La discussione sul ddl immigrazione entra nel vivo in commissione al Senato. Vi entra col rischio grave di blindatura da parte del governo, che vuole chiudere presto una partita che da molti mesi lo tiene sulle spine, e per i rapporti con la sua maggioranza, e per i rapporti con quella parte della societa' tradizionalmente attenta alla condizione degli stranieri. Il ddl ha raggiunto un assetto molto soddisfacente, anche per merito delle correzioni apportate dalla Camera, per tutto cio' che concerne le condizioni di ingresso in Italia (per lavoro, per studio, per motivi familiari), le condizioni di inserimento, le misure di assistenza sanitaria e sociale. E' ancora estremamente carente per quanto concerne la tutela di alcuni diritti fondamentali: il diritto di non essere respinti alla frontiera verso paesi nei quali la vita o la sicurezza personale siano messi a rischio; il diritto di far valere, in caso di espulsione, le proprie ragioni davanti a un giudice, e di far rientrare tra queste le condizioni di inserimento sociale raggiunte di fatto in Italia; il diritto di mantenere il proprio permesso di soggiorno anche quando sopravvengano difficolta' economiche; il diritto di non perdere la carta di soggiorno a causa di condanne irrisorie o non definitive; il diritto di veder definiti per legge i requisiti per il rinnovo del permesso; il diritto di accedere al patrocinio gratuito, a parita' con gli italiani, a prescindere dalle condizioni di regolarita' del soggiorno. Su tutti questi punti e su quello, importantissimo, di una sanatoria dei cittadini stranieri che si trovino irregolarmente in Italia alla data di entata in vigore della legge, le associazioni e i sindacati hanno presentato proposte e richiesto emendamenti. Il governo da questo orecchio non sembra sentire molto bene. Del resto, durezza d'orecchie e di cervice l'ha gia' dimostrata riguardo a tutta la vicenda degli albanesi, con deportazioni eseguite in spregio alle sue stesse direttive e comportamenti che, se adottati da un governo di destra, avrebbero fatto scendere in piazza un milione di persone.

Come reagiranno i partiti della maggioranza? Possono decidere di rispettare il loro programma elettorale e di essere coerenti con i loro principi di solidarismo cristiano (PPI), di garantismo (Verdi, con Manconi in testa), di difesa dei piu' deboli (Rifondazione), di democrazia e di legalita' (PDS). Possono decidere di ascoltare i suggerimenti che vengono da Caritas, Conferenza episcopale, Chiese evangeliche, ACLI, ARCI, Comunita' di S.Egidio, CGIL, CISL e UIL. Oppure possono piegarsi al desiderio del governo di non avere ulteriori fastidi, e dimostrare che solidarismo, garantismo, difesa dei deboli, democrazia e legalita' sono solo abiti della domenica, da indossare quando si tratta di aggiudicarsi una fetta di elettorato, e da dismettere quando la fetta e' gia' conquistata.

In quest'ultima malaugurata ipotesi, sapranno quei partiti trovare, per le prossime elezioni, una ragione per cui li si dovrebbe votare?