APPELLO AI PARLAMENTARI SULL'IMMIGRAZIONE

La preoccupazione suscitata dall'approvazione, da parte della Commissione Affari Costituzionali del Senato, di una disposizione che punisce col carcere l'ingresso clandestino e il soggiorno irregolare dell'immigrato ci spinge, a due anni dalla pubblicazione del Messaggio Ecumenico sull'Immigrazione, a rivolgere un nuovo appello a tutti i parlamentari di buona volontà, a qualunque parte politica essi appartengano, perché profondano il massimo impegno nel ridare dignità al dibattito politico sull'immigrazione. Troppo spesso, infatti, nel corso di tale dibattito, l'inseguimento ossessivo del consenso è sembrato motivo sufficiente per fare scempio - prima solo con l'intemperanza verbale, poi anche col voto - di una preziosa cultura della tutela dei diritti dei più deboli e, per ciò stesso, degli interessi più alti della società.

E' necessario invece che, di fronte a scelte così delicate, chi partecipa del potere legislativo eserciti il mandato ricevuto in pienezza di libertà, anteponendo ai vincoli di appartenenza politica la ricerca del bene comune e della giustizia. Lo richiedono il rispetto laico dei principi della Costituzione e, per il credente, l'ammonimento insistente della Parola di Dio.

Continuo è infatti il richiamo, nella Bibbia, ai doveri di comprensione, di solidarietà e soprattutto di giustizia nei confronti del debole e, in particolare, dello straniero: "Non rattristare un affamato, non esasperare un uomo già in difficoltà" (Sir 4,2); "Non sfruttate né opprimete lo straniero" (Es 22,20); e ancora, con parole durissime, "Non depredare il povero, perché egli è povero, e non affliggere il misero in tribunale, perché il Signore difenderà la loro causa e spoglierà della vita coloro che li hanno spogliati" (Pro 22, 22-23).

E non si tratta di un richiamo contingente, ma di un elemento fondamentale dell'alleanza tra Dio e il suo popolo: "Quando uno straniero si stabilirà nella vostra terra, non opprimetelo; al contrario, trattandolo come se fosse uno dei vostri connazionali, dovete amarlo come voi stessi. Ricordatevi che anche voi siete stati stranieri in Egitto. Io sono il Signore vostro Dio" (Lev 19, 33s); e, similmente, "Non deviate il corso della giustizia a danno di uno straniero ... non dimenticatevi che anche voi siete stati schiavi in Egitto, e il Signore, vostro Dio, vi ha liberati di là" (Deut 24, 17s). La predilezione dell'indifeso e la memoria della propria esperienza - da indifesi - in terra straniera sono cioè indissolubilmente legate al riconoscimento della presenza paterna di Dio.

Il richiamo a questa apertura di fronte allo straniero appare oggi, nel nostro paese, della massima attualità. Ed è di questi giorni l'invito del Papa a rivolgere attenzione al fenomeno dei migranti "perché esso venga sempre affrontato nel pieno rispetto dei diritti dell'uomo". Anche se "genera talvolta dei problemi nella vita delle società" - afferma il Papa - "la realtà delle migrazioni può essere vista non come una minaccia alla sicurezza e al benessere, ma, al contrario, come un segno dei tempi, segno di una civiltà chiamata a tenere insieme l'identità e l'universalità, la differenza e l'uguaglianza".

Per troppo tempo, invece, si è ostruita ogni via di accesso regolare all'immigrazione per lavoro in Italia. Il movimento migratorio - del quale il Paese ha comunque bisogno - è stato costretto così a proseguire nell'irregolarità e nella clandestinità. Il ripristino delle condizioni di legalità è certamente necessario, ma non può essere affidato ad incongrue misure repressive. Deve piuttosto consistere nel consentire la regolarizzazione di quanti, già presenti in Italia, cercano, col sudore della propria fronte, di inserirsi onestamente nel tessuto sociale, e, per il futuro, nel creare vie legali effettivamente percorribili da chi aspiri a venire nel nostro paese. La negazione di questi vitali spazi di regolarità, lungi dallo scoraggiare la migrazione di chi fugge da condizioni di povertà, perpetua l'esistenza di un bacino di clandestinità e ne alimenta la crescita, con grave danno di chi ne fa parte e, indirettamente, di tutta la società.

Auspichiamo che l'esame parlamentare del decreto sull'immigrazione tenga conto di queste urgenze e si sviluppi alla luce della memoria di un popolo che della propria migrazione per lavoro ha, fino a ieri, portato la sofferenza e, ancora oggi, gode dei benefici.

ACLI

ACSE

AGESCI

Azione Cattolica Italiana

Caritas Italiana

Comunita' di S.Egidio

Roma, 17 Gennaio 1996 CSER

Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia

Fondazione Migrantes della CEI

Gruppo Martin Buber Ebrei per la Pace

Jesuit Refugee Service

UCSEI