Caritas Italiana Fondazione Migrantes

 

 

CONTRIBUTO PER LA NUOVA LEGGE SULL'IMMIGRAZIONE

 

E' trascorso appena un anno da quando la Caritas Italiana e la Fondazione Migrantes hanno trasmesso a Caritas e Migrantes diocesane, oltre che a diverse istanze politiche, parlamentari e governative, le "Linee guida per una legge organica sull'immigrazione"; era l'ultimo di una serie di documenti con cui i due organismi ecclesiali si sono pronunciati in forma critica e propositiva su interventi o proposte legislative in tema migratorio susseguitisi nel giro di pochi mesi.

Il dibattito sull'immigrazione si e' ora riacceso, nel contesto dei drammatici esodi dalla terra albanese, con particolare vivacita' attorno al disegno di legge "Disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero", approvato dal Governo il 14 febbraio. Di fronte all'iniziativa del Governo una vasta area di organismi e associazioni di ispirazione sia religiosa sia laica, ha preso posizione, mettendo a punto una serie di proposte e di emendamenti intesi non a sovvertire ma a migliorare il testo governativo. Si ritiene infatti che tale testo, apprezzabile per la sua impostazione generale e per molti dei suoi contenuti - in particolare quelli relativi alle politiche di integrazione - possa costituire solida base per una legge che sia effettivamente organica ed efficace a condizione che vengano recepite modifiche e integrazioni, senza le quali l'intero impianto rischia di risultare compromesso.

La Caritas Italiana e la Fondazione Migrantes hanno tenuto, il 19 marzo scorso, un incontro con loro rappresentanti regionali, per una riflessione comune sul disegno di legge e su altre proposte avanzate di recente in fatto di immigrazione. Sulla base delle indicazioni emerse da tale riflessione e' stato redatto il presente documento, prime destinatarie del quale sono le Caritas e Migrantes regionali e diocesane. Si ritiene in particolare che esso possa costituire un valido contributo sia per orientare e sensibilizzare al problema le nostre comunita' ecclesiali, sia per interloquire con proposte concrete e ragionate con le forze sociali e politiche locali, in vista dell'imminente dibattito parlamentare sul disegno di legge, che si profila di decisiva importanza non solo per gli immigrati ma per l'intera societa' italiana. Per tale motivo riteniamo opportuno che i Direttori Diocesani dei due organismi programmino - in accordo col proprio Vescovo - momenti specifici di riflessione, eventualmente tenendo aggiornate sulle iniziative prese le nostre Direzioni Nazionali.

Questo documento si pone sulla falsariga delle precedenti "Linee guida", che qui vengono in parte presupposte e riportate (cfr. nn.1-11 in allegato), in parte rielaborate e aggiornate a un contesto sociale e migratorio in continua evoluzione. Qualche particolare risultera' probabilmente opinabile e sostituibile con altre soluzioni alternative; si e' tuttavia convinti che le linee di fondo, ispiratrici di tutto l'insieme, oltre ad essere in sintonia con la Dottrina sociale della Chiesa e col Convegno ecclesiale di Palermo, che nel documento conclusivo sollecita le forze ecclesiali a "significative proposte", anche in vista di una "legge organica per l’accoglienza degli emigrati" (nr. 35), siano suggerite e convalidate dalla lunga esperienza e dal coinvolgimento diretto di Caritas e Migrantes, come pure di molte altre realta' ecclesiali, nella vita dei migranti.

 

Roma, 7 maggio 1997

INDICAZIONI PER UNA REVISIONE DEL DISEGNO DI LEGGE

 

1) Controllo dei flussi

L'elemento essenziale che deve essere garantito dalla normativa e' la possibilita' che il Governo definisca periodicamente, sulla base delle esigenze del mercato del lavoro e del livello della pressione migratoria, un adeguato canale di immigrazione regolare per lavoro effettivamente percorribile dal lavoratore straniero. Risulta necessario, in particolare,

a) definire procedure certe per la segnalazione, da parte del lavoratore straniero residente all'estero, della propria aspirazione a migrare in Italia;

b) garantire un efficace incontro tra domanda e offerta di lavoro;

c) evitare che un eccessivo appesantimento dei requisiti per l'ingresso legale si traduca in una incentivazione delle forme di immigrazione illegale;

d) dare contenuti effettivi ai diritti maturati dai lavoratori stagionali che rispettino gli obblighi previsti dalla legge in relazione al soggiorno.

Il d.d.l. sembra delineare invece un mercato di lavoro eccessivamente rigido e lasciar predominante quel sistema di chiamata nominativa dall'estero (cfr. art. 20, comma 2) che e' - a quanto conferma una lunga e diretta esperienza - alla base dello scarso realismo e della scarsa efficacia dell'attuale regolamentazione degli ingressi per motivi di lavoro, e che, di conseguenza, sta alla base anche della spinta all'immigrazione illegale per decine di migliaia di persone ogni anno. Appare pertanto indispensabile apportare al testo del disegno di legge le modifiche seguenti.

- Stabilire esplicitamente (art. 19) che le liste di prenotazione siano tenute dalle Rappresentanze diplomatiche o consolari e non - ad esempio - dalle autorita' del Paese straniero, per evitare che una gestione non trasparente delle liste e delle graduatorie danneggi ingiustamente persone che aspirino a migrare in Italia. Stabilire anche che le liste siano tenute per tutti i Paesi stranieri - e non solo per quelli con cui sono stati stipulati accordi - disciplinando, ove necessario, le modalita' di raccolta, da parte di un'unica rappresentanza, dei nominativi di cittadini provenienti da piu' Paesi vicini; in caso contrario, gli stranieri provenienti da Paesi privi di accordi, potranno di fatto entrare in Italia solo irregolarmente. Definire infine modalita' transitorie di programmazione dei flussi anche per il periodo che precedera' l'effettiva apertura delle liste di prenotazione.

- Prevedere (art. 20) che per i settori in cui è prevista una rilevante o persistente carenza di manodopera e in corrispondenza alle mansioni che necessitano di un incontro diretto preventivo tra lavoratore e datore di lavoro l'ingresso degli iscritti nelle liste di prenotazione sia autorizzato, nel rispetto di una graduatoria fondata sull'anzianita' di iscrizione e nel limite fissato dalla programmazione, sulla base della semplice richiesta di visto. In mancanza di una tale previsione, cui dovrebbe corrispondere, in analogia con quanto disposto dall'articolo 21 in relazione alla prestazione di garanzia, il rilascio di un permesso di soggiorno della durata di due anni, risulta di fatto preclusa la possibilita' di migrazione per lavori, quali la collaborazione domestica o l'assistenza domiciliare, per tutti coloro che non possano contare su uno sponsor o su una chiamata, non avendo contatti con soggetti regolarmente presenti in Italia.

- Mantenere (art. 20) la possibilità di presentare richiesta nominativa di assunzione per lavoratori stranieri non iscritti nelle liste di prenotazione o in eccesso rispetto alle quote annuali, al fine di non irrigidire irragionevolmente la disciplina del mercato di lavoro. Tuttavia, per impedire che tali eventuali ulteriori ingressi per lavoro possano vanificare il sistema degli ingressi di lavoratori inclusi nelle quote, prevedere che, per tali casi, sia ripristinata la verifica preventiva dell’indisponibilità di altri lavoratori italiani o stranieri già iscritti nelle liste di collocamento aventi le qualifiche richieste.

- Chiarire (art. 4) che la dimostrazione di disponibilita' di mezzi di sostentamento e' da considerarsi requisito necessario per l'ingresso solo nei casi di soggiorni di durata non superiore a tre mesi, salvo che sia diversamente disposto dalla legge. In mancanza di tale precisazione, sarebbero irragionevolmente soggetti all'obbligo di dimostrazione della disponibilita' di mezzi anche gli stranieri, che fanno ingresso - ad esempio - per lavoro subordinato o per motivi familiari, nonche' gli stranieri che fanno ingresso per cure mediche nell'ambito di programmi umanitari. L'accertamento della disponibilita' di mezzi in relazione ad ingressi per soggiorni piu' lunghi, quando previsto espressamente dalla legge (ad esempio, nel caso di ingresso per lavoro autonomo), dovrebbe esaurirsi poi nella fase di rilascio del visto, e non essere ripetuto all'atto dell'attraversamento della frontiera. Si dovrebbe prevedere, infine, che la dimostrazione di disponibilita' di mezzi possa essere sostituita, in caso di ingresso per lavoro autonomo o per studio, da presentazione di garanzia prestata da ente o privato, in analogia con quanto previsto dall'articolo 21.

- Escludere (art. 4) che il regolamento possa stabilire ulteriori condizioni ed adempimenti in materia di ingresso, dovendosi invece prevedere che il regolamento si limiti - per non violare la riserva di legge prevista dal comma 2 dell'articolo 10 della Costituzione - a definire le modalita' di accertamento dei requisiti gia' definiti dalla legge. Occorre infatti osservare che, quelle ulteriori condizioni, eventualmente introdotte dal regolamento di attuazione, non interesserebbero soltanto l'ingresso nel territorio dello Stato, ma entrerebbero a far parte di quei "requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno" che il comma 5 dell'articolo 5 configura come presupposti per il rilascio o il rifiuto di rinnovo o la revoca del permesso di soggiorno.

- Escludere (art. 5) che, in presenza di convenzioni internazionali ratificate dall'Italia, il rifiuto del permesso possa essere determinato dal mancato soddisfacimento da parte dello straniero di requisiti minori - non legati cioe' alle esigenze di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o alla segnalazione ai fini della non ammissione - per il soggiorno in uno degli Stati contraenti.

- Prevedere di norma - salvo, cioe', il caso di gravi difficolta' occupazionali -, oltre al diritto di precedenza (art. 22), una garanzia di reingresso per lo stagionale che lasci l'Italia regolarmente alla scadenza del permesso. La formulazione attuale della disposizione, rischia infatti di incentivare la permanenza irregolare, dal momento che la semplice precedenza, restando condizionata alla programmazione, non da' garanzie sufficienti di reingresso in Italia al lavoratore straniero.

 

2) Allontanamento dal territorio dello Stato

L'obiettivo di una efficace prevenzione e repressione dell'immigrazione illegale non puo' prescindere dalla definizione, in base alle linee fin qui esposte, di adeguate modalita' di immigrazione legale. La ricerca di misure repressive piu' efficaci puo' quindi essere coronata da successo solo nell'ipotesi che tali percorsi di immigrazione legale risultino previsti e garantiti dalla normativa. Una simile ricerca, che puo' e deve condurre all'individuazione di severe misure contro le organizzazioni criminali ed i datori di lavoro senza scrupoli che sfruttano il fenomeno dell'immigrazione clandestina, non puo' pero', in nessun caso, far derogare alla tutela dei diritti fondamentali in fase di respingimento o di espulsione di quanti non risultino in regola con le norme sull'ingresso o sul soggiorno o siano comunque da allontanare dal territorio dello Stato. Deve essere poi sostanzialmente esclusa la possibilita' di applicazione discrezionale delle norme da parte della pubblica amministrazione. Infine, anche allo scopo di non rendere inutilmente oneroso il compito di una efficiente esecuzione dei provvedimenti in questione, e' necessario evitare che essi siano adottati nei casi in cui risultino palesemente incongrui con la violazione commessa, alla luce delle condizioni di inserimento del cittadino straniero. Sembrano indispensabili, pertanto, le seguenti modifiche.

- Estendere il riconoscimento dei diritti fondamentali della persona (art. 2) allo straniero che in qualunque modo si presenti alla frontiera dello Stato.

- Garantire in ogni caso (art. 8), allo straniero respinto, l'assistenza, anche ai fini della presentazione di ricorsi, da parte di strutture o servizi di accoglienza da istituirsi ai valichi di frontiera autorizzati, escludendo cosi' ogni forma di respingimento "sommario". Tali strutture o servizi dovrebbero anche fornire informazione, interpretariato e assistenza agli stranieri che intendono presentare domanda di asilo o fare comunque ingresso in Italia. Ai valichi aeroportuali, tali servizi dovrebbero essere messi a disposizione all'interno della zona di transito.

- Limitare la possibilita' di respingimento di chi e' entrato al di fuori dei valichi autorizzati (art. 8) al caso in cui lo straniero e' fermato in prossimita' della frontiera. Negli altri casi si dovrebbe adottare il provvedimento amministrativo di espulsione. Stabilire comunque una chiara distinzione tra i provvedimenti di respingimento alla frontiera e di espulsione dal territorio dello Stato.

- Limitare le sanzioni e gli obblighi a carico del vettore di linea che ha portato lo straniero per il quale si deve procedere al respingimento (art. 8) al solo caso di mancata segnalazione, alle autorita' di frontiera, della presenza a bordo di straniero privo dei documenti necessari per l'ingresso. In caso contrario, al potenziale richiedente asilo privo di documenti potrebbe essere negata, dal vettore, la partenza stessa verso l'Italia. Il vettore sarebbe inoltre tenuto a un impossibile controllo relativo alla disponibilita' di mezzi di sostentamento dello straniero.

- Prevedere espressamente la possibilita' di ricorrere al TAR contro i provvedimenti di respingimento.

- Escludere che un provvedimento di eccezionale gravita' quale l'espulsione possa essere irrogato quale misura di prevenzione fondata sul semplice sospetto (art. 11), dovendosi ritenere che questo contrasti col principio costituzionale di presunzione di innocenza.

- Escludere la pressoché illimitata discrezionalità del prefetto circa l’espulsione (art. 11), prevedendo che l’immediata esecutività dei provvedimenti di allontanamento dal territorio dello Stato sia collegata ad un rafforzamento dei mezzi di tutela giurisdizionale assicurati allo straniero, e disponendo, in particolare, che il ricorso contro un provvedimento di espulsione immediatamente esecutivo possa essere presentato dall'interessato, anche "per vie brevi", contestualmente alla consegna del decreto di espulsione, e che in tal caso il ricorrente non sia allontanato dal territorio dello Stato, ma sia al piu' trattenuto nel centro di custodia, in attesa della decisione del pretore. Stabilire poi che ai fini di tale decisione si tenga conto della congruita' del provvedimento di espulsione con particolare riferimento al grado di inserimento dello straniero e al rischio di violazione di diritti fondamentali (asilo, famiglia, salute, minori). Garantire infine la sospensione del provvedimento di espulsione in tutti i casi in cui il pretore non si sia pronunciato sul ricorso entro il termine fissato.

- Disporre che di norma il reingresso antecedente alla scadenza dei termini del divieto di rientro successivo all'espulsione (art. 11) sia autorizzato dal Ministro dell'interno, su richiesta dello straniero espulso, nei casi in cui e' necessario tutelare il diritto all'unita' familiare dell'interessato.

- Prevedere (art. 12) che, qualora scadano i termini previsti per la custodia nel centro di permanenza temporanea senza che siano stati eseguiti il respingimento o l'espulsione, allo straniero sia rilasciato un permesso di soggiorno per i motivi e con la durata determinati dal pretore all'atto della convalida del provvedimento di custodia.

- Estendere il principio di non refoulement (art. 17) al caso di stranieri in pericolo per motivi che giustificherebbero il loro accoglimento per protezione temporanea, a norma dell'articolo 18, ed estendere la condizione di non espellibilita' alla categoria degli stranieri nati e vissuti continuativamente in Italia, ogni qual volta questo sia richiesto dalle loro condizioni di radicamento sociale. Chiarire inoltre che, per evidenti ragioni di carattere umanitario e per il rispetto delle convenzioni internazionali, devono essere considerati non espellibili anche gli stranieri rifugiati o accolti per ragioni umanitarie o richiedenti asilo, nonche' gli stranieri che necessitino di cure urgenti o comunque essenziali. Prevedere infine che allo straniero privo di permesso di soggiorno che non possa essere espulso in virtu' del principio di non refoulement o della sua appartenenza a categoria protetta, sia, rispettivamente, consentito di presentare una richiesta di asilo o rilasciato un permesso di soggiorno per i motivi appropriati.

 

3) Inserimento sociale del cittadino straniero

I cardini dell'inserimento sociale sono rappresentati dalla stabilizzazione del soggiorno del cittadino straniero e dalla sua progressiva equiparazione al cittadino italiano nel godimento dei diritti civili. Le modifiche necessarie per tutelare pienamente la concreta attuazione di questi elementi, con particolare riguardo alla certezza dei diritti connessi con la titolarita' del permesso o della carta di soggiorno, alla durata dei permessi e alla loro utilizzabilita' per attivita' diverse da quelle per cui sono stati originariamente rilasciati, sembrano essere le seguenti.

- Limitare la possibilita' di revoca del permesso di soggiorno (art. 5) ai casi esplicitamente previsti dalla legge. Escludere inoltre che la revoca possa aver luogo per il venir meno dei requisiti previsti per il rilascio; ne conseguirebbe infatti una estrema precarieta' dello straniero regolare, il quale potrebbe trovarsi in stato di irregolarita' ed essere espulso per il semplice fatto di essere momentaneamente disoccupato o con passaporto scaduto. Escludere infine che analoghi effetti negativi possano conseguire alla stipula, successiva al rilascio del permesso, di accordi internazionali.

- Determinare il tipo di permesso la cui titolarita', unitamente al soggiorno regolare prolungato, consente il rilascio della carta di soggiorno, eliminando l'attuale ambigua formulazione: "titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente il rinnovo senza limiti di tempo" (art. 7). Precisare anche che hanno diritto al rilascio della carta di soggiorno i familiari aventi titolo al ricongiungimento familiare e conviventi in Italia con straniero titolare di carta di soggiorno o con cittadino italiano. Escludere inoltre che ai fini del rilascio sia rilevante il reddito, gia' verificato, presumibilmente, in sede di rinnovo del permesso per lavoro; irrilevante anche a tali fini, nel caso di straniero titolare di permesso per asilo, evitando che si configuri una irragionevole discriminazione di censo in relazione all'accesso al diritto di voto amministrativo. Definire infine lo stato giuridico di chi si vede rifiutata o revocata la carta di soggiorno.

- Prevedere (art. 7) che, nel rispetto della presunzione costituzionale di non colpevolezza fino a condanna definitiva, la revoca della carta di soggiorno - implicando una retrocessione dello straniero alla condizione di titolare di permesso di soggiorno - possa essere disposta soltanto dal giudice quale pena accessoria in caso di condanna definitiva per uno dei reati ostativi al rilascio della carta. Escludere, poi, dal novero di tali reati quelli di minore rilevanza sociale o perseguibili a querela di parte; per tali reati, infatti, una eventuale presentazione della querela a soli fini calunniatori risulterebbe incentivata dalla previsione di un effetto di automatico impedimento del rilascio della carta. Escludere, inoltre, che lo straniero in possesso di carta di soggiorno (titolare di diritto di voto amministrativo) possa essere espulso per semplici motivi di prevenzione.

- Precisare, gia' nella parte sui Principi Generali (art. 2), coerentemente con quanto stabilito dal comma 6 dell'articolo 11, che i provvedimenti su ingresso, soggiorno ed espulsione sono impugnabili. Stabilire inoltre (art. 5) che, salvo che sia diversamente disposto dalla presente legge, la presentazione del ricorso contro il rifiuto di rinnovo o la revoca o l'annullamento del permesso di soggiorno e della carta di soggiorno abbia effetto sospensivo sul provvedimento, definendo contestualmente una abbreviazione dei tempi per la decisione del TAR. Prevedere infine che, in mancanza di altro permesso di soggiorno, lo straniero riceva un permesso temporaneo, rinnovabile fino alla definizione del ricorso e utilizzabile per tutte le attivita' consentite dal titolo non rinnovato, revocato o annullato.

- Definire per legge requisiti per il rinnovo dei permessi per lavoro che facciano riferimento alla capacita' dello straniero di dimostrare la disponibiltà di un reddito annuo derivante da fonti lecite pari all’importo dell’assegno sociale e rispettino lo spirito dell'articolo 8 della Convenzione n. 143 della Organizzazione Internazionale del Lavoro, che vieta di far degradare verso condizioni di irregolarita' il lavoratore straniero per la perdita del posto di lavoro.

- Precisare (art. 6) che lo straniero titolare dei permessi per lavoro subordinato o autonomo, famiglia, etc., e' ammesso allo svolgimento di qualunque attivita' consentita allo straniero, e non solo di quelle specificamente previste in corrispondenza al particolare permesso posseduto; si evita in tal modo che una lettura restrittiva della disposizione in questione impedisca, ad esempio, l'iscrizione nelle liste di collocamento o lo svolgimento di attivita' di lavoro subordinato o autonomo. Estendere inoltre (per legge, piuttosto che per regolamento e in forma ristretta, come nell'attuale versione) al titolare del permesso per studio o per formazione la facolta' di utilizzare il permesso per motivi diversi. Stabilire infine che, salvo il caso di esplicito divieto previsto dalla presente legge, il permesso di soggiorno possa essere convertito in permesso per lavoro subordinato o autonomo in presenza di opportuni requisiti.

- Chiarire (art. 28) che, per la conversione del permesso per motivi familiari in caso di scioglimento del vincolo matrimoniale o di compimento della maggiore eta', si prescinde dal possesso dei requisiti corrispondenti al nuovo permesso.

- Escludere la distinzione tra permesso per lavoro subordinato a tempo indeterminato e permesso per lavoro a tempo determinato non stagionale, prevedendo un'unica durata di due anni del permesso rilasciato per la prima volta. Precisare inoltre la durata del permesso per lavoro autonomo (art. 5).

- Rendere esplicita l'abolizione della condizione di reciprocita' con l'abrogazione delle disposizioni contenute nell'articolo 16 delle Preleggi (art. 2).

 

4) Tutela della famiglia e dei minori

Per un piu' pieno raggiungimento degli obiettivi gia' evidentemente perseguiti nella definizione del disegno di legge, sembrano raccomandabili le modifiche seguenti.

- Chiarire, coerentemente con le altre disposizioni contenute nel disegno di legge, che il diritto a mantenere o ricostituire l'unita' familiare con familiari stranieri (art. 27) e' garantito anche allo straniero rifugiato. Riconoscere poi il diritto al ricongiungimento anche ai titolari di permesso per asilo umanitario (condizione analoga per molti aspetti a quella del rifugiato), per studio (e' facile che il borsista universitario straniero sia gia' sposato e, in ogni caso, resterebbe salvo il requisito relativo alla disponibilita' di reddito) e per motivi religiosi (si pensi, ad esempio, ai Pastori protestanti; ma interessa, per i genitori a carico, anche i Religiosi cattolici).

- Consentire anche per il titolare di permesso per motivi religiosi o per studio la possibilita' di ingresso dei familiari al seguito, condizionato al soddisfacimento dei requisiti relativi a reddito e alloggio. Stabilire inoltre che i familiari al seguito del richiedente asilo siano protetti dal respingimento nello stesso modo in cui e' protetto il richiedente stesso.

- Estendere la possibilita' di coesione familiare "sul posto" (art. 28) al familiare di cittadino italiano o comunitario o di cittadino straniero avente diritto al ricongiungimento, senza limitazioni relative al tipo di permesso di soggiorno originariamente posseduto, ne' - quando si tratti di familiare di cittadino italiano o comunitario - alla durata del soggiorno pregresso, ferma restando la necessita' di dimostrare il possesso dei requisiti eventualmente richiesti; in caso contrario, il familiare sarebbe inutilmente costretto - per godere del diritto all'unita' familiare - a tornare nel proprio Paese, aspettare il nulla-osta al ricongiungimento e rientrare in Italia; per i familiari di cittadini italiani o comunitari, poi, qualunque restrizione contrasterebbe con l'assenza di particolari condizioni in relazione all'ingresso al seguito (articolo 27, comma 5). Prescindere inoltre, ai fini della coesione sul posto di familiari di rifugiati, dalla regolarita' della posizione in relazione al soggiorno, in considerazione della loro particolare condizione.

- Stabilire che il Tribunale per i minorenni intervenga (art. 29) anche quando l'espulsione riguardi il genitore, il tutore o l'affidatario di un minore, consentendo cosi' (coerentemente con quanto disposto dal comma 3 dello stesso articolo) che si deroghi alle norme sulle espulsioni quando cio' risulti conforme all'interesse del minore.

 

5) Studenti universitari e svolgimento delle professioni

Il sostegno alla formazione universitaria e professionale dei cittadini stranieri - sia in chiave di cooperazione allo sviluppo dei paesi di provenienza, sia in vista di un inserimento sempre piu' qualificato della popolazione straniera in Italia - puo' essere meglio realizzato con le seguenti integrazioni o modifiche al testo del disegno di legge.

- Indicare l'obiettivo di un inserimento di studenti stranieri che, nel rispetto dell'autonomia dei singoli atenei, risulti in linea con gli orientamenti comunitari, migliorando il dato attuale corrispondente ad una percentuale dell'ordine del due per cento dell'intera popolazione universitaria (art. 36).

- Stabilire che le borse di studio per studenti universitari (art. 36) possano essere assegnate anche a partire da anni successivi al primo. Si evita cosi' che nell'assegnazione possano esservi interferenze da parte delle autorita' del Paese di appartenenza che danneggino i soggetti invisi alle stesse autorita'.

- Disciplinare, con regolamento, il riconoscimento dei titoli di studio di scuola superiore conseguiti all'estero (art. 36).

- Estendere anche ai campi diversi da quello sanitario la possibilita' di accesso all'iscrizione agli albi e allo svolgimento delle professioni per lo straniero in possesso dei titoli corrispondenti legalmente riconosciuti in Italia (art. 34). Dare inoltre alla relativa disposizione il carattere di norma a regime.

 

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Diritto di asilo

Una precedente bozza del disegno di legge dedicava al diritto di asilo un intero capitolo, che nella stesura finale è stato stralciato con la dichiarata intenzione di farne oggetto di un distinto disegno di legge. E' da ritenersi, comunque, che la discussione sull’immigrazione non possa essere affrontata in modo adeguato senza tenere contestualmente presente il problema dell’asilo.

In ogni caso occorre sottolineare, coerentemente con quanto indicato nelle citate "Linee guida", che deve essere data piena attuazione al dettato costituzionale, sia per quanto riguarda i richiedenti asilo e i rifugiati ai sensi della Convenzione di Ginevra 1951 - quanti cioe' sono personalmente perseguitati -, sia per quanto riguarda l’asilo umanitario e la protezione temporanea di coloro che fuggano da situazioni di violenza generalizzata o da calamita' naturali. Vanno infine previste misure straordinarie in caso di esodi di massa.

Quando sarà reso pubblico il nuovo disegno di legge, Caritas e Migrantes, se il caso lo richiederà, torneranno a esprimere il loro pensiero in materia di tanta importanza, a completamento del presente contributo.

Allegato

DALLE "LINEE GUIDA PER UNA LEGGE ORGANICA SULL'IMMIGRAZIONE"

 

Si ritiene utile riportare la parte generale ossia i principi ispiratori delle "Linee guida" del 1996; possono infatti contribuire ad una più chiara e completa impostazione anche delle presenti "Indicazioni".

1. L'immigrazione, quale fenomeno sociale di grande complessità e rilevanza, destinato a incidere profondamente sulla nostra società anche per il prossimo futuro, va affrontato, al di là dell'emergenza, con azioni e progetti lungimiranti, fondati sulla precisa consapevolezza che si tratta di un processo strutturale ed irreversibile.

2. Una politica frammentaria - quale quella attuale - fatta di un susseguirsi ed accavallarsi di normative lacunose ed affrettate, sempre dettate dall'urgenza, non è in grado di gestire il fenomeno, ma anzi genera allarmismi e passionalità, che impediscono di affrontarlo con obiettività di giudizio. Tale politica rischia inoltre di presentare l'immigrazione sotto un prevalente profilo di ordine pubblico, mettendo in ombra sia le ragioni di solidarietà sociale sia le prospettive di comune benessere derivanti dallo scambio culturale ed economico tra l'immigrato e il nostro paese.

3. Solo una legge organica che tenga conto di tutte le fasi del processo migratorio (ingresso programmato, soggiorno, progressivo inserimento), di tutte le necessità fondamentali della persona (sanità, unità familiare, alloggio, istruzione, lavoro, etc.) e, per quanto possibile, di tutte le tipologie di immigrati può consentire una gestione efficace del fenomeno e contribuire a farlo percepire, più che come problema, come soluzione stessa di problemi. Una disciplina organica della condizione giuridica dello straniero, approvata con legge dal Parlamento, è peraltro richiesta anche dalla Costituzione (Art. 10).

4. Le migrazioni sono mosse dai profondi squilibri tra i livelli di benessere che caratterizzano i paesi industrializzati e quelli propri dei paesi in via di sviluppo. Chi è colpito da questi squilibri - acuiti da quelli demografici, non meno drammatici - percepisce la propria esperienza migratoria come necessaria e vantaggiosa anche a fronte di un inserimento che, in un paese ad economia avanzata, sia invece considerato estremamente precario.

5. Fermo restando il dovere di un paese industrializzato di contribuire a correggere i meccanismi che producono i predetti squilibri e di intraprendere una adeguata politica di cooperazione allo sviluppo nei confronti dei paesi ad economia arretrata in modo da attenuare, sul lungo periodo, le cause stesse delle migrazioni, un'efficace politica di immigrazione deve avere come obiettivo il pieno inserimento sociale dell'immigrato. Colui al quale, formalmente o anche solo di fatto, si consente di far parte della società non deve restare escluso dall'esercizio dei diritti dei quali godono gli altri cittadini. Deve anzi vedere un progresso del proprio patrimonio di diritti che faccia premio al rispetto delle norme che regolano la convivenza nella società e che gli permetta di rendere sempre più solida la propria posizione sociale. Scelte diverse porterebbero alla sedimentazione di un nuovo ceto, selezionato su base etnica, escluso dall'accesso alle forme più elementari di tutela. Ne verrebbero a soffrire i componenti di questo ceto e, in modo quasi altrettanto marcato, i cittadini italiani in posizione socialmente più debole, esposti alla concorrenza dei primi nella conquista dei posti di lavoro meno qualificati e nella fruizione delle varie forme di assistenza sociale.

6. Condizione necessaria per la realizzazione dell'obiettivo di pieno inserimento è la possibilità di esercitare un adeguato controllo dei flussi in ingresso. Un'immigrazione, infatti, che proceda in modo incontrollato è incompatibile con l'attuazione del principio di progressività dei diritti preposto alla politica di inserimento, sia nell'ipotesi che i flussi ad essa associati rimangano relegati in condizioni di illegalità, sia laddove le istituzioni ne prendano pragmaticamente atto, mandando pero', in tal modo, un messaggio che si presta ad essere interpretato come un segnale di resa. Nel primo caso, infatti, il migrante non solo non vede progredire il proprio livello di cittadinanza, ma è perfino impossibilitato a godere di diritti fondamentali; nel secondo, rischia di mancare, intorno alla politica di inserimento, il consenso generale della popolazione residente: la maturazione di diritti da parte di persone formalmente non legittimate ad accedervi può essere percepita, a torto o a ragione, in modo negativo, con una conseguente recrudescenza di tendenze xenofobe e razziste.

7. Nell'ambito di una legge organica occorre assicurare una dimensione consistente alle possibilità di ingresso legale in Italia di lavoratori stranieri, in considerazione della domanda inevasa di manodopera, come pure della obiettiva pressione di nuova migrazione. Questa possibilità di ingresso per lavoro può apparire più problematica in quelle situazioni in cui il sopraggiungere di una crisi occupazionale renda meno auspicabile l'ingresso di ulteriori contingenti di manodopera nel mercato del lavoro nazionale. È pero' opportuno sottolineare la necessità di adottare, anche in tali situazioni, criteri di ammissione per motivi di lavoro che non comportino una eccessiva restrizione del canale di immigrazione legale. Data infatti la scarsa probabilità che le misure orientate ad una attenuazione della pressione migratoria producano in tempi brevi risultati di un qualche rilievo, un dimensionamento di questo canale che non sappia tenere effettivamente conto della domanda di manodopera non coperta dalla forza-lavoro residente nel paese di accoglienza alimenta nei fatti le forme di immigrazione illegale. Vengono cosi' a determinarsi condizioni in cui, per l'estensione del bacino di irregolarità, risultano inefficaci gli ordinari meccanismi di prevenzione, controllo, dissuasione e repressione del fenomeno dell'immigrazione illegale. L'adozione di misure più severe - per contro - appare difficilmente accettabile in assenza di una via legale percorribile e, in definitiva, risulta carica di un eccessivo costo sociale.

8. Una politica fondata sulla determinazione periodica di quote di immigrazione ammesse per lavoro può conciliare l'attenzione ai problemi dell'occupazione e del mercato del lavoro del Paese con l'esigenza di garantire l'esistenza di un alveo di immigrazione legale privo di ingiustificate restrizioni. Condizione necessaria perché ciò avvenga è che non si impongano eccessivi vincoli burocratici - quale la preventiva dimostrazione dell'esistenza di un determinato posto di lavoro disponibile - sull'ingresso dei lavoratori immigrati ammessi nell'ambito della programmazione "per quote". Tali vincoli, infatti, rischiano di rendere inaccessibile l'immigrazione legale, senza peraltro produrre livelli di tutela del lavoratore residente disoccupato che non possano essere raggiunti, in modo privo di effetti indesiderati, da un'attenta programmazione governativa.

9. È altrettanto importante che la programmazione per quote, relativa all'ammissione per lavoro, non interferisca con le politiche di ammissione per asilo, protezione internazionale e ricongiungimento familiare, dovendosi evitare che diritti fondamentali della persona siano subordinati a criteri di mera opportunità economica.

10. Un aspetto da cui non è possibile prescindere nella definizione degli strumenti di controllo dei flussi è costituito dalle misure atte a contrastare i fenomeni di immigrazione illegale. In proposito è in primo luogo importante distinguere tra le forme di immigrazione originariamente illegali (quelle, cioè, tipicamente associate agli ingressi clandestini, spesso favoriti da organizzazioni di natura mafiosa) e quelle che, nate nella legalità, finiscono per degradare nell'irregolarità per la mancata ottemperanza a prefissati obblighi burocratici. Se la massima fermezza va impiegata nel reprimere le prime (salvaguardando tuttavia il diritto di asilo e differenziando quanti da tali traffici ricavino illecita ricchezza da quanti ricavino sofferenza), nella seconda è opportuno discernere tra le inadempienze di carattere puramente formale (sanabili) e quelle di carattere sostanziale.

11. In secondo luogo, non può non essere tenuta nella massima considerazione la condizione di estrema precarietà in cui viene a trovarsi l'immigrato raggiunto da un provvedimento di espulsione o di respingimento. L'esigenza di non privare di efficacia le misure di carattere repressivo non può in alcun modo rendere accettabile la violazione di diritti fondamentali della persona ai danni del cittadino straniero e dei suoi familiari. Punto qualificante di una seria politica di immigrazione deve essere quindi la capacità di contemperare la severità dei provvedimenti mirati a curare le situazioni di illegalità con l'effettiva possibilità di ricorso contro gli stessi provvedimenti e, più ancora, con la tutela del patrimonio di diritti fondamentali della persona che l'adozione di quei provvedimenti potrebbe mettere a repentaglio.