(Sergio Briguglio 1/6/1997)

 

L'ACCESSO DEI CITTADINI STRANIERI ALLE

ATTIVITA' DI LAVORO SUBORDINATO

 

La situazione attuale

Il primo provvedimento legislativo di rilievo in materia di immigrazione per lavoro e' costituito dalla legge 943 del 1986. La legge prevede che siano istituite speciali liste per il collocamento dei lavoratori stranieri. In esse devono essere iscritti prioritariamente gli stranieri che gia' si trovano sul territorio dello Stato; di seguito, devono trovarvi posto coloro che, risiedendo ancora all'estero, aspirino a migrare in Italia per ragioni di lavoro. Il datore di lavoro che voglia attingere a queste liste speciali avanza una richiesta di autorizzazione al lavoro, che viene accolta una volta accertata l'indisponibilita' di manodopera italiana o comunitaria. La richiesta di autorizzazione fa riferimento, di norma, alle posizioni di vertice delle liste speciali; vale cioe' il meccanismo della chiamata numerica. Tuttavia, per lavori che necessitino di un particolare rapporto fiduciale tra datore di lavoro e lavoratore (la collaborazione familiare, ad esempio), e' consentita l'assunzione con chiamata nominativa; in tal caso la richiesta di autorizzazione al lavoro puo' riguardare anche soggetti in posizione arretrata in graduatoria o, addirittura, non iscritti nelle liste.

Il meccanismo di accesso all'immigrazione regolare per lavoro previsto dalla legge 943 e' palesemente claudicante. Infatti, mentre l'ipotesi di chiamata numerica da una lista nella quale possano iscriversi gli aspiranti immigrati puo' dare risposta alle eventuali necessita' del mercato del lavoro nel settore dell'industria, la semplice previsione della possibilita' di una chiamata nominativa non e' sufficiente a garantire un efficiente incontro tra domanda e offerta di lavoro nel settore dei servizi alla persona. E' del tutto irrilevante, infatti, che il datore di lavoro possa scegliere liberamente il lavoratore da adibire - poniamo - alla collaborazione familiare o all'assistenza domiciliare ad un anziano, se non ha modo di conoscere preventivamente e direttamente il lavoratore stesso; ed e' assolutamente evidente come, quando si tratti di un lavoratore che aspiri a migrare trovandosi ancora nel proprio paese d'origine, tale conoscenza sia difficilmente ipotizzabile. Se si tiene conto, poi, del fatto che i lavori per i quali in Italia e' accertabile l'indisponibilita' di manodopera nazionale afferiscono prevalentemente al settore dei servizi, piuttosto che a quello dell'industria, si comprende come le carenze della 943 non siano di poco conto.

In presenza di una notevole capacita' di assorbimento da parte del mercato del lavoro italiano - almeno per il citato settore dei servizi - e in assenza di una normativa che consenta ai lavoratori stranieri di dare regolarmente risposta al fabbisogno di manodopera, il concorso di interessi tra datori di lavoro e lavoratori crea una via di immigrazione per lavoro percorribile, sebbene irregolare: il meccanismo tipico per l'accesso ad una posizione lavorativa diventa quello, piuttosto facile, di un ingresso regolare per turismo con reperimento sul posto di una opportunita' di lavoro (si noti: a valle di un incontro diretto col datore di lavoro) e prolungamento irregolare del soggiorno. Gli immigrati, pur raggiungendo cosi' un inserimento relativamente stabile in Italia, restano relegati in condizioni di irregolarita' - tanto riguardo al soggiorno, quanto rispetto alla posizione lavorativa. Le conseguenze di questo fenomeno possono essere facilmente immaginate: l'immigrato tipicamente viene pesantemente sfruttato, avendo scarsa coscienza dei propri diritti e scarsissima fiducia nelle istituzioni, dalle quali teme di veder minacciata la propria permanenza in Italia. Privato in larga misura di quanto gli spetta in termini di salario e non potendo godere di alcuna forma di assistenza sociale, l'immigrato finisce per affidarsi a soluzioni alloggiative di fortuna, anche queste spesso gravate da speculazione e generalmente immerse in condizioni di preesistente tensione sociale. Contemporaneamente, la disponibilita' ad accettare livelli di retribuzione sensibilmente piu' bassi di quelli garantiti dagli accordi sindacali fa si' che egli, piu' o meno propriamente, sia percepito dal disoccupato italiano come un concorrente sleale.

La legge Martelli introduce alcune importanti modifiche nella legislazione sulla condizione degli stranieri in Italia. In particolare, riguardo al problema fin qui esaminato dell'accesso all'immigrazione regolare per lavoro, la legge stabilisce che, piuttosto che far riferimento ad un criterio predefinito, si ricorra ad una programmazione annuale ad opera del Governo. Il Governo e' cioe' tenuto a definire, alla fine di ogni anno, l'entita' e la composizione dei flussi di immigrazione per lavoro per l'anno successivo. Nel programmare i flussi, il Governo deve tener conto, oltre che delle esigenze dell'economia italiana e delle effettive capacita' di accoglienza della societa', del numero di richieste di permesso di soggiorno per lavoro avanzate da cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno ad altro titolo (turismo, ad esempio).

Queste disposizioni costituiscono un indubbio avanzamento, in termini di efficacia, rispetto al quadro definito dalla legge 943. In primo luogo, perche' e' prevista la possibilita' di correggere annualmente i criteri di accesso, qualora quelli precedentemente adottati si rivelino inadeguati. In secondo luogo, perche' si riconosce come, laddove una seria programmazione sia ostacolata dalla difficolta' di censire una domanda di lavoro capillarmente diffusa (si pensi alla collaborazione familiare), debba essere visto con favore il processo di autonoma ricerca di lavoro da parte dell'immigrato, quand'anche questo avvenga nell'ambito di un soggiorno - quello per turismo - che di per se' non abilita al lavoro.

Disgraziatamente l'attuazione che viene data a queste norme e' estremamente miope: tutti i decreti di programmazione dal '90 ad oggi non vanno oltre uno stanco riferimento alle carenti disposizioni della legge 943. Per di piu', essendo state nel frattempo improvvidamente soppresse - dalla circolare 37/1989 del Ministero del lavoro - le liste speciali previste dalla legge (peraltro mai rese effettive per la parte relativa agli stranieri residenti all'estero), ed essendo diventata cosi' impraticabile qualunque forma di chiamata numerica, l'unica possibilita' di accesso al lavoro resta quella della chiamata nominativa. Nessuna chance viene invece data a chi chieda la conversione del permesso di soggiorno per turismo in permesso di soggiorno per lavoro.

Vanificati in tal modo la maggior flessibilita' ed il maggior realismo riguardo alla necessita' di ricerca sul posto dell'opportunita' di lavoro introdotti dalla legge Martelli, il processo di inserimento di lavoratori immigrati in Italia prosegue all'interno del canale irregolare gia' sperimentato. Il bacino di irregolarita', svuotato dalla sanatoria prevista dalla stessa legge, riprende cosi' a crescere ad un ritmo sostanzialmente inalterato, stimabile in circa ottanta-centomila unita' per anno.

 

I principali contenuti del ddl n. 3240 e le modifiche proposte dalle associazioni

Art. 3

Politiche migratorie

- Il Governo, sentiti il CNEL, le Conferenze Stato-regioni e Stato-citta' e le parti sociali, emana ogni tre anni un documento sulle politiche migratorie e, annualmente, definisce con decreto le quote massime ammesse per lavoro subordinato e autonomo, tenendo conto anche degli ingressi nel mercato del lavoro di stranieri entrati per ricongiungimento o per asilo.

Art. 19

Programmazione dei flussi di ingresso

- L'ingresso per lavoro subordinato avviene nell'ambito delle quote programmate. Quote riservate possono essere assegnate a Paesi con i quali siano conclusi accordi bilaterali finalizzati al controllo dei flussi e alla riammissione in Patria degli stranieri allontanati o respinti.

- La programmazione tiene conto dei dati dettagliati relativi all'andamento dell'occupazione per le diverse qualifiche e mansioni e al numero di stranieri iscritti nelle liste di collocamento.

- Gli accordi bilaterali possono prevedere che i lavoratori che aspirino a migrare in Italia per lavoro si iscrivano in liste di prenotazione tenute con le modalita' stabilite dagli stessi accordi e periodicamente inoltrate al Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

Modifiche proposte:

- Al comma 3: stabilire esplicitamente che le liste di prenotazione siano tenute dalle Rappresentanze diplomatiche o consolari e non - ad esempio - dalle autorita' del Paese straniero, per evitare che una gestione non trasparente delle liste e delle graduatorie danneggi ingiustamente persone che aspirino a migrare in Italia. Stabilire anche che le liste siano tenute in tutti i Paesi stranieri, e non solo in quelli con cui sono stati stipulati accordi. In caso contrario, gli stranieri provenienti da Paesi privi di accordi, potranno di fatto entrare solo irregolarmente; al momento di espellerli, si dovra' tentare di farli riammettere nel loro proprio Paese, con il quale pero' non esiste accordo di riammissione!

Art. 20

Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato

- Il datore di lavoro regolarmente presente in Italia che voglia assumere uno straniero residente all'estero procede a chiamata nominativa ovvero - attingendo dalle liste di prenotazione eventualmente istituite - numerica, previo rilascio di autorizzazione al lavoro. Tale rilascio e' subordinato alla dimostrazione della capacita' di provvedere alla sistemazione alloggiativa al lavoratore.

- Il lavoratore che rimanga disoccupato puo' iscriversi nelle liste di collocamento fino alla scadenza del permesso e comunque, salvo il caso di permesso per lavoro stagionale, per almeno un anno.

- Arresto fino a un anno e ammenda fino a sei milioni di lire per il datore di lavoro che occupi alle proprie dipendenze un lavoratore privo di valido permesso di soggiorno per lavoro subordinato.

Modifiche proposte:

- Al comma 1: prevedere che, una volta determinata dal Governo la quota di ingressi per lavoro, questi possano essere autorizzati, fino a completamento della quota, sulla base della semplice richiesta di visto di ingresso da parte degli iscritti nelle liste di prenotazione, nell'ordine corrispondente a una graduatoria fondata sull'anzianita' di iscrizione. Si ottiene in tal modo il duplice risultato di garantire l'incontro diretto tra domanda e offerta di lavoro (irrinunciabile, ad esempio, per i lavori di cura) e di incentivare il rispetto delle condizioni di immigrazione legale. Venendo attinta ogni anno dalle liste di prenotazione la quota programmata dal Governo, infatti, anche l'iscritto in posizione arretrata vedrebbe approssimarsi progressivamente la propria occasione di migrazione regolare, e sarebbe dissuaso dal tentare vie alternative, illegali e gravate da costi e rischi non indifferenti.

Art. 21

Prestazione di garanzia per l'accesso al lavoro

- L'ingresso e' consentito anche al lavoratore richiesto nominativamente da un cittadino regolarmente presente in Italia, che garantisca per lui in relazione al sostentamento, all'alloggio, alla copertura delle spese sanitarie. Lo straniero cosi' entrato ottiene un permesso della durata di due anni, valido per l'iscrizione nelle liste di collocamento, rinnovabile se permangono i requisiti, e convertibile in permesso per lavoro subordinato o autonomo.

- Possono prestare garanzia anche le associazioni di volontariato operanti nel campo dell'immigrazione da almeno tre anni.

- Il regolamento stabilisce le condizioni per la prestazione di garanzia.

Art. 22

Lavoro stagionale

- Il datore di lavoro regolarmente presente in Italia o le associazioni di categoria che vogliano assumere lavoratori stagionali procedono a chiamata nominativa, ovvero, attingendo dalle liste di prenotazione, numerica.

- L'autorizzazione al lavoro e' rilasciata entro quindici giorni e puo' avere validita' minima di venti giorni e massima di nove mesi, anche con riferimento a piu' datori di lavoro.

- Il lavoratore straniero che lasci l'Italia nei tempi consentiti ha diritto di precedenza sui connazionali mai entrati in Italia per lavoro. Tale precedenza e' tutelata in fase di rilascio delle autorizzazioni al lavoro.

- Il permesso di soggiorno puo' essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, in presenza delle rispettive possibilita' di occupazione.

Modifiche proposte:

- Al comma 1: riguardo alle modalita' di ingresso, vale quanto esposto in relazione all'articolo 20.

- Al comma 4: piuttosto che un diritto di precedenza, prevedere un diritto certo di reingresso. Altrimenti si incentiva la permanenza irregolare, dal momento che la semplice precedenza non da' garanzie sufficienti.

Art. 5

Permesso di soggiorno

- La durata del permesso non puo' comunque superare:

a) due anni, per lavoro subordinato a tempo indeterminato;

b) il periodo necessario, per lavoro subordinato a tempo determinato;

c) sei o nove mesi, per lavoro stagionale.

Modifiche proposte:

- Al comma 3: Escludere che il permesso per lavoro subordinato possa avere durata inferiore a due anni (la minor durata prevista per il permesso per lavoro subordinato a tempo determinato costituisce un inutile aggravio dei compiti delle questure e dei doveri dell'immigrato).