UNA GIUSTA REGOLARIZZAZIONE

Con riferimento alle polemiche sollevate dall'approvazione, da parte della Camera dei Deputati, di un emendamento al decreto sull'occupazione riguardante i lavoratori extracomunitari, conviene osservare quanto segue.

Uno dei principali obiettivi della legge Martelli e' quello di porre sotto il controllo dello Stato l'immigrazione nella sua totalita', e di evitare cosi' la formazione di un'area di irregolarita'. A questo scopo, oltre a stabilire un provvedimento di sanatoria delle situazioni di irregolarita' pregresse, essa prevede l'emanazione di un decreto governativo annuale (il cosiddetto decreto sui flussi) per la definizione dei criteri di ammissione dei lavoratori immigrati e delle misure atte al loro inserimento sociale. Si dispone quindi di uno strumento legislativo potenzialmente in grado di individuare, anno per anno, un punto di incontro equilibrato tra la domanda di inserimento lavorativo e l'effettiva ricettivita' del nostro mercato del lavoro.

Tra gli elementi da valutare nel determinare i flussi per l'anno seguente, la legge Martelli annovera il numero delle richieste dei permessi di soggiorno per lavoro avanzate da stranieri gia' presenti in Italia con permesso ad altro titolo. Si riconosce, cioe', come l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, quand'anche avvenga al di fuori di una rigida programmazione, debba essere considerato positivamente, in quanto esso facilita', piuttosto che intralciare, il confronto tra immigrazione e mercato del lavoro. Rientra, quindi, nello spirito della legge il tener conto di quanti, avendo trovato possibilita' di inserimento lavorativo, aspirano alla regolarizzazione della propria posizione, e il subordinare al soddisfacimento di tali richieste l'autorizzazione di ulteriori flussi in ingresso.

I decreti sui flussi per i primi tre anni di applicazione della Martelli hanno invece limitato, in sostanza, al meccanismo della chiamata nominativa le possibilita' di accesso regolare al lavoro per gli stranieri extracomunitari. La chiamata nominativa, riguardando a rigore lavoratori residenti all'estero, vede, di fatto, limitata la propria efficacia alle attivita' lavorative del settore dell'industria medio-grande, ovvero a quelle ad alto contenuto tecnico, per le quali l'incontro tra domanda e offerta puo' prescindere dall'instaurarsi di un rapporto fiduciale tra lavoratore e datore di lavoro. Tali attivita' non coprono che una parte, in molte regioni italiane invero trascurabile, delle reali possibilita' di impiego di mano d'opera immigrata.

L'esistenza di queste possibilita', unitamente all'improponibilita' di un'effettiva chiusura delle frontiere, ha fatto si' che il processo di immigrazione-inserimento continuasse senza flessioni, ma anche senza conseguenze traumatiche sul mercato del lavoro.

Le limitazioni imposte dal decreto sui flussi hanno cosi' relegato in condizioni di irregolarita' un gran numero di immigrati, entrati formalmente per motivi di turismo e trattenutisi in Italia una volta trovato inserimento nel mondo del lavoro sommerso.

Con l'eccezione di coloro che, alle dipendenze di datori di lavoro scrupolosi, hanno potuto trovare regolarizzazione intraprendendo l'inutilmente complesso iter burocratico della chiamata nominativa (che richiede un temporaneo ritorno del lavoratore nel paese d'origine), questi lavoratori, pur contribuendo allo sviluppo economico del paese, restano totalmente esposti allo sfruttamento e privi delle piu' elementari forme di protezione.

Il fenomeno assume connotazioni ancora piu' preoccupanti laddove l'assorbimento di mano d'opera e' affidato ad attivita' di lavoro stagionale, dal momento che le condizioni di irregolarita' frenano la mobilita' territoriale dei lavoratori e per lunghi periodi congelano forza lavoro in condizioni di scarsa produttivita' e di esposizione alla contaminazione criminale.

E' evidente come l'incancrenirsi di situazioni di irregolarita', in un contesto di inattuabilita' e inaccettabilita' di qualunque provvedimento generalizzato di espulsione, renda in pratica irrealizzabile la tutela di diritti fondamentali della persona in fatto di condizioni di lavoro, salute e integrita' del nucleo familiare; tutela che non puo' essere subordinata alla regolarita' della posizione a riguardo del soggiorno.

Va tenuto nella debita considerazione, poi, il fatto che il mancato rispetto dei minimi salariali e delle disposizioni in materia fiscale e contributiva, oltre a costituire un danno economico palese per il lavoratore e per lo Stato, finisce per rappresentare un fattore di concorrenza sleale ai danni dei lavoratori regolari, italiani o stranieri che siano.

Un provvedimento legislativo come quello approvato nei giorni scorsi alla Camera, favorendo l'emersione dalle condizioni di irregolarita' e dando assetto normativo al lavoro stagionale, oltre a costituire una giusta risposta ad esigenze di carattere fondamentale del lavoratore immigrato, si muove sulla linea di un piu' efficace governo del fenomeno. La concessione di un permesso di soggiorno consegna infatti all'immigrato un patrimonio di diritti la cui conservazione e' strettamente associata al perdurare dell'inserimento nel mondo del lavoro e all'osservanza di un preciso quadro di doveri. Costituisce quindi un efficace deterrente, ove ve ne sia bisogno, contro il ricorso a scorciatoie prive di qualsiasi rilevanza per l'economia nazionale o, peggio, estranee ad un ambito di legalita'.

Val la pena di sottolineare come nel testo approvato dalla Camera sia consentita la regolarizzazione del soggiorno non soltanto agli immigrati per i quali esista un'offerta di lavoro, ma anche per quanti siano in grado di autocertificare lo svolgimento di un'attivita' di lavoro dipendente. Si e' inteso cosi' sottrarre il lavoratore immigrato all'arbitrio del datore di lavoro. Questi, infatti, di fronte alla richiesta di assunzione, potrebbe non limitarsi a negare la propria disponibilita', ma procedere al licenziamento del lavoratore, preferendogli un sostituto meno esigente. Si creerebbero cosi' condizioni tali da incentivare la rinuncia all'emersione dall'irregolarita'. Grazie alle disposizioni varate, invece, il lavoratore puo' esplorare l'effettiva disponibilita' all'assunzione in modo molto piu' prudente, ben sapendo che, in caso di risposta negativa, potra' comunque procedere autonomamente all'autocertificazione. La prescrizione che il rilascio del permesso di soggiorno avvenga contestualmente alla presentazione dell'autocertificazione, consente inoltre all lavoratore di intraprendere una vertenza sindacale o, comunque, di raccogliere elementi testimoniali a sostegno della propria autocertificazione.

E' da notare come disposizioni analoghe siano state adottate con successo dal Ministero dell'Interno in occasione dell'operazione di rinnovo dei permessi di soggiorno rilasciati nel corso della sanatoria del '90.

Non v'e' dubbio che la gestione del fenomeno immigrazione renda necessaria la definizione di regole ed il rispetto di esse. Non e' pero' cosi' ovvio che sia sufficiente adeguarsi alle linee concordate tra i governi degli Stati membri della Comunita' Europea per produrre risposte appropriate alle situazioni che ciascuno stato si trova ad affrontare. Il fatto, quindi, che il Parlamento riaffermi la pienezza del proprio ruolo nella costante verifica della validita' di quelle linee e nella conseguente individuazione di opportune misure legislative non puo' essere in alcun modo confuso con un atto di resa di fronte all'intrinseca difficolta' del problema.