SCHEDA: MESSAGGIO ECUMENICO SULL'IMMIGRAZIONE

Il "Messaggio ecumenico sull'immigrazione" reca la data del 25 gennaio, giorno conclusivo della "Settimana ecumenica di preghiera per l'unita' dei cristiani": e' la prima volta che, in Italia, le diverse Chiese prendono insieme posizione su un problema sociale. Con questo messaggio esse intendono suscitare la riflessione delle donne e degli uomini di buona volonta' - e, a piu' forte ragione, di quanti fra questi si professano credenti - sui gravi disagi che molti degli immigrati presenti nel nostro paese devono affrontare, anche a causa delle disfunzioni che una carente gestione politica del fenomeno dell'immigrazione ha comportato.

A questo riguardo, il costante richiamo biblico ad operare la giustizia, con attenzione particolare ai soggetti meno difesi della societa', non puo' essere letto unicamente come un invito a realizzare forme di assistenza che suppliscano all'inefficienza delle istituzioni: e' altrettanto necessario vigilare sulla piena applicazione delle leggi esistenti e, laddove queste si rivelino inadeguate, sulla adozione di misure correttive atte a rimuovere le ingiustizie di natura strutturale che aggravano oggi la vita degli immigrati.

Cardine della legge 39 del 1990 - la principale legge italiana sull'immigrazione - e' il tentativo di governare il fenomeno avvalendosi della programmazione dei flussi. Il legislatore, intuendo le difficolta' insite in un tale compito, ha stabilito (art.2, comma 4) che, nel definire i flussi in ingresso per l'anno successivo, si dovesse preventivamente tener conto delle domande di permesso per lavoro avanzate da cittadini extracomunitari presenti in Italia con permesso ad altro titolo (ad esempio, turismo). Si riconosce, cioe', come l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, ancorche' avvenuto al di fuori di una rigida programmazione, debba essere considerato positivamente, in quanto capace di facilitare il combaciamento tra immigrazione ed esigenze del mercato del lavoro.

Il limitare invece, come si e' fatto con i decreti sui flussi per i primi quattro anni di applicazione della legge, le possibilita' di accesso regolare al lavoro al meccanismo della chiamata nominativa dall'estero ha impedito che tale incontro si realizzasse per tutte quelle attivita' lavorative - le piu' rilevanti per l'immigrazione in Italia - per le quali un rapporto fiduciale tra datore di lavoro e lavoratore risulta imprescindibile. Questo meccanismo, infatti, riguardando a rigore lavoratori residenti all'estero, non consente un rapporto di conoscenza diretta tra le parti.

Le limitazioni cosi' imposte hanno relegato in condizioni di irregolarita' un gran numero di lavoratori immigrati, entrati formalmente per motivi di turismo e trattenutisi in Italia una volta trovato un inserimento nel mondo del lavoro sommerso.

Con l'eccezione di coloro che, alle dipendenze di datori di lavoro particolarmente scrupolosi, hanno potuto accedere alla regolarizzazione mediante l'escamotage di una chiamata nominativa formalmente dall'estero, questi lavoratori rimangono esposti allo sfruttamento, non possono accedere alle piu' elementari forme di tutela in fatto di salute, di previdenza e di condizioni di lavoro, ne' possono sperare di procedere a un regolare ricongiungimento con i familiari piu' stretti.

Accanto all'evidente danno che questa situazione comporta per il lavoratore e per la sua famiglia, va tenuto nella debita considerazione come il mancato rispetto dei minimi salariali e delle disposizioni in materia fiscale e contributiva finisca per rappresentare un fattore di concorrenza sleale a svantaggio dei lavoratori regolari, italiani o stranieri che siano.

Il fenomeno assume connotazioni ancora piu' preoccupanti laddove l'assorbimento di mano d'opera e' affidato ad attivita' di lavoro stagionale, dal momento che le condizioni di irregolarita' frenano la mobilita' territoriale dei lavoratori, ne scoraggiano il rientro in patria a stagione conclusa e per lunghi periodi congelano forza lavoro in condizioni di scarsa produttivita' e di esposizione alla contaminazione criminale.

Accanto a misure orientate alla progressiva integrazione degli immigrati nel tessuto sociale, una revisione della politica italiana dell'immigrazione deve quindi comportare:

- l'individuazione di meccanismi di accesso regolare al lavoro che favoriscano un adeguato incontro tra domanda e offerta di lavoro (indispensabile per la grande maggioranza delle attivita' lavorative oggi in grado di assorbire manodopera immigrata);

- un provvedimento di regolarizzazione degli immigrati irregolari inseriti nel mercato del lavoro che contribuisca efficacemente allo svuotamento di quel bacino di irregolarita' concorrenziale capace, da solo, di vanificare qualunque forma di programmazione dell'inserimento regolare;

- la regolamentazione del lavoro stagionale, con l'istituzione di un permesso di soggiorno apposito, la cui concessione possa essere efficacemente utilizzata dal Governo quale ulteriore strumento di svuotamento delle sacche di irregolarita';

Deve essere, infine, riconosciuto che esistono diritti - relativamente a salute, condizioni dei minori, etc. - di carattere cosi' fondamentale da non potersene subordinare il rispetto alla regolarita' del soggiorno.