Date: 4:17 PM 6/26/01 +0200
From: Dino Frisullo
Subject: Naufragio di Natale '96
Rete Diritti di Cittadinanza -
soalinux.comune.fi.it\boxsepe
ListBot Sponsor
Get a low APR NextCard Visa in 30 seconds!
1. Fill in the brief application
2. Receive approval decision within 30 seconds
3. Get rates as low as 2.99% Intro or 9.99%
Ongoing APR and no annual fee!
Apply NOW!
http://www.bcentral.com/listbot/NextCard
A proposito dello "scoop" del
ritrovamento dell'imbarcazione affondata nel canale di Sicilia a Natale del
'96, allego il comunicato che ho sentito il dovere di diffondere ieri, per un
minimo di memoria storica.
Aggiungo, sullo stesso argomento (e ovviamente
su una linea analoga), per chi non l'avesse letto, il mio intervento pubblicato
dal Manifesto di mercoled scorso, sotto il titolo "Scheletri nell'armadio
del governo amico" - comprese alcune righe tagliate nella pubblicazione,
in particolare quelle finali sull'oggi.
Ciao a tutti/e
Dino Frisullo
SENZACONFINE
Associazione antirazzista e luogo d'incontro
multicolore
Fondata nel 1989 - Presidente: E. Melandri -
Segretario: D. Frisullo - Nuova sede a Roma: via di Monte Testaccio 23
Tel. 0339.6504639 - 06.57302933, fax
06.57305132 (provv. c/o Azad) - E-mail
<mailto:senzaconfine@hotmail.com>senzaconfine@hotmail.com
Att.ne Redazione Interni
NAUFRAGIO NEL CANALE DI SICILIA: FRISULLO
(SENZACONFINE):
TUTTO ERA NOTO AL GOVERNO PRODI GIA' QUATTRO
ANNI FA
In riferimento alla vicenda del tragico
naufragio di Natale del '96, e al programma di Rai3 "Elmo di Scipio"
in onda ieri e oggi, Dino Frisullo, segretario di Senzaconfine, ha dichiarato:
"Ci che hanno raccontato la sen. De
Zulueta e la Ps di Reggio Calabria frutto di un'inchiesta avviata in Grecia e
in Italia, all'indomani del naufragio, dai familiari delle vittime pakistane,
insieme alla Rete antirazzista ed a Senzaconfine.
Un dossier, poi pubblicato nel n.9/'97 del
mensile "Narcomafie" del Gruppo Abele, fu consegnato all'inizio del
'98 agli inquirenti reggini, all'allora Capo della polizia Masone, a diversi
parlamentari fra cui De Zulueta, e per il governo ai sottosegretari Sinisi
(Interno) e Toia (Esteri) e al premier Prodi. Conteneva l'individuazione
precisa del tratto di mare in cui poi "Repubblica" ha individuato il
relitto, la storia dell'odissea che condusse al naufragio, e centinaia di nomi:
l'intero organigramma della mafia turca, greca, pakistana e maltese organizzatrice
di quello e molti altri trasporti.
Conducemmo anche due superstiti a deporre alla
Procura di Reggio Calabria ed a riconoscere la Yohan e, nelle foto, il suo
capitano, latitante allora come oggi. Furono queste testimonianze ad avviare
l'istruttoria poi in parte trasferita a Siracusa, e trascinatasi stancamente
fino ad oggi.
E' importante rilevare che furono gli
immigrati stessi, a cominciare dal presidente della Comunit pakistana in
Italia Shabir Khan e dal rappresentante delle famiglie (padre di una delle
vittime) Zabiullah, a rompere l'omert e denunciare i trafficanti assassini e i
loro mandanti (indisturbati titolari di agenzie ad Istanbul, Atene e Karachi),
chiedendo non solo il recupero del relitto e delle salme, ma una nuova politica
dell'immigrazione e dell'asilo che prevenisse altre tragedie offrendo
un'alternativa ai trafficanti.
Fra l'altro molti dei naufraghi non erano
"clandestini", ma avevano la ricevuta della richiesta di soggiorno in
Italia, le cui lungaggini, a fronte di lutti familiari, li costrinsero a
rimpatriare e ritornare in quel modo.
Fra pochi giorni Zabiullah e il giovane
testimone Shaqoor torneranno dal Pakistan, e insieme ai compagni di sventura
srilankesi e indiani chiederanno conto alla magistratura e soprattutto ai
politici italiani di quattro anni di silenzio e di omissione. Chiederemo che
riemergano gli scheletri non solo dal mare, ma dagli armadi di tutti coloro che
avrebbero dovuto muoversi e non vollero".
Roma, 25.6.01
SCHELETRI NELL'ARMADIO DEL GOVERNO AMICO
(Manifesto, mercoled 20 giugno 2001)
Loro malgrado, quei miseri naufraghi hanno
scritto una pagina di storia. Storia minore, scomoda e rimossa. Storia che
rischia di scivolare via sull'onda dello scoop giornalistico, che rivestir
quei corpi di effimera carta nella doppia sepoltura del mare e del cinismo.
Vorrei raccontarla, quella storia, per chi non
considera la memoria un lusso.
In quell'inverno del '96 gli amici e i parenti
dei naufraghi, anch'essi clandestini, erano in sciopero della fame "per il
diritto di esistere" in piazza Colonna. La notizia del naufragio rimbalz
in un attimo fra due continenti a partire dalle frasi smozzicate dei
superstiti, detenuti dai trafficanti in un'isola greca.
Nella comunit pakistana, a cui apparteneva la
maggioranza delle vittime, andarono in corto circuito i mille fili di complice
omert che coprono chi specula sul proibizionismo di stato. Le famiglie si
organizzarono. Il loro rappresentante, l'anziano Zabiullah che aveva perso un
figlio su quella nave, a rischio della vita ricostru insieme a noi, in Grecia
e poi in Italia, la catena del traffico, fino alle squadre che in Italia
recludono gli immigrati per ottenere sin l'ultimo spicciolo pattuito.
Ne emerse (e fu pubblicata anche su
Narcomafie) la prima fotografia della catena imprenditorial-criminale, con
testa turca, armatori greci e tentacoli protesi dai villaggi del Kurdistan e
del subcontinente indiano fino alle coste italiane, che mercifica i fuggitivi
dalla miseria dell'India e del Pakistan e dalle guerre del Kurdistan, dello Sri
Lanka, del Kashmir.
Quei nomi, quelle mappe, insieme al rosario
amoroso delle foto dei naufraghi, giunsero nelle mani del giudice Billet a
Reggio Calabria, dov'era sotto sequestro (c' ancora) la nave assassina Yohan,
tornata come nulla fosse con un altro carico umano. Fu individuato con una
certa precisione, con la deposizione del giovane superstite Shaqur, il luogo in
cui oggi sceso il batiscafo di Repubblica.
Prese avvio l'inchiesta, passata poi a
Siracusa quando scovammo, in un angolo di cronaca nera, la notizia di un
cadavere ripescato presso Gela. La nostra ricostruzione coincideva con quella
fatta da Livio Quagliata sul Manifesto, anche lui in base ai resoconti della
comunit srilankese a Milano.
L'ambasciata pakistana si mosse; quelle
dell'India e dello Srilanka no, o almeno non subito, perch quei morti erano
rispettivamente sikh e tamil, concittadini scomodi. Profughi, che avrebbero
avuto diritto all'asilo - se esistesse in Italia una legge decente sull'asilo.
Alcuni dei naufraghi, come i due parenti del
leader pakistano a Roma Shabir Khan, avevano in tasca la ricevuta della
richiesta di soggiorno in base al "decreto Dini", la semi-sanatoria
di quegli anni. Stanchi di attendere, colpiti da lutti familiari, erano andati
a casa e rifacevano il viaggio della speranza. Dja-vu, nevvero? penso ai
trentamila che da tre anni ancora attendono il soggiorno, negato dall'ultimo
governo di centrosinistra
Fu alla porta del primo centrosinistra, in
quell'inverno del '97, che bussammo insieme a Zabiullah, a Shabir Khan e ai
tamil giunti da Palermo. Forse ingenui (gli immigrati non avevano festeggiato
anche loro, danzando in piazza Venezia, la fine del governo
Berlusconi-Gasparri?), chiedevamo il recupero della nave e del suo carico umano,
ma anche un ripensamento delle politiche di chiusura.
Restammo di sasso. Dal Viminale alla
Farnesina, ad eccezione di pochi singoli parlamentari, trovammo una totale
assenza non dico di solidariet, ma di umana piet. Ammettere la strage
equivaleva a rimettere in discussione la linea della fermezza, che di l a poco
avrebbe colpito e affondato la Kater-i-Radesh.
Data da allora il disamore per l'esperienza
governativa di centrosinistra, non certo condiviso da tutto quello che allora
si definiva movimento antirazzista. Ci presero per pazzi e
"acchiappafantasmi" non solo ministri e sottosegretari, ma anche i
rappresentanti dell'associazionismo che affollava le anticamere del
"governo amico" di Napolitano e Livia Turco. Ricordo sorrisi di
compatimento anche nel tessuto della grande scommessa di quegli anni, la Rete
antirazzista - e forse l andrebbe ricercata una delle ragioni, poi, della sua
crisi.
In quel momento, con i trafficanti messi in
mora e denunciati dalle vittime, con un'opinione pubblica non ancora resa
xenofoba, con un governo ai primi passi, quei poveri corpi riemergendo
avrebbero potuto motivare una scelta coraggiosa: una nuova politica
dell'immigrazione e dell'asilo, che sostituisse legalit e certezza del diritto
all'illegalit, alla soggezione, alla morte.
Non fu cos. Furono abbandonati al loro
strazio quei corpi ed i loro parenti, come rimasero soli i loro amici appena
pi fortunati, nel gelo di piazza Colonna e nella marcia di Natale '96, in
diecimila a digiuno fino al Vaticano. L'inchiesta prosegu stancamente, senza
risalire la catena assassina oltre gli ultimi esecutori, senza discendere nel
mare di Sicilia.
Ora gli scheletri riemergono. Ciascuno guardi
nel suo armadio. Se quei corpi saranno affidati a coloro che si sono battuti in
questi anni per la verit e la giustizia, se si dar la parola a loro e non
solo all'effimero sensazionalismo delle immagini, se saremo capaci di memoria e
di rispetto - forse il loro sacrificio non sar stato vano. Forse siamo in
tempo a cambiare strada, ciascuno per la sua parte. Forse.
Dino Frisullo
To unsubscribe, write to
Antirazzismo-unsubscribe@listbot.com