(Sergio Briguglio 19/2/1996)

 

NOTA SULLE SANZIONI PER INGRESSO CLANDESTINO

E PER SOGGIORNO IRREGOLARE

 

 

- In linea di principio e' ammissibile che l'ingresso clandestino sia considerato reato. E' necessario pero' che sia pienamente salvaguardato l'esercizio del diritto di asilo previsto dalla Costituzione (attualmente non completamente recepito dalla legislazione: l'asilo e' riconosciuto solo a chi sia personalmente perseguitato e non a chi fugga da condizioni che oggettivamente costituiscano rischio per la vita, per l'incolumita', per la liberta' personale). Tale diritto infatti e' da considerarsi prevalente rispetto al diritto dello Stato di controllare gli ingressi nel proprio territorio. E' indispensabile quindi che l'esistenza stessa di circostanze tali da giustificare l'accoglimento di una richiesta di asilo - piu' ancora che l'effettiva presentazione della richiesta - sia considerato elemento sufficiente per desistere dall'applicazione di qualunque sanzione.

L'ingresso clandestino - intendendo con questo l'elusione dei controlli di frontiera - e' comunque circostanza estremamente difficile da dimostrare. Richiede infatti che sia dimostrata l'effettiva esistenza, al momento dell'ingresso, dei controlli. Non basta dimostrare che lo straniero sia entrato privo di visto (ove prescritto). In caso contrario, dovrebbe diventare reato anche il passare dal casello autostradale senza pagare in caso di sciopero dei casellanti. In altri termini: e' interesse dello straniero munirsi di visto, giacche' se privo di visto, puo' essere legittimamente respinto; ma se lo Stato italiano rinunzia a effettuare il controllo (come spesso accade ai valichi ferroviari) non si puo' pretendere che lo straniero si autorespinga.

Per di piu', se la mancanza del visto sul passaporto dovesse diventare prova di un reato, risulterebbe fortemente incentivato lo "smarrimento" dei passaporti e la conseguente autoattribuzione, da parte dello straniero, di provenienze per le quali non sia previsto l'obbligo di visto.

 

- Considerare reato il soggiorno irregolare (a seguito, cioe', di ingresso regolare) sarebbe ammissibile solo in una situazione in cui all'immigrazione "fisiologicamente accettabile" fosse consentito il percorso regolare. Per usare una volgarizzazione dell'argomento: se per il derby Roma-Lazio ci si dimentica di vendere i biglietti, difficilmente si puo' incolpare chi tenti di entrare comunque allo stadio.

Fino ad oggi la situazione dell'immigrazione e' stata esattamente questa: nell'impossibilita' di segnalare il proprio nome, la propria esistenza e la propria aspirazione a migrare in Italia a un datore di lavoro, allo scopo di farsi chiamare nominativamente (mancano perfino le liste di "prenotazione" per l'immigrazione), l'aspirante migrante non ha trovato altra strada per pervenire ad un inserimento lavorativo in Italia (possibile in diversi settori del mercato del lavoro) che entrare nel nostro Paese quale turista e prolungare la propria permanenza irregolarmente, trovando sul posto un datore di lavoro disposto ad assumerlo. Di tutti coloro che hanno intrapreso questo percorso, solo i fortunati che hanno incontrato un datore di lavoro piu' che onesto son riusciti ad emergere dalla condizione di irregolarita', con un'utilizzazione impropria del meccanismo della chiamata nominativa (si e' finto cioe', per ottenere l'autorizzazione al lavoro, che il lavoratore si trovasse ancora nel paese di provenienza).

L'introduzione del reato di soggiorno irregolare non puo' allora in alcun modo essere disgiunta da

a) una regolarizzazione di tutte le situazioni di iregolarita' venutesi a creare (non solo quelle che sono andate a buon fine con un inserimento lavorativo o con un ricongiungimento familiare di fatto);

b) una radicale revisione dei meccanismi di programmazione che possa dare origine ad un canale regolare percorribile (il ripristino delle liste di prenotazione nei consolati e l'ammissione di quote di immigrazione, relativamente alle mansioni per le quali non si puo' prescindere da un incontro diretto tra datore di lavoro e lavoratore, in cerca di lavoro);

c) una effettiva applicazione di tali meccanismi che dia annualmente a tale canale dimensioni adeguate a contenere l'immigrazione "fisiologica".

E' da notare come non basti il raggiungimento, in sede di dibattito legislativo, dei primi due obiettivi, ma sia necessario anche la realizzazione del terzo (che resta di competenza del governo).

 

- Sembra piu' adeguata, ed egualmente efficace, una soluzione che, lasciando immutato il carattere di irregolarita' amministrativa il soggiorno (e possibilmente anche l'ingresso) irregolare, preveda un regime di custodia (in centri appositi) dello straniero da espellere allo scopo di consentire l'esame del ricorso contro il provvedimento da parte di un'autorita' diversa da quella che ha erogato la sanzione (es.: il pretore). Risulterebbero in tal modo tutelati, allo stesso tempo, il diritto dello straniero di far valere le ragioni che militano contro il provvedimento di espulsione e quello dello Stato di liberarsi di presenze indesiderate.

Nell'esaminare il ricorso, l'Autorita' preposta, sentite le parti (con lo straniero assistito da interprete e da difensore di fiducia), dovrebbe valutare non solo la legittimita' del provvedimento, ma anche la congruita' dello stesso, tenendo conto dell'eventuale esigenza di tuelare diritti di carattere piu' fondamentale (relativi a condizioni di salute, condizioni di minori, unita' familiare, etc.), come pure dell'effettivo grado di gravita' della violazione commessa. In altri termini: in una situazione di assenza di programmazione dei flussi (quale quella verificatasi per quasi tutto l'anno 1995), potrebbe essere valutata con indulgenza la posizione di chi si sia trattenuto irregolarmente per cercare lavoro; in presenza, invece, di una efficace programmazione, una circostanza del genere potrebbe addirittura essere considerata un'aggravante.

Il prevedere un regime di custodia in assenza di commissione di reati non sembra costituire una violazione del dettato costituzionale. La limitazione della liberta' di movimento potrebbe essere, in qualunque fase del procedimento, interrotta dall'autonoma decisione dello straniero di lasciare il territorio dello Stato. In altri termini: lo straniero non e' piu' autorizzato a soggiornare in Italia; se vuol continuare a farlo, allo scopo di far riesaminare la propria posizione, e' vincolato a restare confinato nel centro di custodia. Non c'e' violazione di alcun diritto. Volgarizzando: se vado dal medico e sono costretto a restare in sala d'attesa per quattro ore non si tratta di sequestro di persona; sono infatti libero di andarmene quando voglio, rinunziando al diritto di farmi visitare.