CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 5 novembre 2014 (1)

Causa C‑477/13

Eintragungsausschuss bei der Bayerischen Architektenkammer

contro

Hans Angerer

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesverwaltungsgericht (Germania)]

«Libera circolazione delle persone – Libertà di stabilimento – Direttiva 2005/36/CE – Riconoscimento delle qualifiche professionali – Accesso alla professione di architetto – Migrante in possesso di un diploma non elencato nell’allegato V, punto 5.7, della direttiva 2005/36/CE – Articolo 10 – Significato dell’espressione “ragione specifica ed eccezionale” – Nozione di “architetto”»





 Introduzione

1.        L’articolo 10 della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (2) definisce l’ambito di applicazione di un regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione. Nella presente domanda di pronuncia pregiudiziale, per la prima volta, si chiede alla Corte di precisare in che modo debbano essere interpretati taluni termini di detto articolo e quale sia il loro valore normativo. Il Bundesverwaltungsgericht (Tribunale amministrativo federale) (Germania), adito di un ricorso per cassazione («Revision»), si chiede se nella presente causa l’interpretazione fornita nei due precedenti gradi di giudizio sia corretta.

2.        La presente causa vede contrapposti il sig. Angerer, il quale ha ottenuto la qualifica di «planender Baumeister» (perito edile con mansione di progettazione e calcolo tecnico) in Austria, e la Eintragungsausschuss bei der Bayerischen Architektenkammer (Commissione per l’iscrizione presso l’Ordine degli architetti della Baviera; in prosieguo: la «Commissione per l’iscrizione»). Il sig. Angerer desidera essere iscritto all’Ordine degli architetti della Baviera, ottenendo però il rifiuto da parte della Commissione per l’iscrizione.

3.        L’oggetto della presente controversia non è se il sig. Angerer soddisfi i requisiti sostanziali di cui alla direttiva 2005/36 che gli consentirebbero di esercitare la professione di architetto in Germania. Esso riguarda unicamente la questione se le autorità e i giudici tedeschi possano applicare al caso in questione il regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione di cui alla direttiva 2005/36 o se i termini di cui all’articolo 10 della direttiva 2005/36 possano impedire loro di farlo.

4.        La mia valutazione mi conduce a rispondere che le autorità e i giudici tedeschi possono applicare questa parte della direttiva 2005/36. Propongo alla Corte di interpretare la direttiva 2005/36 in modo conforme alla logica del mercato interno e alle disposizioni fondamentali del Trattato relative alla libertà di stabilimento.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione europea

5.        La direttiva 2005/36 è suddivisa in sei titoli: disposizioni generali (I), libera prestazione di servizi (II), libertà di stabilimento (III), modalità di esercizio della professione (IV), cooperazione amministrativa e competenze esecutive (V) e altre disposizioni (VI).

6.        Il titolo III in materia di libertà di stabilimento, a sua volta, contiene quattro capi: regime generale di riconoscimento di titoli di formazione (I), riconoscimento dell’esperienza professionale (II), riconoscimento in base al coordinamento delle condizioni minime di formazione (III), e disposizioni comuni in materia di stabilimento (IV).

7.        L’articolo 10 della direttiva 2005/36, contenuto nel titolo III, capo I, è formulato come segue:

«Il presente capo si applica a tutte le professioni non coperte dai capi II e III del presente titolo e nei seguenti casi in cui i richiedenti, per una ragione specifica ed eccezionale, non soddisfano le condizioni previste in detti capi:

a)      per le attività elencate all’allegato IV, qualora il migrante non soddisfi i requisiti di cui agli articoli 17, 18 e 19;

b)      per i medici chirurgo con formazione di base, i medici chirurghi specialisti, gli infermieri responsabili dell’assistenza generale, i dentisti, i dentisti specialisti, i veterinari, le ostetriche, i farmacisti e gli architetti, qualora il migrante non soddisfi i requisiti di pratica professionale effettiva e lecita previsti agli articoli 23, 27, 33, 37, 39, 43 e 49;

c)      per gli architetti, qualora il migrante sia in possesso di un titolo di formazione non elencato all’allegato V, punto 5.7;

d)      fatti salvi gli articoli 21, paragrafo 1, 23 e 27 per i medici, gli infermieri, i dentisti, i veterinari, le ostetriche, i farmacisti e gli architetti in possesso di titoli di formazione specialistica, che devono aver seguito la formazione che porta al possesso dei titoli elencati all’allegato V, punti 5.1.1, 5.2.2, 5.3.2, 5.4.2, 5.5.2, 5.6.2 e 5.7.1, e solamente ai fini del riconoscimento della pertinente specializzazione;

e)      per gli infermieri responsabili dell’assistenza generale e per gli infermieri specializzati in possesso di titoli di formazione specialistica, che hanno seguito la formazione che porta al possesso dei titoli elencati all’allegato V, punto 5.2.2, qualora il migrante chieda il riconoscimento in un altro Stato membro in cui le pertinenti attività professionali sono esercitate da infermieri specializzati sprovvisti della formazione di infermiere responsabile dell’assistenza generale;

f)      per gli infermieri specializzati sprovvisti della formazione di infermiere responsabile dell’assistenza generale, qualora il migrante chieda il riconoscimento in un altro Stato membro in cui le pertinenti attività professionali sono esercitate da infermieri responsabili dell’assistenza generale, da infermieri specializzati sprovvisti della formazione di infermiere responsabile dell’assistenza generale o da infermieri specializzati in possesso di titoli di formazione specialistica, che hanno seguito la formazione che porta al possesso dei titoli elencati all’allegato V, punto 5.2.2;

g)      per i migranti in possesso dei requisiti previsti all’articolo 3, paragrafo 3».

 Il diritto tedesco

8.        In Germania, la legislazione inerente alla professione di architetto rientra nella competenza legislativa dei Länder (regioni) [articolo 70, paragrafo 1, della legge fondamentale (Grundgesetz)]. I requisiti per l’ammissione e l’iscrizione all’Ordine professionale degli architetti della Baviera sono previsti dall’articolo 4 del Gesetz über die Bayerische Architektenkammer und die Bayerische Ingenieurekammer‑Bau (Legge della Baviera sull’Ordine degli architetti e sull’Ordine degli ingegneri edili) (GVBl. pag. 308), come da ultimo modificato dalla legge dell’11 dicembre 2012 (GVBl. pag. 633) (in prosieguo: il «BauKaG»). Tale articolo dispone quanto segue:

«(1) L’albo degli architetti è gestito dall’Ordine degli architetti.

(2) È iscritto all’albo degli architetti, su richiesta, chiunque:

1.      risieda, sia domiciliato o abbia la sede principale dei propri affari in Baviera,

2.      abbia compiuto un corso di studi

a)      della durata di almeno quattro anni per l’acquisizione delle competenze di cui all’articolo 3, paragrafo 1, nel campo dell’architettura (settore edilizia) oppure

b)      della durata di almeno tre anni per l’acquisizione delle competenze di cui all’articolo 3, paragrafi 2 e 3, nel campo dell’architettura d’interni o della paesaggistica in un’università tedesca, in una scuola tedesca per ingegneri (accademia) pubblica o statale riconosciuta oppure in un istituto di formazione tedesco equivalente e

3.      abbia successivamente effettuato un periodo di pratica nella relativa specializzazione della durata di almeno due anni.

Ai fini del periodo di pratica devono essere presi in considerazione i corsi di formazione continua dell’Ordine degli architetti nell’ambito della progettazione tecnica ed economica nonché del diritto edilizio.

(3) (…)

(4) Soddisfa le condizioni di cui al precedente paragrafo 2, prima frase, n. 2, lettera a), anche chi prova di aver conseguito un equivalente titolo di studio in un’università straniera oppure in un altro istituto di formazione straniero. Per i cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea o di un altro Stato contraente dell’Accordo sullo Spazio economico europeo sono considerati equivalenti i titoli di formazione riconosciuti o considerati conformi ai sensi degli articoli 21, 46 e 47 della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU L 255, pag. 22; rettifica in GU 2007, L 271, pag. 18; GU 2008, L 93, pag. 28; GU 2009, L 33, pag. 49), come da ultimo modificata dal regolamento (UE) n. 623/2012 della Commissione dell’11 luglio 2012 (GU L 180, pag. 9), in combinato disposto con il relativo allegato V, punto 5.7.1., nonché i titoli di cui agli articoli 23 e 49 della direttiva 2005/36/CE, in combinato disposto con il relativo allegato VI, punto 6 (…)

(5) Le condizioni di cui al precedente paragrafo 2, prima frase, n. 2, lettera a), e n. 3 sono soddisfatte anche se un cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea o di un altro Stato contraente dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, per una ragione specifica ed eccezionale ai sensi dell’articolo 10, lettere b), c), d) e g), della direttiva 2005/36/CE, non soddisfa le condizioni per un riconoscimento del proprio titolo di formazione in base al coordinamento delle condizioni minime di formazione ai sensi della direttiva 2005/36/CE, quando sussistano inoltre le condizioni di cui all’articolo 13 della direttiva 2005/36/CE; in tal caso, i titoli di formazione sono assimilati ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 2005/36/CE (...). La prima frase si applica anche alle persone autorizzate a usare il titolo professionale di architetto ai sensi di una legge che attribuisce all’autorità competente di uno Stato membro dell’Unione europea o di un altro Stato contraente dell’Accordo sullo Spazio economico europeo la facoltà di accordarlo a cittadini degli Stati membri dell’Unione europea o degli Stati dello Spazio economico europeo particolarmente distintisi per la qualità delle loro realizzazioni in campo architettonico.

(…)».

 Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

9.        Il sig. Angerer, cittadino tedesco residente sia in Germania sia in Austria, dal 1° marzo 2007 esercita in Austria la professione di «planender Baumeister» dopo aver superato un corrispondente esame di abilitazione in base al diritto austriaco.

10.      La qualifica di «planender Baumeister» non gli consente di esercitare la professione di architetto in Austria.

11.      Per di più, la qualifica di «planender Baumeister» non esiste in Germania.

12.      Il 25 aprile 2008 il sig. Angerer ha presentato domanda di iscrizione all’Ordine degli architetti della Baviera ai sensi dell’articolo 4 del BauKaG. L’11 giugno 2008 (3) egli ha modificato la propria domanda in una domanda di iscrizione all’albo dei prestatori di servizi esteri ai sensi dell’articolo 2 del BauKaG (4). Tale domanda è stata respinta dalla Commissione per l’iscrizione con decisione del 18 giugno 2009.

13.      Il sig. Angerer ha contestato questa decisione di rigetto dinanzi al Bayerische Verwaltungsgericht München (Tribunale amministrativo della Baviera, Monaco di Baviera). Quest’ultimo, con sentenza del 22 settembre 2009, ha annullato la decisione di rigetto del 18 giugno 2009 ed ha ordinato alla Commissione per l’iscrizione di iscrivere il sig. Angerer all’albo dei prestatori di servizi esteri, in conformità all’articolo 2 del BauKaG.

14.      La Commissione per l’iscrizione ha proposto appello contro tale sentenza dinanzi al Bayerische Verwaltungsgerichtshof (Consiglio di Stato della Baviera). Nel procedimento di appello, su invito del giudice e d’accordo con la Commissione per l’iscrizione, il sig. Angerer ha modificato la sua domanda, chiedendo l’iscrizione all’Ordine degli architetti.

15.      Il giudice di appello, con sentenza del 20 settembre 2011, ha accolto tale domanda modificata e ha respinto l’appello proposto dalla Commissione per l’iscrizione, a cui ha ordinato di assumere una decisione favorevole riguardo all’iscrizione del ricorrente all’Ordine degli architetti in qualità di architetto libero professionista (settore edilizia). Il giudice di appello nella sua motivazione rileva il ricorrere dei presupposti per la richiesta iscrizione all’Ordine degli architetti ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, del BauKaG, in combinato disposto con le norme ivi richiamate degli articoli 10, lettera c), nonché 11 e 13 della direttiva 2005/36.

16.      La Commissione per l’iscrizione ha proposto ricorso per cassazione («Revision») avverso tale sentenza dinanzi al Bundesverwaltungsgericht. Essa ha chiesto la riforma della sentenza del Bayerische Verwaltungsgerichtshof del 20 settembre 2011 e della sentenza del Bayerische Verwaltungsgericht München del 22 settembre 2009 ed il rigetto del ricorso.

17.      Il Bundesverwaltungsgericht ritiene che la soluzione della controversia sottopostagli richieda un’interpretazione della direttiva 2005/36. Con ordinanza del 10 luglio 2013, pervenuta nella cancelleria della Corte il 5 settembre 2013, esso ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      a)      Se una “ragione specifica ed eccezionale” ai sensi dell’articolo 10 della direttiva sia costituita da una delle circostanze definite nelle categorie successive [lettere da a) a g)], oppure se a queste circostanze si debba aggiungere anche una “ragione specifica ed eccezionale” per la quale il richiedente non soddisfa le condizioni di cui ai Capi II e III del Titolo III della direttiva.

      b)      In quest’ultimo caso, di che genere debba essere la “ragione specifica ed eccezionale”. Se si debba trattare di ragioni personali – ad esempio, biografiche – per le quali, eccezionalmente, il migrante non soddisfa le condizioni per il riconoscimento automatico della sua formazione ai sensi del Capo III del Titolo III della direttiva.

2.      a)      Se la nozione di architetto ai sensi dell’articolo 10, lettera c), della direttiva presupponga che nello Stato membro d’origine il migrante abbia svolto, o avrebbe potuto svolgere in virtù della sua formazione, oltre alle attività tecniche di progettazione edilizia, sovraintendenza ai lavori e costruzione edilizia anche attività di predisposizione artistica, urbanistiche, economiche ed eventualmente attività di conservazione del patrimonio architettonico e, se del caso, in che misura.

      b)      Se la nozione di architetto ai sensi dell’articolo 10, lettera c), della direttiva presupponga che il migrante abbia una formazione di livello universitario, principalmente focalizzata sull’architettura intesa come comprensiva, oltre che degli aspetti tecnici afferenti alla progettazione edilizia, alla sovraintendenza ai lavori e alla costruzione edilizia, anche degli aspetti di predisposizione artistica, urbanistici, economici ed eventualmente di conservazione del patrimonio architettonico e, se del caso, in che misura.

c)      i)     Se, ai fini delle risposte ai quesiti sub a) e b) rilevi il modo in cui il titolo professionale di “architetto” è utilizzato abitualmente negli altri Stati membri (articolo 48, paragrafo 1, della direttiva);

      ii)      oppure se sia sufficiente accertare come il titolo professionale di “architetto” è utilizzato abitualmente nello Stato membro d’origine e nello Stato membro ospitante;

      iii)      oppure se si possa dedurre dall’articolo 46, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva la gamma delle attività legate abitualmente al titolo di “architetto” nel territorio dell’Unione europea».

18.      Le parti nel procedimento principale, il Landesanwaltschaft Bayern, i governi tedesco, olandese e rumeno e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte. Le parti nel procedimento principale, il Landesanwaltschaft Bayern, il governo tedesco e la Commissione hanno presentato anche osservazioni orali all’udienza del 9 luglio 2014.

 Valutazione

 Osservazioni preliminari

 Direttiva 2005/36

19.      Le disposizioni rilevanti della direttiva 2005/36 sono già state citate. Al fine di comprendere che cosa è (e cosa non è) in gioco nella presente causa, ritengo necessario presentare i diversi sistemi di riconoscimento delle qualifiche professionali previsti nella direttiva.

20.      La direttiva 2005/36 è stata adottata dal Consiglio dell’Unione europea il 6 giugno 2005 a maggioranza qualificata (5). Essa si fonda su specifiche basi giuridiche del mercato interno previste nel Trattato (6). La stessa abroga 15 precedenti direttive in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali (7) e riorganizza e razionalizza le loro disposizioni, uniformando i principi applicabili (8). Nel titolo III della direttiva 2005/36 sono previsti tre sistemi di riconoscimento: riconoscimento automatico per le professioni per le quali sono state armonizzate le condizioni minime di formazione (capo III) (in prosieguo: il «regime automatico»); riconoscimento sulla base dell’esperienza professionale per talune attività professionali (capo II), e un regime generale per altre professioni regolamentate e per professioni non contemplate dai capi II e III o per le quali, ai sensi dell’articolo 10 della direttiva 2005/36, il richiedente non soddisfa le condizioni di cui ai capi II e III (capo I) (in prosieguo: il «regime generale»).

21.      Ai fini della presente causa, il regime automatico e il regime generale devono essere descritti in maggior dettaglio.

22.      Il titolo III, capo III, della direttiva 2005/36 stabilisce in sostanza un approccio verticale di armonizzazione, professione per professione, per un certo numero di professioni specificamente elencate, come ad esempio gli architetti (9). Il principio alla base di tale capo è semplice: se una persona possiede un titolo di formazione di cui all’allegato V della direttiva e se alcuni requisiti minimi sono soddisfatti, uno Stato membro deve riconoscere il titolo di formazione e deve attribuire a tale titolo di formazione, ai fini dell’accesso alle attività professionali e del loro esercizio, gli stessi effetti sul proprio territorio che hanno i titoli di formazione che lo stesso rilascia. In forza dell’articolo 21 della direttiva 2005/36, un soggetto che vuole esercitare la professione di architetto deve essere quindi in possesso di un titolo di formazione di cui all’allegato V, punto 5.7 della direttiva e deve soddisfare le condizioni minime di formazione di cui all’articolo 46 della direttiva. A questo proposito, la Corte ha dichiarato che il regime di riconoscimento automatico, di cui agli articoli 21, 46 e 49 della direttiva 2005/36, per quanto riguarda la professione di architetto non lascia alcun margine di discrezionalità agli Stati membri (10). Il riconoscimento in base al titolo III, capo III, è quindi automatico. Una volta che un soggetto soddisfi i criteri, gli Stati membri non hanno altra scelta se non quella di ammetterlo alla professione in questione.

23.      Il titolo III, capo I, della direttiva 2005/36 istituisce un regime generale, modellato sulle direttive generali precedenti (11), come regime residuale (12). Di norma, esso si applica solo a quelle professioni a cui non si applica il regime automatico, come si evince dall’articolo 10 della direttiva 2005/36. In deroga a tale norma, l’articolo 10 stabilisce, inoltre, che il regime generale si applica ad una serie di casi in cui il richiedente, per una «ragione specifica ed eccezionale», non soddisfi le condizioni di cui al titolo III, capi II e III. I requisiti sostanziali del regime generale sono stabiliti dagli articoli 11 e seguenti della direttiva.

 Contesto di fatto e di diritto delle questioni pregiudiziali

24.      L’ordinanza di rinvio pregiudiziale si limita alle questioni riguardanti l’interpretazione di alcuni termini dell’articolo 10 della direttiva 2005/36. È necessario soffermarsi su due punti.

25.      In primo luogo, dinanzi ai tribunali tedeschi è pacifico che il sig. Angerer non soddisfa i requisiti per un riconoscimento automatico. Egli non possiede un diploma figurante all’allegato V, punto 5.7 della direttiva 2005/36, il che significa che, in virtù del principio del riconoscimento automatico, egli non può aspettarsi che le autorità bavaresi lo iscrivano come architetto in Baviera (13). La Corte, pertanto, non è chiamata ad interpretare le disposizioni del regime automatico (14).

26.      In secondo luogo, i giudici amministrativi tedeschi di primo e di secondo grado hanno concluso che il sig. Angerer soddisfa i requisiti sostanziali del regime generale (15). Tale conclusione non sembra essere stata messa in discussione dal Bundesverwaltungsgericht, dinanzi al quale è proposto il ricorso per cassazione («Revision»). La Corte, pertanto, non è chiamata ad interpretare le disposizioni relative ai requisiti sostanziali del regime generale. In particolare, nell’ambito della presente questione pregiudiziale, non spetta alla Corte stabilire se la qualifica del sig. Angerer di «planender Baumeister» ai sensi del diritto austriaco e la sua esperienza professionale debbano essere riconosciute dalle autorità tedesche alle condizioni dell’articolo 11 e seguenti della direttiva 2005/36 consentendogli l’accesso alla professione di architetto in Germania.

27.      Tutto ciò che il Bundesverwaltungsgericht vorrebbe sapere è se l’articolo 10 della direttiva 2005/36 debba essere interpretato nel senso che esso non consente alle autorità nazionali di applicare il regime generale alla causa in esame.

 Prima questione: interpretazione dell’espressione «ragione specifica ed eccezionale» di cui all’articolo 10 della direttiva 2005/36

28.      Il giudice del rinvio chiede un’interpretazione dell’espressione «ragione specifica ed eccezionale» contenuta nell’articolo 10 della direttiva 2005/36. Esso vorrebbe sapere se i casi elencati alle lettere da a) a g) di tale articolo costituiscano semplicemente un’enumerazione di «ragioni specifiche ed eccezionali» o se tale espressione abbia un significato normativo aggiuntivo. In altre parole, esso chiede chiarimenti riguardo alla questione se le autorità nazionali possano valutare se i titoli di formazione di «planender Baumeister» del sig. Angerer e la sua esperienza professionale, ai sensi degli articoli 11 e seguenti della direttiva 2005/36, possano permettere l’accesso alla professione di architetto in Germania o se, prima di valutare i suoi titoli di formazione, le autorità nazionali devono esaminare se vi sia una «ragione specifica ed eccezionale» per la quale il sig. Angerer non possiede un titolo di formazione di architetto in Austria.

 Interpretazione letterale e sistematica dell’articolo 10 della direttiva 2005/36

29.      Come abbiamo visto in precedenza, ai sensi dell’articolo 10, il regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione si applica a tutte le professioni che non sono contemplate dai capi II e III del titolo III (Libertà di stabilimento) e nei seguenti casi in cui il richiedente, per una ragione specifica ed eccezionale, non soddisfa le condizioni di cui ai suddetti capi. I «seguenti casi» sono quelli elencati alle lettere da a) a g).

30.      La natura di tali lettere è varia. Così, le lettere a) e b) riguardano l’esperienza o la pratica professionale, mentre le lettere c), d), e) ed f) si riferiscono a titoli di formazione specifici. La lettera g) ha caratteristiche completamente differenti: essa riguarda i migranti in possesso di titoli rilasciati da un paese terzo.

31.      In ragione della posizione dell’espressione «ragione specifica ed eccezionale» proprio all’inizio dell’articolo 10, ossia prima dell’elenco di cui alle lettere da a) a g) (16), ritengo che tale espressione abbia lo stesso significato in ciascuna delle lettere da a) a g) che seguono. Altrimenti, il legislatore avrebbe dovuto prevedere per ognuna delle lettere da a) a g) una propria espressione aggiuntiva, adattata alle specifiche necessità di ciascuna lettera.

32.      La presente conclusione ci porta alla questione se le lettere da a) a g) dell’articolo 10 della direttiva 2005/36 costituiscano da sole le ragioni per cui debba essere applicato il regime generale o se vi debbano essere ragioni ulteriori.

33.      Esaminiamo più approfonditamente il termine «ragione». L’Oxford Advanced Learner’s Dictionary dà di tale termine la seguente definizione: «a cause or an explanation for something that has happened or that somebody has done» (17) (una causa o una spiegazione per qualcosa che è successo o che qualcuno ha fatto)». Il Cambridge Advanced Learner’s Dictionary contiene una definizione analoga: «the cause of an event or situation or something that provides an excuse or explanation» (18) (la causa di un evento o di una situazione oppure qualcosa che fornisce una scusa o una spiegazione). A me pare che l’elemento chiave in tali definizioni sia l’elemento della spiegazione. Una «ragione» offre di per sé una spiegazione.

34.      Ad una prima lettura del testo dell’articolo 10, si potrebbe essere tentati dal ritenere che l’espressione «ragione specifica ed eccezionale» richieda ulteriori elementi, come una spiegazione sul perché le condizioni di cui ai capi II e III non siano soddisfatte nei casi di cui all’articolo 10, lettere da a) a g). Infatti, alla luce di un’interpretazione strettamente letterale, le lettere da a) a g) possono a stento considerarsi «ragioni» (19). Nel caso di un architetto di cui alla lettera c), potrebbe essere richiesta una spiegazione sul perché la persona interessata possieda titoli di formazione non elencati all’allegato V, punto 5.7 (20).

35.      Il giudice del rinvio propende per una tale interpretazione. Secondo quest’ultimo, con riferimento agli architetti, devono essere soddisfatte due condizioni cumulative: in primo luogo, che un richiedente possieda titoli di formazione non figuranti all’allegato V, punto 5.7 e, in secondo luogo, che ciò sia dovuto ad una «ragione specifica ed eccezionale».

36.      Tuttavia, non sono convinto di tale argomentazione.

37.      Se possiamo ritenere che il termine «ragione specifica ed eccezionale» abbia lo stesso significato nelle lettere da a) a g), capiamo subito che è a stento possibile trarre una comune definizione. Prendiamo la lettera g), ai sensi della quale il regime generale si applica quando il richiedente che, per una ragione specifica ed eccezionale, non soddisfa le condizioni di cui ai capi II e III, è un migrante in possesso dei requisiti previsti all’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva. Tale ultima disposizione prevede che i titoli di formazione rilasciati da un paese terzo debbano essere considerati come titoli di formazione se il possessore ha nella professione in questione un’esperienza professionale di tre anni nel territorio dello Stato membro che ha riconosciuto tale titolo di formazione in conformità all’articolo 2, paragrafo 2, certificata da detto Stato membro. Ci si può aspettare che qualcuno che abbia ottenuto un titolo di formazione in un paese terzo fornisca una ragione specifica ed eccezionale che spieghi perché tale titolo è stato ottenuto in tale paese terzo? Naturalmente la risposta è «no». Ciò che qui è «specifico ed eccezionale» è il fatto che i titoli di formazione sono ottenuti in un paese terzo, non la ragione per cui sono ottenuti in tale paese.

38.      Trovo sia molto difficile immaginare che, se l’espressione «ragione specifica ed eccezionale» non ha alcun significato aggiuntivo con riferimento alla lettera g), essa potrebbe averne nelle altre lettere (21).

39.      In altre parole, anche se posso comprendere che nel caso degli architetti di cui alla lettera c) è in teoria possibile concepire ragioni specifiche ed eccezionali per le quali il migrante possiede un titolo di formazione non figurante nell’allegato V, punto 5.7, della direttiva 2005/36 (22), avrei ancora riserve riguardo all’attribuzione di un significato aggiuntivo all’espressione «ragione specifica ed eccezionale» per ciascuna delle lettere da a) a g).

 Genesi dell’articolo 10 della direttiva 2005/36

40.      Guardando alla genesi della direttiva, possiamo osservare che la proposta iniziale della Commissione (23) relativa all’articolo 10 era breve e sintetica. Essa recita: «Il presente capitolo si applica a tutte le professioni non coperte dai capitoli II e III del presente titolo e ai richiedenti che non soddisfano le condizioni previste da dette sezioni» (24).La proposta prevedeva dunque che ogni volta che le condizioni del riconoscimento automatico non erano soddisfatte, in linea di principio si continuava ad applicare il regime generale.

41.      Il Parlamento non si è opposto a tale espressione e di conseguenza, in prima lettura, non ha proposto un emendamento all’articolo 10 (25).

42.      Per il Consiglio, tuttavia, la proposta della Commissione aveva una portata troppo ampia. Nella sua posizione comune, esso ha considerato che tale estensione del regime generale dovrebbe applicarsi solo a professioni non coperte dai capi II e III del titolo III, nonché «ai casi particolari di cui all’articolo 10, lettere da a) a g), della posizione comune in cui il richiedente, pur appartenendo a una professione contemplata da questi capitoli non corrisponde, per motivi specifici ed eccezionali, ai requisiti in essi fissati» (26). La posizione comune inoltre stabilisce che «[i] casi elencati prevedono situazioni normalmente coperte dal trattato, secondo l’interpretazione della Corte di giustizia europea e situazioni soggette a soluzioni specifiche ai sensi delle vigenti direttive» (27).

43.      La Commissione a sua volta ha accettato tale contro‑proposta, affermando che la posizione comune ha chiarito la proposta della Commissione riguardo ai casi di applicazione accessoria del regime generale di riconoscimento, elencando le varie fattispecie attualmente disciplinate da regole ad hoc o da disposizioni del Trattato, oppure dal sistema generale di riconoscimento. La Commissione ha inoltre affermato che «questa precisazione non comporta alcuna modifica sostanziale» (28).

44.      Nutro dubbi riguardo alla correttezza di quest’ultima affermazione, poiché l’effetto della posizione comune del Consiglio è che il regime generale non si applica a tutti i casi. Tuttavia, a me sembra chiaro che lo scopo del legislatore comunitario fosse principalmente quello di limitare i casi particolari ai casi eccezionali di cui alle lettere da a) a g), ossia quelli già coperti dal Trattato, come interpretati dalla Corte e dalle direttive esistenti. L’idea non era quella di introdurre criteri aggiuntivi oltre alle lettere da a) a g) per l’applicazione del regime generale che deriverebbero dall’espressione «ragione specifica ed eccezionale».

 Articolo 10 della direttiva 2005/36 letto alla luce dell’articolo 49 TFUE

45.      Tale interpretazione dell’articolo 10 della direttiva 2005/36 è inoltre confermata dall’interpretazione alla luce dell’articolo 49 TFUE (29).

46.      Nella sentenza Commissione/Spagna (30), una causa relativa ai farmacisti, la Corte ha dichiarato che il diritto al riconoscimento dei diplomi è garantito in quanto espressione del diritto fondamentale alla libertà di stabilimento (31). Non vedo alcuna ragione per cui ciò non debba essere applicato agli architetti. Ne consegue che la direttiva 2005/36 deve essere interpretata alla luce delle disposizioni del Trattato sulla libertà di stabilimento.

47.      A tale riguardo, vorrei proporre alla Corte di ispirarsi al ragionamento seguito nella sentenza Dreessen (32).

48.      Tale causa riguardava un cittadino belga che aveva conseguito un diploma in ingegneria in Germania, aveva lavorato come dipendente in diversi studi di architettura della provincia di Liegi (Belgio) e aveva chiesto l’iscrizione all’albo dell’Ordine degli Architetti della provincia di Liegi per poter esercitare la professione di architetto come lavoratore autonomo. La sua richiesta è stata respinta con la motivazione che il suo diploma non corrispondeva ad un diploma rilasciato da una sezione Architettura ai sensi della direttiva 85/384 e pertanto non rientrava nell’ambito di applicazione della direttiva. La Corte ha dichiarato che in tale situazione si applicava l’articolo del Trattato sulla libertà di stabilimento. Essa ha aggiunto che le direttive riguardanti il riconoscimento non avevano come obiettivo quello di rendere più difficile il riconoscimento di diplomi, certificati ed altri titoli di formazione nelle situazioni da esse non contemplate (33). Le autorità nazionali pertanto hanno dovuto esaminare la domanda del sig. Dreessen.

49.      A mio avviso, l’interpretazione dell’articolo 49 TFUE fornita dalla Corte per le situazioni non contemplate dalla pertinente direttiva si applica, a fortiori, ad un’interpretazione di una disposizione contenuta nella direttiva 2005/36. Ciò che io traggo dalla sentenza Dreessen per la causa in esame è questo: l’articolo 10, lettera c), della direttiva deve essere interpretato in conformità ai Trattati, ed in particolare al diritto di stabilimento, con la conseguenza che esso non dovrebbe ostare a che le autorità nazionali trattino una domanda e controllino se i requisiti sostanziali del regime generale di riconoscimento siano soddisfatti nel caso di un architetto. L’articolo 10, lettera c), non dovrebbe rendere tale accertamento più difficile. Ciò non significa che le autorità nazionali siano tenute a riconoscere il diploma del sig. Angerer, poiché non è questa la questione posta. Significa semplicemente che esse dovrebbero essere nella posizione di poter esaminare se le sue qualifiche ed esperienze corrispondono ai requisiti di cui all’articolo 11 e seguenti della direttiva 2005/36.

 Risposta alla prima questione

50.      In conclusione, ritengo che l’espressione «ragione specifica ed eccezionale» di cui all’articolo 10 della direttiva 2005/36 serva semplicemente come introduzione alle lettere da a) a g) di detto articolo. Essa non ha un valore normativo oltre ai casi elencati alle lettere da a) a g). Propongo pertanto che la risposta alla prima questione sia che l’espressione «ragione specifica ed eccezionale» di cui all’articolo 10 della direttiva 2005/36 si riferisce soltanto alle lettere da a) a g) di detto articolo. Un richiedente non è tenuto a fornire una «ragione specifica ed eccezionale» oltre a quelle di cui all’articolo 10, lettere da a) a g).

 Seconda questione: interpretazione del termine «architetti» di cui all’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36

51.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza chiarimenti sul significato del termine «architetti» di cui all’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36. Lo stesso vorrebbe sapere se la persona interessata debba aver svolto attività di predisposizione artistica, urbanistiche, economiche ed eventualmente attività di conservazione del patrimonio architettonico e, più in generale, i criteri per stabilire cosa sia un architetto.

52.      Secondo la Commissione per l’iscrizione, la nozione di architetto implica che una persona che aspiri ad essere riconosciuta come un architetto ai sensi del regime generale debba soddisfare una serie di requisiti minimi. I criteri possono essere tratti dai requisiti di cui all’articolo 46 della direttiva 2005/36.

53.      A mio avviso, il termine «architetti» di cui all’articolo 10, lettera c), indica esclusivamente la professione a cui desidera avere accesso il richiedente. La direttiva 2005/36 non contiene una definizione legale di cosa sia un architetto – né nel regime automatico, né in quello generale.

54.      È vero che l’articolo 46 della direttiva 2005/36, intitolato «formazione di architetto», al pari dell’articolo 3 della direttiva 85/384 (34), descrive in dettaglio quali tipi di conoscenze, capacità e competenze debbano essere acquisite negli studi di architettura per rientrare nell’ambito del regime automatico. Ciò non significa, tuttavia, che la direttiva tenti di definire cosa sia un architetto.

55.      In realtà, con riguardo alla direttiva 85/384, la Corte ha dichiarato che l’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, che descrive il suo ambito di applicazione (35), non si prefiggeva di fornire una definizione giuridica delle attività nel campo dell’architettura e che spettava alla legge nazionale dello Stato membro ospitante definire le attività rientranti in tale campo (36). Tali conclusioni della Corte riguardano cosa sia al momento il regime automatico (37).

56.      Ritengo che, se la direttiva non tenta nemmeno di definire cosa sia un architetto nel regime automatico, a fortiori, essa non possa farlo per quello generale.

57.      Inoltre, proporrei che la Corte non intendesse i requisiti di cui all’articolo 46, paragrafo 1, della direttiva 2005/36 come applicabili alla nozione di «architetti» di cui all’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36. Ciò equivarrebbe in realtà a subordinare l’applicabilità del regime generale al soddisfacimento dei criteri che riguardano il regime automatico. Le nozioni del regime automatico sarebbero in tal modo introdotte surrettiziamente nel regime generale. In definitiva, il regime generale sarebbe pregiudicato.

58.      Sarei pertanto molto cauto nel fornire un’interpretazione troppo restrittiva del termine «architetti» di cui all’articolo 10 della direttiva 2005/36. Stabilire se una persona è ammessa ad esercitare la professione di architetto ai sensi del regime generale è compito delle autorità dello Stato membro, una volta che esse abbiano applicato i requisiti di cui all’articolo 11 e seguenti ed effettuato la loro valutazione ai sensi di tali articoli. Se si dovessero ammettere troppi requisiti nella nozione di «architetti» vi sarebbe il rischio di anticipare in qualche modo l’accertamento da parte delle autorità nazionali.

59.      Il termine «architetti» usato nell’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36 non implica che le autorità nazionali debbano cercare criteri aggiuntivi che devono essere soddisfatti da una persona che richiede il riconoscimento dei titoli ai sensi del regime generale. In questo punto della direttiva, l’articolo 10, lettera c), non osta a che le autorità nazionali dichiarino che una determinata persona soddisfa i criteri per il riconoscimento previsti dal regime generale. Non vedo alcuna ragione per cui ad esse dovrebbe essere impedita l’applicazione del regime generale di riconoscimento.

60.      La risposta alla seconda questione dovrebbe pertanto essere che il termine «architetti» di cui all’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36 si riferisce alla professione a cui un richiedente chiede di avere accesso. Non deve essere interpretato in modo da limitare l’ambito di applicazione del regime di riconoscimento dei titoli di formazione ai sensi del titolo III, capo I, della direttiva 2005/36.

 Conclusioni

61.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni sottoposte dal Bundesverwaltungsgericht:

1)         L’espressione «ragione specifica ed eccezionale» di cui all’articolo 10 della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali si riferisce esclusivamente alle lettere da a) a g) di tale articolo. Un richiedente non è tenuto a fornire una «ragione specifica ed eccezionale» oltre a quelle indicate nell’articolo 10, lettere da a) a g).

2)         Il termine «architetti» di cui all’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36 fa riferimento alla professione a cui un richiedente chiede di avere accesso. Esso non deve essere interpretato in modo da limitare l’ambito di applicazione del regime di riconoscimento dei titoli di formazione ai sensi del titolo III, capo I, della direttiva 2005/36.


1 –      Lingua originale: l’inglese.


2 –      GU L 255, pag. 22.


3 –      V. sentenza del 22 settembre 2009 del Bayerisches Verwaltungsgericht München, M 16 K 09.3302, pag. 2.


4 –      Tale modifica è stata apportata a seguito dei contatti tra il sig. Angerer e la Commissione per l’iscrizione, durante i quali quest’ultima ha segnalato che il sig. Angerer non soddisfaceva i requisiti per l’iscrizione all’Ordine degli architetti; v. sentenza del 20 settembre 2011 del Verwaltungsgerichtshof Bayern – 22 B 10.2360, punto 15, disponibile all’indirizzo: http://openjur.de/u/493661.html.


5 –      V. comunicato stampa del Consiglio del 6 giugno 2005 [9775/05 (Presse 137)] disponibile all’indirizzo: http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/educ/85121.pdf. La direttiva è stata adottata con il voto contrario delle delegazioni tedesca e greca. Il Lussemburgo si è astenuto.


6 –      Articoli 40 CE (ora 46 TFUE) – libera circolazione dei lavoratori, 47 CE (ora 53 TFUE) – diritto di stabilimento e 55 CE (ora 62 TFUE) – libera prestazione dei servizi.


7 –      V. articolo 62 della direttiva 2005/36.


8 –      V. considerando 9 della direttiva 2005/36.


9 –      La direttiva mantiene in parte la precedente situazione giuridica, pur abrogando la direttiva 85/384/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1985, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli del settore dell’architettura, incluse le misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi (GU L 223, pag. 15).


10 – V. sentenza Ordre des architects (C‑365/13, EU:C:2014:280, punto 24).


11 –      A seguito del rilancio politico del mercato comune/interno a metà degli anni ’80, per settori non contemplati da questo approccio verticale è stato introdotto un approccio generale e orizzontale, che stabilisce gli orientamenti generali per il riconoscimento. V. direttive 89/48/CEE, 92/51/CEE e 1999/42/CE. L’origine di queste direttive può essere rinvenuta in «Il completamento del mercato interno», Libro bianco della Commissione per il Consiglio europeo, COM(85) 310 def., del 14 giugno 1985, punto 93.


12 –      V. Barnard, C., The substantive law of the EU. The four freedoms, Oxford University Press, Quarta Edizione, 2013, pag. 320.


13 –      Secondo il giudice del rinvio, il 18 dicembre 2012 – ossia quando il procedimento dinanzi ad esso era già pendente – il sig. Angerer ha altresì conseguito il titolo accademico di Diplom‑Ingenieur – ingegnere edile (settore edilizia) [Fachhochschule (FH)] presso la Hochschule für Technik, Wirtschaft und Kultur (HTWK) Leipzig (Università delle Scienze Applicate di Leipzig). La questione se la laurea in ingegneria edile consentirebbe al sig. Angerer di beneficiare di una qualifica automatica non è oggetto di esame nella presente causa. Ciò è stato altresì confermato dalle parti nel corso dell’udienza. A tale riguardo, basta osservare che tale laurea non figura nell’allegato V, punto 5.7 della direttiva 2005/36. Pertanto, la questione se la professione di «Bauingenieur» rientri, nonostante ciò, nel regime automatico (sembra essere questa la posizione assunta da W. Kluth/F. Rieger, «Die neue EU‑Berufsanerkennungsrichtlinie – Regelungsgehalt und Auswirkungen für Berufsangehörige und Berufsorganisationen», Europäische Zeitschrift für Wirtschaftsrecht, 2005, pagg. da 486 a 492, in particolare pag. 488) non è rilevante nella presente causa.


14 –      Articolo 21 e segg. e articolo 46 e segg. della direttiva 2005/36.


15 –      Articolo 11 e segg. della direttiva 2005/36. A tale riguardo, il Verwaltungsgerichtshof Bayern, confermando una sentenza del Verwaltungsgericht München, ha già dichiarato che erano soddisfatte le condizioni dell’articolo 13, paragrafo 3, in combinato disposto con l’articolo 11, lettera c), della direttiva 2005/36; v. sentenza del 20 settembre 2011 – 22 B 10.2360, punto 33, disponibile all’indirizzo: http://openjur.de/u/493661.html.


16 –      Prima della parentesi, come si direbbe in matematica.


17 –      Definizione disponibile all’indirizzo: http://www.oxfordlearnersdictionaries.com/definition/english/reason_1.


18 –      Definizione disponibile all’indirizzo: http://www.oxfordlearnersdictionaries.com/definition/english/reason_1.


19 –      Deve osservarsi che le versioni nelle altre lingue dell’articolo 10 usano lo stesso termine, sia al singolare che al plurale. A titolo esemplificativo, al plurale: «aus (…) Gründen» (DE), «põhjustel» (ET), «dėl (...) priežasčių» (LT), «z przyczyn» (PL); al singolare: «por una razón» (ES), «pour un motif» (FR), «per una ragione» (IT).


20 –      Nella presente causa, ciò significherebbe che il sig. Angerer avrebbe dovuto spiegare perché possedeva la qualifica di «planender Baumeister» ai sensi del diritto austriaco. Una domanda conseguenziale potrebbe essere se una «ragione specifica ed eccezionale» debba avere un significato oggettivo o soggettivo.


21 –      è per tale ragione che i termini «situazione» o «caso» sarebbero stati più appropriati del termine «ragione».


22 –      Si potrebbe pensare ad esempio a ragioni oggettive, come il mancato inserimento accidentale da parte del legislatore dell’Unione di un titolo di formazione nell’allegato V, punto 5.7, o a ragioni soggettive, come circostanze familiari particolari ed eccezionali che abbiano consentito al richiedente di ottenere soltanto un titolo di formazione non figurante nell’allegato, anziché uno ivi contenuto.


23 –      V. proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali [COM(2002) 119 definitivo (GU 2002, C 181 E, pag. 183, in particolare pag. 188)].


24 –      Il corsivo è mio.


25 –      V. risoluzione legislativa del Parlamento europeo, dell’11 febbraio 2004, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali [COM(2002) 119 – C5-0113/2002 – 2002/0061(COD)] (GU C 97 E, pag. 230).


26 –      V. posizione comune (CE) n. 10/2005 definita dal Consiglio il 21 dicembre 2004 in vista dell’adozione della direttiva 2005/…/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del (…), relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU 2005, C 58 E, pag. 1, in particolare pag. 122).


27 –      Ibidem pag. 123.


28 –      V. comunicazione del 6 gennaio 2005 della Commissione al Parlamento europeo in applicazione dell’articolo 251, paragrafo 2, secondo comma, del Trattato CE relativa alla posizione comune approvata dal Consiglio in vista dell’adozione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali [COM(2004) 853 definitivo, pag. 7].


29 –      Articolo 49 TFUE che costituisce la Grundnorm del diritto di stabilimento, nella corretta terminologia di P.‑C. Müller‑Graff, in Streinz, R., EUV/AEUV, Beck, 2° edizione, München 2012, Artikel 49 AEUV, paragrafo 1.


30 –      C‑39/07, EU:C:2008:265.


31 –      V. sentenza Commissione/Spagna (EU:C:2008:265, punto 37).


32 – C‑31/00, EU:C:2002:35.


33 – V. sentenza Dreessen (EU:C:2002:35, punto 26).


34 –      Il testo dell’articolo 46, paragrafo 1, della direttiva 2005/36 è praticamente identico a quello dell’articolo 3 della direttiva 85/384.


35 –      L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 85/384 recita come segue: «Ai sensi della presente direttiva, per attività del settore dell’architettura si intendono quelle esercitate abitualmente con il titolo professionale di architetto».


36 –      V. sentenza Ordine degli Ingegneri di Verona e Provincia e a. (C‑111/12, EU:C:2013:100, punto 42). V. altresì ordinanza Mosconi e Ordine degli Ingegneri di Verona e Provincia (C‑3/02, EU:C:2004:224, punto 45). Analogamente, l’avvocato generale Léger nelle conclusioni nella causa Dreessen (C‑31/00, EU:C:2001:285, paragrafo 4) ha ritenuto quanto segue: «La direttiva non ha lo scopo di procedere ad un’armonizzazione delle norme nazionali nel settore dell’architettura. Non definisce che cosa è un architetto. Non offre nemmeno criteri sostanziali di definizione della professione».


37 –      Poiché la direttiva 85/384, come abbiamo visto in precedenza, conteneva esclusivamente tale regime automatico.