LINEE GUIDA PER UNA LEGGE ORGANICA

SULL'IMMIGRAZIONE

 

1. L'immigrazione, quale fenomeno sociale di grande complessita' e rilevanza, destinato a incidere profondamente sulla nostra societa' anche per il prossimo futuro, va affrontato, al di la' dell'emergenza, con azioni e progetti lungimiranti, fondati sulla precisa consapevolezza che si tratta di un processo strutturale ed irreversibile.

2. Una politica frammentaria - quale quella attuale - fatta di un susseguirsi ed accavallarsi di normative lacunose ed affrettate, sempre dettate dall'urgenza, non e' in grado di gestire il fenomeno, ma anzi genera allarmismi e passionalita', che impediscono di affrontarlo con obiettivita' di giudizio. Tale politica rischia inoltre di presentare l'immigrazione sotto un prevalente profilo di ordine pubblico, mettendo in ombra sia le ragioni di solidarieta' sociale sia le prospettive di comune benessere derivanti dallo scambio culturale ed economico tra l'immigrato e il nostro paese.

3. Solo una legge organica che tenga conto di tutte le fasi del processo migratorio (ingresso programmato, soggiorno, progressivo inserimento), di tutte le necessita' fondamentali della persona (sanita', unita' familiare, alloggio, istruzione, lavoro, etc.) e, per quanto possibile, di tutte le tipologie di immigrati puo' consentire una gestione efficace del fenomeno e contribuire a farlo percepire, piu' che come problema, come soluzione stessa di problemi. Una disciplina organica della condizione giuridica dello straniero, approvata con legge dal Parlamento, e' peraltro richiesta anche dalla Costituzione (Art. 10).

4. Le migrazioni sono mosse dai profondi squilibri tra i livelli di benessere che caratterizzano i paesi industrializzati e quelli propri dei paesi in via di sviluppo. Chi e' colpito da questi squilibri - acuiti da quelli demografici, non meno drammatici - percepisce la propria esperienza migratoria come necessaria e vantaggiosa anche a fronte di un inserimento che, in un paese ad economia avanzata, sia invece considerato estremamente precario.

5. Fermo restando il dovere di un paese industrializzato di contribuire a correggere i meccanismi che producono i predetti squilibri e di intraprendere una adeguata politica di cooperazione allo sviluppo nei confronti dei paesi ad economia arretrata in modo da attenuare, sul lungo periodo, le cause stesse delle migrazioni, un'efficace politica di immigrazione deve avere come obiettivo il pieno inserimento sociale dell'immigrato. Colui al quale, formalmente o anche solo di fatto, si consente di far parte della societa' non deve restare escluso dall'esercizio dei diritti dei quali godono gli altri cittadini. Deve anzi vedere un progresso del proprio patrimonio di diritti che faccia premio al rispetto delle norme che regolano la convivenza nella societa' e che gli permetta di rendere sempre piu' solida la propria posizione sociale. Scelte diverse porterebbero alla sedimentazione di un nuovo ceto, selezionato su base etnica, escluso dall'accesso alle forme piu' elementari di tutela. Ne verrebbero a soffrire i componenti di questo ceto e, in modo quasi altrettanto marcato, i cittadini italiani in posizione socialmente piu' debole, esposti alla concorrenza dei primi nella conquista dei posti di lavoro meno qualificati e nella fruizione delle varie forme di assistenza sociale.

6. Condizione necessaria per la realizzazione dell'obiettivo di pieno inserimento e' la possibilita' di esercitare un adeguato controllo dei flussi in ingresso. Un'immigrazione, infatti, che proceda in modo incontrollato e' incompatibile con l'attuazione del principio di progressivita' dei diritti preposto alla politica di inserimento, sia nell'ipotesi che i flussi ad essa associati rimangano relegati in condizioni di illegalita', sia laddove le istituzioni ne prendano pragmaticamente atto, mandando pero', in tal modo, un messaggio che si presta ad essere interpretato come un segnale di resa. Nel primo caso, infatti, il migrante non solo non vede progredire il proprio livello di cittadinanza, ma e' perfino impossibilitato a godere di diritti fondamentali; nel secondo, rischia di mancare, intorno alla politica di inserimento, il consenso generale della popolazione residente: la maturazione di diritti da parte di persone formalmente non legittimate ad accedervi puo' essere percepita, a torto o a ragione, in modo negativo, con una conseguente recrudescenza di tendenze xenofobe e razziste.

7. Nell'ambito di una legge organica occorre assicurare una dimensione consistente alle possibilita' di ingresso legale in Italia di lavoratori stranieri, in considerazione della domanda inevasa di manodopera, come pure della obiettiva pressione di nuova migrazione. Questa possibilita' di ingresso per lavoro puo' apparire piu' problematica in quelle situazioni in cui il sopraggiungere di una crisi occupazionale renda meno auspicabile l'ingresso di ulteriori contingenti di manodopera nel mercato del lavoro nazionale. E' pero' opportuno sottolineare la necessita' di adottare, anche in tali situazioni, criteri di ammissione per motivi di lavoro che non comportino una eccessiva restrizione del canale di immigrazione legale. Data infatti la scarsa probabilita' che le misure orientate ad una attenuazione della pressione migratoria producano in tempi brevi risultati di un qualche rilievo, un dimensionamento di questo canale che non sappia tenere effettivamente conto della domanda di manodopera non coperta dalla forza-lavoro residente nel paese di accoglienza alimenta nei fatti le forme di immigrazione illegale. Vengono cosi' a determinarsi condizioni in cui, per l'estensione del bacino di irregolarita', risultano inefficaci gli ordinari meccanismi di prevenzione, controllo, dissuasione e repressione del fenomeno dell'immigrazione illegale. L'adozione di misure piu' severe - per contro - appare difficilmente accettabile in assenza di una via legale percorribile e, in definitiva, risulta carica di un eccessivo costo sociale.

8. Una politica fondata sulla determinazione periodica di quote di immigrazione ammesse per lavoro puo' conciliare l'attenzione ai problemi dell'occupazione e del mercato del lavoro del Paese con l'esigenza di garantire l'esistenza di un alveo di immigrazione legale privo di ingiustificate restrizioni. Condizione necessaria perche' cio' avvenga e' che non si impongano eccessivi vincoli burocratici - quale la preventiva dimostrazione dell'esistenza di un determinato posto di lavoro disponibile - sull'ingresso dei lavoratori immigrati ammessi nell'ambito della programmazione "per quote". Tali vincoli, infatti, rischiano di rendere inaccessibile l'immigrazione legale, senza peraltro produrre livelli di tutela del lavoratore residente disoccupato che non possano essere raggiunti, in modo privo di effetti indesiderati, da un'attenta programmazione governativa.

9. E' altrettanto importante che la programmazione per quote, relativa all'ammissione per lavoro, non interferisca con le politiche di ammissione per asilo, protezione internazionale e ricongiungimento familiare, dovendosi evitare che diritti fondamentali della persona siano subordinati a criteri di mera opportunita' economica.

10. Un aspetto da cui non e' possibile prescindere nella definizione degli strumenti di controllo dei flussi e' costituito dalle misure atte a contrastare i fenomeni di immigrazione illegale. In proposito e' in primo luogo importante distinguere tra le forme di immigrazione originariamente illegali (quelle, cioe', tipicamente associate agli ingressi clandestini, spesso favoriti da organizzazioni di natura mafiosa) e quelle che, nate nella legalita', finiscono per degradare nell'irregolarita' per la mancata ottemperanza a prefissati obblighi burocratici. Se la massima fermezza va impiegata nel reprimere le prime (salvaguardando tuttavia il diritto di asilo e differenziando quanti da tali traffici ricavino illecita ricchezza da quanti ricavino sofferenza), nella seconda e' opportuno discernere tra le inadempienze di carattere puramente formale (sanabili) e quelle di carattere sostanziale.

11. In secondo luogo, non puo' non essere tenuta nella massima considerazione la condizione di estrema precarieta' in cui viene a trovarsi l'immigrato raggiunto da un provvedimento di espulsione o di respingimento. L'esigenza di non privare di efficacia le misure di carattere repressivo non puo' in alcun modo rendere accettabile la violazione di diritti fondamentali della persona ai danni del cittadino straniero e dei suoi familiari. Punto qualificante di una seria politica di immigrazione deve essere quindi la capacita' di contemperare la severita' dei provvedimenti mirati a curare le situazioni di illegalita' con l'effettiva possibilita' di ricorso contro gli stessi provvedimenti e, piu' ancora, con la tutela del patrimonio di diritti fondamentali della persona che l'adozione di quei provvedimenti potrebbe mettere a repentaglio.

12. E' opportuno che nella definizione dettagliata di un quadro legislativo organico siano tenuti in particolare considerazione i punti seguenti.

 

Lavoro

In questi anni e' stato consentito l'ingresso per lavoro subordinato solo a quanti fossero stati preventivamente autorizzati a seguito di una chiamata nominativa. In mancanza di liste nelle quali iscriversi per segnalare la propria intenzione di migrare e nell'impossibilita' di ottenere, mediante un incontro diretto, la fiducia di un datore di lavoro, i lavoratori stranieri non hanno avuto altra chance di pervenire ad un inserimento lavorativo, se non quella di un ingresso illegale o di un prolungamento irregolare di una permanenza in Italia autorizzata per ragioni diverse dal lavoro (tipicamente il turismo).

E' necessario che la normativa relativa alla programmazione dei flussi per lavoro subordinato preveda due interventi: in primo luogo l'istituzione di liste di prenotazione presso i consolati italiani all'estero, basate sull'anzianita' di iscrizione e suddivise per settori di lavoro, qualifiche e mansioni; il Governo dovrebbe poi determinare, di anno in anno, le quote di immigrazione prevedibilmente assorbibili per ciascuna attivita' lavorativa, nonche' le particolari attivita' per le quali va favorito l'incontro diretto tra datore di lavoro e lavoratore. In corrispondenza a queste ultime, l'ingresso degli iscritti nelle liste dovrebbe essere consentito, fino al raggiungimento delle quote programmate, a seguito di semplice richiesta di visto; per le altre attivita' (quelle cioe' per le quali un incontro diretto preventivo non e' indispensabile) e per eventuali chiamate fuori-quota l'ingresso continuerebbe ad essere consentito a fronte del rilascio di autorizzazione al lavoro e di accertamento di indisponibilita' di manodopera residente.

E' anche opportuno che l'accesso al lavoro subordinato sia consentito anche a cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno ad altro titolo, quando sia trascorso un prefissato periodo di regolare soggiorno in Italia, ovvero quando ricorrano condizioni particolari (conseguimento di un titolo di studio, attesa di riconoscimento dello status di rifugiato, attesa di giudizio, pendenza di un ricorso, etc.).

Una regolamentazione esplicita deve riguardare il lavoro stagionale (particolarmente significativo in relazione ai paesi di emigrazione del bacino del Mediterraneo e dell'Europa orientale), con l'istituzione di un permesso della durata di sei mesi, prorogabile in presenza di un'offerta di lavoro a tempo determinato e convertibile in permesso per lavoro subordinato in presenza di un'offerta a tempo indeterminato (per la quale sia accertata l'indisponibilita' di manodopera regolarmente presente in Italia). Allo scopo, poi, di incentivare il rispetto delle norme sul soggiorno, al lavoratore stagionale che lasci regolarmente l'Italia alla scadenza del permesso deve essere garantito un diritto certo di reingresso per l'anno successivo.

Quanto all'esercizio di attivita' di lavoro autonomo, fino ad oggi e' stato generalmente impedito dal requisito di sussistenza di una condizione di reciprocita' con i paesi di provenienza (lo straniero ha diritto di esercitare l'attivita' solo se nel suo paese lo stesso diritto e' garantito al cittadino italiano).

E' necessario che tale condizione sia considerata soddisfatta - in modo meno stringente - qualora nel paese di provenienza l'attivita' di lavoro autonomo in questione non risulti esplicitamente impedita agli italiani. E' necessario anche che essa non sia richiesta nel caso di rifugiati o di cittadini stranieri presenti regolarmente in Italia da un prefissato numero di anni o, per l'esercizio delle professioni, nel caso di stranieri che abbiano conseguito il relativo titolo di studio o l'abilitazione in Italia.

 

Studio

La posizione degli studenti stranieri e' oggi per lo piu' regolata da circolari ed e' quindi soggetta alla piena discrezionalita' della pubblica amministrazione.

Deve essere invece la legge a stabilire, per i minori stranieri, il diritto-dovere di frequentare la scuola dell'obbligo secondo le disposizioni previste per i cittadini italiani e a prescindere dalla condizione di regolarita' del soggiorno, nonche' la posibilita' di essere ammessi agli esami di licenza elementare o di licenza media.

Allo scopo di non ostacolare il processo formativo dei minori stranieri e di favorire il completamento di quello degli adulti, deve essere inoltre consentita, previo accertamento della preparazione, l'iscrizione degli stranieri titolari di un permesso di lunga durata (non inferiore a un anno) alla scuola secondaria.

Per quanto riguarda gli studenti universitari, deve essere estesa la possibilita' di rinnovo del permesso di soggiorno (attualmente limitata - in modo eccessivamente restrittivo - a due anni successivi al termine della durata legale degli studi), in particolar modo quando siano sopravvenuti impedimenti legati a ragioni di salute o quando lo studente sia in prossimita' dell'esame finale o dell'esame di Stato.

E' necessario che l'accesso a borse di studio annuali rinnovabili sulla base di requisiti di merito e di reddito, oggi di fatto subordinato alla segnalazione da parte delle autorita' del paese di provenienza, sia consentito anche a studenti gia' presenti in Italia, in modo da non penalizzare quanti risultassero invisi a tali autorita'. Borse particolari devono essere previste per gli studenti, provenienti da paesi in via di sviluppo, chi si impegnino a rientrare nel paese di origine entro un anno dal termine degli studi.

A coloro che non possano usufruire di borse di studio, deve invece essere permesso, per tutta la durata del corso di studi, di instaurare rapporti di lavoro subordinato e intraprendere attivita' occasionali di lavoro autonomo.

 

Asilo politico e umanitario

Oggi il godimento del diritto di asilo (previsto, dall'articolo 10 della Costituzione, per chi non possa esercitare nel proprio paese le liberta' democratiche garantite in Italia) e' riservato dalla legge solo a quanti siano riconosciuti rifugiati ai sensi della Convenzione di Ginevra. Risultano cosi' di norma esclusi coloro che, pur non essendo personalmente perseguitati, fuggono da condizioni tali da mettere a repentaglio la loro incolumita' (guerre, guerre civili, situazioni di violenza generalizzata o di violazione sistematica dei diritti dell'uomo, etc.).

Deve essere data piena attuazione al dettato costituzionale disciplinando l'istituto dell'asilo umanitario, in modo tale da dare certezza di diritto alle vittime di tragedie planetarie, anche in assenza di provvedimenti ad hoc (quali quelli adottati, in questi anni, per i profughi dalla Somalia e dai territori della ex-Jugoslavia).

Devono essere inoltre rivedute, in senso maggiormente garantista, le procedure di esame delle domande di asilo, anche prevedendo l'inserimento nella Commissione competente di esperti e magistrati.

Al richiedente asilo devono essere garantiti i mezzi di sostentamento e l'assistenza sanitaria gratuita, e, in caso di pendenza di ricorso, deve essere data facolta' di iscriversi a corsi di studio e svolgere attivita' lavorativa.

 

Diritti della famiglia e dei minori

La normativa introdotta dalla legge 943 del 1986 appare lodevolmente aperta riguardo al ricongiungimento familiare, elemento fondamentale per un esito positivo dell'esperienza migratoria e dell'inserimento nel paese di accoglienza. Si deve evitare che, nel definire con maggior precisione le disposizioni a riguardo, la pur giusta preoccupazione che il ricongiungimento avvenga in un contesto di reddito tale da garantire un adeguato mantenimento del nucleo familiare finisca per conculcare il prevalente diritto all'unita' familiare. E' bene cioe' che, assicurata una soglia minima di reddito, sia lo stesso immigrato a valutare le modalita' e i tempi di un parziale o completo ricongiungimento con i propri familiari.

Il ricongiungimento deve essere consentito anche in relazione a familiari non autosufficienti o a carico dell'immigrato (portatori di handicap, genitori, etc.).

La durata del permesso per coesione familiare deve essere legata a quella del documento di soggiorno del familiare con cui si attua la coesione, ovvero illimitata per coesione con cittadini italiani. In caso di separazione o di scioglimento del vincolo familiare (morte, interdizione, divorzio, etc.) o, per il figlio, al compimento della maggiore eta' deve essere permessa la conversione del permesso di soggiorno in permesso per lavoro o studio, anche in mancanza degli usuali requisiti.

La positiva introduzione, nel recente decreto, di misure orientate alla tutela dei minori riguardo ai provvedimenti di espulsione devono trovare completamento nella previsione di intervento del Tribunale per i minorenni in caso di provvedimenti di allontanamento o di respingimento alla frontiera di un minore, allo scopo di verificare se non risulti prevalente l'interesse alla tutela dell'unita' familiare, dell'istruzione o delle cure mediche del minore stesso sull'esigenza di allontanamento, e, in tal caso, di disporre la sospensione dell'eventuale corrispondente provvedimento a carico dei familiari.

L'intervento del Tribunale per i minorenni deve essere previsto anche nei casi in cui un minore straniero risulti in stato di abbandono.

 

Sanita' e accoglienza

Ben poco e' stato realizzato in questi anni riguardo alla realizzazione di strutture di accoglienza e di interventi a sostegno di fasce intrinsecamente deboli come quelle costituite dagli immigrati al loro arrivo in Italia. Restano cosi' disattese le disposizioni della legge 943 e della legge Martelli, e resta affidata al volontariato la gestione di servizi essenziali quali quelli dell'accoglienza alloggiativa e dell'assistenza sanitaria.

Un passo importante e' stato compiuto con la recente disposizione relativa all'estensione dell'assistenza sanitaria a tutti gli stranieri presenti, anche irregolarmente, in Italia. E' pero' necessario completare la normativa stabilendo l'obbligatorieta' dell'iscrizione al Servizio sanitario nazionale per tutti gli stranieri regolarmente soggiornanti con permessi di lunga durata, con equiparazione ai cittadini italiani in relazione agli obblighi contributivi.

La possibilita' di accesso in Italia per cure mediche deve essere poi prevista, in caso di urgenza o per ragioni umanitarie, anche quando l'interessato non sia in grado di garantire la copertura economica.

Deve essere disposta la realizzazione, anche in convenzione con le organizzazioni di volontariato, di strutture per l'accoglienza di immigrati privi di alloggio, e prevista la possibilita' di temporanea accoglienza anche per immigrati irregolari, in situazioni di emergenza o per motivi umanitari o di ordine pubblico.

Deve essere prevista, infine, la possibilita' di accesso degli stranieri regolarmente soggiornanti con permessi di lunga durata, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, alle stesse condizioni previste per gli italiani.

 

Espulsioni

Lo strumento dell'espulsione deve essere utilizzato tenendo conto del rischio di interferire gravemente con liberta' fondamentali della persona. Una sua maggiore efficacia (oggi da alcune parti invocata) non puo' essere quindi raggiunta mediante una applicazione sommaria che metterebbe a repentaglio la tutela di quelle liberta'.

La prima condizione da soddisfare e' piuttosto quella di non farne un elemento sostitutivo della politica di immigrazione e di controllo delle frontiere. La determinazione di canali di immigrazione legale opportunamente dimensionati e una intensa lotta ai trafficanti di immigrazione clandestina possono far si' che il provvedimento di espulsione debba essere adottato in un numero di casi non eccessivo e che quindi possa essere accompagnato da tutte le misure necessarie a rendere salve sia le esigenze di effettivita' sia quelle di tutela della persona.

E' opportuno, in ogni caso, che non si proceda a espulsione in caso di necessita' di cure mediche, in caso di gravidanza recente o in corso o qualora l'espulsione rischi di ledere in modo grave il diritto di asilo o il diritto all'unita' familiare; come pure - in caso di espulsione per soggiorno irregolare - quando il provvedimento risulti incongruo per il possesso, da parte dello straniero, dei requisiti sostanziali per il rilascio di un permesso di soggiorno.

Nei casi in cui l'espulsione si renda invece necessaria, e' comunque irrinunciabile il rispetto del diritto di ricorso da parte dello straniero. Tale diritto non puo' essere seriamente tutelato senza conservare alla presentazione del ricorso il carattere sospensivo nei confronti del provvedimento, attualmente previsto dalla legge. Qualsiasi forma di ricorso che possa essere intrapresa solo a espulsione avvenuta e' infatti del tutto priva di significato, stante la tipica precarieta' dell'inserimento sociale dei cittadini stranieri.

Il rischio che il provvedimento di espulsione finisca per perdere la propria incisivita' per la possibilita' che l'interessato, avvalendosi dei meccanismi sospensivi, si renda irreperibile puo' essere efficacemente contrastato dall'adozione di misure amministrative (dall'obbligo di firma fino all'obbligo di dimora). E' pero' necessario che il rigore della misura sia commisurato alla durata predeterminata della sua applicazione; in caso contrario, i tempi spesso lunghi della giustizia amministrativa si scaricherebbero in modo inaccettabile sul cittadino straniero, calpestandone di fatto il diritto di ricorso.

Allo straniero espulso deve essere poi garantita l'assistenza da parte di persona di sua fiducia e la presenza dell'interprete. Deve essergi inoltre consentito di prendere contatto con le autorita' del proprio Paese e con familiari o altre persone di fiducia, e di procedere al recupero degli effetti personali e del proprio denaro, incluse le somme guadagnate con lavoro anche irregolare.

Quando la tutela di diritti fondamentali renda non eseguibile il provvedimento di espulsione, l'interessato deve ottenere il rilascio di un permesso di soggiorno che gli consenta di provvedere legittimamente al proprio sostentamento.

Quanto all'espulsione motivata da commissione di reati o da svolgimento di altre attivita' illecite, infine, e' necessario escludere che la sanzione possa essere inflitta, sulla base di semplici indizi, in assenza di condanna. Risulterebbero gravemente vulnerati il diritto di difesa e il principio costituzionale di presunzione di innocenza.

 

Irregolarita' e reato

E' preoccupante il ricorrente tentativo di criminalizzare lo straniero in posizione illegale riguardo all'ingresso o al soggiorno.

Sarebbe contraria ad una lettura veritiera del fenomeno migratorio - e percio' gravemente iniqua ed inefficace - qualsiasi normativa che consideri lo straniero immigrato illegalmente alla stregua di un delinquente. Se infatti e' di norma accettabile che i pubblici poteri dispongano l'allontanamento degli stranieri illegalmente soggiornanti dal territorio dello Stato, e' da ritenersi del tutto sproporzionata qualsiasi norma che li punisca con sanzioni penali.

E' piuttosto necessario approfondire la conoscenza dei meccanismi (false informazioni date dagli sfruttatori dei traffici illegali o dagli stessi migranti che rientrano in patria, complicita' dei governi locali, corruzione e concussione nel rilascio di visti di ingresso per l'Italia, etc.) che interferiscono con un regolare svolgimento dei flussi migratori, e, laddove sia possibile, contribuire al loro sradicamento.

 

Giustizia penale

La rilevante presenza, nell'ambito della popolazione carceraria, di cittadini stranieri trova la sua causa principale nella diffusa impossibilita' per gli stranieri sottoposti a procedimento penale di godere di una adeguata assistenza legale e, per gli stranieri condannati, di accedere a forme di pena alternative alla detenzione. Il patrocinio gratuito in sede giudiziaria e' garantito oggi solo agli stranieri residenti e l'applicazione di pene non detentive richiede l'esistenza di un contesto di stabile inserimento sociale di cui raramente il cittadino straniero puo' usufruire.

E' necessario quindi che, in attuazione dell'articolo 24 della Costituzione, il patrocinio gratutito sia esteso a tutti gli stranieri in condizioni disagiate, a prescindere dal requisito di iscrizione anagrafica e di regolarita' del soggiorno, e che sia facilitato, anche in collaborazione con le associazioni di volontariato, l'accesso alle misure alternative alla detenzione. Devono inoltre essere garantiti, al detenuto straniero, il diritto di usufruire dell'assistenza di un interprete, il diritto all'osservanza religiosa, il diritto di stabilire contatti con i familiari e di intrattenere corrispondenza e colloqui telefonici in lingua straniera e la possibilita' di accesso al lavoro all'interno e all'esterno degli istituti penitenziari.

Una particolare attenzione va prestata ai cittadini stranieri che tentano di sottrarsi all'influenza della criminalita' organizzata o allo sfruttamento da parte dei racket della prostituzione o della tratta delle braccia. E' necessario prevedere delle forme di tutela nei casi in cui possa essere messa a rischio l'incolumita' di tali cittadini ed evitare che l'emersione dalle condizioni di sfruttamento o di coinvolgimento malavitoso sia scoraggiata dalla prospettiva di incorrere in un provvedimento di espulsione per soggiorno irregolare.

 

Stabilizzazione del soggiorno

Oggi l'inserimento sociale dell'immigrato e' reso problematico non solo dalla obiettiva precarieta' della sua condizione (lavoro a bassa qualificazione, difficolta' di reperimento di alloggi decorosi, difficolta' linguistiche), ma anche dalla instabilita' della posizione relativa al soggiorno. L'aver subordinato la possibilita' di rinnovo del permesso - nonche' la sua durata - all'entita' dei mezzi di sostentamento disponibili ha fatto fatto entrare molti immigrati in un circolo vizioso nel quale la precarieta' dei mezzi diventa causa della precarieta' del soggiorno e questa costringe ad accettare arrangiamenti sempre meno sicuri. Da questo circolo vizioso tipicamente gli immigrati escono abbandonando la via regolare per immergersi in irreversibili condizioni di irregolarita'.

In contrasto con questa tendenza, e' necessario che una progressiva stabilizzazione del soggiorno affranchi il cittadino straniero dal rischio di vedere improvvisamente negata l'autorizzazione per il prolungamento della propria permanenza in Italia.

Elemento essenziale di questo sostegno alla stabilizzazione deve essere l'istituzione di un documento di soggiorno di lunga durata (la carta di soggiorno), rilasciabile allo straniero regolarmente soggiornante in italia da almeno cinque anni, e rinnovabile, a tempo indeterminato, a condizione che non vi siano condanne per reati gravi a carico del titolare. La carta di soggiorno deve consentire al titolare di esercitare il diritto di elettorato attivo alle elezioni amministrative e di svolgere qualunque attivita' lavorativa (anche quando non sia soddisfatta la condizione di reciprocita'); deve inoltre preservarlo dalla possibilita' di allontanamento dal territorio dello Stato, salvi i casi di estradizione o di espulsione per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato.

 

Rapporti con i Paesi di emigrazione

Causa principale dei movimenti migratori verso l'Europa sono oggi, come gia' accennato, le intollerabili disparita' economiche tra i cosiddetti paesi in via di sviluppo e i paesi industrializzati, i disastri ambientali, i conflitti armati e le violazioni dei diritti fondamentali dell'uomo. Allo scopo di attenuare la pressione migratoria e' quindi certamente necessario rinforzare le politiche di cooperazione allo sviluppo economico, le azioni orientate a ristabilire la pace, i meccanismi di tutela ambientale, il controllo internazionale sul rispetto dei diritti dell'uomo.

E' tuttavia importante tener presente come, stante il loro carattere di lungo periodo, questi interventi non possano in alcun modo far passare in secondo piano le politiche piu' specifiche di immigrazione. Ben difficilmente, infatti, un'accelerazione dello sviluppo dei paesi di emigrazione potrebbe tradursi in un consistente beneficio per coloro che hanno gia' lasciato la propria terra o che si apprestano a lasciarla.

Politiche di cooperazione allo sviluppo e politiche di immigrazione devono allora porsi in rapporto di reciproco stimolo, piuttosto che di mutua esclusione. In particolare devono essere curati quegli aspetti comuni che concernono le rimesse dei lavoratori immigrati, i progetti di formazione mirata al reinserimento qualificato nei paesi di origine, gli accordi per la riammissione in condizioni dignitose dei cittadini stranieri allontanati dall'Italia e quelli per la tutela dei diritti previdenziali dei lavoratori.

 

Applicazione

La regolamentazione del fenomeno migratorio ha sofferto in questi anni di una eccessiva imprecisione nella definizione delle norme di legge. Piuttosto che da un quadro certo di diritti e doveri, il rapporto tra il cittadino straniero e la societa' e' stato regolato da una lunga serie di circolari amministrative, di fatto sottratte al controllo del potere legislativo e difficilmente conoscibili dagli interessati. Risulta cosi' disatteso il dettato dell'articolo 10 della Costituzione, che stabilisce che la condizione dello straniero sia regolata per legge.

Pesa poi sui pubblici poteri la responsabilita' di una lacunosa gestione dei flussi migratori nella loro dimensione ordinaria, con una delega di fatto alle organizzazioni di volontariato anche per interventi di carattere niente affatto emergenziale.

A questi problemi si sono sommati quelli generati da una applicazione disomogenea e talvolta arbitraria da parte degli uffici periferici. Non sono mancati, poi, casi di corruzione, i piu' eclatanti dei quali in relazione alla concessione di visti di ingresso.

E' necessario evitare che una formulazione carente o ambigua di disposizioni legislative possa generare una applicazione di esse non uniforme sul territorio nazionale o soggetta alla discrezionalita' delle diramazioni periferiche della pubblica amministrazione. A piu' forte ragione si deve evitare che con i diritti del cittadino straniero possano interferire le scelte discrezionali dell'amministratore eletto.

E' indispensabile una programmazione generale degli interventi dei pubblici poteri (a tutti i livelli: locale, regionale, nazionale e internazionale) nei diversi aspetti dell'immigrazione che superi e prevenga l'emergenza, coordini le azioni della pubblica amministrazione, colleghi le azioni del privato sociale, stimoli la formazione degli operatori e dei pubblici funzionari.

Deve essere infine garantita la trasparenza nell'uso delle risorse finanziarie ed esercitato un efficace controllo su quei settori dell'amministrazione nei quali maggiore e' il rischio che individui senza scrupoli possano trarre illeciti vantaggi dallo sfruttamento della condizione precaria del cittadino straniero.