IL DIBATTITO LEGISLATIVO: FRA CHIUSURA E SOLIDARIETA'

Sergio Briguglio

23/1/1995

 

Il principale obiettivo della legge Martelli e' quello di portare il fenomeno dell'immigrazione sotto il controllo dello Stato. A questo scopo, la Legge consentiva, con un provvedimmento di sanatoria, agli immigrati presenti irregolarmente in Italia di regolarizzare la propria posizione relativamente al soggiorno e poneva le basi per un'efficace politica dell'immigrazione stabilendo che di anno in anno il Governo emanasse un decreto per la programmazione dei flussi in ingresso. Tale programmazione avrebbe dovuto dare risposta alla crescente domanda di ingresso in Italia, compatibilmente con le esigenze e la ricettivita' del mercato del lavoro nazionale. Di fatto, pero', i decreti annuali di programmazione dei flussi hanno limitato la possibilita' di ingresso in Italia ai soli immigrati autorizzati a seguito di una chiamata nominativa da parte di un datore di lavoro. Richiedendosi che il lavoratore in questione risieda all'estero al momento della chiamata, si e' formalmente preclusa la possibilita' di un incontro diretto tra lavoratore e datore di lavoro, che, per la maggior parte delle mansioni non coperte dalla manodopera nazionale (la collaborazione domestica, ad esempio), e' condizione necessaria per la costituzione del rapporto di lavoro.

Trovando sbarrata la via di inserimento regolare, gli immigrati hanno dovuto ripiegare su un percorso alternativo, tipicamente costituito da un ingresso regolare quali turisti, la ricerca e il reperimento in loco di un posto di lavoro, il prolungamento irregolare del soggiorno oltre i termini consentiti dalla legge. Difficilmente questo processo avrebbe potuto essere ostacolato dall'applicazione di strumenti sanzionatori, quale l'espulsione, concepiti originariamente come correttivo di situazioni di illegalita' di limitata estensione e grandemente attenuati, quindi, dalla previsione di meccanismi di ricorso e di sospensione cautelare del provvedimento. E' cosi' cresciuto in Italia un vasto bacino di immigrazione irregolare che, relegato in condizioni di lavoro nero ed esposto allo sfruttamento, e' privato di diritti fondamentali e finisce per esercitare una concorrenza "sleale" nei confronti del disoccupato italiano.

A fronte di questa situazione sono state avanzate, in forma definitiva o preliminare, diverse proposte di legge. La proposta dei deputati di Alleanza Nazionale Martinat e Fini e quella di Luigi Negri (Lega Nord) puntano ad accentuare gli aspetti repressivi della legislazione. Prevedono infatti che l'espulsione sia sempre eseguita con l'immediato accompagnamento dello straniero alla frontiera e, di fatto, escludono qualunque possibilita' di sospensione del provvedimento in caso di presentazione di ricorso. La proposta Martinat-Fini, poi, estende a dismisura il novero dei casi in cui far scattare il provvedimento di espulsione, fino a includere il semplice rinvio a giudizio per il reato di lesioni colpose! Quella di Negri, per parte sua, prevede durissime sanzioni penali per l'immigrato irregolare (fino a quattro anni di reclusione) e l'ammenda fino a venti milioni di lire per chi gli dia, in qualunque forma, ospitalita'. La prima di queste proposte desta indignazione soprattutto per la scarsissima considerazione in cui, di fatto, tiene diritti e principi (il diritto al ricorso effettivo per lo straniero espulso, il diritto alla difesa in ogni stato e grado del procedimento, il principio di presunzione di innocenza, i diritti del rifugiato, etc.) sanciti dalla Costituzione e da trattati internazionali ratificati dall'Italia; la seconda per l'evidente volonta' di criminalizzare alcune delle persone piu' indifese della nostra societa', nonche' valori, quali l'ospitalita' e la solidarieta', riconosciuti come sacri in tutte le civilta' degne di questo nome. Entrambe appaiono risibili quanto a capacita' di agire sulle cause che conducono alla formazione del bacino di irregolarita' e totalmante prive di realismo nel voler trattare in chiave meramente repressiva un fenomeno che riguarda ormai alcune centinaia di migliaia di persone.

Di impostazione del tutto diversa e' la proposta avanzata dai deputati progressisti Tanzarella e Lumia, sottoscritta da un'ottantina di deputati (PPI, Patto Segni, Progressisti e Rifondazione) e ripresa al Senato, con lievi modifiche, da Manconi. Tale proposta prevede la possibilita' di regolarizzazione per gli immigrati stabilmente inseriti nel mondo del lavoro e per coloro che hanno proceduto al cosiddetto "ricongiungimento familiare di fatto" (effettuato cioe' sulla base di un diritto riconosciuto dalla legge, ma non nel rispetto delle regolari procedure). Prevede inoltre la possibilita' per il Governo, oggi o in future eventuali situazioni di emergenza, di avviare al circuito del lavoro stagionale gli immigrati che, pur chiedendo di regolarizzare la propria posizione, non rientrino nelle suddette categorie ad inserimento stabile. La regolamentazione di tale circuito (permesso di soggiorno della durata di sei mesi con diritto di reingresso per l'anno successivo e possibilita' di conversione in permesso di lunga durata in presenza di un'offerta di lavoro a tempo indeterminato) puo' ridare mobilita' ad una rilevante porzione del bacino di irregolarita'; quella, cioe', costituita dagli immigrati che, impegnati per alcuni mesi dell'anno nelle attivita' di raccolta in agricoltura, prolungano dannosamente il loro soggiorno anche nei periodi morti, per il timore di non poter rientrare in Italia, una volta tornati in patria, per la successiva stagione lavorativa.

Recentemente e' stata resa nota una bozza di disegno di legge, approntata, per il governo Berlusconi, da un comitato interministeriale coordinato dal ministro Guidi, che, almeno nelle intenzioni, si pone in posizione intermedia tra una prospettiva di repressione ed una di regolarizzazione. Prevede infatti misure simili, quanto alle sanzioni penali e all'azzeramento dei meccanismi di sospensione dell'espulsione, a quelle contenute nella proposta Negri; le limita tuttavia al caso dello straniero entrato in Italia clandestinamente. Definisce poi norme sul lavoro stagionale non molto diverse da quelle introdotte dalla proposta Tanzarella-Lumia, ma, in luogo di un vero e proprio diritto di reingresso, sancisce una piu' vaga forma di precedenza del lavoratore stagionale nei confronti dei connazionali; inoltre subordina il rilascio del permesso stagionale all'esistenza di accordi bilaterali con i paesi di provenienza, certamente di non facile ne' immediata stipulazione. Quanto all'emersione dall'irregolarita' e' prevista solo la possibilita', per coloro che lascino l'Italia entro un mese dall'entrata in vigore della legge, di far valere il diritto di precedenza per il reingresso nell'anno successivo. Stante pero' l'incertezza riguardo al fatto che vengano stipulati in tempo utile gli accordi bilaterali richiesti, non sembra che questa prospettiva possa invogliare alcuno degli immigrati irregolari attualmente presenti in Italia; meno che mai coloro che gia' si trovino in condizioni di stabile inserimento. La proposta del Governo sembra quindi, almeno in questa versione preliminare, sostanzialmente inefficace ai fini della regolarizzazione del fenomeno e finisce per ripiegare su una linea di carattere repressivo, deludendo le speranze ingenerate da diverse prese di posizione da parte dell'allora ministro dell'interno Maroni, paradossalmente meglio interpretate dalla proposta Tanzarella-Lumia.

Una attenzione particolare merita, infine, la proposta avanzata, in un'ottica di revisione generale della politica di immigrazione, da diversi organismi di carattere ecclesiale, tra i quali la Caritas Italiana, la Fondazione Migrantes della CEI, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e la Comunita' di Sant'Egidio. Per superare il problema relativo all'incontro diretto tra datore di lavoro e lavoratore (che si e' visto essere alla base delle disfunzioni del fenomeno migratorio in Italia), tali organismi propongono che, almeno per i settori in cui tale incontro e' imprescindibile, la programmazione dei flussi consista nell'indicazione di quote, determinate sulla base di una stima del fabbisogno di manodopera non coperto dall'offerta di lavoro comunitaria. Gli ingressi dovrebbero allora essere consentiti fino a completamento di tali quote, permettendo cosi' all'immigrato di cercare sul posto la propria opportunita' di impiego. Soluzioni dello stesso tenore sono contenute in una versione preliminare di proposta di legge organica, cui stanno lavorando molte delle associazioni di volontariato di ispirazione laica e religiosa, e, per certi aspetti, in una proposta di legge depositata da alcuni deputati progressisti (primo firmatario Luigi Berlinguer).