S.B.14/9/93

NOTA IN RISPOSTA ALLA LETTERA DEL MINISTRO CONTRI

Dando seguito al dibattito, sviluppatosi nei mesi scorsi tra il Ministro Contri e alcune forze di volontariato, a riguardo della opportunita' di un provvedimento di regolarizzazione degli immigrati presenti irregolarmente nel nostro paese, si ritiene opportuno proporre le seguenti considerazioni.

- In una lettera inviata al direttore de Il Popolo, a commento di un'intervista rilasciata allo stesso giornale da Mons. Di Liegro, direttore della Caritas di Roma, il Ministro Contri lamenta il perdurare di uno spirito di contrapposizione tra il mondo del volontariato e lo Stato.

Questa lamentela non sembra corrispondere ad un'analisi obiettiva dei fatti. All'origine della disputa sono infatti l'ispirazione ed il sostegno dati da molte associazioni di volontariato ad un emendamento presentato da parlamentari di diversi partiti in sede di conversione in legge di decreti emanati dal Governo. L'emendamento prevede la regolarizzazione del soggiorno per quegli immigrati extracomunitari che siano in grado di dimostrare l'avvenuto inserimento nel mercato del lavoro (non quindi una sanatoria generalizzata), e l'istituzione di un permesso di soggiorno per lavori a carattere stagionale, dotato di opportune caratteristiche (validita' per un periodo di sei mesi, diritto al reingresso in Italia per l'anno successivo, possibilita' di trasformazione in permesso di lunga durata in presenza di un'offerta di lavoro a tempo indeterminato). Entrambi i rami del Parlamento hanno manifestato consenso intorno ad un provvedimento del genere, la Camera con l'approvazione in aula, il Senato con l'approvazione in Commissione Lavoro. Per evitare che tale consenso desse luogo ad un'approvazione definitiva e completa, il Governo ha adottato tutti i mezzi che procedura e prassi mettono a sua disposizione: posizione della questione di fiducia, mancata presentazione del suo rappresentante durante i lavori di commissione al fine di impedire che si giungesse al voto in tempo utile per la conversione in legge, reiterazione di decreti in forma tale da non tener conto delle correzioni gia' apportate da uno dei due rami del Parlamento.

Puo' allora il mondo del volontariato essere accusato di contrapposizione nei confronti dello Stato quando, ritenendo di intravedere possibili soluzioni ai problemi delle categorie sociali piu' deboli, allo scopo di far corrispondere a tali soluzioni opportune disposizioni di legge, si propone quale interlocutore del Parlamento, che del potere legislativo e' depositario? O non e' piuttosto il Governo, con l'intralciare, nei fatti, l'esercizio di tale potere, ad assumere atteggiamenti improntati a quella contrapposizione?

- In diverse occasioni il Ministro Contri ha manifestato il proposito di procedere ad una revisione della legge Martelli.

In generale, e' da guardare con favore la tendenza a rivedere frequentemente l'impianto legislativo a riguardo di un fenomeno, come l'immigrazione, in continua evoluzione, per il quale non esistono ricette universalmente e perennemente valide.

Si deve riconoscere, pero', che non meno importante della formulazione di una legge e' la sua applicazione, compito, questo si', di pertinenza del Governo.

Cardine della legge Martelli e' il tentativo di governare il fenomeno dell'immigrazione avvalendosi della programmazione dei flussi. Il legislatore, intuendo le difficolta' insite in un tale compito, ha stabilito (art.2, comma 4) che, nel definire i flussi in ingresso per l'anno successivo, si dovesse preventivamente tener conto delle domande di permesso per lavoro avanzate da cittadini extracomunitari presenti in Italia con permesso ad altro titolo (ad esempio, turismo). Si riconosce, cioe', come l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, ancorche' avvenuto al di fuori di una rigida programmazione, debba essere considerato positivamente, in quanto capace di facilitare l'incontro tra immigrazione e mercato del lavoro.

Il limitare invece, come si e' fatto con i decreti sui flussi per i primi tre anni di applicazione della legge (e in questo, ovviamente, il Governo attuale non ha responsabilita' dirette) le possibilita' di accesso regolare al lavoro al meccanismo della chiamata nominativa dall'estero ha impedito che tale incontro si realizzasse per tutte quelle attivita' lavorative - le piu' rilevanti per l'immigrazione in Italia - per le quali un rapporto fiduciale tra datore di lavoro e lavoratore risulta imprescindibile. Questo meccanismo, infatti, riguardando a rigore lavoratori residenti all'estero, non consente un rapporto di conoscenza diretta tra le parti.

Le limitazioni cosi' imposte hanno relegato in condizioni di irregolarita' un gran numero di lavoratori immigrati, entrati formalmente per motivi di turismo e trattenutisi in Italia una volta trovato un inserimento nel mondo del lavoro sommerso.

Con l'eccezione di coloro che, alle dipendenze di datori di lavoro particolarmente scrupolosi, hanno potuto accedere alla regolarizzazione mediante l'escamotage di una chiamata nominativa formalmente dall'estero, questi lavoratori sono rimasti esposti alle peggiori forme di sfruttamento. Accanto all'evidente danno che queste condizioni comportano per il lavoratore e per la sua famiglia, va tenuto nella debita considerazione come il mancato rispetto dei minimi salariali e delle disposizioni in materia fiscale e contributiva finisce per rappresentare un fattore di concorrenza sleale a svantaggio dei lavoratori regolari, italiani o stranieri che siano.

Il fenomeno assume connotazioni ancora piu' preoccupanti laddove l'assorbimento di mano d'opera e' affidato ad attivita' di lavoro stagionale, dal momento che le condizioni di irregolarita' frenano la mobilita' territoriale dei lavoratori e per lunghi periodi congelano forza lavoro in condizioni di scarsa produttivita' e di esposizione alla contaminazione criminale.

Misure legislative che, a somiglianza di quelle contenute nell'emendamento, favoriscano nel modo piu' ampio possibile l'emersione dalle condizioni di lavoro irregolare si muovono quindi nella linea di una piena attuazione dello spirito della legge e di una piu' efficace gestione del fenomeno. Tali misure, inoltre, contrastando il fenomeno della concorrenza nei confronti dei lavoratori regolari, sono auspicabili nella prospettiva dell'effettiva applicazione del Trattato CEE, particolarmente per quanto concerne il principio della libera circolazione dei lavoratori comunitari e l'obiettivo della tutela dell'occupazione degli stessi, che dal sussistere di condizioni di concorrenza sleale risulterebbero certamente inficiati.

- Ai tentativi del Parlamento di intervenire sul piano legislativo secondo le linee ora tracciate il Governo ha risposto con l'emanazione di un decreto-legge, il n.200 del 1993, recante norme in materia di lavoro stagionale di cittadini extracomunitari sul territorio nazionale.

Il decreto, pur contenendo alcuni aspetti ragguardevoli (il diritto di precedenza per il reingresso nell'anno successivo e la possibilita' di trasformazione del permesso stagionale in permesso di lunga durata, sotto determinate condizioni) risulta inadeguato per le ragioni che seguono.

In primo luogo, il problema dell'immigrazione irregolare a carattere stanziale e' totalmente trascurato, non essendo prevista alcuna forma di regolarizzazione del soggiorno per motivi di lavoro subordinato.

La concessione del permesso per lavoro stagionale e' prevista, poi, solo nell'ambito di accordi bilaterali che il Governo e' autorizzato a stipulare con governi di paesi interessati: si introduce cosi' una clausola inutile, con il risultato di rinviare sine die l'applicazione del provvedimento e di escludere dal circuito di regolarita' gran parte del possibile bacino di utenza (si pensi all'alta percentuale, nelle campagne del casertano e del foggiano, di immigrati provenienti da paesi dell'Africa sub-sahariana, con i quali e' assolutamente improbabile che vengano, in tempi brevi, stipulati accordi).

Destano infine perplessita' le misure previste dal decreto in materia previdenziale, e per la dubbia compatibilita' con disposizioni di trattati internazionali e con principi costituzionali e per la scarsa coerenza con altre norme contenute nello stesso decreto (si pensi al trasferimento obbligatorio dei contributi, a stagione ultimata, all'ente previdenziale del paese d'origine, in evidente contrasto con la possibilita' di trasformare il permesso stagionale in permesso di lunga durata per lavoro subordinato)

L'introduzione dei fattori ritardanti cui si e' accennato e la mancata reiterazione del provvedimento, non ancora convertito in legge, all'atto della sua decadenza sembrano difficilmente conciliabili con la dichiarata esistenza dei presupposti di necessita' ed urgenza, richiesti per l'emanazione di un decreto-legge e non possono non essere valutati alla luce dei gravi episodi verificatisi durante i mesi estivi in diversi centri ad alta densita' di immigrazione stagionale.

- Il Ministro Contri, che pure, ricevuta la delega sull'immigrazione, aveva ritenuto di dover consultare molte delle forze sociali piu' impegnate nel settore, ricevendo indicazioni largamente convergenti a riguardo della improcrastinabilita' di un provvedimento che consentisse l'emersione delle situazioni di lavoro nero, giustifica la posizione di chiusura assunta in proposito dal Governo citando anche l'opposizione manifestata da alcune forze sindacali.

Fermo restando, ovviamente, il diritto di tali forze (CISL e UIL) di dissentire dalle posizioni assunte dall'arco di associazioni che ha ispirato l'emendamento di cui si e' detto, non puo' che stupire, se correttamente riportato, il perdurare dell'opposizione da parte della CISL, ove si consideri che all'indomani della prima stesura dell'emendamento in questione la stessa CISL aveva presentato le proprie osservazioni critiche che, ritenute senz'altro condivisibili, erano state largamente recepite nella versione definitiva dell'emendamento stesso.