GRUPPO DI RIFLESSIONE

di organismi - associazioni di ispirazione religiosa

attivi nel campo delle migrazioni

 

ACSE

AGESCI

CARITAS ITALIANA Segreteria: Via Firenze, 38 - 00184 ROMA

COMUNITA' DI S.EGIDIO Tel. 06/48.90.5101 - Fax 48.28.728

CSER

FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE IN ITALIA

FONDAZIONE MIGRANTES DELLA CEI

GRUPPO MARTIN BUBER EBREI PER LA PACE

JESUIT REFUGEE SERVICE

OSA

UCSEI

YWCA-UCDG

 

 

 

 

 

PROPOSTA DI INTERVENTO LEGISLATIVO IN MATERIA

DI CITTADINI STRANIERI EXTRACOMUNITARI

 

Uno dei principali obiettivi del decreto-legge 30 dicembre 1989, n.416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.39, noto come "legge Martelli", e' quello di porre sotto il controllo dello Stato l'immigrazione nella sua totalita', e di evitare cosi' la formazione di un'area di irregolarita'. A questo scopo, oltre a stabilire un provvedimento di sanatoria delle situazioni di irregolarita' pregresse, esso prevede l'emanazione annuale di un decreto ministeriale (il cosiddetto decreto sui flussi) per la definizione dei criteri di ammissione dei lavoratori immigrati e delle misure atte al loro inserimento sociale. Si dispone quindi di uno strumento legislativo potenzialmente in grado di individuare, anno per anno, un punto di incontro equilibrato tra la domanda di inserimento lavorativo e l'effettiva ricettivita' del mercato del lavoro nazionale.

Tra gli elementi da valutare nel determinare i flussi per l'anno seguente, la legge Martelli annovera, al quarto comma dell'articolo 2, il numero delle richieste dei permessi di soggiorno per lavoro avanzate da stranieri gia' presenti in Italia con permesso ad altro titolo. Si riconosce, cioe', come l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, quand'anche avvenga al di fuori di una rigida programmazione, debba essere considerato positivamente, in quanto esso facilita, piuttosto che intralciare, il confronto tra immigrazione e mercato del lavoro. Rientra, quindi, nello spirito della legge il tener conto di quanti, avendo trovato possibilita' di inserimento lavorativo, aspirano alla regolarizzazione della propria posizione, e il subordinare al soddisfacimento di tali richieste l'autorizzazione di ulteriori flussi in ingresso.

Fino ad oggi, invece, i decreti sui flussi hanno limitato, in sostanza, al meccanismo della chiamata nominativa le possibilita' di accesso regolare al lavoro per i cittadini stranieri extracomunitari. La chiamata nominativa, riguardando a rigore lavoratori residenti all'estero, vede, di fatto, limitata la propria efficacia alle attivita' lavorative ad alto contenuto tecnico, per le quali l'incontro tra domanda e offerta puo' prescindere dall'instaurarsi di un rapporto fiduciale tra lavoratore e datore di lavoro. Risulta invece del tutto inappropriata per la maggior parte delle attivita' lavorative per le quali e' accertata l'indisponibilita' di manodopera italiana, che rappresentano le principali possibilita' di impiego dei lavoratori immigrati.

L'esistenza di queste possibilita', unitamente all'improponibilita' di un'effettiva chiusura delle frontiere, ha fatto si' che il processo di immigrazione-inserimento continuasse senza flessioni. Le limitazioni imposte dal decreto sui flussi hanno pero' condannato all'irregolarita' un gran numero di immigrati, entrati formalmente per motivi di turismo e trattenutisi in Italia una volta trovato inserimento nel mondo del lavoro sommerso.

Con l'eccezione di coloro che, alle dipendenze di datori di lavoro scrupolosi, hanno potuto trovare regolarizzazione, seppure in modo improprio, intraprendendo l'inutilmente complesso iter burocratico della chiamata nominativa (che richiede un temporaneo ritorno del lavoratore nel paese d'origine), questi lavoratori, pur contribuendo allo sviluppo economico del paese, restano totalmente esposti allo sfruttamento e privi delle piu' elementari forme di protezione.

Il fenomeno assume connotazioni ancora piu' preoccupanti laddove l'assorbimento di mano d'opera e' affidato ad attivita' di lavoro stagionale, dal momento che lo stato di irregolarita' induce i lavoratori a non fare ritorno in patria a stagione conclusa, ne frena la mobilita' territoriale e per lunghi periodi congela forza lavoro in condizioni di scarsa produttivita' e di esposizione alla contaminazione criminale.

E' evidente come l'incancrenirsi di situazioni di irregolarita', in un contesto di inattuabilita' di qualunque provvedimento generalizzato di espulsione, renda in pratica irrealizzabile la tutela di diritti fondamentali della persona in fatto di condizioni di lavoro, salute e integrita' del nucleo familiare; tutela che non puo' essere subordinata alla regolarita' della posizione relativa al soggiorno.

Va tenuto nella debita considerazione, poi, il fatto che il mancato rispetto dei minimi salariali e delle disposizioni in materia fiscale e contributiva, oltre a costituire un danno economico palese per il lavoratore e per lo Stato, finisce per rappresentare un fattore di concorrenza sleale ai danni dei lavoratori regolari, italiani o stranieri che siano.

La presente proposta intende favorire l'emersione degli immigrati inseriti nel mercato del lavoro dalle condizioni di irregolarita', consentendone la regolarizzazione della posizione relativamente al soggiorno e al lavoro. Oltre a costituire una giusta risposta ad esigenze di carattere fondamentale del lavoratore immigrato, essa si muove sulla linea di un piu' efficace governo del fenomeno. La concessione di un permesso di soggiorno consegna infatti all'immigrato un patrimonio di diritti la cui conservazione e' strettamente associata al perdurare dell'inserimento nel mondo del lavoro e all'osservanza di un preciso quadro di doveri. Costituisce quindi un efficace deterrente, ove ve ne sia bisogno, contro il ricorso a scorciatoie prive di qualsiasi rilevanza per l'economia nazionale o, peggio, estranee ad un ambito di legalita'.

Conviene rilevare come, contrariamente a quanto si teme da piu' parti, l'effetto di richiamo indotto da un provvedimento di regolarizzazione abbia dimensioni trascurabili se riferito al dato complessivo sull'immigrazione in Italia.

A sostegno di questa tesi possono essere considerati i dati forniti dal Centro Accoglienza Stranieri della Caritas di Roma, che, non avendo vincoli giuridici che lo costringano a discriminare tra immigrati regolari e irregolari, ha a disposizione un campione sufficientemente rappresentativo dell'effettiva situazione italiana. L'afflusso di nuovi utenti per gli anni '89-'92 (prima, durante e dopo la sanatoria stabilita dalla legge Martelli) si e' mantenuto pressocche' costante, con fluttuazioni relative dell'ordine del 10%: si sono registrate, infatti, approssimativamente 9.200 presenze nel 1989, 10.400 nel '90, 9.000 nel '91, 10.400 nel '92.

Tenendo presente il carattere fondamentale dei diritti messi a repentaglio dal perdurare di condizioni di irregolarita', la presente proposta annovera, tra le condizioni sufficienti per il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, accanto alla dimostrazione di disponibilita' di regolare occupazione, la dichiarazione da parte del lavoratore immigrato attestante l'esistenza di un rapporto di lavoro irregolare in corso, ovvero l'avvenuta effettuazione di prestazioni lavorative irregolari di durata rilevante. A sostegno di siffatte disposizioni militano le considerazioni seguenti.

a) La limitazione alla sola disponibilita' di regolare occupazione consentirebbe la regolarizzazione di quanti lavorano alle dipendenze di datori di lavoro scrupolosi: quegli stessi, in buona sostanza, che oggi intraprendono il complesso e costoso iter della chiamata nominativa dall'estero.

Se, sotto certi aspetti, e' innegabile che questo produrrebbe un'utile semplificazione delle attuali procedure, e' altresi' vero che resterebbero irrimediabilmente esclusi tutti coloro che dipendono da datori di lavoro spregiudicati o, quanto meno, poco sensibili. E' da ritenersi infatti che, essendo lasciata all'arbitrio del datore di lavoro la dimostrazione richiesta, il lavoratore irregolare non soltanto non avrebbe alcun modo di far valere le proprie ragioni, ma potrebbe addirittura ricavare un danno dal semplice avanzamento della richiesta. Il datore di lavoro potrebbe, infatti, non limitarsi a negare la propria disponibilita' all'assunzione, ma procedere al licenziamento del lavoratore, preferendogli un sostituto meno esigente. Si creerebbe cosi' una condizione di concorrenza tale da favorire quanti rinuncino all'emersione dall'irregolarita'.

b) Il comprendere la dichiarazione del lavoratore tra le condizioni sufficienti rappresenta un'adeguata soluzione del problema. In tal caso, infatti, questi puo' esplorare l'effettiva disponibilita' all'assunzione in modo molto piu' prudente, ben sapendo che, in caso di risposta negativa, potra' comunque procedere autonomamente alla suddetta dichiarazione.

A condizione che il rilascio del permesso di soggiorno avvenga contestualmente alla presentazione della dichiarazione, il lavoratore puo', se lo ritiene opportuno, intraprendere una vertenza sindacale o, comunque, raccogliere elementi testimoniali a sostegno della dichiarazione stessa.

Affidando, poi, il controllo della veridicita' della dichiarazione agli ispettorati provinciali del lavoro e all'istituto nazionale della previdenza sociale, nell'ambito delle rispettive funzioni istituzionali, risulta adeguatamente tutelata la posizione del lavoratore, giacche' esiste l'interesse, da parte di questi enti, a colpire l'evasione fiscale e contributiva che il rapporto di lavoro irregolare comporta. E' da notare che l'istituto nazionale della previdenza sociale, una volta accertata la fondatezza della dichiarazione, ha facolta' di procedere all'applicazione di sanzioni amministrative dotate di immediata esecutorieta' nei confronti del datore di lavoro (salvo l'esperimento, da parte di quest'ultimo, del giudizio di opposizione all'ordinanza-ingiunzione di pagamento), ai sensi dell'articolo 35 e seguenti della legge 689/1981.

E' da aspettarsi che l'esistenza di condizioni cosi' favorevoli per il lavoratore induca molti datori di lavoro a dare la propria disponibilita' alla regolarizzazione del rapporto di lavoro, stante il rischio che una dichiarazione di cui essi non avrebbero immediata contezza inneschi procedure che si concluderebbero con sanzioni a loro carico.

c) Disposizioni nel senso ora descritto (possibilita' di autocertificazione, rilascio contestuale del permesso di soggiorno, verifica ad opera dell'ispettorato provinciale del lavoro e dell'istituto nazionale della previdenza sociale) sono state adottate con successo dal ministero dell'Interno in occasione dell'operazione di rinnovo dei permessi di soggiorno rilasciati nel corso della sanatoria del '90 (Circolari del ministero dell'Interno del 2.12.1991 e del 8.1.1992).

d) Il permesso di soggiorno rilasciato dietro presentazione di dichiarazione e' revocato, qualora le affermazioni contenute nella dichiarazione stessa risultino non vere, a seguito del controllo da parte degli organismi competenti.

E' da notare come, ai sensi dell'articolo 26 della legge 15/1968, il lavoratore che produca dichiarazione non veritiera sia perseguibile penalmente.

Risulta cosi' drasticamente ridotto il rischio che lo strumento adottato venga utilizzato impropriamente da immigrati che non ne avrebbero titolo. La condizione di nascondimento nell'irregolarita' risulterebbe infatti preferibile ad una emersione temporanea, sostanzialmente priva di vantaggi se destinata a concludersi con la revoca del permesso e con possibili conseguenze sul piano penale.

Ancora piu' ridotto e', poi, il rischio che ad una dichiarazione mendace ricorrano soggetti dediti in realta' ad attivita' illegali. L'emersione dall'irregolarita' avrebbe infatti, per costoro, come unica conseguenza quella di palesarne agli uffici della questura la presenza sul territorio nazionale, con l'individuazione di un domicilio: circostanza, questa, certamente non auspicabile per chi si dedichi ad attivita' criminose.

D'altronde, quand'anche soggetti del genere ottenessero un permesso di soggiorno, non verrebbe minimamente alterata la possibilita' per lo Stato di garantire la propria sicurezza e l'ordine pubblico, dovendosi considerare la semplice irregolarita' riguardo al soggiorno come la piu' debole (e, in questo caso, la meno significativa) tra le condizioni per l'espulsione. In altri termini, ove ricorrano le circostanze che richiedono l'applicazione del quinto comma dell'articolo 7 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n.416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.39, sull'espulsione dello straniero con accompagnamento alla frontiera, il fatto che questi sia o meno titolare di un permesso di soggiorno e' del tutto irrilevante.

Si obietta da parte di alcuni che l'adozione di misure intese a consentire la regolarizzazione di immigrati irregolarmente presenti sul territorio italiano contrasterebbe con gli impegni assunti dall'Italia nei confronti degli altri Stati membri della Comunita' Europea. E' possibile confutare questa tesi mostrando come non vi sia contrasto con gli obiettivi e i principi fondamentali del Trattato CEE.

Sembrano rilevanti, in proposito, il principio della libera circolazione delle persone, il principio della libera circolazione dei lavoratori comunitari, l'obiettivo della tutela dell'occupazione dei lavoratori comunitari.

Riguardo al primo di questi punti, contrariamente a quanto spesso superficialmente si afferma, non vi e' rischio che l'effetto combinato della libera circolazione intra-europea e di una regolarizzazione di immigrati sottratta ad una preventiva programmazione possa dar luogo a flussi indesiderati di lavoratori extracomunitari verso paesi gia' caratterizzati da alta densita' di popolazione immigrata. Vale infatti l'affermazione, contenuta nel rapporto della Commissione sull'atttuazione del mercato interno (23 novembre 1990), secondo la quale "il beneficio concesso ad un cittadino extracomunitario di potersi muovere liberamente tra stati membri non comporta alcun diritto di residenza o lavoro nell'ambito della Comunita', perfino per quei cittadini extracomunitari cui e' stato riconosciuto tale diritto in un particolare Stato membro".

La libera circolazione delle persone non corrisponde quindi ad una liberalizzazione delle migrazioni per lavoro interne ai territori della Comunita', non essendo di per se' legittimato lo stabilimento del lavoratore extracomunitario in un paese della Comunita' diverso da quello nel quale gli e' stato rilasciato il titolo di soggiorno.

Ne segue che il fatto di riportare lavoratori extracomunitari in condizioni di regolarita' rispetto al soggiorno in Italia non incide minimamente sui tassi di immigrazione dei partners europei: laddove i lavoratori in questione tentassero di stabilire la propria attivita' lavorativa in altro paese della Comunita', potrebbero a buon diritto essere espulsi non dissimilmente dal caso di lavoratori originariamente irregolari.

Riguardo ai punti successivi sembra evidente come tanto l'occupazione quanto la libera circolazione dei lavoratori comunitari possano risultare danneggiate dalle condizioni di concorrenza sleale ai danni del lavoratore regolare che accompagnano il formarsi ed il persistere di aree di occupazione irregolare. Disposizioni che mirino al rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne rispetto all'immigrazione clandestina possono parzialmente contrastare la tendenza all'accrescimento di tali aree, ma non danno, di per se', un contributo al loro risanamento. Provvedimenti che favoriscano la regolarizzazione delle situazioni di lavoro nero incidono invece direttamente sul fenomeno e, lungi dal porsi in contrasto con i principi del Trattato CEE, sono quindi auspicabili nella prospettiva di una sua piena attuazione. Essi appaiono, anzi, come l'unica via percorribile laddove (ed e' il caso italiano) provvedimenti di espulsione di dimensioni proporzionate al bacino di irregolarita' risultino improponibili.

Accanto al fenomeno dell'immigrazione irregolare per motivi di lavoro e' cresciuto in questi anni anche quello dell'immigrazione irregolare per motivi di famiglia. Molti cittadini stranieri, familiari di lavoratori immigrati regolarmente occupati, aventi percio' diritto per legge all'ingresso in Italia per ricongiungimento familiare, hanno proceduto a tale ricongiungimento sottraendosi, talvolta per mancanza di informazione, talvolta per la comprensibile esigenza di abbreviare tempi altrimenti irragionevolmente lunghi, alle procedure regolari. Sebbene il fenomeno risulti di portata numerica inferiore a quello precedentemente descritto, la sua rilevanza non puo' essere trascurata in considerazione della delicatissima situazione in cui vengono cosi' a trovarsi molti nuclei familiari, con particolare riferimento al problema della maternita' e della tutela dei minori. La proposta qui presentata consente l'emersione di queste situazioni irregolari, con l'obiettivo di restituire alla convivenza civile soggetti che da tale convivenza finirebbero, altrimenti, col restare inevitabilmente e dannosamente esclusi.

L'altro aspetto principale della presente proposta e' costituito dalla definizione di una normativa sul lavoro stagionale. Essa tiene conto di due principali obiettivi:

a) favorire la mobilita' degli immigrati da paesi vicini per i quali risulti economicamente vantaggioso un soggiorno temporaneo in Italia, evitando cosi' un dannoso prolungamento della permanenza, nei periodi di scarsa attivita' lavorativa;

b) consegnare al Governo uno strumento efficace per la soluzione di situazioni di emergenza, dovute a condizioni di irregolarita' diffuse, ovvero per la prevenzione di simili situazioni.

Circa il primo obiettivo, il permesso di soggiorno per lavoro stagionale deve configurarsi in modo chiaramente distinto da quello per lavoro subordinato, ed avere, d'altra parte, durata sufficientemente lunga, in modo da risultare economicamente vantaggioso per il lavoratore, a fronte delle spese da sostenere per il viaggio di ritorno nel paese d'origine.

Il far valere un diritto di precedenza, opportunamente condizionato al rispetto delle norme sul soggiorno, in fase di concessione dei visti di ingresso, per chi e' reduce da precedenti esperienze di lavoro stagionale in Italia puo' costituire un rilevante fattore di incentivazione della regolarita'.

Allo scopo, infine, di evitare che l'incontro tra domanda e offerta di lavoro diventi causa di insorgenza di condizioni irregolari, si prevede la possibilita' per il lavoratore stagionale di ottenere, in presenza di un'offerta di lavoro regolare, l'usuale permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.

Riguardo al secondo obiettivo, la presente proposta consente al Governo di indirizzare al lavoro stagionale, anche al di fuori della programmazione annuale dei flussi, lavoratori irregolarmente presenti in Italia e privi di stabile occupazione, ovvero lavoratori che per l'impossibilita' di ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno finirebbero per trovarsi in condizioni irregolari.

Piu' in dettaglio la proposta qui presentata si caratterizza per quanto segue.

- L'articolo 1 completa il disposto del comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n.416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.39, rendendo obbligatoria l'apposizione del timbro in uscita sul passaporto del cittadino straniero che si accinga a lasciare il territorio dello Stato e la trasmissione dei dati relativi al centro di elaborazione dati del ministero dell'Interno. Questo consente di avere contezza di eventuali violazioni delle norme sul soggiorno da parte di cittadini stranieri.

- L'articolo 2 da' attuazione alla previsione del comma 4 dell'articolo 4 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n.416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.39, relativa al permesso di soggiorno per lavoro stagionale.

- Il permesso ha durata di sei mesi (comma 1) e consente l'instaurazione di rapporti di lavoro a carattere stagionale. Allo scopo di salvaguardare il lavoratore da ritardi burocratici, l'instaurazione di tali rapporti di lavoro e' consentita anche nelle more del rilascio del libretto di lavoro.

- Al comma 2 si prefigura la possibilita', esplicitamente prevista dal comma 7, che l'istituto del permesso di soggiorno per lavoro stagionale sia utilizzato dal Governo, oltre che in corrispondenza al naturale flusso di immigrazione stagionale, anche quale strumento di regolarizzazione delle eventuali situazioni di irregolarita' venutesi a creare, ovvero in risposta a particolari situazioni di emergenza. E' stabilito infatti che al permesso di soggiorno per lavoro stagionale possano accedere tanto i cittadini stranieri entrati in Italia con visto corrispondente quanto quelli, eventualmente gia' presenti in Italia ad altro titolo, che rientrano in particolari categorie definite, con apposito decreto, dal Governo.

- Il comma 3 contiene disposizioni relative agli obblighi del lavoratore stagionale: questi deve lasciare il territorio dello Stato entro quindici giorni dalla data di scadenza del permesso di soggiorno, dopo aver comunicato all'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione i dati relativi all'attivita' lavorativa svolta. Ottemperando a tali disposizioni il lavoratore ricava considerevoli vantaggi, sia per quanto riguarda l'accredito contributivo relativo all'assicurazione per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti, sia per quel che concerne il diritto di precedenza in fase di reingresso (comma 4) per la stagione lavorativa nell'anno solare seguente. Si intende incentivare, con queste norme, l'emersione degli eventuali rapporti di lavoro irregolari.

- Al comma 5 e' stabilito che in presenza di una documentata offerta di lavoro a tempo indeterminato il permesso di soggiorno per lavoro stagionale possa essere convertito in un permesso per lavoro subordinato della durata di due anni.

- Degli obblighi e dei diritti associati alla sua condizione il lavoratore stagionale e' informato all'atto del rilascio del permesso di soggiorno (comma 6).

- Il comma 7 conferisce al Governo la facolta' di consentire il rilascio di permessi di soggiorno per lavoro stagionale al di fuori della programmazione annuale, quando particolari condizioni di emergenza lo richiedano. In particolare, il permesso di soggiorno in questione puo' essere rilasciato a cittadini che si trovino irregolarmente in Italia o che rischino di trovarsi in condizioni di irregolarita' non potendo rinnovare un permesso di soggiorno rilasciato ad altro titolo.

- Il comma 8 stabilisce che nella programmazione annuale dei flussi si definisca il numero massimo di visti di ingresso per lavoro stagionale rilasciabili nell'anno solare cui la programmazione si riferisce. Tale numero e' determinato tenendo conto delle previsioni annuali di fabbisogno di manodopera per i settori nei quali l'andamento del lavoro sia prevalentemente stagionale, nonche' della possibilita' che, per quanto disposto dal comma 7, una frazione di tale fabbisogno sia coperta da lavoratori extracomunitari ammessi al lavoro stagionale al di fuori dalla programmazione. In ogni caso, il numero massimo di visti di ingresso non puo' essere inferiore al numero dei lavoratori stagionali che, ottemperando alle disposizioni del comma 3, hanno guadagnato il diritto di precedenza in fase di reingresso. Senza questo vincolo la previsione di un tale diritto risulterebbe di fatto svuotata.

- Una volta stabilito il numero massimo di visti rilasciabili, il visto viene effettivamente concesso a quei lavoratori extracomunitari "con precedenza" che si avvalgono del loro diritto entro sessanta giorni dalla data di scadenza del precedente permesso e, nel caso che questi non coprano la quota consentita, agli ulteriori richiedenti, facendo riferimento all'ordine di presentazione delle domande raccolte in apposite liste presso le rapresentanze diplomatiche e consolari italiane negli Stati non appartenenti all'Unione Europea (comma 9). Il richiedente che resti escluso dalla quota ammessa puo' ripresentare domanda, per l'anno successivo, facendo valere l'anzianita' di iscrizione nella lista (comma 10).

- Il comma 11 stabilisce che lo straniero munito di visto di ingresso per lavoro stagionale non e' considerato sprovvisto di mezzi, e non puo' essere quindi raggiunto, per questo motivo, dal provvedimento di respingimento alla frontiera di cui al comma 4 dell'articolo 3 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n.416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.39.

- I commi 12 e 13 stabiliscono le sanzioni a carico del lavoratore stagionale extracomunitario che violi le norme sul soggiorno. L'istituzione del timbro in uscita puo' consentire di rilevare violazioni pregresse, anche laddove non sia stato adottato un provvedimento di espulsione. Il comma 14 richiama le sanzioni, previste dall'articolo 12 della legge 30 dicembre 1986, n.943, a carico del datore di lavoro che occupi irregolarmente alle sue dipendenze il lavoratore stagionale extracomunitario.

- Il comma 15, infine, stabilisce che i diritti previdenziali e di sicurezza sociale acquisiti sono conservati dal lavoratore stagionale in caso di rimpatrio, ma che tuttavia, su esplicita richiesta dell'interessato, le somme corrispondenti ai contributi versati per l'assicurazione per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti sono liquidate al lavoratore, anche in mancanza dei requisiti previsti per l'ottenimento della pensione.

- L'articolo 3 definisce le modalita' del provvedimento di regolarizzazione di situazioni irregolari di soggiorno e lavoro. Al comma 1 vengono stabiliti i tempi utili per usufruire del provvedimento (centoventi giorni) e configurati due tipi di regolarizzazione: la prima comporta il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato della durata di due anni per chi e' sufficientemente inserito o inseribile nel mondo del lavoro; la seconda, per coloro che tale inserimento non possano vantare, consente all'Amministrazione il rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro stagionale della durata di sei mesi. La previsione di tale margine di discrezionalita' fa si' che queste disposizioni non equivalgano ad una sanatoria indiscriminata. Il contemplare, comunque, una possibilita' di regolarizzazione anche per cittadini stranieri in situazione assai precaria consente di non privare di significato la normativa sul permesso stagionale: permette infatti di avviare il circuito regolare stagionale tenendo nel dovuto conto i lavoratori immigrati gia' presenti, seppure irregolarmente, sul territorio nazionale. Le disposizioni relative alla dichiarazione da parte del lavoratore con rilascio contestuale del permesso di soggiorno sotttraggono il lavoratore irregolare al ricatto di un datore di lavoro disonesto. Il comma 2 stabilisce sanzioni atte a scoraggiare tentativi fraudolenti di emersione dall'irregolarita'.

- Il comma 3 estende la possibilita' di regolarizzazione del soggiorno ai cittadini stranieri, in posizione irregolare, che potrebbero pero' entrare e soggiornare regolarmente in Italia procedendo al ricongiungimento familiare previsto dall'articolo 4 della legge 30 dicembre 1986, n.943. Si considera qui prevalente la condizione di diritto al ricongiungimento, che concerne solo la regolarita' del familiare legalmente occupato in Italia, rispetto a quella di correttezza procedurale, che richiede che il riconoscimento di tale diritto preceda l'ingresso del familiare: l'irregolarita' e' allora giudicata formale, anziche' sostanziale.

- Il comma 4 stabilisce che i datori di lavoro che denunciano i rapporti di lavoro irregolari non sono punibili per le violazioni delle norme in materia di costituzione del rapporto di lavoro e di soggiorno degli stranieri. Sono anche esentati dal versamento dei contributi e premi per tutte le forme di assicurazione sociale e non sono soggetti alle sanzioni previste per le omissioni contributive, per i rapporti di lavoro pregressi denunciati. Ritenendosi sicuramente positivo che il datore di lavoro proceda a denunciare il rapporto di lavoro irregolare, si e' scelto qui di concedere, per la denuncia in questione, un lasso di tempo piu' esteso (centottanta giorni) di quello assegnato alla regolarizzazione dell'immigrato. Il datore di lavoro puo' cosi' accettare di riconoscere l'esistenza di un rapporto di lavoro, anche quando questa emerga in extremis rispetto ai tempi stabiliti nel comma 1.

- Il comma 5 stabilisce che quanti avanzano richiesta di regolarizzazione non sono punibili per le pregresse violazioni delle norme relative a ingresso e soggiorno. In modo analogo, al comma 6, si dispone che non sia assoggettabile a sanzioni chi, avendo violato disposizioni relative all'ospitalita' nei confronti di cittadini stranieri, adempia, entro centottanta giorni, agli obblighi imposti dalle stesse disposizioni.

- Il comma 7 considera il caso - piuttosto frequente - di richiedenti asilo, regolari, che, pur non avendone facolta', instaurano irregolarmente rapporti di lavoro. Si ritiene qui vantaggioso consentire il rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro, ai sensi del comma 1, anche a questi soggetti e, quindi, l'emersione del rapporto di lavoro, facendo pero' salvo il diritto di accedere al riconoscimento dello status di rifugiato, laddove siano soddisfatti i requisiti di legge. In modo analogo, con riferimento alla regolarizzazione prevista dal comma 3, si privilegia la condizione, piu' stabile, di familiare avente diritto ad essere ammesso per ricongiungimento rispetto a quella di richiedente asilo, preservando comunque l'effetto di un eventuale riconoscimento dello status di rifugiato.

- Il comma 8, infine, e' mirato a favorire massimamente l'emersione dei rapporti di lavoro irregolare. Si dispone infatti che lo straniero, irregolarmente presente in Italia, che abbia titolo per procedere a entrambe le forme di regolarizzazione - commi 1 e 3 - possa optare per la regolarizzazione "per motivi di lavoro" senza ricavarne alcun danno, essendogli consentito di rientrare in quella "per motivi di famiglia" in caso di impossibilita' di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro.

 

 

 

BOZZA DI ARTICOLATO

 

Articolo 1: Obblighi degli operatori di frontiera

1. E' fatto obbligo a tutti gli operatori delle frontiere italiane di apporre il timbro in uscita, con data, sui passaporti dei cittadini stranieri extracomunitari che escono dal territorio dello Stato. E' fatto altresi' obbligo ai posti di frontiera di rilevare i dati di detti cittadini e trasmetterli al centro elaborazione dati del ministero dell'Interno.

 

Articolo 2: Lavoro stagionale

1. Il permesso di soggiorno per lavoro stagionale, previsto dal comma 4 dell'articolo 4 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n.416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.39, ha durata di sei mesi e consente il rilascio del libretto di lavoro e l'instaurazione di rapporti di lavoro a carattere stagionale, anche nelle more di detto rilascio.

2. Il permesso di soggiorno per lavoro stagionale e' rilasciato al cittadino straniero extracomunitario che ha fatto regolarmente ingresso nel territorio dello Stato, munito di visto di ingresso per lavoro stagionale, e che ne avanza richiesta entro otto giorni dalla data di ingresso, ai sensi del comma 3 dell'articolo 4 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n.416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.39. Detto permesso e' altresi' rilasciato, su richiesta, al cittadino straniero extracomunitario che possegga i requisiti stabiliti da eventuale decreto emanato ai sensi del comma 7.

3. Salvo che abbia titolo al rilascio di altro permesso di soggiorno, il titolare del permesso di soggiorno per lavoro stagionale e' tenuto, entro quindici giorni dalla data di scadenza del permesso, a lasciare il territorio dello Stato, dopo aver comunicato, con apposita dichiarazione, all'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione le informazioni relative all'attivita' lavorativa svolta, specificando, per ciascun rapporto di lavoro, la durata, il reddito maturato e gli elementi necessari all'identificazione del datore di lavoro. Copia della dichiarazione resa dal lavoratore straniero e' trasmessa nei tempi stabiliti a norma del comma 3 dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n.241, all'ispettorato provinciale del lavoro ed alla sede competente dell'istituto nazionale della previdenza sociale, che provvedono ai controlli di competenza ed ai relativi adempimenti. Salvo che detta dichiarazione risulti non veritiera, al lavoratore straniero extracomunitario e' assicurato, ai sensi dell'articolo 40 della legge 30 aprile 1969, n.153, l'accredito contributivo relativo all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti, per il periodo di lavoro dichiarato.

4. Al titolare di un permesso di soggiorno per lavoro stagionale che ottempera agli obblighi di cui al comma 3 e' rilasciato un certificato attestante l'avvenuto adempimento e recante gli estremi del permesso di soggiorno. La presentazione di detto certificato e del timbro apposto sul passaporto all'atto della regolare uscita dal territorio dello Stato costituisce, al momento della richiesta di visto di ingresso per lavoro stagionale nell'anno solare successivo, titolo di precedenza rispetto ai lavoratori stranieri extracomunitari privi di tale documentazione.

5. Il permesso di soggiorno per lavoro stagionale in corso di validita' e' convertito, su richiesta del titolare e in presenza di una documentata offerta di lavoro a tempo indeterminato per la quale vi sia l'autorizzazione al lavoro rilasciata dagli Uffici periferici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, in un permesso per motivi di lavoro subordinato della durata di due anni.

6. Riguardo agli obblighi ed ai diritti di cui ai commi 3, 4 e 5, e' data informazione scritta al lavoratore straniero extracomunitario in lingua a lui comprensibile, da parte dell'autorita' di pubblica sicurezza, all'atto del rilascio del permesso di soggiorno.

7. In considerazione del verificarsi di particolari condizioni di emergenza e per motivi di carattere umanitario o di tutela dell'ordine pubblico o della sicurezza dello Stato, il Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri degli affari esteri, del bilancio e della programmazione economica, del lavoro e della previdenza sociale, puo' stabilire, con apposito decreto, di consentire l'eventuale ingresso e il rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro stagionale a cittadini stranieri extracomunitari che per qualsiasi motivo non abbiano titolo per ottenere il rilascio o il rinnovo di un altro tipo di permesso di soggiorno. Nel decreto sono stabiliti i requisiti necessari per il rilascio del permesso e, ove gli interessati non si trovino gia' nel territorio dello Stato, del visto di ingresso.

8. Nell'ambito della programmazione annuale dei flussi di ingresso in Italia per ragioni di lavoro degli stranieri extracomunitari, di cui al comma 3 dell'articolo 2 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n.416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.39, e' indicato anche il numero massimo di visti di ingresso per lavoro stagionale rilasciabili nell'anno solare al quale la programmazione si riferisce. Detto numero non puo' essere inferiore al numero complessivo di certificati rilasciati, ai sensi del comma 4, nel corso dei dodici mesi precedenti la programmazione. Per la sua determinazione si tiene conto delle previsioni annuali di fabbisogno di manodopera, formulate dalle commissioni regionali per l'impiego, in collaborazione con i datori di lavoro e le organizzazioni sindacali, per i settori nei quali l'andamento del lavoro sia prevalentemente stagionale. Si tiene altresi' conto della possibilita' che, in ottemperanza a decreti emanati ai sensi del comma 7, si debba procedere al rilascio di permessi di soggiorno per lavoro stagionale al di fuori della programmazione dei flussi di ingresso.

9. Presso le Rappresentanze diplomatiche o consolari italiane negli Stati non appartenenti all'Unione Europea sono istituite speciali liste, nelle quali sono iscritti i cittadini stranieri extracomunitari che presentano domanda di rilascio del visto di ingresso per lavoro stagionale. Dette liste sono utilizzate per l'accoglimento graduale delle richieste, fino a completamento del contingente indicato, ai sensi del comma 8, nella programmazione annuale dei flussi. La graduatoria e' costituita

a) accordando la precedenza ai cittadini stranieri extracomunitari che presentano la documentazione di cui al comma 4 entro sessanta giorni dalla data di scadenza del precedente permesso di soggiorno per lavoro stagionale;

b) prendendo in considerazione la data di presentazione della domanda di rilascio del visto.

10. Al cittadino straniero extracomunitario che, avendone presentato domanda, non ottenga il rilascio del visto di ingresso per lavoro stagionale, a causa dell'avvenuto completamento del contingente indicato nella programmazione, e che avanzi analoga richiesta di ingresso nell'anno solare successivo, e' attribuita, ai fini della definizione della graduatoria di cui al comma 9, la data di presentazione della prima domanda.

11. Ai fini del provvedimento di respingimento alla frontiera, di cui al comma 4 dell'articolo 3 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n.416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.39, non e' considerato sprovvisto di mezzi lo straniero munito di visto di ingresso per lavoro stagionale.

12. Al cittadino straniero extracomunitario, titolare di un permesso di soggiorno per lavoro stagionale, che viola le disposizioni relative al soggiorno di cui al comma 3 si applica il disposto dell'articolo 7 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n.416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.39.

13. Il lavoratore extracomunitario a carico del quale risultano violazioni delle disposizioni in materia di soggiorno per lavoro stagionale non potra' ottenere un visto di ingresso in Italia per motivi di lavoro stagionale nei due anni successivi a quello in cui la violazione ha avuto luogo.

14. Al datore di lavoro che occupa irregolarmente alle sue dipendenze il lavoratore stagionale extracomunitario si applicano le sanzioni previste dall'articolo 12 della legge 30 dicembre 1986, n.943.

15. In caso di rimpatrio, il lavoratore straniero extracomunitario, titolare di un permesso di soggiorno per lavoro stagionale, conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati. Tuttavia le somme corrispondenti ai contributi versati per l'assicurazione per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti sono liquidate al lavoratore, su sua richiesta, anche qualora non sussistano i requisiti minimi previsti dalla legge per l'ottenimento della pensione.

 

Articolo 3: Regolarizzazione del soggiorno di cittadini extracomunitari gia' presenti nel territorio dello Stato.

1. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i cittadini stranieri extracomunitari, presenti alla medesima data e a qualunque titolo sul territorio dello Stato, per i quali un datore di lavoro dichiara la propria disponibilita' all'assunzione regolare, o che dichiarano di effettuare prestazioni di lavoro subordinato a carattere continuativo alle dipendenze di cittadini regolarmente residenti in Italia, oppure di aver effettuato prestazioni di lavoro subordinato per una durata complessiva non inferiore a novanta giornate lavorative, devono regolarizzare la loro posizione relativa al soggiorno presso gli appositi uffici delle questure o dei commissariati di pubblica sicurezza territorialmente competenti, i quali contestualmente rilasciano un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato della durata di due anni e rinnovabile ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n.416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.39. Ai cittadini stranieri extracomunitari che richiedono la regolarizzazione e per i quali non ricorrono le condizioni per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, puo' tuttavia essere rilasciato, su richiesta, un permesso di soggiorno per lavoro stagionale.

2. Copia della dichiarazione resa dal lavoratore straniero, di cui al comma 1, e' trasmessa nei tempi stabiliti a norma del comma 3 dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n.241, all'ispettorato provinciale del lavoro ed alla sede competente dell'istituto nazionale della previdenza sociale, che provvedono ai controlli di competenza ed ai relativi adempimenti. Se in seguito a detti controlli la dichiarazione risulta falsa il permesso di soggiorno e' immediatamente revocato. La falsa dichiarazione e' punita a norma dell'articolo 26 della legge 4 gennaio 1968, n.15.

3. Ai cittadini stranieri extracomunitari, presenti nel territorio dello Stato alla data di entrata in vigore della presente legge, aventi diritto ad essere ammessi nel territorio nazionale per ricongiungimento familiare ai sensi dell'articolo 4 della legge 30 dicembre 1986, n.943, e che ne facciano richiesta presso gli appositi uffici della questura o dei commissariati di pubblica sicurezza territorialmente competenti entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e' rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di famiglia ovvero, se sono titolari di un permesso di soggiorno in corso di validita', e' consentito di convertirlo in un permesso di soggiorno per motivi di famiglia.)

4. I datori di lavoro che denunciano i rapporti di lavoro irregolari di cui al comma 1 non sono punibili per le violazioni delle norme in materia di costituzione del rapporto di lavoro, nonche' per le violazioni delle disposizioni sul soggiorno degli stranieri compiute in relazione all'occupazione di lavoratori stranieri e per le quali non sia intervenuta sentenza passata in giudicato. Gli stessi datori di lavoro non sono altresi' tenuti, per i periodi antecedenti alla regolarizzazione, al versamento dei contributi e premi per tutte le forme di assicurazione sociale e non sono soggetti alle sanzioni previste per le omissioni contributive. Dette disposizioni si applicano a coloro che effettuano la denuncia entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

5. I cittadini stranieri extracomunitari che avanzano richiesta di regolarizzazione ai sensi del presente articolo non sono punibili per le pregresse violazioni delle disposizioni vigenti in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri. Sono annullati i provvedimenti amministrativi e giurisdizionali assunti a loro carico a seguito di dette violazioni.

6. Chiunque, in relazione a cittadini stranieri extracomunitari di cui al comma precedente, ha contravvenuto alle disposizioni legislative in materia di ospitalita' a cittadini stranieri, di cui all'articolo 25 della legge 22 maggio 1975, n.152, non e' soggetto a sanzioni penali o amministrative, se adempie agli obblighi imposti dalle disposizioni medesime entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

7. I richiedenti asilo che invocano le disposizioni di cui ai commi 1 o 3 non perdono il diritto al riconoscimento dello status di rifugiato. Nei loro confronti non si fa luogo agli interventi di prima assistenza di cui al comma 7 dell'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n.416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.39.

8. Se alla data di scadenza di un permesso di soggiorno rilasciato ai sensi del comma 1 non sussistono i requisiti per il rinnovo, al cittadino straniero extracomunitario avente diritto ad essere ammesso nel territorio nazionale per ricongiungimento familiare ai sensi dell'articolo 4 della legge 30 Dicembre 1986, n.943, e' rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di famiglia.

 

 

 

 

Roma, 27 Settembre 1994 per il Gruppo di Riflessione