(Sergio Briguglio 19/9/1995)

 

NOTE SUL DIBATTITO RELATIVO ALLA PRESENTAZIONE DI UN DISEGNO DI LEGGE SULL'IMMIGRAZIONE

 

Il principale problema connesso al fenomeno dell'immigrazione e' dato oggi dal suo alto tasso di irregolarita'. La legge Martelli dava gli strumenti per mantenere il fenomeno in un alveo di regolarita' tramite il meccanismo della programmazione annuale dei flussi. L'applicazione e' stata pero' carente e miope. Ogni anno, quale che fosse il governo in carica, si e' stabilito che in Italia potesse entrare per lavoro solo lo straniero chiamato nominativamente da un datore di lavoro italiano. Se si considera che i lavori che oggi assorbono manodopera immigrata sono per lo piu' nel campo dei servizi alla persona (collaborazione domestica, assistenza agli anziani, etc.) e richiedono quindi, perche' si instauri un rapporto di lavoro, una conoscenza diretta preventiva tra lavoratore e datore di lavoro, si comprende come l'immaginare che una chiamata nominativa possa aver luogo prima dell'ingresso in Italia del lavoratore sia privo di senso. Il risultato e' stato quello di incentivare un ingresso in Italia mascherato da motivi di turismo e seguito da un prolungamento irregolare del soggiorno che consentisse una ricerca di occupazione sul posto. A parte i pochi fortunati (diciamo un venti per cento) che hanno potuto far uso dell'escamotage della chiamata nominativa da parte di un datore di lavoro scrupoloso, ritornando temporaneamente all'estero e rientrando quali lavoratori regolari in Italia, la maggior parte degli immigrati e' rimasta relegata in condizioni di irregolarita' e, tipicamente, condannata allo sfruttamento, senza alcuna tutela da parte dello Stato. Si puo' stimare questo flusso di immigrazione stanziale in circa centomila unita' per anno.

Di fronte ad una crescita cosi' rilevante (e, per quello che si e' detto, assolutamente evitabile) del bacino di immigrazione irregolare, e' evidente come non vi sia misura repressiva che possa portare soluzione, posto che si vogliano salvaguardare i diritti elementari della persona. Si pensi in proposito a cosa significhi attuare alcune centinaia di migliaia di provvedimenti di espulsione riservando a ciascuno il giusto grado di tutela giurisdizionale. Si pensi d'altra parte a quali minacce si possano esporre minori, famiglie, malati, profughi negando tale tutela.

La legge Martelli e' una legge giustamente garantista rispetto al problema dell'espulsione, prevedendo che essa di norma sia eseguita con la semplice intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro quindici giorni, e stabilendo che entro lo stesso termine possa essere presentato ricorso contro il provvedimento, con effetto di automatica sospensione di esso. E' ovvio che, come tutte le misure garantiste, anche questa difficilmente possa brillare per efficacia sul versante della repressione. Non si deve pero' pensare che questo corrisponda a lasciare in circolazione un gran numero di soggetti pericolosi per i cittadini italiani. La stessa legge Martelli, infatti, dispone che, qualora l'espulsione sia motivata da ragioni di ordine pubblico, essa sia eseguita con l'accompagnamento immediato alla frontiera dell'espulso e che la presentazione del ricorso non abbia effetti sospensivi automatici. Ne segue che, salvo ipotizzare gravi inadempienze del Ministero dell'Interno, i numerosi stranieri espulsi che di fatto si trattengono in Italia non costituiscono pericolo per l'ordine pubblico. Questo argomento dovrebbe costituire oggetto di attenta riflessione da parte dell'On. Gasparri, che, avendo per molti mesi ricoperto l'incarico di sottosegretario all'Interno senza che risultasse significativamente alterato il numero di espulsi per motivi di ordine pubblico, non e' la persona piu' indicata per lamentarsi in continuazione di questo presunto pericolo.

Al problema dell'irregolarita' si possono dare due tipi di risposta. Una e' quella contenuta nelle proposte di legge Martinat-Fini o Luigi Negri. Consiste appunto, sostanzialmente, nell'abolire l'effetto sospensivo automatico del ricorso contro l'espulsione e nel prevederla sempre eseguita con accompagnamento immediato alla frontiera. Si e' gia' detto come questo contrasti con l'esigenza di tutela dei diritti della persona, irrinunciabile in un contesto cosi' delicato come quello dell'allontanamento dal territorio dello Stato. Si deve aggiungere che contrasta anche con il dettato di trattati internazionali ratificati dall'Italia, i quali sanciscono il diritto a ricorrere contro l'espulsione di fronte ad un'autorita' diversa da quella che ha emanato il provvedimento. La cosa e' ancor piu' grave perche' e' stabilito dalla Costituzione che la condizione dello straniero sia disciplinata in accordo con i trattati internazionali ratificati dall'Italia. Siamo quindi ancora una volta di fronte ad un tentativo di questa destra di calpestare la Carta costituzionale.

L'altro tipo di risposta e' quello prospettato dalla proposta di legge Tanzarella-Lumia: consentire la regolarizzazione degli immigrati stabilmente inseriti - o perche' occupati in attivita' lavorative a carattere continuativo, o perche' familiari ricongiunti di immigrati regolari. Accanto a questa misura, la proposta prevede una regolamentazione del lavoro stagionale (di rilievo per buona parte degli immigrati provenienti da paesi vicini), con l'istituzione di un apposito permesso di soggiorno della durata di sei mesi, al termine dei quali il lavoratore deve lasciare l'Italia. Rispettando tale obbligo, l'immigrato stagionale matura il diritto al reingresso per la stagione lavorativa nell'anno successivo. Nel caso che emerga un'offerta di lavoro a tempo indeterminato, l'immigrato puo' inoltre convertire il permesso di soggiorno in un permesso di lunga durata. A completamento della proposta di legge, e' previsto che agli immigrati irregolari che chiedano di accedere alla regolarizzazione, senza pero' poter vantare la condizione di inserimento stabile che ne e' requisito, sia rilasciato un permesso stagionale. In tal modo, per un verso si favorisce l'emersione dalla condizione di irregolarita', per l'altro si da' avvio in modo sensato al circuito stagionale (sarebbe assurdo prevedere l'ingresso di nuovi immigrati senza tener conto di quelli gia' presenti).

La bozza di disegno di legge arrivata sul tavolo del Consiglio dei Ministri venerdi' 15 Settembre conteneva disposizioni relative all'inasprimento delle norme sulle espulsioni, simili a quelle prospettate dalla proposte della Destra: per l'immigrato irregolare che abbia fatto ingresso clandestino in Italia espulsione immediata senza effetto sopensivo automatico del ricorso e, addirittura, condanna fino a tre anni di reclusione. Presentava poi una regolamentazione del lavoro stagionale, diversa, anche se non lontanissima, da quella prevista dala Tanzarella-Lumia.

Al di la' del tentativo di "promozione" di una violazione amministrativa al rango di reato - promozione che ha provocato, tra le altre, la levata di scudi della CEI, e che sembra spropositata in un'Italia in cui si parla di uscita da tangentopoli e di riforma della custodia cautelare - potrebbe sembrare che la restrizione dell'inasprimento delle sanzioni al caso della condizione di clandestinita' (ingresso sottratto ai controlli di frontiera) rispetti le norme dei Trattati internazionali. Tuttavia, la possibilita' di espellere uno straniero perche' e' clandestino e di negargli, per lo stesso motivo, uno spazio effettivo di ricorso introduce una situazione paradossale: lo straniero regolarmente presente o, comunque, non clandestino potrebbe essere espulso immediatamente sulla base di una motivazione infondata relativa alla sua presunta clandestinita'. Non avrebbe infatti alcuna possibilita' di far valere le proprie ragioni, per il semplice fatto che gli e' stata impropriamente attribuita la qualifica di clandestino. Per sintetizzare la cosa in un aforisma: "Tutti possono discolparsi, tranne i colpevoli". Ma se mi viene attribuita una colpa e, per cio' stesso, non posso discolparmi, come faccio a dimostrare la mia innocenza?

Inoltre, l'unico modo per distinguere un clandestino da un semplice irregolare consiste nel controllare se il suo passaporto rechi, o meno, il timbro con data, che dovrebbe essere apposto obbligatoriamente alla frontiera all'atto dell'ingresso in Italia. Sfortunatamente questa operazione viene spesso colpevolmente tralasciata dagli operatori di frontiera, come pure viene tralasciata la trasmissione al Ministero dell'Interno, anch'essa obbligatoria, dei dati relativi allo straniero che fa ingresso nel territorio dello Stato. In queste condizioni, non essendo pensabile che uno straniero, entrando in Italia, sappia di dover pretendere l'apposizione del timbro, moltissimi stranieri non clandestini potrebbero essere considerati tali, condannati ed espulsi immediatamente. Tra questi certamente rientrerebbero decine di migliaia di turisti giapponesi e americani, ignari della durezza della legge italiana. Ci si vuole esporre al ridicolo?

Criticabile, per diversi aspetti, anche la normativa sul lavoro stagionale: nella bozza di disegno di legge e' previsto infatti che il permesso possa essere rilasciato solo a cittadini provenienti da paesi con i quali l'Italia abbia stipulato accordi bilaterali. Se si tiene presente come la stipula di un accordo bilaterale sia cosa non semplice ne' immediata, si comprende come questa restrizione rischi di rimandare di molti anni il rilascio del primo permesso per lavoro stagionale.

Un'altra critica che puo' essere avanzata al testo in questione e' relativa al fatto che non sia prevista alcuna forma di emersione dalla condizione di irregolarita' per gli immigrati gia' presenti in Italia. Per essere precisi, una ristrettissima possibilita' e' contemplata: in fase di avvio del circuito stagionale e' previsto che possano far valere il diritto di precedenza sui connazionali quegli immigrati che, gia' entrati in Italia, dimostrino di essere usciti almeno due mesi prima della data di entrata in vigore della legge. L'efficacia di una simile misura e' trascurabile: da un lato non si tiene in alcun conto la presenza irregolare stabilmente inserita, che non ha alcuna possibilita' di riconoscersi in forme di migrazione stagionale; dall'altro, anche l'immigrato in condizione precaria o quello realmente intenzionato ai lavori stagionali non potrebbero sentirsi attratti dal vantaggio prospettato, in assenza di certezze sulla stipula in tempi brevi degli accordi bilaterali. In altri termini: perche' l'immigrato irregolare tunisino dovrebbe lasciare l'Italia, se nessuno puo' garantirgli che verra' perfezionato un accordo con la Tunisia tale da rendere possibile il suo reingresso?

Che il meccanismo non funzioni e' provato dall'esperienza del decreto legge 200 del 1993: prima che il Parlamento lo lasciasse decadere, fu in vigore per sessanta giorni contenendo una norma simile a quella considerata; non fu stipulato un solo accordo bilaterale, ne' si registro' alcun significativo esodo di immigrati irregolari in cerca di un diritto di precedenza.

Ora che il Governo ha deciso di prendere una pausa di riflessione sembra possibile che si pervenga ad una formulazione piu' adeguata a contemperare due giuste istanze: quella di favorire l'emersione egli irregolari e quella di dare maggiore efficacia ai provvedimenti di espulsione, senza pero' perdere di vista l'obiettivo della tutela dei diritti della persona. Una soluzione possibile e' quella di affiancare ai contenuti della proposta Tanzarella-Lumia disposizioni che prevedano un regime di sorveglianza del cittadino straniero espulso. Sarebbero cosi' salvaguardati gli spazi di ricorso e i corrispondenti effetti sospensivi, ma sarebbe altresi' tutelato il diritto dello Stato di espellere effettivamente la persona non autorizzata a soggiornare, una volta esaurite le procedure di tutela giurisdizionale.

Non va persa di vista, pero', la necessita' di porre mano ad una revisione complessiva della disciplina della condizione giuridica dello straniero in Italia che si avvalga dell'esperienza maturata in questi anni dagli enti locali, dalle forze sociali, dalla pubblica amministrazione; una revisione che aggiorni la normativa sull'accesso al lavoro da parte degli aspiranti immigrati, sull'assistenza sanitaria, sull'istituto dell'asilo umanitario, sulla condizione degli studenti, sulla tutela dei diritti della famiglia e dei minori, sul riordino degli organi istituzionali preposti alla gestione del fenomeno. Esiste una proposta di riforma, approntata da una commissione di esperti al tempo del governo Ciampi. Esiste anche un imponente lavoro di revisione di tale proposta effettuato da molte delle associazioni impegnate nel settore. Possono essere i punti di partenza per un approfondito lavoro parlamentare. La commissione parlamentare di indagine sull'immigrazione, la cui istituzione e' stata chiesta indipendentemente da tutte le forze politiche presenti in Parlamento, potrebbe essere il luogo naturale per avviare questo lavoro.