UN CONFRONTO TRA IL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO

E LA PROPOSTA JERVOLINO SULL'IMMIGRAZIONE

 

Una legge sull'immigrazione e' caratterizzata da tre elementi principali: la regolamentazione degli ingressi, i meccanismi di allontanamento degli stranieri in posizione illegale, le misure per l'integrazione degli stranieri legalmente soggiornanti.

Riguardo alle misure per l'integrazione, i contenuti di una legge possono essere valutati alla luce del principio-guida di una progressiva parificazione del cittadino straniero con il cittadino italiano. E' facile, quindi, che vi sia una sostanziale convergenza delle diverse proposte, in questo ambito. Tra il disegno di legge del Governo e la proposta Jervolino vi sono, infatti, differenze di portata relativamente limitata. Entrambi i testi prevedono il riconoscimento dei diritti in materia di assistenza sanitaria, unita' familiare, condizione dei minori, studio e partecipazione democratica. Nella proposta Jervolino e' prevista la rimozione dei requisiti di cittadinanza e reciprocita' con i paesi di appartenenza per l'esercizio delle attivita' di lavoro autonomo e, per coloro che abbiano titoli legalmente riconosciuti in Italia, delle professioni; nel disegno di legge, invece, l'accesso alle professioni e' limitatao al settore sanitario. Altre differenze riguardano le condizioni di rilascio, rinnovo e revoca del permesso o della carta di soggiorno: in particolare, la proposta Jervolino esclude che il permesso di soggiorno possa essere revocato quando vengano a mancare i requisiti di reddito che ne hanno consentito il rilascio, e che la carta di soggiorno possa essere negata o revocata in seguito a condanne lievi o, addirittura, a semplice rinvio a giudizio; e' anche escluso che il titolare di carta di soggiorno (vale a dire un titolare di diritto di voto amministrativo) possa essere espulso per motivi - quale la semplice prevenzione - diversi da quelli di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato.

Perche' le misure per l'integrazione possano trovare efficace attuazione, tuttavia, e' indispensabile che gli altri due elementi di una legge - il controllo dei flussi e i meccanismi di allontanamento - consentano il mantenimento delle condizioni di regolarita' del fenomeno migratorio. E' evidente infatti come, quando siano le stesse norme sugli ingressi a produrre una strozzatura del canale di immigrazione regolare, il flusso migratorio che potrebbe e dovrebbe essere fisiologicamente assorbito dal mercato del lavoro italiano finisce per imboccare percorsi alternativi e formalmente illegali. Il ripristino delle condizioni di legalita' e' in tal caso affidato, in linea di principio, ai provvedimenti di espulsione; ma l'innaturale allargamento del bacino di irregolarita' impedisce l'individuazione di meccanismi di allontanamento che siano simultaneamente efficaci e rispettosi dei diritti fondamentali della persona. In proposito, le differenze tra il disegno di legge del Governo e la proposta Jervolino appaiono piu' profonde.

Il disegno di legge prevede che l'ingresso del lavoratore possa avvenire, nell'ambito di quote programmate, secondo due diverse modalita': la chiamata da parte di un datore di lavoro e la prestazione di garanzia da parte di uno sponsor. Nel primo caso, la chiamata puo' essere nominativa o numerica; quest'ultima e' effettuata attingendo dalle liste di prenotazione eventualmente istituite nei Paesi con cui l'Italia stipuli accordi bilaterali in materia di immigrazione. Nel secondo, la garanzia e' nominativa e puo' essere prestata da un privato o da un'associazione.

Queste norme non sembrano costituire un significativo progresso rispetto alla deficitaria politica degli ingressi attuata in questi anni. Quote e liste di prenotazione sono gia' previste dalle leggi esistenti (la legge 943/1986 e la legge 39/1990), ma non sono evidentemente sufficienti a garantire l'efficace incontro tra domanda e offerta del lavoro. In Italia, infatti, la manodopera straniera e' richiesta in modo particolare per lavori - la collaborazione domestica e l'assistenza domiciliare, ad esempio - per i quali risulta indispensabile una conoscenza diretta preventiva tra il datore di lavoro e il lavoratore. Pochissimi assumerebbero un assistente domiciliare o una collaboratrice familiare senza averlo prima incontrato.

La possibilita' di cercare direttamente in Italia il lavoro, nell'ambito - s'intende - delle quote stimate necessarie dal Governo, e' garantita in modo certamente innovativo dalla previsione relativa allo sponsor. Tuttavia, per come e' congegnata la disposizione, tale possibilita' sembra destinata comunque a limitarsi ai pochi casi di lavoratori stranieri che godano di qualche legame con soggetti gia' presenti sul territorio italiano. Resta quindi irrisolto il problema della maggior parte del flusso di immigrazione per lavoro.

La proposta Jervolino risolve questo problema differenziandosi dal testo del Governo sotto due aspetti. In primo luogo, stabilisce che le liste di prenotazione siano tenute - dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane, o, in mancanza, da altra idonea istituzione - in tutti i paesi di emigrazione, e non solo in quelli con cui sono stati stipulati accordi bilaterali. In tal modo si da' a tutti i lavoratori stranieri la possibilita' di segnalare la propria aspirazione a migrare.

In secondo luogo prevede che, una volta determinata dal Governo la quota di ingressi per lavoro, questi siano autorizzati - fino a completamento della quota - sulla base della semplice richiesta di visto di ingresso da parte degli iscritti nelle liste di prenotazione, nell'ordine corrispondente a una graduatoria fondata sull'anzianita' di iscrizione. Si ottiene in tal modo il duplice risultato di garantire significativamente l'incontro diretto tra domanda e offerta di lavoro e di incentivare il rispetto delle condizioni di immigrazione legale. Il fatto che ogni anno venga attinta dalle liste di prenotazione la quota programmata dal Governo, permette infatti anche all'iscritto in posizione arretrata di vedere approssimarsi progressivamente la propria occasione di migrazione regolare, e lo dissuade dal tentare vie alternative, illegali e gravate da costi e rischi non indifferenti.

Una adeguata regolamentazione degli ingressi, riducendo drasticamente il bacino di irregolarita', limita a un numero di casi sensibilmente piu' basso l'applicazione del provvedimento di espulsione per soggiorno illegale e rimuove il pericolo di contrasto tra le esigenze di efficacia e di rispetto dei diritti della persona.

Riguardo ai criteri e alle modalita' di applicazione del provvedimento di espulsione, il disegno di legge prevede che questa possa aver luogo, oltre che in corrispondenza a condanne penali o a gravi rischi per l'ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato, quale misura di prevenzione di comportamenti delittuosi o per soggiorno illegale. In questi ultimi casi (prevenzione e soggiorno illegale) l'espulsione e' disposta dal prefetto, e di norma consiste nell'intimazione a lasciare il territorio dello stato entro quindici giorni. Entro cinque giorni il cittadino straniero puo' presentare ricorso davanti al pretore, che decide entro i restanti dieci giorni. Qualora pero' lo straniero non ottemperi all'obbligo di allontanamento o il prefetto ritenga che vi sia il rischio di una tale infrazione, puo' essere disposto l'accompagnamento immediato alla frontiera. In questo caso lo straniero espulso puo' presentare ricorso dall'estero entro trenta giorni.

Quando non sia possibile l'accompagnamento immediato alla frontiera, lo straniero e' posto sotto custodia in centri appositi, per un tempo limitato. Il pretore interviene per la convalida del provvedimento entro quarantotto ore e, contestualmente, esamina anche l'eventuale ricorso dell'espellendo.

Lo straniero espulso, infine, non puo' rientrare in Italia per un periodo di cinque anni.

La proposta Jervolino differisce dal disegno di legge per quattro elementi principali. E' esclusa intanto l'espulsione quale misura di prevenzione, che sembra difficilmente conciliabile con il principio costituzionale di presunzione di innocenza e che difficilmente puo' risultare bilanciata, in un contesto di norme intese a dare maggiore speditezza al provvedimento di espulsione, da efficaci strumenti di ricorso.

E' escluso altresi' che si possa procedere ad accompagnamento immediato alla frontiera sulla base di una valutazione discrezionale del prefetto. Non appare infatti compatibile con il diritto al ricorso effettivo, tutelato dalle convenzioni internazionali, la previsione di un provvedimento contestabile solo con un ricorso dall'estero, ad allontanamento irreparabilmente avvenuto.

Inoltre, anche allo scopo di limitare ai casi di effettiva opportunita' l'esecuzione del provvedimento di allontanamento dal territorio dello Stato, e' previsto, in caso di ricorso, che l'esecuzione del provvedimento sia sospesa fino alla decisione dell'autorita' competente, e che tale autorita' valuti non soltanto la legittimita' del provvedimento, ma anche la congruita' di esso, tenendo nel giusto conto il rischio di violazione di diritti fondamentali (in relazione ad asilo, unita' familiare, salute, condizione dei minori), come pure il grado di inserimento sociale effettivo dello straniero.

Infine, il divieto di reingresso e' sensibilmente alleggerito per lo straniero che rispetti l'obbligo di allontanamento, in modo tale da commisurare opportunamente la sanzione all'infrazione che ne e' causa.