificata dall'affidamento, di fatto a una sola impresa e senza gara competitiva, di lavori pubblici fino a una soglia di 5 milioni di euro, senza alcuna garanzia sull'adeguata qualificazione tecnico-economica degli esecutori e sulla qualità e l'effettiva rispondenza alle esigenze pubbliche delle opere di urbanizzazione che, una volta realizzate, vengono acquisite al patrimonio delle amministrazioni comunali;
    il comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001 è stato oggetto di un reclamo alla Commissione Europea per presunta violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici;
    gli Uffici della Commissione hanno stabilito di non dare seguito al reclamo formulando le seguenti osservazioni:
     1. «l'interpretazione della norma non è univoca. In particolare non è chiaro se l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria «a carico» del titolare del permesso di costruire sia complementare o alternativa all'obbligo previsto dal comma 1 dello stesso articolo, e in particolare se anche in tal caso sia prevista la possibilità di scomputo totale o parziale della quota relativa agli oneri di urbanizzazione»;
     2. l'obbligo – a carico degli Stati membri – di applicare le Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE vale soltanto per gli appalti di importo uguale o superiore alle soglie fissate dalle medesime direttive, e non per quelli di importo inferiore come quelli disciplinati dall'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001 ma «qualora vi sia un interesse transfrontaliero» certo nell'esecuzione di opere di urbanizzazione primaria, un affidamento diretto dei lavori – in attuazione del citato comma 2-bis – «senza alcuna trasparenza ad un soggetto appartenente allo Stato membro» si può configurare come una violazione dei principi del Trattato;
     3. l'articolo 29. comma 7 lettera a) del Codice dei contratti pubblici – in base al quale il valore da considerare, nel caso in cui un'opera possa dare luogo ad appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti distinti, è quello complessivo stimato della totalità di tali lotti – rappresenta una norma strumentale, da applicare a tutti gli appalti pubblici e dunque, indipendentemente da quanto scritto nell'articolo 16, comma 2-bis in merito all'inapplicabilità del Codice dei Contratti, il metodo di calcolo fissato da questa norma del citato Codice deve essere utilizzato comunque, e in ogni caso, per individuare gli appalti rispetto ai quali trova applicazione il regime derogatorio del citato comma 2-bis, e quelli rispetto ai quali continuerà a trovare applicazione, integralmente, il Codice dei contratti pubblici,

impegna il Governo:

   a promuovere, attraverso l'iniziativa legislativa, l'abrogazione ovvero la revisione dall'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001;
   ad intervenire nelle more della necessaria revisione della norma in questione, al fine di fornire una interpretazione omogenea ed univoca dell'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001, anche alla luce delle osservazioni della Commissione Europea, sopra riportate, con specifico riferimento alla necessità di:
    a) precisare se con la locuzione «a carico» sia stata individuata una prestazione a carico del titolare del permesso di costruire complementare, e non sostitutiva, rispetto all'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo per il rilascio del permesso di costruire;
    b) stabilire che il metodo di calcolo, da utilizzare, per determinare l'importo delle opere oggetto della Convenzione urbanistica tra i proprietari delle aree e l'amministrazione comunale e dunque verificare la possibilità di applicare l'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001, è quello contenuto nell'articolo 29 comma 7 del Codice dei Contratti;
    c) precisare che, in caso di interesse trans-frontaliero certo, l'affidamento dell'esecuzione di opere di urbanizzazione primaria – ancorché di importo inferiore alla soglia comunitaria – non può essere effettuata «senza alcuna trasparenza ad un soggetto appartenente allo Stato membro» e dunque che in questo caso non può trovare applicazione l'articolo 16, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001;
   a procedere, a legislazione vigente, all'emanazione di una disposizione regolamentare, volta a stabilire che quanto affermato nella Deliberazione dell'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici n.7/2009 – in merito alla destinazione delle economie e dei risparmi conseguiti in fase di esecuzione dei lavori – non possa trovare, in ogni caso, applicazione rispetto ai casi nei quali il titolare del permesso di costruire si avvalga della possibilità di eseguire le opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria, in base al comma 2-bis dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 380/2001, e dunque senza applicare il Codice dei Contratti.
1327/9/2. Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Segoni, Terzoni, Tofalo, Zolezzi, Morassut, Realacci.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 della legge europea 2013 all'esame di questa Assemblea, recante l'adeguamento dell'Italia agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, estende l'accesso ai posti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche ai familiari di cittadini dell'Unione europea, ai soggiornanti di lungo periodo, ai rifugiati e ai titolari dello status di protezione sussidiaria, al fine di dare seguito ai rilievi mossi dalla Commissione europea nell'ambito dei casi EU Pilot 1769/11/JUST e 2368/11/HOME con riguardo alla parità di trattamento;
    la lettera b) del medesimo articolo 7 estende questa previsione anche ai cittadini di Stati terzi, senza che siano familiari di cittadino dell'Unione europea, purché titolari del permesso di soggiorno comunitario di lungo periodo, per esso intendendosi il soggiorno legale e continuativo nello Stato membro per 5 anni;
    la Commissione europea, con la direttiva 2003/109/CE, aveva già esteso la possibilità di accesso alla P.A. in virtù del principio della parità di trattamento, con la specificazione «purché non implichi nemmeno in via occasionale la partecipazione all'esercizio di pubblici poteri»;
    nel corso dell'esame del disegno di legge in Senato è stata inserita una clausola di salvaguardia, con l'aggiunta del comma 3-ter all'articolo 38 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che fa salve le norme di attuazione dello statuto di autonomia della regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, in materia di conoscenza delle lingue italiana e tedesca per l'accesso al pubblico impiego nella provincia di Bolzano, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, anche con riferimento all'estensione della possibilità di accedere ai posti della P.A. effettuata con l'articolo 7 del presente disegno di legge,

impegna il Governo

a interpretare l'articolo 38, comma 3-ter, del decreto legislativo 165 del 2001, come novellato dal presente disegno di legge, nel senso che, nell'ambito dell'estensione dell'accesso alla P.A. ai soggetti richiamati in premessa, per la riserva dei posti nel pubblico impiego della provincia autonoma di Bolzano, per i cittadini in possesso del patentino di bilinguismo, si tenga conto anche dell'appartenenza di essi a ciascuno dei tre gruppi linguistici in rapporto alla consistenza dei gruppi stessi, ai sensi degli articoli 1 e 8 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752.
1327/9/3. Schullian, Alfreider, Gebhard, Plangger, Ottobre.

   La Camera,
   premesso che:
    ai fini di una effettiva promozione dell'integrazione e della concorrenza nel mercato del lavoro, appare necessario che il nostro Paese disciplini in maniera chiara ed univoca la possibilità per i cittadini stranieri di partecipare ai concorsi per il pubblico impiego;
    la normativa comunitaria dispone che i cittadini dell'Unione europea possano accedere ai posti pubblici che non implichino esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri e non attengano alla tutela dell'interesse nazionale;
    la stessa normativa italiana oggi vigente estende tale possibilità ai familiari stranieri di cittadini comunitari, ai rifugiati e ai loro familiari, ai titolari di permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo e ai titolari di Carta Blu UE;
    l'articolo 7 della Legge Europea 2013 interviene in tale materia stabilendo che «Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano ai cittadini di paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria» tale formulazione si presta ad un'interpretazione scorretta laddove sembra limitare la possibilità di accesso ai concorsi pubblici ai cittadini stranieri che si trovano nelle condizioni citate, in aperto contrasto con la Convenzione OIL n. 143 del 1975, ratificata dall'Italia nel 1981, e con una copiosa giurisprudenza nazionale, autorevolmente avallata dall'ordinanza della Corte Costituzionale n. 139 del 15 aprile 2011;
    un'interpretazione siffatta, oltre a porsi in netto conflitto con la citata normativa internazionale e con la giurisprudenza domestica, costringerebbe i cittadini stranieri ad adire l'autorità giudiziaria per vedere riconosciute le proprie legittime prerogative, con notevole aggravio di costi e con un ingente effetto inflattivo sul carico di lavoro dei tribunali italiani,

impegna il Governo

   ad assumere con urgenza un'iniziativa normativa finalizzata a:
    a) disciplinare in maniera compiuta l'ambito dell'accesso ai concorsi pubblici da parte dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea, anche attraverso l'emanazione di un regolamento o una circolare esplicativa che chiarisca che l'unico requisito per l'accesso sia costituito dal possesso di un titolo di soggiorno che consenta attività lavorativa.
9/1327/4. Giuseppe Guerini, Pastorino, Bonomo, Ricciatti.

   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea» (Legge europea 2013) contiene al capo V numerose disposizioni in materia di ambiente, volte a scongiurare il pagamento di sanzioni derivanti dall'apertura di procedure di infrazione, dal numero rilevante soprattutto in tale settore. Rileva fra queste disposizioni, l'articolo 25 in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente, in conformità del principio europeo «chi inquina paga»;
    la «tutela penale dell'ambiente» è prevista dalla Convenzione per la tutela dell'ambiente del Consiglio d'Europa del 4 novembre 1998, dalla decisione n. 2003/80/GAI del Consiglio, del 27 gennaio 2003, nonché dalla Direttiva 2008/99/CE; quest'ultima, formalmente recepita dall'Italia con la Legge comunitaria 2010 ma poi sostanzialmente disattesa, sollecitava gli Stati membri a introdurre misure più severe per reprimere gli illeciti ambientali;
    sebbene, in via di principio, la legislazione penale e le norme di procedura penale non rientrino nella competenza della Comunità europea, «ciò non può tuttavia impedire al legislatore comunitario, allorché l'applicazione di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive da parte delle competenti autorità nazionali» costituisca «una misura indispensabile di lotta contro violazioni ambientali gravi, di adottare provvedimenti in relazione al diritto penale degli Stati membri» – in tal senso la Corte di giustizia europea che, con sentenza del 13 settembre 2005, ha confermato il fondamento giuridico, alla base della Direttiva 2008/99/CE, quale strumento per armonizzare la normativa penale tra gli stati membri;
    l'apparato sanzionatorio penale in materia ambientale rappresenta un elemento di criticità dell'ordinamento giuridico italiano, in quanto molte fattispecie previste nel decreto legislativo n. 152 del 2006 (Codice dell'ambiente) avendo natura «contravvenzionale» non sono idonee a garantire un effettivo esercizio dell'attività di accertamento posta in essere dagli organi di controllo e a predisporre un'adeguata tutela dell'ambiente, aggredito, in forme sempre più rinnovate da attività illecite collegate e connesse al fenomeno dell'ecomafia;
    l'unica economia che continua a proliferare, purtroppo, anche in una situazione di crisi generale è quella della cosiddetta «ecomafia», un'economia che si regge sull'intreccio di attività professionali e imprenditoriali senza etica e senza scrupoli con quelle di politici conniventi, funzionari pubblici infedeli – operando attraverso il dumping ambientale, la falsificazione di fatture e bilanci, l'evasione fiscale, il riciclaggio, la corruzione, il voto di scambio e la spartizione degli appalti;
    il business della criminalità organizzata non solo non conosce recessione ma amplia i suoi traffici con nuove rotte e nuove frontiere, riuscendo a fare sistema e penetrando in tutti i settori economici, a livello nazionale e con intrecci sempre più perversi a livello sovranazionale;
    i numeri, denunciati nel recente Rapporto della Legambiente «Ecomafia 2013», parlano chiaro: 16,7 miliardi di euro di fatturato, 34.120 reati accertati, 28.132 persone denunciate, 8.286 sequestri effettuati; aumento dei clan coinvolti (da 296 a 302); quadruplicano i comuni sciolti per infiltrazioni mafiose (da 6 a 25); salgono gli incendi boschivi; cresce l'incidenza dell'abusivismo edilizio e soprattutto la piaga della corruzione con il raddoppio delle denunce e degli arresti;
    l'ecomafia è un'economia che si regge su imprese illegali che vedono crescere fatturati ed export, sulla costruzione di case abusive mentre il mercato immobiliare legale tracolla – l'incidenza dell'edilizia illegale nel mercato delle costruzioni è passata dal 9 per cento del 2006 al 16,9 per cento stimato per il 2013, mentre le nuove costruzioni legali sono crollate da 305.000 a 122.000; le imprese che operano in un regime di legalità e che rispettano le leggi sono costrette a chiudere i battenti;
    la criminalità ambientale, oltre ad agire nei settori tradizionali, come quello delle attività connesse al ciclo e alla raccolta dei rifiuti, un business tra i più redditizi, sa cogliere tutte le nuove opportunità offerte dall'economia: l'Ufficio centrale antifrode dell'Agenzia delle dogane segnala che i quantitativi di materiali sequestrati nei nostri porti nel corso del 2012 sono raddoppiati rispetto al 2011, passando da 7.000 a circa 14.000 tonnellate grazie soprattutto ai cosiddetti cascami – materiali che dovrebbero essere destinati ad alimentare l'economia legale del riciclo e che invece finiscono in Paesi come Corea del Sud, Cina, Hong Kong, Turchia e India;
    l'ecomafia si alimenta con l'attacco al made in Italy, soprattutto nel settore dell'agroalimentare e con la minaccia al nostro patrimonio culturale, laddove i clan trovano terreno fertile anche per la scarsa attenzione dei poteri pubblici che lasciano campo libero ai predoni d'arte;
    tra i motivi del crescente aumento dei fenomeni descritti rileva il fatto che nel nostro Paese sono pochi i rischi che si corrono per talune attività illegali: le pene per i reati ambientali continuano ad essere quasi esclusivamente di tipo contravvenzionale e l'abbattimento degli edifici continua ad essere un'eventualità sempre più sporadica – basti pensare che tra il 2000 e il 2011 è stato eseguito appena il 10,6 per cento delle 46.760 ordinanze di demolizione emesse dai tribunali e agli ultimi 18 tentativi di riaprire i termini del condono edilizio si è anche aggiunta l'infelice idea di sottrarre alle procure il potere di demolire le costruzioni abusive;
    l'adeguamento effettivo e completo alle norme europee non è, dunque, più rinviabile: è necessaria un'iniziativa legislativa che preveda l'introduzione di norme che rendano efficace l'azione di contrasto, sia in via preventiva che repressiva, degli illeciti ambientali,

impegna il Governo:

   a intervenire con urgenza per rafforzare il quadro sanzionatorio in materia penale ambientale, in adeguamento di quanto previsto dalla direttiva comunitaria 2008/99/CE, attraverso l'introduzione nel nostro ordinamento di nuove fattispecie penali atte a punire i delitti ambientali, al fine di rafforzare le azioni di contrasto per la difesa del nostro patrimonio ambientale, aggredito con forme e condotte sempre più raffinate da parte della criminalità organizzata di stampo mafioso;
   a introdurre nel nostro codice penale un nuovo titolo in materia di delitti contro l'ambiente, in cui ricondurre sia le fattispecie incriminatrici di inquinamento ambientale, di disastro ambientale e di distruzione del patrimonio naturale, insieme alla previsione di specifiche circostanze aggravanti tra cui rilevano quelle per i casi di associazione a delinquere aventi tra le finalità quella di commettere reati ambientali;
   ad attivarsi, nelle sedi europee, al fine rafforzare l'azione di prevenzione e contrasto dei fenomeni di criminalità ambientale transnazionale, anche mediante il potenziamento di Eurojust e Europol.
9/1327/5. Garavini, Realacci, Mariani, Braga, Bratti.

   La Camera,
   premesso che;
    l'articolo 22 del Disegno di legge A.C. 1327 recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea Legge europea 2013» interviene in materia di gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, in sigla RAEE, disciplinata a livello europeo dalla direttiva 2002/96/CE, recapita in Italia con il decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151;
    in particolare l'articolo 22, comma 2, lettera c) del DDL dispone che il raggruppamento dei RAEE sia effettuato presso il punto di vendita del distributore o presso altro luogo di raggruppamento risultante dalla comunicazione di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8 marzo 2010, n. 65, in luogo idoneo, non accessibile a terzi e pavimentato;
    la modifica normativa introdotta durante l'esame della Legge Europea presso il Senato della Repubblica, finalizzata a semplificare e rendere possibile la gestione ed il trasporto dei RAEE da parte dei distributori nell'effettuazione delle attività di ritiro delle apparecchiature dismesse dai consumatori ed è quindi evidente che la norma intende consentire l'individuazione di più luoghi esterni di raggruppamento oltre al punto vendita, che possano supportare lo stesso in tali attività;
    al fine di evitare interpretazioni non coerenti con l'intenzione del legislatore e che possano ostacolare o rendere impraticabile il ritiro e il raggruppamento dei RAEE provenienti dai consumatori da parte dei distributori, soprattutto nell'attività di ritiro dal domicilio dei consumatori stessi,

impegna il Governo

a chiarire meglio sotto l'aspetto formale che la corretta interpretazione della norma, e quindi l'intenzione del legislatore, è quella di rendere possibile l'attivazione di più luoghi di raggruppamento esterni, oltre al punto vendita, da parte del distributori, considerato che la logistica di ritiro oggi può funzionare solo se questi ultimi possono conferire i RAEE dei consumatori in più siti logistici, operando non solo in una logica di efficienza e di economicità delle attività di trasporto e di stoccaggio ma anche ai fini di un minore impatto ambientale delle operazioni di ritiro.
9/1327/6. Pisicchio.

   La Camera,
   premesso che:
    nel presente disegno di legge in discussione, all'articolo 7, si prevede la modifica dell'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per conformarlo alle disposizioni comunitarie in materia di condizione giuridica dei titolari di permesso soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, dei familiari stranieri di cittadini dell'Unione europea, dei rifugiati e dei destinatari di protezione sussidiaria;
    con tale modifica si esplicita la parificazione, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, di tali cittadini stranieri ai cittadini dell'Unione europea;
    la stessa modifica risulta incompleta, dal momento che si omette di menzionare i familiari del rifugiato soggiornanti in Italia (che godono del medesimo status dei rifugiati ai sensi dell'articolo 22, comma 2, decreto legislativo n. 251 del 2007) e i titolari di Carta Blu UE (per i quali è escluso espressamente solo l'accesso al lavoro pubblico se questo comporta l'esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero attengono alla tutela dell'interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 27-quater comma 14 decreto legislativo n. 286 del 1998);
    la parità, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, è garantita ad ogni straniero legalmente soggiornante in Italia per motivi che consentano di svolgere attività lavorativa (ad esempio, il titolare di permesso di soggiorno per motivi di lavoro, per motivi familiari, per studio, per ricerca scientifica, etc.) in base agli obblighi che lo Stato italiano ha assunto con la ratifica della Convenzione OIL n. 143/1975 (ratificata con legge n. 158 del 1981);
   in particolare, lo Stato italiano:
    si impegna ad attuare una politica nazionale diretta a promuovere e garantire la parità di opportunità e di trattamento in materia di occupazione e di professione, nonché di libertà individuali e collettive per le persone che, in quanto lavoratori migranti o familiari degli stessi, si trovino legalmente sul suo territorio (articolo 10);
    deve abrogare qualsiasi disposizione legislativa e modificare qualsiasi disposizione o prassi amministrativa incompatibili con la suddetta politica (articolo 12);
    può restringere l'accesso a limitate categorie di occupazione e di funzioni, qualora tale restrizione sia necessaria nell'interesse dello Stato (articolo 14);
   a tali obblighi deve conformarsi il Legislatore ai sensi di articolo 117 comma 1 della Costituzione, ed essi assumono un valore sovraordinato rispetto alle norme ordinarie interne, anche successive, diventando parametro di legittimità costituzionale delle medesime per effetto del medesimo articolo (sentenze della Corte Costituzionale n. 348 e 349/2007);
   ai cittadini dell'Unione europea possono essere preclusi solo i posti che implichino esercizio di poteri pubblici o attengano alla tutela dell'interesse nazionale (articolo 38 comma 1 del decreto legislativo n. 165 del 2001) nonché i posti e le funzioni determinati ai sensi di articolo 38 comma 2 decreto legislativo n. 165 del 2001;
   è escluso che possano essere imposte restrizioni più severe per i cittadini stranieri, sulla base di un non meglio precisato concetto di fedeltà alla Repubblica italiana, dal momento che le citate disposizioni che esplicitamente consentono l'accesso, alle stesse condizioni previste per i cittadini dell'Unione europea, per determinate categorie di cittadini stranieri possono applicarsi a persone appena entrate nel territorio nazionale o, addirittura, entrate in elusione dei controlli di frontiera (si pensi, in particolare, ai familiari stranieri di cittadino comunitario, ai rifugiati e ai loro familiari, per i quali il diritto di soggiornare e i diritti ad esso connessi sono riconosciuti anche a prescindere da un ingresso legale nel territorio dello Stato), per le quali un tale rapporto di fedeltà non è nemmeno ipotizzabile;
   l'assenza di una esplicita affermazione, nella normativa nazionale sul pubblico impiego, che sancisca il diritto dello straniero di accedervi ha dato luogo, negli ultimi anni, a un notevole contenzioso giudiziario, risolto dai giudici, in modo pressoché univoco, con il riconoscimento del carattere illecitamente discriminatorio dei bandi di concorso per posti di pubblico impiego che limitassero la partecipazione ai cittadini italiani o dell'Unione europea (tra le numerosissime pronunce, si veda, da ultimo: Tribunale di Como, sez. II civile – lavoro, ordinanza 15.05.2013 n. 1503/13;
   la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell'articolo 38 decreto legislativo n. 165 del 2001, nella parte in cui non prevede esplicitamente l'accesso dello straniero cittadino di un paese non appartenente alla UE, ha rigettato, con l'Ordinanza 139/2011, il ricorso per manifesta inammissibilità, sulla base del fatto che il giudice rimettente non ha tentato una lettura costituzionalmente orientata della norma censurata, dando peso eccessivo all'orientamento restrittivo dell'isolata e risalente sentenza della Cassazione n. 24170/2006 (salvo poi disattendere, lo stesso giudice, quell'orientamento con l'ammissione provvisoria dello straniero ricorrente al concorso, dimostrando così di aver nei fatti individuato e scelto un'interpretazione costituzionalmente orientata);
   la Corte Costituzionale ha dato così chiara indicazione di aderire a tale lettura (in questo senso, Tribunale di Milano 12 agosto 2011, Tribunale di Genova, ordinanza dd. 19 luglio 2011, Tribunale di Firenze, sentenza dd. 27 gennaio 2012);
   la formulazione del comma 3-bis, introdotto, all'articolo 38 decreto legislativo n. 165 del 2001, dall'articolo 7 del disegno di legge in esame, facendo riferimento solo ad alcune categorie di stranieri ammessi al pubblico impiego, a parità con il cittadino dell'Unione europea, appare inadeguata ad adempiere gli obblighi fissati da articolo 12 Conv. OIL n. 143/1975, e rischia quindi di risultare in contrasto con articolo 117 comma 1 della Costituzione;
   la stessa formulazione potrebbe indurre inoltre le amministrazioni pubbliche a interpretare la modifica legislativa come un intervento del Legislatore mirato ad escludere tutte le categorie non esplicitamente citate (lettura ancora una volta in insanabile contrasto con articolo 14 Conv. OIL n. 143/1975 e articolo 117 comma 1 della Costituzione), con conseguente allargamento di un contenzioso giudiziario nel quale le amministrazioni pubbliche sarebbero destinate irrimediabilmente a soccombere, con oneri a carico della collettività,

impegna il Governo

a fornire, in sede di applicazione delle disposizioni contenute nel disegno di legge in esame, un'interpretazione costituzionalmente orientata di tali disposizioni che espliciti definitivamente la parificazione, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, tra il cittadino straniero legalmente soggiornante in Italia per motivi che consentono lo svolgimento di attività lavorativa e il cittadino dell'Unione europea.
9/1327/7. Gozi, Mosca.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 della legge europea 2013 prevede la validità nel territorio italiano dell'abilitazione alla professione di guida turistica e del riconoscimento della qualifica professionale conseguita da un cittadino dell'Unione europea in un altro Stato membro;
    la disposizione su citata stabilisce che i cittadini europei che abbiano ottenuto l'abilitazione in uno stato membro non necessitano di ulteriori autorizzazioni o abilitazioni per operare sul territorio nazionale, ad eccezione dei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico che dovranno essere individuati con successivo decreto del Ministro dei beni culturali e del turismo, da adottare entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge europea;
    la professione di guida turistica è regolamentata, fin dal 1992, dalle direttive europee riguardanti la formazione e le qualifiche professionali, sia per quanto riguarda il riconoscimento dei titoli acquisiti in altro Stato membro, sia per quanto attiene la libera prestazione di servizi, temporanea e occasionale di professionisti provenienti da altro Stato membro – disciplina che trova la sua diretta applicazione nella Direttiva 2005/36/CE, sul «Riconoscimento delle qualifiche professionali», recepita nell'ordinamento italiano con decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206;
    come specificano il Considerando 31 e la deroga di cui all'articolo 3 della Direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi del mercato interno, non si applicano alle professioni le disposizioni della medesima direttiva, restando, quindi, impregiudicate le disposizioni della Direttiva 2005/36/CE, sia riguardo all'esercizio della professione che alla libera prestazione di servizi transfrontalieri a titolo temporaneo in altro Stato membro;
    in base a quanto stabilito dall'articolo 57 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea) e dall'articolo 5.3 della Direttiva 2005/36/CE, il prestatore proveniente da altro Stato membro deve adeguarsi per l'esecuzione della sua prestazione professionale alle stesse condizioni e alle norme professionali imposte dal paese ospitante ai propri cittadini (secondo il principio della parità di trattamento);
    nel diritto europeo, considerato nelle sue fonti primarie dei Trattati, vige il principio di sussidiarietà in materia di professioni e di beni culturali;
    la professione di guida turistica, qualificata nell'illustrazione e nella divulgazione di un patrimonio culturale delimitato, richiede conoscenze e competenze specializzate e non va confusa con l'accompagnatore che assiste il gruppo nel corso di un viaggio; è impossibile, infatti, poter effettuare visite guidate su tutto il territorio italiano, il cui patrimonio va dalla preistoria all'arte contemporanea e conta non meno di 200.000 beni culturali censiti – pena lo svilimento e la dequalificazione della suddetta professione;
    è necessario intervenire con una legge di riordino legislativo complessivo in materia, anche al fine di scongiurare il rischio di deprimere competenze e professionalità legate, inevitabilmente, alle conoscenze turistiche di particolari territori, che operano in un comparto particolarmente significativo per la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale del nostro Paese,

impegna il Governo

a provvedere con successivi e ulteriori strumenti normativi, al fine di pervenire, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, a una riforma organica in materia di esercizio della professione di guida turistica, comprensiva della definizione di Linee Guida Nazionali operanti nel rispetto dei su citati principi contenuti nei Trattati europei.
9/1327/8. Iacono, Mosca, Gozi, Amoddio, Zappulla, Battaglia, Berlinghieri, Bonomo, Casellato, Crimì, Culotta, Farina Gianni, Giachetti, Giulietti, Giuseppe Guerini, Manfredi, Moscatt, Pastorino, Ventricelli, Schirò Planeta.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del disegno di legge recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013» è volto a risolvere le contestazioni sollevate nell'ambito del caso EU Pilot 4277/12/MARK in materia di guide turistiche, prevedendo che le guide turistiche abilitate ad esercitare la professione in altri Stati membri, possano operare in regime di libera prestazione di servizi sul territorio nazionale senza necessità di ulteriori autorizzazioni o abilitazioni;
    la professione di guida turistica nel territorio italiano risulta assoggettata al sistema generale di riconoscimento della formazione professionale di cui alla direttiva 92/51/CE, cui è stata data attuazione con il decreto legislativo n. 319 del 1994;
    la suddetta attività professionale risulta altresì soggetta alle modifiche introdotte con la direttiva 2005/36/CE, cui ha dato attuazione il decreto legislativo n. 206 del 2007, sia per il riconoscimento delle qualifiche professionali, che per la libera prestazione di servizi temporanei ed occasionali;
    alla professione di guida turistica, in conseguenza di quanto suindicato, non si applicano le misure previste dalla direttiva 2006/123/CE, se non per questioni diverse da quelle relative alle qualifiche professionali quali: l'assicurazione di responsabilità professionale, le comunicazioni commerciali, le attività multidisciplinari e la semplificazione amministrativa, nonché le disposizioni stabilite dal Titolo II della direttiva 2005/36/CE, nell'ambito della libera prestazione di servizi;
    risulta evidente che l'articolo 3, commi 1 e 2, nel contestuale richiamo alle misure previste dalla direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno e a quelle recate dalla direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, rischia di determinare una confusione normativa tra la figura della guida turistica e quella dell'accompagnatore, le cui caratteristiche professionali e i compiti attribuiti differiscono sensibilmente. Con ciò si favorirebbero esclusivamente gli interessi economici di operatori stranieri, a danno della tutela e della salvaguardia delle guide turistiche italiane e delle specificità culturali, sociali ed economiche derivanti dal ruolo storico e tradizionale da esse svolto, con prevedibili ripercussioni nell'ambito occupazionale del settore interessato,

impegna il Governo

   a prevedere un riordino normativo dell'intera disciplina in materia di professione di guida turistica, al fine di evitare l'apertura di una procedura di infrazione;
   a rispondere, nell'ambito del sistema Eu pilot, ai rilievi formulati con la procedura 4277/12/MARK, chiedendo alla Commissione europea di valutare se l'applicazione della normativa da essa prospettata non sia in contrasto con il principio di sussidiarietà;
   ad adoperarsi nelle competenti sedi decisionali dell'UE affinché, attraverso le opportune modifiche alla direttiva sui servizi nel mercato interno e alla direttiva sulle qualifiche professionali, si tenga conto della specificità dell'attività delle guide turistiche, anche rispetto a quella dell'accompagnatore e, in coerenza con il principio di sussidiarietà, siano fatti salvi i tratti essenziali delle medesime professioni propri di ciascun ordinamento nazionale.
9/1327/9. Alli.

   La Camera,
   premesso che:
    è da tutti riconosciuta l'importanza del settore dell’industrial design in Italia, settore che purtroppo oggi non è esentato dalla crisi economica;
    con l'entrata in vigore del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 95, di attuazione della direttiva 98/71/CE, si è introdotta in Italia la protezione del diritto d'autore delle opere del disegno industriale;
    da subito, il nostro ordinamento ha introdotto una norma transitoria, oggi divenuta l'articolo 239 del Codice di Proprietà Industriale (CPI), che ha concesso una moratoria per coloro i quali, già prima del 19 aprile 2001, producevano e commercializzavano prodotti realizzati in conformità con le opere del disegno industriale che erano o erano divenute di pubblico dominio, non rispondendo della violazione del diritto d'autore compiuta, norma che se da una parte rispondeva alle esigenze di smaltimento delle scorte, dall'altra, dopo essere stata modificata per sette volte ha consentito, per interessi particolari, di proseguire in questa attività per 10 e più anni, mortificando e lasciando nella confusione normativa più totale i produttori legittimi di design originale;
    la Corte di Giustizia Europea, il 27 gennaio 2011, nel procedimento C-168/09, ha preso espressamente in esame la possibilità per l'Italia di rinviare l'applicazione della protezione di diritto d'autore sulle opere di design, escludendo espressamente la legittimità di una moratoria di dieci anni: infatti, secondo la Corte, «l'inopponibilità per un periodo transitorio di dieci anni non appare giustificata dalla necessità di garantire gli interessi economici dei terzi in buona fede, poiché risulta che un periodo più breve sarebbe parimenti idoneo a permettere la cessazione progressiva dell'attività nei limiti dell'uso anteriore e, a fortiori, a smaltire le scorte» e «una moratoria decennale della protezione del diritto d'autore risulta andare al di là di quanto necessario, poiché, sottraendo dieci anni dal periodo di tutela di un'opera – cioè, in linea di principio, 70 anni dopo la morte dell'autore – l'applicazione della tutela del diritto d'autore è rinviata per un periodo sostanziale di tempo»;
    se illegittima è stata ritenuta una moratoria di 10 anni, ancor di più la è una di 13, come recita l'articolo 239 CPI oggi in vigore, o di più anni;
    per il motivo sopra esposto, la Commissione Europea con il caso EU Pilot 3955/12/MARK ha avviato l'iter che porta all'apertura della procedura di infrazione, che esporrà l'Italia a sanzioni certe,

impegna il Governo

a mettere a punto entro tre mesi un provvedimento adeguato sulla piena tutela del design in coerenza con la normativa comunitaria secondo le indicazioni della Corte di Giustizia UE.
9/1327/10. Mosca, Alli.

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 della legge europea 213 attesta la validità nel territorio italiano dell'abilitazione alla professione di guida turistica e del riconoscimento della qualifica professionale conseguita da un cittadino dell'Unione Europea in un altro Stato membro;
    la disposizione, così come modificata in prima lettura al Senato, prevede che i cittadini europei che abbiano ottenuto l'abilitazione in uno stato membro non necessitano di ulteriori autorizzazioni o abilitazioni per operare sul territorio nazionale, ad eccezione dei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico che dovranno essere individuati con successivo decreto del Ministro dei beni culturali e del turismo, da adottare entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge europea;
    come segnalato dal Governo la disposizione trova il suo fondamento nella necessità di evitare l'apertura di una procedura d'infrazione, nell'ambito della procedura EU Pilot 4277/12/Mark;
    la direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, nel paragrafo 4 dell'articolo 10, stabilisce la portata nazionale dell'autorizzazione ad esercitare la professione. La Commissione europea, sulla base di tali norme, ha rilevato che legislazione italiana in materia di guide turistiche contrasti con la normativa europea, laddove si prevede che l'abilitazione all'esercizio della suddetta professione abbia validità solo nella regione o provincia di rilascio;
    tali previsioni, stabilendo che l'attività della guida turistica di un cittadino dell'Unione possa essere svolta in tutto il territorio europeo senza necessità di ulteriori autorizzazioni e abilitazioni, hanno suscitato molte reazioni e fondate preoccupazioni da parte degli operatori del settore delle guide turistiche italiane;
    i motivi di preoccupazione per la completa liberalizzazione in un settore che risulta tra quelli strategici per il nostro paese, trovano il loro fondamento nella necessità di preservare la figura di guida turistica, attestata da un'abilitazione alla professione grazie al superamento di prove specializzate, volte ad accertare la conoscenza del patrimonio presente sul territorio di riferimento per l'esercizio della professione, da non confondere con la mera e occasionale figura dell'accompagnatore turistico;
    le guide turistiche esercitano una professione regolamentata e soggetta al regime europeo in materia di riconoscimento dei titoli professionali, rispetto alla quale è da intendersi applicata la direttiva 2005/36/CE sul «Riconoscimento delle qualifiche professionali», recepita nel nostro ordinamento con decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206;
    ricadendo la disciplina delle guide turistiche sotto la diretta applicazione della direttiva sulle professioni e non su quella relativa ai servizi del mercato interno, il presupposto della supposta violazione della normativa interna a quella europea, nell'ambito della suddetta procedura EU Pilot, di cosiddetta pre-infrazione, risulta, dunque, essere erroneo;
    tale disciplina è oggetto di competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione La Corte costituzionale ha più volte ribadito che allo Stato compete l'individuazione delle figure e profili professionali e dei requisiti necessari per l'esercizio della relativa professione, mentre alle regioni spetta la disciplina di quegli aspetti in specifico collegamento con la realtà regionale, precisando che tale riparto delle competenze vale anche per le professioni turistiche;
    l'Italia non ha per motivi storici un'omogeneità territoriale, culturale e artistica, ma possiede un concentrato di patrimonio ricchissimo, vastissimo e con numerosissimi siti Unesco; tali peculiarità, difficilmente paragonabili ad altri territori dell'Unione, sono a fondamento dell'attuale legislazione e del riparto di competenze a livello regionale, per quanto attiene agli aspetti specifici, rispondendo ciò all'esigenza di operare in determinate province con prove abilitanti differenziate relativamente a un determinato territorio;
    la guida turistica è specializzata nell'illustrazione di un patrimonio culturale limitato e non va confusa con l'accompagnatore che assiste il gruppo nel corso di un viaggio; è impossibile, infatti, poter effettuare visite guidate su tutto il territorio italiano, il cui patrimonio va dalla preistoria all'arte contemporanea e conta non meno di 200.000 beni culturali censiti – pena lo svilimento e la dequalificazione della suddetta professione;
    nel diritto europeo, considerato nelle sue fonti primarie dei Trattati e nel suo complesso (dunque non soltanto in riferimento alla cosiddetta direttiva servizi), vige il principio di sussidiarietà in materia di professioni e di beni culturali;
    la libera prestazione di servizi, temporanea e occasionale, da parte di professionisti provenienti da altro Stato membro, può essere fornita solo a condizione che si eserciti la stessa professione nello Stato membro di origine e che questa debba essere eseguita alle stesse condizioni imposte dallo Stato ai propri cittadini, come prescrive l'articolo 57 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea) che stabilisce il diritto del prestatore ad esercitare la propria attività nello stato membro ove la prestazione è fornita alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini, e dunque nel rispetto delle norme dello Stato nel quale si svolge l'attività lavorativa,

impegna il Governo:

   a prevedere, in considerazione della complessità della materia, un successivo intervento di riordino normativo dell'intera disciplina dell'attività di guida turistica, nel rispetto della legislazione europea, considerata nell'insieme delle sue fonti – sia in riferimento alle norme primarie dei Trattati, sia in riferimento alle discipline di settore – affinché siano salvaguardate le competenze professionali abilitanti per lo svolgimento di tali attività, contemperando gli interessi strategici per il sistema paese in una più ampia prospettiva, in un mercato sempre più vasto a favore delle giovani generazioni italiane ed europee;
   valutare la possibilità di prevedere, nelle more di una legge di riordino complessivo in materia e in attesa dell'emanazione dei decreti di attuazione di cui al comma 3 dell'articolo 3 del provvedimento, una esplicita proroga della legislazione vigente in materia, anche al fine di scongiurare possibili confusioni normative che potrebbero arrecare danni a un settore particolarmente rilevante per la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale italiano.
9/1327/11. Morani, Manfredi, Iori, Malpezzi, Cimbro, Moretti, Simoni, Melilli.

   La Camera,
   premesso che:
    la Corte di giustizia dell'Unione europea, con la sentenza del lo marzo 2011 nella causa C-236/09 ha dichiarato l'invalidità, con effetto dal 21 dicembre 2012, dell'articolo 5, n. 2, della direttiva 2004/113/CE, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi;
    la disposizione dichiarata invalida consentiva, in deroga dal principio generale di parità di trattamento tra uomo e donna nell'accesso ai beni e servizi offerti al pubblico, che nel calcolo di premi e prestazioni assicurative si tenesse conto del sesso, ove tale fattore fosse determinate nella valutazione dei rischi, in base a pertinenti e accurati dati attuariali e statistici;
    l'Italia si era avvalsa di questa facoltà con l'articolo 55-quater del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198. Tale ultima disposizione, per effetto della caducazione dell'articolo 5, n. 2, della direttiva 2004/113/CE, disposta dalla sentenza sopra richiamata, dovrebbe essere modificata al fine di escludere che il sesso, quale fattore di calcolo dei premi e delle prestazioni a fini assicurativi e di altri servizi finanziari, possa determinare differenze nei premi e nelle prestazioni,

impegna il Governo

a dare tempestiva attuazione alla sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 1o marzo 2011 nella causa C-236/09, al fine di precisare che nei contratti stipulati, per la prima volta, a partire dal 21 dicembre 2012 il fatto di tenere conto del sesso quale fattore di calcolo dei premi e delle prestazioni a fini assicurativi e di altri servizi finanziari non può determinare differenze nei premi e nelle prestazioni e che i costi inerenti alla gravidanza e alla maternità non possono determinare differenze nei premi o nelle prestazioni individuali.
9/1327/12. Tancredi, Alli.

   La Camera,
   premesso che:
    è imminente la conclusione dell’iter della procedura d'infrazione n. 2131 aperta nel 2006 nei confronti del nostro Paese per violazione della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici, oggi 147/2009/CE. Infatti, alla condanna pronunciata dalla Corte di Giustizia Europea il 15 luglio 2010 non ha fatto seguito il completo adeguamento normativo richiesto in modo articolato dall'Europa;
    l'insoddisfacente o parziale risposta del nostro Paese causerà l'irrogazione di forti sanzioni pecuniarie ai danni dei cittadini italiani;
    in particolare, la violazione delle regole comunitarie risulta grave nella mancanza di corretta applicazione dell'articolo 9 da parte dello Stato italiano, su cui grava l'obbligo di pieno e puntuale rispetto del dettato comunitario;
    specificatamente, il testo della procedura indica violazioni per non conformità alla direttiva in diverse regioni italiane;
    la conclusione del parere motivato trasmesso con nota C(2006) 2683 del 28 giugno 2006 – e quindi della procedura 2131/2006 – riporta la severa motivazione per cui in Italia «il regime delle deroghe previsto dalla direttiva è prevalentemente utilizzato per autorizzare una sorta di regime semipermanente di caccia agli uccelli rispetto ai quali la caccia è vietata»;
    uno dei punti riscontrati quale violazione ripetuta del testo comunitario è rappresentato dalla reiterata e diffusa autorizzazione al prelievo in deroga da lettera c) in mancanza di dati scientificamente solidi quale premessa necessaria ed indispensabile per calcolare correttamente la cosiddetta piccola quantità per le specie non cacciabili oggetto di deroga;
    un ulteriore punto evidenziato quale violazione ripetuta del testo comunitario è rappresentato dall'indistinta e ampia platea di soggetti autorizzati dalle regioni al prelievo in deroga su specie non cacciabili, soggetti assolutamente privi di specifica ed uniforme formazione e quindi non in grado di applicare con il rigore e l'alta selettività dettate dall'articolo 9 della direttiva il prelievo in deroga su specie non cacciabili;
    nessuna delle regioni che nel corso degli anni ha autorizzato il prelievo in deroga ha adottato misure puntuali e rigorose che rispondessero all'obbligo del corretto calcolo della cosiddetta piccola quantità o attivato specifici percorsi formativi e conseguenti valutazioni circa uniformità e capacità di selettività dei soggetti autorizzati al prelievo in deroga su specie non cacciabili,

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente le misure opportune affinché ogni eventuale ricorso all'applicazione di deroghe da parte delle regioni quali strumenti eccezionali ai sensi dell'articolo 9 della direttiva 147/2009/CE venga subordinato alla disponibilità di dati certi ed al puntuale rispetto delle modalità di calcolo della cosiddetta piccola quantità come già indicate dalla DG Ambiente della Commissione Europea al Ministero dell'Ambiente e all'ISPRA e ad attivare e realizzare, prima di richiedere deroghe, specifici corsi di formazione e successive rigorose valutazioni circa l'uniformità della preparazione e l'alta selettività quali caratteristiche obbligatorie nei soggetti autorizzabili al prelievo in deroga su specie non cacciabili.
9/1327/13. Brambilla.

Doc. LXXXVII, n. 1
RISOLUZIONI
Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2012.

N. 1

Seduta del 31 luglio 2013

   La Camera,
   premesso che:
    le modifiche introdotte dalla legge n. 234 del 2012 alla disciplina generale sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea hanno, tra l'altro, significativamente rafforzato i meccanismi di raccordo tra Parlamento e Governo nella formazione della posizione italiana nei processi decisionali dell'Unione europea, in particolare prevedendo nuovi o più articolati obblighi di informazione del Governo al Parlamento, ribadendo l'obbligo dell'Esecutivo di garantire la coerenza delle posizioni assunte in sede europea con gli atti di indirizzo approvati dalle Camere, precisando meglio i presupposti per l'attivazione della riserva di esame parlamentare e prevedendo la consultazione delle Camere su accordi in materia finanziaria o monetaria conclusi anche al di fuori delle disposizioni dei Trattati;
    la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2012 (Doc. LXXXVII, n. 1), è stata presentata alle Camere il 12 giugno scorso. Il ritardo nella presenta

zione, sebbene giustificato dall'avvicendamento della nuova legislatura e del nuovo Governo, vanifica parzialmente l'utilità di questo documento, soprattutto a fronte dei contenuti della Relazione programmatica per il 2013 (Doc. LXXXVII-bis, n. 1), di cui peraltro è già stato avviato l'esame parlamentare;
    la Relazione è stata elaborata in base a quanto prescritto dall'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012, ed è articolata in quattro parti:
     1) sviluppi del processo di integrazione europea;
     2) partecipazione dell'Italia alla realizzazione delle principali politiche settoriali, quali: mercato interno e competitività, agricoltura e pesca, trasporti, occupazione e politiche sociali, istruzione e politiche giovanili, cultura, turismo, salute, tutela dei consumatori, ricerca, ambiente, energia, fiscalità;
     3) partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione Europea;
     4) politiche di coesione, l'andamento dei flussi finanziari dall'Unione verso l'Italia e la loro utilizzazione, nonché i risultati conseguiti nell'ambito dell'attività svolta;
    l'esame dei due documenti coincide con un aggravamento delle condizioni economico-sociali per larga parte dei Paesi europei che rischia di innescare tendenze recessive di lungo termine, di cui la contrazione delle attività produttive e l'allargamento della disoccupazione rappresentano gli indicatori più preoccupanti;
    una svolta appare indispensabile e urgente nelle politiche europee, per evitare che il disagio economico e sociale alimenti la disaffezione nei confronti dell'Europa mettendo a repentaglio le prospettive di una ripresa del processo di integrazione che sul piano economico e finanziario risulta ormai indispensabile per la gravità delle crisi e la dimensione globale dei fenomeni da affrontare che superano largamente le capacità di risposta dei singoli Stati membri;
    l'Italia ha mantenuto tutti gli impegni relativi al consolidamento del proprio bilancio nazionale ma la prosecuzione di una politica di bilancio basata esclusivamente sull'austerità non è in grado di assicurare lo sviluppo e aggraverebbe l'attuale recessione: ad essa vanno immediatamente associate politiche volte a creare crescita sostenibile e occupazione;
    l'agenda europea del 2012, al contrario, ha continuato ad essere dominata dai temi economici e finanziari, con l'obiettivo di mantenere la stabilità dell'area euro e rendere pienamente operative le misure di governance economica concordate;
    l'Europa ha risposto alla crisi economica mondiale, alla recessione globale ed alla crescente instabilità dei mercati finanziari imboccando la sola strada dell'austerità, ma le politiche conseguenti non hanno prodotto nessun effetto visibile in termini di ripresa dell'economia e dell'occupazione;
    l'attuale crisi di sistema comporta la necessità di proporre un nuovo modello socioeconomico, nel quale gli obiettivi da perseguire per la costruzione di un'Europa equa e giusta devono valicare il confine della pur necessaria promozione della stabilità finanziaria e della crescita economica ed incentrarsi anche e soprattutto su una rimodulazione del concetto di solidarietà e di comunità da applicarsi alle relazioni tra i paesi membri;
    nella visione ideologica della Commissione Europea, la crisi in atto, definita sia ciclica sia strutturale, può essere viceversa affrontata esclusivamente in chiave di equilibrio di bilancio e solo un rientro dagli eccessi di debito pubblico e privato può permettere all'economia della zona Euro di rincamminarsi lungo un percorso di crescita sostenibile, innanzitutto continuando a tagliare il «troppo costoso» modello sociale europeo;
    in quest'ottica, anche l'impegno politico del Consiglio europeo del 28-29 giugno 2012 in materia di crescita economica, che si è tradotto nel Patto per la crescita e l'occupazione (Compact for growth and jobs) che articola in modo organico le misure di rilancio dell'economia a livello nazionale ed europeo da affiancare alla normativa sulla disciplina di bilancio, è rimasto fino ad oggi largamente sulla carta;
    i dati diffusi sulla disoccupazione nella UE nel primo trimestre 2013, che segnalano la cifra impressionante di 26.5 milioni di persone disoccupate o inoccupate, non sembrano produrre alcun cambio in questa impostazione generale di politica economica e sociale;
    al contrario, la Commissione, pur prendendo atto che la disoccupazione giovanile è arrivata alla soglia stratosferica di 5.7 milioni intende intervenire attraverso il programma EU Youth Guarantee che stanzia, tramite il FSE, dal 2014 al 2020 circa e 7 miliardi, ovvero l'equivalente di – 1.22 per disoccupato in 6 anni;
    in realtà, sarebbe indispensabile lavorare da subito alla costruzione di un sistema continentale di Reddito Minimo Garantito cofinanziato dagli Stati europei;
    più in generale, esaminando i dati fondamentali della crisi che la UE attraversa, è chiaro che la crescita non è ostacolata dall'elevato debito pubblico o dall'eccesso di spesa sociale connesse al modello di «welfare» europeo, bensì dalle misure recessive adottate in risposta alla crisi stessa. Pur ammettendo l'esistenza di gravi squilibri strutturali sul fronte della finanza pubblica, la scelta di realizzare in modo simultaneo i relativi aggiustamenti non è una fatalità cui sono posti di fronte i paesi europei, bensì una decisione deliberata e autolesionista, che aggrava i problemi recessivi causati dalla crisi stessa;
    la crisi, pertanto, non si risolverà con le politiche di «austerità espansiva» che l'hanno provocata. Pensare che il taglio nei deficit pubblici possa essere compensato dall'aumento di altre componenti della domanda aggregata è una pia illusione. Come mostrato in studi e dall'esperienza pratica di altri Paesi europei come la Grecia, il moltiplicatore fiscale in una fase di recessione è positivo, e l'austerità porterà quindi ad un calo del Pil maggiore del calo del debito rendendo impossibile raggiungere, come auspicato, l'obiettivo della riduzione strutturale del rapporto tra debito e Pil;
    per quanto riguarda il Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020, non è stato posto con sufficiente chiarezza dal nostro Governo il fatto che vi è necessità di un approccio globale, ispirato dai principi dell'uso efficiente delle risorse (in particolare per sostenere la crescita economica), della solidarietà e dell'equità. Tali criteri implicano il riconoscimento del fatto che vi sono «beni pubblici europei» che possono essere protetti unicamente, o in maniera più efficiente, al livello dell'Unione europea;
    in relazione ai fondi destinati alla Politica di coesione, l'Italia ha richiesto di operare una redistribuzione interna in favore delle regioni in ritardo di sviluppo, in particolare, tenendo conto del peso maggiore che è opportuno attribuire alla disoccupazione nel meccanismo di calcolo delle risorse per le regioni meno sviluppate. Il Piano di azione coesione, deve essere diretto non solo ad accelerare l'impiego dei fondi strutturali, ma destinato anche a dettare le linee del Governo per il periodo successivo;
    appare necessario un maggiore impegno del Governo a seguire con attenzione l'attuazione della iniziativa-faro «Una piattaforma europea contro la povertà e l'emarginazione», lanciata dalla Commissione europea nell'ambito della Strategia Europa 2020. Un fenomeno, questo, che riguarda in misura crescente anche il nostro Paese e che risulta produrre effetti particolarmente pesanti nella fascia d'età minorile;
    in materia commerciale, considerate le specifiche caratteristiche del sistema produttivo ed industriale italiano, ed allo scopo di tutelare le sue tante eccellenze, il Governo si è impegnato affinché in sede europea venisse raggiunta una soluzione di compromesso per l'adozione di una regolamentazione sull'etichettatura di origine di alcuni prodotti provenienti da Paesi terzi (il cosiddetto regolamento «Made in»), che appare ancora insufficiente. In seguito alla decisione della Commissione di ritirare la proposta, l'Italia ha chiesto alla Commissione di valutare possibili soluzioni alternative, e di fornire un'analisi giuridica dettagliata per definire uno schema di etichettatura a tutela dei consumatori, della trasparenza sui mercati e della concorrenza leale, suscettibile di non essere considerato un ostacolo tecnico agli scambi internazionali e di contribuire efficacemente a contrastare l'uso ingannevole e fraudolento delle indicazioni di origine europee;
    per quanto riguarda la PAC (Politica Agricola Comunitaria), l'Italia si è battuta per evitare un ridimensionamento del budget complessivo ad essa destinato e in particolare per ottenere una riduzione dell'entità dei tagli previsti per l'agricoltura italiana, con risultati solo parzialmente soddisfacenti. La Relazione ricorda, al riguardo, che il Presidente del Consiglio europeo, nella proposta di fine novembre 2012, ha riconosciuto la validità delle osservazioni italiane in merito ai criteri di riparto dei fondi sulla base della sola superficie agricola e ha ridimensionato i tagli destinati all'Italia di circa un miliardo di euro per l'intero periodo di programmazione;
    per quanto attiene alle politiche fiscali, lascia interdetti che non si faccia alcun riferimento al contrasto all'elusione/evasione delle grandi aziende realizzata attraverso i cd.« paradisi fiscali». Su questo fronte, è necessario pensare a livello UE a delle forme di tassazione su tutti i trasferimenti bancari nei centri offshore/black list e in tutti i paesi terzi che non garantiscono la tracciabilità dei flussi finanziari nei confronti dei centri offshore/black list;
    inoltre, tutta la questione sulle inopportune, per la Commissione, tax expenditure è massimamente tematizzata sul fronte della tassazione indiretta (IVA/VAT), mentre su questo specifico fronte bisognerebbe pensare di alzare, a livello UE (l'imposizione indiretta è in gran parte una competenza dell'unione che travalica l'autonomia dei singoli stati), le aliquote sui «beni di lusso», invece di criticare le aliquote ridotte che incidono sui «consumi popolari»;
    è giunto il momento di riesaminare l'orientamento a perseguire l'austerità e il rigore dei conti pubblici a prescindere dall'andamento, dell'economia reale. Se è vero che la legislazione europea avrà sempre maggiore prevalenza, allora vale la pena fin d'ora di esortare le autorità dell'Unione europea e il Governo italiano a riorientare le grandi opzioni di politica economica. Mentre il tema della concorrenza ha ormai assunto un valore fondamentale nella regolazione, quello del sostegno alla crescita economica appare ancora troppo incerto, soprattutto rispetto alla gravità della crisi;
    peraltro, lo stesso Fondo monetario ha messo in discussione la validità dell'azione nei confronti della Grecia. Il ruolo declinante dell'Europa rispetto agli scenari geopolitici e geoeconomici impone scelte coraggiose, attraverso l'individuazione di nuovi strumenti, anche eccezionali ed eterodossi rispetto alla teoria economica di stretta osservanza (considerando ad esempio la nuova stagione economica del Giappone o il ruolo della BCE e la difesa della stabilità dei prezzi);
    occorre realizzare una più incisiva azione del Parlamento e del Governo nella fase ascendente, anche attraverso una più completa conoscenza e disanima dei dossier in esame in sede UE;
    al contrario, il quadro di finanza pubblica delineato nel DEF 2013 (predisposto dal Governo Monti, fatto proprio dal Governo Letta e recepito dalla Commissione Europea) non sembra lasciare alcuno spazio significativo di manovra a politiche anticicliche, di crescita economica e contrasto alla povertà e all'esclusione sociale, limitandosi a proiettare la filosofia dell'austerità anche nel triennio prossimo venturo, impegnandosi alla realizzazione di un disavanzo strutturale dello 0,4 per cento del Pil nel 2014 ed al pareggio di bilancio strutturale nel 2015-2016 e basandosi su previsioni di crescita del Pil del tutto irrealistiche nel 2014-2016 (+1,3 per cento / +1,5 per cento);
    inoltre, le previsioni del DEF 2013 (anche queste recepite e fatte proprie dalla Commissione Europea) non includono alcuna «rimodulazione» dell'IMU, né gli effetti del pagamento dei debiti commerciali pregressi della pubblica amministrazione alle imprese e includono inoltre operazioni di privatizzazione dell'ordine di almeno 1 per cento all'anno (ulteriori 15 mld), che ove non realizzate richiederebbero misure correttive di pari entità;
    pertanto, l'impatto netto delle manovre di finanza pubblica che la Commissione ed il Consiglio europei fanno proprie, rimane altamente recessivo ed appare incompatibile con il finanziamento degli interventi per la crescita;
    in questa prospettiva, in assenza di rinegoziazioni dei Trattati e di radicali cambi di strategia nella politica di bilancio, il problema del «commissariamento» dell'Italia via procedure d'infrazione e sanzioni è quindi solo rinviato nel tempo;
    in senso opposto, l'indispensabile rinegoziazione della cosiddetta «golden rule» (vale a dire lo scorporo degli investimenti dal calcolo del vincolo di deficit del 3 per cento) potrebbe rappresentare una leva significativa se consegnata alla sovranità del Parlamento nazionale, sebbene ancora insufficiente se collegata solo a programmi co-finanziati dai fondi strutturali europei. Lo shock di domanda aggregata necessario per riattivare un processo di crescita virtuoso si colloca nell'ordine di 80-100 miliardi, quindi 8-10 volte più ampia di quella determinata dai soli programmi cofinanziati dai fondi strutturali europei;
    la leva fiscale dovrebbe inoltre essere manovrata con la finalità prevalente di favorire la ripresa della domanda per consumi (attraverso sostanziali aumenti del reddito disponibile delle famiglie) e per investimenti (attraverso incentivi al reinvestimento degli utili) oltre al consolidamento della struttura produttiva con interventi mirati specificamente ad incentivare la crescita della dimensione d'impresa;
    ancorché la Relazione consuntiva documenti il significativo lavoro svolto presso le istituzioni europee in materia di occupazione se, politiche sociali, il rilievo dei dossier «occupazione» nel quadro delle politiche europee nel corso del 2012 è rimasto al di sotto di quanto le condizioni economiche avrebbero imposto;
    la questione del coordinamento delle politiche del lavoro e della previdenza non ha avuto rilevanza analoga a quelle economico-monetarie e non pari rilievo ha avuto l'impatto dei provvedimenti di consolidamento fiscale sui temi della coesione sociale;
    la Commissione europea non ha ancora sviluppato quella capacità di passare da una visione legislativa «forte» – che nel corso degli anni si è assestata su regole rigide anche nelle situazioni che creavano occupazione – ad una visione sulle politiche e sugli obiettivi da conseguire, in coerenza con i target fissati dalla Strategia 2020 mantenendo profili e promuovendo strumenti dinamici, in grado di modulare le strategie in ragione dei cicli economici e delle condizioni sociali;
    l'affidamento a comitati all'interno delle istituzioni dell'UE non ha sempre prodotto risultati tangibili e traguardati alla risoluzione dei problemi;
    la posizione italiana sulla gestione dei fondi europei – ed in particolare del FESR e del FSE – deve essere maggiormente incisiva per garantire progressivo aumento dell'efficienza nella gestione delle risorse e la riduzione degli oneri burocratici conseguenti, considerata la bassa efficacia che ancora ne contraddistingue le modalità di spesa in tutte le regioni obiettivo convergenza, ad eccezione della Puglia;
    costituire una rete di servizi pubblici efficienti deve rappresentare una necessità per promuovere l'inserimento lavorativo, puntando sulla qualificazione del servizio pubblico, sulla cooperazione pubblico-privato e sul coordinamento tra gli attori, per superare le insufficienze economiche e procedurali della Youth Guarantee;
    il 21 ottobre 2010 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sul «reddito minimo nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa», con una maggioranza di 540 voti a favore e 30 contrari;
    tale risoluzione, in modo ancora più netto rispetto ad una precedente sullo stesso tema del 2008, sancisce in modo pieno il riconoscimento di un diritto dei cittadini dell'Unione e delle persone che vi risiedano stabilmente, ad un reddito che ne salvaguardi la dignità sociale;
    in attuazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Carta di Nizza), il reddito minimo viene definito come un diritto sociale fondamentale, destinato a fungere da strumento di protezione della dignità della persona e della sua «possibilità di partecipare pienamente alla vita sociale, culturale e politica»;
    nel corso del 2012 in Italia è stata avviata una campagna per un Reddito minimo Garantito, per la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare, che ha visto il coinvolgimento di molte associazioni della società civile;
    appare, pertanto, indispensabile che la Commissione Europea decida di introdurre sperimentalmente il reddito minimo garantito, predisponendo un piano che individui la platea degli aventi diritto, anche in ragione delle risorse economiche disponibili o individuabili;
    per quanto riguarda il dibattito sul rafforzamento dell'architettura istituzionale dell'Unione economica e monetaria (UEM), da parte italiana si è espresso il pieno sostegno a favore di un credibile e ambizioso processo di riforma, ma ad oggi non si sono prodotti significativi passi in avanti in tale direzione;
    il 28 novembre 2012, la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione dal titolo «Un piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita» (COM(2012) 777), che descrive in dettaglio gli elementi e le tappe necessari per un'Unione bancaria, economica, fiscale e politica a pieno titolo;
    il cd. «pacchetto sull'Unione bancaria», sul quale la discussione tra i partner europei è ancora molto aperta, comprende:
     1) la proposta di regolamento che attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi;
     2) l'istituzione dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea);
     3) le proposte sul risanamento e la risoluzione delle crisi delle banche per affrontare le conseguenze di eventuali dissesti di enti creditizi, definendo un quadro efficace di gestione ordinata dei fallimenti bancari ed evitando il contagio ad altri enti;
    l'Unione bancaria per essere fattibile si deve inserire in un progetto più ampio di unione fiscale e politica, anche perché, per funzionare ed essere credibile, deve potere contare su risorse che solo un vero e proprio bilancio federale può assicurare. Il corretto funzionamento della Unione bancaria richiede, infatti, l'introduzione di un finanziamento di ultima istanza di natura fiscale e, quindi, una qualche forma di bilancio federale, con rilevanti cessioni di sovranità dagli Stati nazionali al «governo federale»,

impegna il Governo:

  in sede nazionale ed europea:
   a) a far pervenire la prossima Relazione consuntiva della partecipazione dell'Italia all'Unione Europea, recante indicazione delle attività svolte dal Governo a livello europeo nell'anno precedente, entro il 31 gennaio del 2014;
   b) a sostenere la realizzazione di una vera unione politica del continente in senso federale, sostenendo, in pari tempo, un maggiore coinvolgimento del Parlamento europeo nelle decisioni a livello europeo, nonché una piena attuazione delle disposizioni del Trattato di Lisbona sul ruolo dei Parlamenti nazionali;
   c) a lavorare per una rapida approvazione definitiva della legge di delegazione europea e della legge europea per il 2013, anche al fine di dare avvio a una rinnovata fase di impegno dell'Italia per il corretto e puntuale adempimento degli obblighi europei e la conseguente riduzione delle infrazioni a carico dell'Italia, fra le quali l'ambiente (e, in misura minore, anche gli appalti) tradizionalmente vanta un poco invidiabile primato;
   d) a prestare particolare attenzione al tema dell'occupazione e del lavoro, in particolare quello femminile e giovanile, nella prospettiva dell'approfondimento delle più idonee misure in materia, a partire dalla promozione in sede-europea del reddito minimo-garantite, in nome di un'azione di Governo finalmente tesa a un rilancio delle politiche di rilancio dell'economia e dell'occupazione;
   e) a sostenere l'aumento delle risorse disponibili anche attraverso un maggiore ricorso ai project bond e la realizzazione del previsto aumento di capitale della Banca europea degli investimenti;
   f) a promuovere un coinvolgimento quanto più possibile ampio e sentito dei cittadini dell'UE in occasione dell'Anno europeo dei cittadini (2013) concentrando l'attenzione sulla sensibilizzazione, in particolare delle giovani generazioni, riguardo ai valori comuni dell'UE;
   g) a rafforzare gli strumenti posti a disposizione dei singoli Stati e dell'Unione europea per favorire la crescita economica e l'occupazione, in particolare giovanile, anche attraverso l'introduzione, nelle regole europee concernenti la disciplina di bilancio, di elementi di flessibilità che consentano di fronteggiare la negativa congiuntura economica, segnatamente realizzando un alleggerimento del carico tributario sull'economia reale, sul lavoro e sugli investimenti produttivi, nonché mediante l'adozione, in funzione anticiclica, di misure innovative per il finanziamento di progetti infrastrutturali e di sostegno alla competitività ed all'innovazione;
   h) a realizzare procedure più snelle che consentano di impegnare già dal prossimo anno nella misura massima possibile tutte le risorse che possono essere attivate appena definito il nuovo quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020, a partire dagli stanziamenti relativi alle politiche regionali. Ribadire la necessità che i fondi comunitari prevedano un alleggerimento delle procedure di spesa, una diminuzione dei formalismi burocratici e una maggiore attenzione ai risultati;
   i) nell'ambito della nuova disciplina europea in materia di reti di trasporto trans-europee (reti TENT), a fare ricorso alla cosiddetta alla golden rule, consentendo di non far gravare sugli investimenti infrastrutturali di rilievo comunitario i vincoli di Maastricht, in particolare evitando che i fondi per la realizzazione di tali opere incidano sulla determinazione dell'ammontare del debito pubblico. Informatica. Con riferimento alle reti di trasporto europeo, concentrare lo sforzo finanziario europeo sull'intermodalità tra gomma, mare e ferro;
   j) a sostenere e implementare l'iniziativa pilota assunta dalla Commissione europea per quanto riguarda l'utilizzazione dei cosiddetti project bonds, vale a dire di obbligazioni emesse da soggetti privati per il finanziamento a debito di infrastrutture di trasporto di particolare rilevanza strategica rientranti nelle reti TEN-T;
   k) a promuovere e sostenere un impegno forte dell'Unione europea, da tradursi nell'adozione di politiche coerenti ed organiche per procedere più intensamente alla conversione delle economie europee in termini Green economy, fattore che può rivelarsi decisivo anche ai fini della ripresa economica e dell'aumento dell'occupazione;
   l) ad assicurare che il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio – attualmente all'esame come proposta – che istituisce un'ordinanza europea di sequestro conservativo sui conti bancari in materia di procedure di insolvenza transfrontaliere, rispetti i requisiti minimi di tutela del convenuto che la tradizione giuridica italiana prevede anche per i procedimenti cautelari, quali la valutazione della sussistenza del fumus boni juris del creditore e del periculum in mora;
   m) a uniformare, sia sotto il profilo dei divieti che sotto quello delle relative sanzioni, la disciplina europea in materia di repressione del doping nello sport professionistico, dilettantistico e amatoriale;
   n) a sostenere la promozione, nell'ambito di un completo ed integrato sistema di difesa europeo comune, dei Corpi civili di pace e la costituzione di un esercito unico che permetta la riduzione delle Forze Armate nazionali con la conseguente drastica riduzione delle spese militari italiane, sistema che potrebbe già iniziare a dispiegarsi concretamente tramite una reale integrazione delle catene di comando;
   o) a sviluppare maggiormente la dimensione civile della Politica Europea di Sicurezza e Difesa Comune, tramite missioni di gestione civile delle crisi pianificate dalle due strutture competenti in seno al Servizio Europeo per l'Azione. Esterna, affinché Interventi Civili per la Costruzione della Pace e Prevenzione dei Conflitti vengano riconosciuti e finanziati tra i programmi della Commissione europea di Assistenza allo Sviluppo, con forte partecipazione delle organizzazioni di società civile. Proprio nella gestione civile delle crisi l'Unione Europea può esprimere il suo vantaggio comparato nella comunità internazionale.
   p) ad aumentare il livello dei pagamenti e delle somme disponibili rispetto agli impegni di spesa relativi ai PON educazione ricerca e garantire un maggiore ritorno delle consistenti cifre che l'Italia destina ai programmi europei di ricerca e istruzione;
   q) intensificare le azioni intraprese a livello di Unione europea volte a garantire la sicurezza della rete web, sostenendo l'attività del Centro europeo per la lotta alla criminalità;
   r) a proseguire nella ferma tutela e nel sostegno all'agricoltura italiana secondo un modello rispettoso dell'ambiente e che valorizzi le specificità dell'economia agricola nazionale, caratterizzata da produzioni agroalimentari di qualità, assicurando produttività ma anche sicurezza alimentare e crescita economica;
   s) a garantire adeguato sostegno e attenzione, al settore ittico per tutelare l'ecosistema marino e rilanciare lo sviluppo della pesca e dell'acquacoltura sostenibili, anche in vista del rilancio delle imprese che operano nel settore;
   t) a sostenere, nell'ambito della procedura di esame della proposta di Regolamento dell'Unione Europea attinente il mercato del materiale riproduttivo vegetale, la coerenza delle nuove disposizioni con il «Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'agricoltura e l'alimentazione», per quanto attiene, in particolare al diritto degli agricoltori, di conservare, utilizzare, scambiare e vendere sementi o materiale di moltiplicazione;
   u) a contrastare, con specifiche disposizioni, da inserire nella proposta di Regolamento in esame, la diffusione di forme di brevettazione delle varietà vegetali eterogenee e del materiale genetico ottenuto dalle attività convenzionali di miglioramento, prevedendo forme semplificate di registrazione per gli agricoltori e le piccole imprese finalizzate a facilitare la diffusione delle attività di ricerca e a conservare la biodiversità;
   v) con riferimento al servizio sanitario, a ponderare meglio il problema dei meccanismi di rimborso delle prestazioni tra i diversi Stati membri, al fine di evitare che la libera circolazione dei pazienti determini un ampio contenzioso tra i diversi Paesi sull'entità dei rimborsi e la tempestività dei relativi pagamenti. Valutare la possibilità di adottare provvedimenti che prevedano accordi internazionali sui sistemi di remunerazione e procedure contabili snelle;
   w) a intensificare le politiche per l'invecchiamento attivo che devono essere trasversali al lavoro, alla formazione, all'assistenza, al tempo libero ed al godimento dei diritti, per sostenere e promuovere il benessere, la riprogettazione di una fase della vita, l'autonomia psico-fisica, senza le quali si rischia la futura e neanche troppo lontana insostenibilità dei sistemi sanitari;
   x) a prestare maggiore attenzione alla commercializzazione, ampiamente pubblicizzata, delle sigarette elettroniche, oggetto di alcune recenti determinazioni del Consiglio superiore di sanità e dell'Istituto superiore di sanità, nel senso di adottare maggiori precauzioni per l'utilizzo da parte dei giovani e di categorie a rischio;
   y) a sostenere la rapida approvazione e attuazione delle misure necessarie per la realizzazione di un'effettiva e completa Unione bancaria europea. Pensare a livello UE a delle forme di tassazione su tutti i trasferimenti bancari nei centri offshore/ black list e in tutti i paesi terzi che non garantiscono la tracciabilità dei flussi finanziari nei confronti dei centri offshore/ black list;
   z) a sostenere la cooperazione rafforzata per l'adozione della tassa sulle transazioni finanziarie e proporre che i proventi siano destinati a misure specifiche tra cui quelle a sostegno dell'occupazione giovanile.
6-00023.
«Ricciatti, Pannarale, Migliore, Di Salvo, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Giancarlo Giordano, Fratoianni, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».

   La Camera,
   considerato che:
    il documento, in coerenza con il dettato dell'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012, dovrebbe fornire alle Camere gli elementi utili a valutare i principali sviluppi del processo di integrazione europea e delle politiche e della normativa dell'UE, nonché l'efficacia dell'azione del Governo nelle sedi decisionali europee e la sua coerenza con gli indirizzi definiti dal Parlamento;
    la Relazione è giunta all'attenzione della Camera con un forte ritardo rispetto al termine di presentazione previsto dal medesimo articolo 13, comma 2, a causa dello scioglimento delle Camere;
    la relazione per il 2012 costituisce un forte progresso rispetto alle relazioni consuntive precedenti in quanto non si limita ad una mera ricostruzione delle attività svolte dall'Unione europea nell'anno di riferimento ma indica l'impostazione complessiva della politica europea del Governo e consente di valutarne l'efficacia complessiva;
    al tempo stesso, la relazione consuntiva per il 2012 presenta diverse lacune ed incoerenze con l'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012 che erano già state denunciate nelle risoluzioni approvate dalle Camere sulle relazioni consuntive per il 2010 e per il 2011;
    le varie sezioni della Relazione in esame risultano predisposte secondo criteri redazionali non sempre omogenei, rendendo il documento di non agevole lettura;
    il documento non indica in via sistematica, come espressamente previsto dalla lettera d) del comma 2 dell'articolo 13 della legge n. 234, le iniziative assunte e i provvedimenti adottati dal Governo per dare attuazione ai numerosi atti di indirizzo approvati dalle Camere in materia europea;
    la mancata indicazione del seguito dato agli indirizzi delle Camere impedisce la verifica del puntuale adempimento dell'obbligo del Governo di assicurare – ai sensi dall'articolo 7 della legge n. 234 del 2012 – che la posizione rappresentata dall'Italia in sede di Consiglio dei Ministri dell'Unione europea ovvero nelle relazioni con altre istituzioni od organi dell'Unione europea tenga conto degli indirizzi definiti dalle Camere in esito all'esame di progetti, atti o questioni relativi all'Unione europea, dando tempestivamente alle Camere motivazioni appropriate della diversa posizione eventualmente assunta;
    il consolidamento del raccordo tra Parlamento e Governo in materia europea non risponde soltanto all'esigenza di rispettare i principi costituzionali nazionali e la legislazione in vigore ma è funzionale ad uno sviluppo equilibrato del processo di integrazione, in cui il nostro Paese possa continuare a giocare un ruolo centrale. Il riconoscimento ad alcuni parlamenti nazionali del potere di approvazione preventiva o di opposizione all'adesione dei rispettivi governi in merito a decisioni dell'UE di particolare importanza e delicatezza, crea il rischio di un pericoloso disallineamento tra Stati membri e Parlamenti nazionali dell'Unione europea;
    a tale scopo è necessario che il Governo adempia in modo sistematico i nuovi obblighi informativi nei confronti del Parlamento previsti dalla legge n. 234 del 2012, soprattutto in relazione all'effettivo andamento dei negoziati a livello europeo, che si svolgono in ampia misura in sedi informali o prive di pubblicità, quali i triloghi tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione, Gli organi parlamentari competenti dovrebbero a loro volta esaminare con maggiore tempestività e regolarità nel proprio calendario dei lavori i progetti di atti e documenti dell'UE di rispettiva competenza;
    alcune sezioni della relazione non riportano la posizione che il Governo ha tenuto nell'esame di alcuni specifici provvedimenti e questioni di particolare rilevanza. Solo in pochi casi viene precisato se ed in quale modo è stato realizzato un coordinamento tra l'azione del Governo e quella degli europarlamentari italiani, delle regioni e degli enti locali, delle parti sociali e delle categorie produttive ai fini della definizione e promozione dell'interesse nazionale;
    è necessario rafforzare, in una logica di sistema, il raccordo tra tutti gli attori istituzionali e non istituzionali nella fase di formazione delle politiche europee. A questo scopo è essenziale che il Governo, in particolare attraverso la Rappresentanza permanente presso l'UE, assicuri un raccordo regolare ed efficace con gli europarlamentari italiani, Nella stessa prospettiva anche i competenti organi parlamentari dovrebbero intensificare i contatti con gli europarlamentari italiani, avvalendosi delle audizioni e degli altri strumenti di collegamento previsti dai Regolamenti di ciascuna Camera;
    la relazione conferma, per un verso, che la scelta di attribuire le competenze di coordinamento dell'azione del Governo a livello di Unione europea al Ministro degli affari europei ha assicurato una maggiore coerenza nella gestione dei negoziati sulle questioni di maggiore rilevanza o di natura multisettoriale, e ha definitivamente segnato la distinzione tra gli affari europei, che sono dimensione necessaria di tutte le politiche pubbliche, e gli affari esteri, che attengono invece alle relazioni internazionali;
    per altro verso, nonostante alcuni significativi progressi, permangono presso molte amministrazioni difficoltà nella definizione precoce di una posizione negoziale e nella valutazione dell'impatto potenziale delle iniziative regolative europee per l'Italia;
    un coordinamento regolare in seno al CIAC, a livello quanto meno amministrativo, su un più ampio numero di dossier di rilevanza significativa potrebbe contribuire assicurare una maggiore coerenza dell'azione delle amministrazioni interessate sui singoli dossier e a raccordarla con l'attività della Rappresentanza permanente presso l'Unione europea;
    la relazione pone in evidenza la forte riduzione delle procedure di infrazione pendenti nei confronti dell'Italia dalle 136, pendenti a gennaio 2012, alle 99 a dicembre 2012. Questo significativo risultato è stato parzialmente vanificato dalla mancata approvazione delle leggi comunitarie 2011 e 2012, per cui il numero di procedure pendenti alla data del 29 luglio 2013 è risalito a 106;
    al fine di assicurare una drastica riduzione delle procedure di infrazione, appare opportuno che gli organi parlamentari competenti si avvalgano, in coerenza con il dettato dell'articolo 15 della legge n. 234, delle informazioni trasmesse dal Governo in merito all'avvio o agli sviluppi delle procedure di infrazione per attivare sistematicamente nei confronti delle amministrazioni responsabili le opportune procedure di indirizzo e controllo,

impegna il Governo

   a) a dare un puntuale e sistematico adempimento degli obblighi nei confronti delle Camere previsti della legge n. 234 del 2012, con particolare riferimento alla trasmissione alle Camere delle relazioni e note informative predisposte dalla Rappresentanza permanente, di cui al comma 3 dell'articolo 4 e all'obbligo di assicurare l'assistenza documentale e informativa della medesima Rappresentanza agli uffici della Camera e del Senato, ai sensi del comma 3 dell'articolo 3 di cui alla medesima legge;
   b) a riferire regolarmente sul seguito dato agli atti di indirizzo approvati dalle Camere in merito alla formazione delle politiche e della normativa dell'Unione europea, come stabilito dall'articolo 7 della legge n. 234 del 2012;
   c) ad assicurare che le prossime Relazioni consuntive annuali sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea:
    siano presentate entro il termine del 28 febbraio di cui all'articolo 13, comma 2, della legge n. 234 del 2012 e siano redatte secondo criteri più omogenei;
    diano adeguatamente e specificamente conto del seguito dato dal Governo agli atti di indirizzo approvati dalle Camere nonché dei casi di apposizione della riserva di esame parlamentare ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 11 del 2005;
    indichino sistematicamente le posizioni che il Governo ha tenuto nell'esame di specifici provvedimenti e questioni;
    diano conto delle modalità in cui è stato realizzato un coordinamento tra l'azione del Governo e quella delle regioni e degli enti locali, delle parti sociali e delle categorie produttive ai fini della migliore tutela dell'interesse nazionale;

   d) ad attivare in modo regolare il coordinamento in seno al CIAE dei Ministri e delle amministrazioni interessate su tutti i dossier di rilevanza significativa, in modo da assicurare una maggiore coerenza dell'azione negoziale delle italiana nelle sedi decisionali dell'Unione europea;
   e) ad assicurare, in particolare attraverso la Rappresentanza permanente presso l'UE, un raccordo regolare ed efficace con gli europarlamentari italiani, soprattutto al fine di indicare in una fase precoce del processo decisionale europeo la posizione negoziale che il Governo intende sostenere in coerenza con gli indirizzi definiti dalle Camere;
   f) a rafforzare le strutture incaricate di definire e rappresentare la posizione italiana nelle sedi decisionali dell'Unione europea, con particolare riguardo al Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE) e alla rappresentanza permanente presso l'Unione europea, anche accrescendone, ove necessario e previa opportuna valutazione, le competenze e le risorse umane e finanziarie a disposizione.
6-00024.
«Galgano, Michele Bordo, Mosca, Colonnese, Alli, Buttiglione, Prataviera, Gozi, Spessotto, Tancredi, Carinelli, Nesci».

   La Camera,
   premesso che:
    la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (Doc. LXXXVII, n.1) relativa all'anno 2012, è stata presentata dal Governo ai sensi dell'articolo 13, comma 2, della legge n” 234 del 2012;
    in base a tale disposizione, la relazione è trasmessa alle Camere, entro il 28 febbraio di ogni anno, «al fine di fornire al Parlamento tutti gli elementi conoscitivi necessari per valutare la partecipazione dell'Italia all'Unione europea» nell'anno precedente;
    la relazione consuntiva è stata presentata alle Camere il 12 giugno scorso, ben 3 mesi dopo. Il ritardo nella presentazione vanifica l'utilità di questo documento;
    la relazione consuntiva è uno strumento di ricognizione dei molteplici elementi che hanno caratterizzato la partecipazione dell'Italia all'Unione, e permette un'approfondita valutazione ex post dell'operato del Governo. Un esercizio, questo, che nella cultura amministrativa italiana risulta generalmente carente e che, invece, consentirebbe una maggiore continuità e una maggiore efficacia nell'azione amministrativa;
    in sostanza, a differenza della relazione programmatica, che indica le grandi priorità e linee di azione che il Governo intende perseguire a livello europeo nell'anno di riferimento, la relazione dovrebbe recare un rendiconto dettagliato delle attività svolte e delle posizioni assunte dall'Italia nell'anno precedenze, al fine di consentire alle Camere di verificare l'adeguatezza e l'efficacia dell'azione negoziale italiana e la sua rispondenza rispetto agli indirizzi parlamentari;
    la prima parte della Relazione consuntiva tratta degli sviluppi del processo di integrazione europea e si compone di tre capitoli relativi, rispettivamente, al quadro generale, alla politica estera e di sicurezza comune e alle relazioni esterne e ai settori della giustizia e affari interni;
    in materia di immigrazione e controllo delle frontiere il Governo, nella Relazione in esame, pone l'accento sul processo di aggiornamento di Schengen, sul rafforzamento di Frontex, nella conclusione degli accordi di riammissione UE, sugli sviluppi del processo Eurosur per il controllo delle frontiere, e soprattutto sul dialogo tra l'Unione europea e i Paesi terzi soprattutto quelli che si affacciano sul Mediterraneo;
    nella relazione si da conto del complesso negoziato relativo al pacchetto di proposte sulla governance di Schengen incentrato sulla reintroduzione dei controlli alle frontiere interne in presenza di circostanze eccezionali e su un meccanismo di valutazione e monitoraggio sull'applicazione dell’acquis di Schengen;
    il 12 giugno 2013 il Parlamento europeo ha approvato il «pacchetto governance di Schengen», già informalmente concordato con il Consiglio UE, composto da due regolamenti: un primo, che istituisce un nuovo meccanismo di valutazione della conformità alle regole per far fronte a situazioni d'emergenza, ed un secondo regolamento che modifica il codice frontiere di Schengen e introduce regole comuni per la temporanea reintroduzione dei controlli alle frontiere interne in casi eccezionali;
    il Parlamento europeo, nel pacchetto Schengen, ha specificato che la migrazione e l'attraversamento delle frontiere esterne di un gran numero di cittadini di paesi terzi non dovrebbero in sé essere considerate una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza interna;
    alla luce di questi continui sbarchi come può il Parlamento europeo considerare che la migrazione e l'attraversamento delle frontiere esterne di un gran numero di cittadini di paesi terzi non debba essere considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza interna;
    l'Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (Frontex) è un'istituzione che ha come scopo il coordinamento del pattugliamento delle frontiere esterne, aeree, marittime e terrestri degli Stati della UE e l'implementazione di accordi con i Paesi confinanti con l'Unione europea per la riammissione dei migranti extracomunitari respinti lungo le frontiere;
    il problema dei flussi migratori è un problema globale che investe tutta l'Europa e non solo l'Italia ed è, quindi, necessario che il Governo italiano si faccia promotore di una coerente e persistente iniziativa europea per fronteggiare un problema che investe tutta l'Europa,

impegna il Governo:

   a fare valere le ragioni italiane nelle opportune sedi comunitarie al fine di ottenere che l'aiuto da parte dell'Europa non si limiti al solo campo finanziario, bensì l'Europa si impegni a rispettare il principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri nel suo complesso, così come prescritto dall'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relativamente ai controlli alle frontiere, all'asilo e all'immigrazione;
   a richiedere un potenziamento della presenza nel Mediterraneo dell'Agenzia Frontex, anche attraverso un più adeguato impiego di mezzi e uomini e la previsione di una seconda sede operativa dell'Agenzia sul territorio italiano;
   a chiedere nelle opportune sedi comunitarie che l'Europa si faccia promotrice di intese ed accordi multilaterali con i paesi che si affacciano sul Mediterraneo per un pattugliamento congiunto delle coste;
   a considerare, qualora situazioni impreviste, connesse allo scoppio di disordini o conflitti sulla sponda meridionale del Mediterraneo, determinino afflussi eccezionali di migranti, la possibilità di coinvolgere anche l'Alleanza Atlantica nel contrasto del fenomeno;
   a trovare un'intesa tra tutti i Paesi membri per garantire una eguale distribuzione su tutto il territorio europeo dei migranti, così che l'Italia possa porre fine ad un improprio ruolo di «sostituto dell'Europa», nel farsi carico delle incombenze conseguenti ai flussi migratori.
6-00025.
«Prataviera, Gianluca Pini, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marguerettaz, Marcolin, Molteni, Rondini».

A.C. 1417
QUESTIONI PREGIUDIZIALI
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena (Approvato dal Senato).

N. 1.

Seduta del 31 luglio 2013

   La Camera,
   premesso che:
    il Governo interviene con il presente decreto-legge ad adottare modifiche all'ordinamento penitenziario e processuale volte a limitare l'esecuzione della pena nelle strutture penitenziarie affinché venga meno la condizione di sovraffollamento delle carceri;
    il decreto-legge in esame ha come finalità dichiarata quella di porre rimedio al sovraffollamento delle carceri, tenuto conto che la disciplina delle legge n. 199 del 2010, come modificata dall'articolo 3, del decreto-legge n. 211 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2012, ha ampliato il termine di esecuzione presso il domicilio delle pene detentive da dodici a diciotto mesi in materia di esecuzione presso il domicilio delle pene detentive, senza apportare sufficienti benefici. Appare di tutta evidenza che la finalità del decreto-legge, e quindi la questione relativa al sovraffollamento carcerario, non può essere inquadrata come emergenza straordinaria in quanto tale problematica strutturale investe il nostro Paese ormai da più di quarant'anni, e la scelta dello strumento del decreto-legge risulta inidonea, poiché non consente di realizzare delle riforme di sistema, per la sua intrinseca natura di atto diretto a provvedere a situazioni di straordinaria urgenza e necessità;
    nell'arco del periodo costituzionale dal 1948 ad oggi, sono stati emanati ben trenta provvedimenti, alcuni di d'indulto o amnistia ai sensi della norma costituzionale di cui all'articolo 79, ed altri seppur «mascherati», ma nella sostanza con effetti similari, senza mai addivenire ad una riforma strutturale capace di risolvere il problema;
    le disposizioni del decreto-legge in esame violano il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto l'applicazione di tali norme, pur se giustificata da motivazioni pratiche finalizzate al superamento della problematica del sovraffollamento carcerario, crea, nei fatti, una palese disuguaglianza fra i cittadini che sono stati soggetti a misure personali restrittive rispetto a cittadini che beneficiano di un trattamento agevolato;
    il Presidente della Repubblica, con lettera del 23 febbraio 2012, sottolineava ai Presidenti della Camera e del Senato e al Presidente del Consiglio dei ministri, la necessità di limitare gli emendamenti ammissibili, in sede di conversione dei decreti-legge, a quelli sostanzialmente omogenei rispetto al testo originario del decreto, in considerazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2012, che ha, per la prima volta, annullato disposizioni inserite dalle Camere in un decreto-legge nel corso dell'esame del relativo disegno di legge di conversione. Inoltre, la particolare disciplina costituzionale e regolamentare del procedimento di conversione stabilisce il vaglio preventivo spettante al Presidente della Repubblica in sede di emanazione del decreto-legge e di quello successivo sulla legge di conversione, che risente, molto spesso, della difficoltà di esercitare la facoltà di rinvio prevista dall'articolo 74 della Costituzione a causa della prossimità della scadenza del termine tassativo di 60 giorni fissato per la conversione in legge. Nella lettera in parola sono state del resto riprese considerazioni già svolte a suo tempo dal Presidente Ciampi nel messaggio inviato alle Camere il 29 marzo 2002, con il quale venne richiesta una nuova deliberazione sulla legge di conversione del decreto-legge n, 4 del 2002 e in varie occasioni anticipate fin dall'inizio del settennato ai Presidenti delle Camere e ai Governi che si sono succeduti, anche in relazione alle specifiche disposizioni legislative e dei regolamenti parlamentari relative alla decretazione d'urgenza;
    con un emendamento approvato dall'altro ramo del Parlamento, è stata inserita una modificazione all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge che, per la precisione, ha premesso alla lettera a) la lettera «0a)», introducendo la seguente novella al codice di procedura penale in tema di condizioni di applicabilità delle misure coercitive: «all'articolo 280, comma 2, la parola: “quattro” è sostituita dalla seguente: “cinque”», così da portare, per i delitti, il limite minimo necessario per poter applicare la custodia cautelare in carcere, da quattro anni a cinque anni;
    si tratta di una disposizione che non appare riconducibile all'ambito materiale oggetto del provvedimento, alle sue finalità ovvero alla partizione del testo nella quale è inserita, basti ricordare la già richiamata sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2012 che, richiamando al riguardo quanto già statuito nelle sentenze n. 171 del 2007 e n. 128 del 2008, ha individuato, «tra gli indici alla stregua dei quali verificare se risulti evidente o meno la carenza del requisito della straordinarietà del caso di necessità e d'urgenza di provvedere, la evidente estraneità della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto-legge in cui è inserita»;
    quanto al merito della citata modificazione al codice di procedura penale, la stessa esclude dall'applicazione della custodia cautelare in carcere anche gravi reati di forte allarme sociale, tra i quali la truffa, nell'ipotesi aggravata di cui all'articolo 640, comma 2, del codice penale, e tra i reati contro la pubblica amministrazione, il millantato credito di cui all'articolo 346, comma 1, del codice penale, nonché la frode nelle pubbliche forniture, di cui all'articolo 356, del codice penale;
    va rilevato che la proroga delle funzioni del Commissario straordinario per le infrastrutture carcerarie e l'integrazione delle sue funzioni ed i compiti rispetto a quanto già previsto dalla legislazione vigente, ai sensi dell'articolo 4 del presente decreto-legge, da un lato, per i motivi sopra esposti è priva dei necessari presupposti di necessità ed urgenza di cui all'articolo 77 della Costituzione, e quindi la previsione normativa appare incostituzionale, mentre per altro verso, sul piano dei rapporti con le fonti subordinate, il provvedimento incide mediante novelle ovvero modifiche non testuali su discipline oggetto di fonte normativa di rango subordinato (e in tal senso si veda l'articolo 4, comma 1, che, in materia di funzioni del Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie ne proroga l'attività fino al 31 dicembre 2014), intervenendo in un ambito già disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 2012 (emesso, a sua volta ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 400 del 1988 – Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri –); tale circostanza non appare coerente con le esigenze di semplificazione dell'ordinamento vigente: si integra, infatti, una modalità di produzione legislativa che, sia secondo i costanti e omogenei indirizzi del Comitato per la legislazione, e sia in riferimento alla circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio del 20 aprile 2001, non appare funzionale alle esigenze di coerente utilizzo delle fonti, in quanto può derivarne l'effetto secondo cui atti non aventi forza di legge presentano un diverso grado di resistenza ad interventi modificativi successivi (si veda il punto 3, lettera e), della circolare richiamata);
    la relazione tecnica che accompagna il testo del decreto-legge in esame afferma che in esito all'analisi delle norme del provvedimento non sono emersi nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato, riferisce che sono anzi ipotizzabili, in prospettiva, risparmi di spesa per l'amministrazione penitenziaria, peraltro allo stato non quantificabili, visto l'ampliamento della platea di detenuti che usufruiranno dei benefici introdotti dall'applicazione del presente decreto-legge. Inoltre, nello specifico di cui all'articolo 5, è introdotta la clausola di invarianza finanziaria dello schema di decreto legge, ovvero che all'attuazione delle disposizioni ivi contenute si provvede mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, precludendo ogni ipotesi di nuove spese anche indirette; rammentando che l'articolo 17, comma 7, quarto periodo della legge di contabilità prescrive che ogni qual volta nuove norme si accompagnano a clausole di neutralità queste dovrebbero essere confermate alla luce della relazione tecnica che deve illustrare tutti i dati ed elementi che siano idonei a comprovarne l'effettiva sostenibilità;
    sebbene la relazione tecnica in merito al disposto di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), riconosca che gli oneri conseguenti a tale ampliamento possano essere adeguatamente fronteggiati a valere sugli ordinari stanziamenti di bilancio del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, andrebbe meglio chiarita la portata e l'effetto degli oneri che sarebbero riflessi in tale specifica modalità di esecuzione alternativa della pena, fornendo elementi in merito ai costi che conseguono per l'amministrazione penitenziaria per effetto della destinazione del detenuto posto ai domiciliari in luoghi altri rispetto alla sua abitazione e alle risorse già previste a legislazione vigente attraverso cui la stessa amministrazione potrà far fronte ai maggiori oneri conseguenti all'ampliamento della citata casistica;
    è palesemente indubbio come non sussista effettivamente la neutralità finanziaria in merito al disposto di cui al comma 1, dell'articolo 2 del presente decreto-legge, relativamente alla copertura dei costi per gli oneri assicurativi del condannato contro gli infortuni e le malattie professionali, nonché riguardo alla responsabilità civile verso i terzi, laddove è aggiunto il comma 4-ter all'articolo 21, della legge n. 354 del 1975 (c.d. Ordinamento Penitenziario), dal momento che la novella legislativa riconosce la possibilità che i detenuti siano assegnati a prestare la propria attività, a titolo volontario e gratuito, nell'esecuzione di progetti di pubblica utilità in favore della collettività da svolgersi presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato. In tal senso, andrebbe quantomeno confermato che le amministrazioni succitate potranno comunque essere chiamate all'occorrenza a predisporre i piani e progetti di eventuale impiego dei detenuti, nei soli limiti delle sole risorse umane e strumentali che sono per loro già previste dalla legislazione vigente;
    per i profili di copertura, in fine, occorre formulare alcune osservazioni in merito al disposto di cui all'articolo 4 del presente decreto legge. Sul punto, pur considerando che le risorse affluenti alla gestione commissariale risultano gestite a valere di una contabilità speciale di tesoreria, perciò «fuori» bilancio, e pur considerando che il comma 9 esclude espressamente che al Commissario straordinario spetti alcun compenso, andrebbe verificato con immediatezza l'ammontare delle risorse che risultano ad oggi giacenti a valere della contabilità speciale richiamata dalla norma, al fine stesso di comprovare l'effettiva sostenibilità, a valere delle medesime risorse, anche della proroga della gestione commissariale in rassegna. In tal senso, rammentando che le contabilità speciale di tesoreria costituiscono gestioni tecniche assoggettate ad un disciplina a sé stante – e perciò contraddistinte dal fatto che le risorse ivi affluite possono essere gestite in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato che regolano, invece, tassativamente il principio di annualità, per l'iscrizione e il mantenimento di fondi in bilancio – appare evidente che lo stanziamento di fondi affluiti in contabilità speciale sia stato fatto, a suo tempo, stimando un dato fabbisogno di risorse da predisporre a copertura dei compiti dell'organismo, secondo una certa configurazione e in connessione ad una data durata. Non si vede, pertanto, come le medesime risorse possano fronteggiare non solo i fabbisogni che derivano di per sé dalla proroga del funzionamento del medesimo organismo, rispetto a quella originariamente prevista (sino a tutto il 2013), ma anche rispetto alla nuova configurazione dell'ufficio del Commissario (fino al 31 dicembre 2014);
    alla luce di quanto esposto è evidente come il presente decreto-legge sia privo del necessario presupposto della copertura finanziaria ex articolo 81 della Costituzione;
    il presente decreto-legge è manifestamente incostituzionale in quanto viola il principio esiziale di cui all'articolo 101, primo periodo, della Costituzione, su cui si fonda la giurisdizione, che è «... omissis amministrata in nome del popolo». Infatti, l'utilizzo della normativa d'urgenza da parte dell'esecutivo esautora, in sostanza, la funzione legislativa del Parlamento e quindi dell'organo che per Costituzione è chiamato ad esercitare la rappresentanza e il volere popolare,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1417 di conversione del decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78.
n. 1. Giancarlo Giorgetti, Molteni, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini.