(Sergio Briguglio 24/5/1997)

NOTE SULLE "CONSIDERAZIONI" DEL GRUPPO DI RIFLESSIONE CARITAS

Nel seguito e' riportata la replica a ciascun punto delle Considerazioni formulate del Gruppo di Riflessione Caritas. Non e' riportata una esplicita replica alla Nota sulla portata dell'art.6 della Convenzione di applicazione di Schengen, dal momento che le osservazioni relative sono contenute nel punto sul cosiddetto "ingresso per ricerca di lavoro".

 

A) Emendamenti irrinunciabili

1) Citazione per la convalida dell'espulsione (art.11)

Il diritto di far riesaminare da un'autorita' terza il provvedimento di espulsione e' sancito dall'articolo 13 del "Patto internazionale sui diritti civili e politici" (ratificato con legge 881/1977) e dall'articolo 1 del Protocollo 7 alla "Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali", detta "Convenzione europea dei diritti dell'uomo" (ratificata con legge 98/1990), da valutarsi in combinato disposto con l'articolo 13 della "Convenzione europea dei diritti dell'uomo", che sancisce il diritto al ricorso effettivo. Sebbene tale diritto sia riconosciuto, in linea di principio, solo allo straniero che soggiorni regolarmente nel territorio dello Stato da cui dovrebbe essere allontanato, e' evidente che quando il provvedimento di allontanamento sia motivato proprio dalla presunta irregolarita' rispetto a ingresso e soggiorno, il diritto di riesame deve essere riconosciuto a tutti. In caso contrario, lo straniero regolare potrebbe essere espulso con le procedure immediate riservate allo straniero irregolare sulla base di una abusiva attribuzione di violazioni delle suddette norme, e il suo diritto al riesame potrebbe essere negato sulla base della stessa attribuzione. Per dirla in altri termini, si finirebbe per stabilire il principio seguente: "tutti possono discolparsi, fuorche' i colpevoli".

E' quindi indispensabile introdurre delle norme che garantiscano la possibilita', per ogni straniero fatto oggetto di un provvedimento di espulsione, di far valere le ragioni che militano contro tale provvedimento. Negli emendamenti proposti dalle Associazioni sono prospettate due soluzioni intese ad affidare comunque al pretore (per un giudizio di merito e non solo di legittimita') il riesame del provvedimento. La formulazione criticata, benche' rischi di tradursi in una minore efficacia del provvedimento, ha l'evidente vantaggio di non richiedere atti burocratici di non facile espletamento per un soggetto in posizione precaria quale e' lo straniero colpito da provvedimento di espulsione. La formulazione alternativa (riesame in seguito a ricorso, con adozione eventuale del provvedimento di custodia) non presenta questi rischi, ne' questi vantaggi. Se debba prevalere la difesa dal rischio o il mantenimento del vantaggio e' questione la cui soluzione puo' variare a seconda delle condizioni di gestione complessiva del fenomeno migratorio.

 

2) Rilascio di visti per ricerca di lavoro in assenza di garanzie (art.20)

L'ingresso cosiddetto "per ricerca di lavoro" (termine utile per una piu' immediata comprensione, ma non utilizzato nelle proposte di emendamento, in base alle quali l'ingresso sarebbe comunque "per lavoro subordinato") e' un canale ulteriore - rispetto all'ingresso sulla base di chiamata o di presentazione di garanzia -, il cui dimensionamento e' affidato al Governo nell'ambito della programmazione periodica dei flussi.

L'esperienza di questi anni e il buon senso suggeriscono che difficilmente puo' costituirsi un rapporto di lavoro in mancanza di una preventiva conoscenza fra le parti. Questo e' certamente vero per lavori nel settore dei servizi di cura, ma, stando ai dati relativi alle modalita' di assunzione (chiamata nominativa o numerica) degli iscritti nelle liste di collocamento, sembra applicarsi anche ad ambiti lavorativi affatto diversi (edilizia, turismo, agricoltura, piccola industria, etc.).

Consentire al Governo una programmazione che, sulla base della contingente situazione del mercato del lavoro italiano, possa assumere una adeguata flessibilita', prevedendo forme di ingresso differenziate per i diversi settori non equivale in alcun modo ad eliminare i meccanismi di controllo sui flussi. E', al contrario, la previsione di vincoli troppo rigidi sulla programmazione a tradursi in una perdita di tale controllo: resterebbe infatti al Governo la sola possibilita' di limitare superiormente il flusso migratorio, ma non quella, all'occorrenza, di incrementarlo.

Quanto all'applicazione dell'Accordo di Schengen, le condizioni sulla libera circolazione degli eventuali migranti ammessi "per ricerca di lavoro" sarebbero determinate sulla base dell'articolo 21 della relativa Convenzione di applicazione, figurando tali migranti tra i titolari di permesso di soggiorno rilasciato da una delle Parti contraenti. La libera circolazione sarebbe consentita solo per periodi di durata non superiore a tre mesi e a condizione che lo straniero soddisfi i requisiti di cui all'articolo 5, paragrafo 1, lettere a), c) ed e); la lettera c), in particolare, fa riferimento alla disponibilita' di mezzi di sostentamento o alla capacita' di procurarsi legalmente tali mezzi.

Non sarebbe quindi in alcun modo legittimata ne' una circolazione finalizzata ad un trasferimento di lunga durata in altro Paese, ne' la circolazione del migrante ammesso in Italia "per ricerca di lavoro" e ancora privo di sufficienti mezzi di sostentamento. Gli abusi relativi alla durata del soggiorno (gli unici da cui verosimilmente le Parti avrebbero interesse a tutelarsi) non potrebbero che essere individuati dalle autorita' locali con controlli sul territorio, analoghi a quelli effettuati in relazione al soggiorno di qualunque straniero, che in nulla verrebbero alterati dalla sussistenza o meno di controlli alla frontiera (nessuna violazione di questo tipo potrebbe essere prevenuta, per definizione, da un controllo di frontiera), ne' da misure piu' o meno restrittive sulle condizioni originarie di ingresso nel territorio italiano. Gli abusi relativi al requisito sui mezzi di sostentamento potrebbero agevolmente essere evidenziati all'atto della dichiarazione di soggiorno da parte dello straniero (articolo 22).

Le medesime necessita' di controllo sul territorio, in ogni caso, sussisterebebro in relazione a possibili analoghi abusi relativi al soggiorno di stranieri titolari - in Italia o altrove - di permessi di soggiorno per motivi diversi dalla "ricerca di lavoro". Nello stesso modo, infatti, potrebbero risultare violate da tali stranieri le due condizioni suddette.

Infine, riguardo ai controlli previsti dall'articolo 6, e' evidente che questi fanno riferimento alle condizioni di cui al paragrafo 1 dell'articolo 5, ma non ne introducono di nuove. Se cosi' fosse, il riferimento alle condizioni di lavoro contenuto nell'articolo 6 impedirebbe l'ingresso nel territorio delle Parti di tutti coloro che entrano per ragioni diverse, indiscutibilmente legittime (ad esempio, studio, cure mediche, visita a familiari, ricongiungimento familiare, motivi religiosi, etc.). Si impone allora la necessita' di un esame attento delle condizioni previste dall'articolo 5 e dell'ambito di applicazione di tali condizioni.

In primo luogo, la lettera c) del citato paragrafo 1 menziona, in alternativa alla disponibilita' diretta di mezzi di sostentamento, la capacita' di ottenerli legalmente. E' evidente come, in presenza di una eventuale programmazione governativa che indichi l'ingresso per ricerca di lavoro come necessario a colmare una domanda di lavoro non saturata dall'offerta di lavoratori gia' presenti sul territorio nazionale, e' il Governo stesso a garantire che il migrante sara' in grado di procurarsi legalmente i mezzi di sostentamento.

In secondo luogo, le condizioni definite dal paragrafo 1 del comma 5, sono necessarie per il rilascio di visti uniformi per soggiorni di breve durata nel territorio delle Parti (articolo 15). Non lo sono, invece, per il rilascio di visti per soggiorni di breve durata con validita' territorialmente limitata (articolo 16), ne' per il rilascio di per soggiorni di lunga durata (articolo 18). Le condizioni per il rilascio di visti siffatti sono stabilite da ciascuna Parte sulla base di motivi umanitari, interessi nazionali o obblighi internazionali (per soggiorni di breve durata - articolo 5, paragrafo 2), ovvero della legislazione nazionale (per soggiorni di lunga durata - articolo 18).

L'articolo 23, infine, stabilisce con chiarezza che la mancanza o il venir meno dei requisiti (inclusa la capacita' di sostentamento) per il soggiorno di breve durata nel territorio delle Parti contraenti non pregiudica la possibilita' di soggiornare nel territorio della Parte che abbia rilasciato un permesso di soggiorno, ma semplicemente impone che lo straniero interessato si rechi senza indugio in tale territorio.

 

3) Reingresso automatico per lavoratori stagionali che abbiano lasciato l'Italia alla scadenza prevista (art.22)

L'osservazione e', in linea di principio, corretta. L'emendamento criticato si basa pero' sulle seguenti considerazioni:

a) quando si ha a che fare con grandi numeri e' difficilmente ipotizzabile che si verifichino le condizioni puramente ideali paventate (reingresso di tutti gli stagionali aventi diritto in presenza di flessione della domanda);

b) il rischio di privilegiare una "casta di stagionali" sussisterebbe anche con la semplice previsione di un diritto di precedenza, salvo che si intenda svuotare di effettivita' quest'ultimo;

c) un semplice diritto di precedenza, subordinato di fatto alla determinazione di una quota sufficientemente alta nell'ambito della programmazione dei flussi per l'anno successivo, rischia di risultare scarsamente efficace rispetto all'obiettivo di incentivazione dell'uscita regolare alla scadenza del permesso; la possibilita' che la quota non risulti sufficientemente alta per garantire a tutti la fruizione del diritto di precedenza (situazione, questa, che sola puo' distinguere in pratica tra diritto di reingresso e diritto di precedenza) indurrebbe i lavoratori stagionali a preferire la strada della permanenza irregolare al rischio di diniego del reingresso.

 

B) Emendamenti di grande rilevanza

1) Facilita' di conversione del permesso di soggiorno per studio in permesso di soggiorno per lavoro (art.6)

La preoccupazione riguardo al rischio di "fuga dei cervelli" dai Paesi in via di sviluppo e' legittima. Deve pero' tradursi nell'adozione di misure che incentivino il rientro in patria al termine del corso di studi, piuttosto che in misure che lo rendano obbligatorio. La responsabilita' dello sviluppo dei Paesi di origine non puo' infatti gravare sui singoli individui, allo stesso modo in cui non si puo' far colpa ai rifugiati per il ritardo che la "fuga dei democratici" procura al processo di democratizzazione dei Paesi oppressi da dittature. Non puo' essere quindi trascurata la necessita' di tutelare le legittime aspirazioni dell'individuo, soprattutto quando queste corrispondano, al termine di un lungo soggiorno per studio, a situazioni di forte radicamento sociale. Inoltre, la possibilita' di accesso all'attivita' lavorativa consente in molti casi di prolungare la stessa esperienza formativa al di la' dei limiti nominali del corso di studi, che spesso non corrispondono alla maturazione di un bagaglio culturale sufficiente alla pratica di una professione.

 

2) Responsabilita' di vettori nel trasporto di immigrati clandestini (art.8)

L'articolo 26 della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen stabilisce chiaramente che l'imposizione di obblighi e sanzioni a carico del vettore non deve contrastare con il rispetto del diritto di asilo, ne' del diritto costituzionale proprio di ciascuna Parte. L'emendamento criticato mira ad evitare che il timore di incorrere in sanzioni o altri oneri induca i vettori a porre degli ostacoli all'imbarco di stranieri privi dei requisiti ordinari per l'ingresso, ma intenzionati a chiedere asilo. Una simile circostanza corrisponderebbe all'interposizione di un inaccettabile filtro tra il potenziale richiedente e l'organo preposto all'esame delle domande di asilo. Restringere l'adozione di provvedimenti punitivi al caso di mancata segnalazione alle autorita' di frontiera preserverebbe da questo rischio - non richiedendo alcuna valutazione preventiva, da parte del vettore, circa l'eventualita' che lo straniero venga respinto -, e darebbe percio' la corretta attuazione del dettato della Convenzione.

 

3) Ampliamento dell'obbligo di "non refoulement" a categorie non previste dalla Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato (art.17, cc 1-3)

L'osservazione e' tecnicamente corretta, e la formulazione dell'emendamento criticato rende necessario un coordinamento con emendamenti del testo del disegno di legge sull'asilo.

E' bene ricordare che, originariamente, il disegno di legge 3240/1997 avrebbe dovuto contenere un capitolo sul diritto di asilo, contenente un'estensione della nozione di asilo al caso del cosiddetto asilo umanitario (invero, anche nella sua formulazione definitiva, il disegno di legge fa riferimento piu' volte allo straniero titolare di permesso per asilo umanitario). Il capitolo sull'asilo e' stato pero' stralciato, anche in seguito ad improvvide pressioni esercitate dal Consiglio italiano per i rifugiati. L'unica previsione di accoglienza per motivi umanitari contenuta nel disegno di legge e' cosi' rimasta quella associata all'adozione di misure straordinarie in caso di eventi eccezionali (articolo 18). In mancanza di una determinazione piu' precisa, l'emendamento fa riferimento, per l'estensione del principio di non refoulement, alla casistica definita dall'articolo 18. E' di questi giorni la pubblicazione del disegno di legge sull'asilo che, tradendo le aspettative generate dalla lettura del capitolo poi stralciato e - piu' gravemente - quelle legittimate dall'analisi del programma elettorale dell'Ulivo (la tesi n.77 del programma citava, tra le misure da adottare, quelle intese a "dare piena attuazione al dettato costituzionale relativo all'istituto dell'asilo umanitario per l'accoglimento dei profughi"), mantiene il diritto di asilo nell'ambito della previsione della Convenzione di Ginevra.

 

4) Considerazione della "pressione migratoria" nel determinare i decreti annuali in materia di immigrazione (art.19)

Come giustamente affermato nelle Considerazioni in esame, "la pressione migratoria costituisce solo uno degli elementi ... di cui bisogna tener conto per individuare l'equilibrio del mercato del lavoro, che non puo' prescindere dal collegamento tra l'offerta (= pressione migratoria) e la domanda di forza lavoro (= possibilita' effettive di impiego in loco)."

L'emendamento criticato intende appunto inserire la pressione migratoria tra gli elementi da considerare nella determinazione di flussi, accanto a quelli, relativi alla domanda di lavoro, gia' considerati nel disegno di legge.

Ai fini della quantificazione di questa variabile, l'emendamento propone di utilizzare, tra gli altri, l'indicatore fornito dal numero di iscritti nelle liste di prenotazione. Un simile dato e' - inutile dirlo - perfettamente in grado di descrivere l'entita' dell'offerta di lavoro. Puo', caso mai, risultare inadeguato a misurare la pressione migratoria in un senso piu' ampio di quello puramente "lavoristico". L'obiettivo dell'emendamento criticato, anzi, e' proprio quello di indurre, senza forzature, il Governo ad adottare, in fase di programmazione, una visione piu' ampia del fenomeno migratorio. Anche prescindendo da considerazioni di carattere umanitario - tutt'altro che irrilevanti, sia chiaro! -, potrebbe risultare vantaggioso autorizzare ingressi in misura superiore alle strette necessita' del mercato del lavoro, allo scopo di evitare che i flussi imbocchino vie illegali, con i costi sociali che sono sotto gli occhi di tutti.

 

5) Ipotesi di sanatoria (art.46)

L'emendamento criticato consente la regolarizzazione, entro "centottanta giorni dalla data di entrata in vigore" della legge, per "i cittadini stranieri presenti alla medesima data". La medesima data e' evidentemente la data di entrata in vigore delle legge, in perfetta consonanza con le osservazioni svolte nelle Considerazioni in esame.

Quanto alle condizioni per la regolarizzazione, e' poco opportuno lasciare che la piena attuazione di una riforma organica sull'immigrazione sia ostacolata dal permanere di un bacino di immigrazione in condizioni illegali. E' pero' evidente che qualunque provvedimento di sanatoria costituisce, in una certa misura, un'ingiustizia, ed e' accettabile solo perche' comporta degli indiscutibili vantaggi per l'intera comunita'. La formulazione adottata nell'emendamento accetta un piu' elevato "tasso di ingiustizia" allo scopo di massimizzare questi vantaggi.