Di immigrazione si e' parlato molto, in questo Agosto, soprattutto in relazione al problema del rimpatrio degli immigrati sbarcati sulle coste siciliane. Rischiano di restare in ombra, pero', alcuni punti di rilievo certamente non minore. Mi riferisco a tre questioni con cui Governo e Parlamento dovranno confrontarsi nelle prossime settimane. Sembrano gli ingredienti di uno scioglilingua: regolamento, regolamentazione dei flussi, regolarizzazione. Esaminiamoli uno per volta.

La nuova legge sull'immigrazione rinvia l'esatta definizione di molte delle disposizioni al regolamento attuativo. Il Governo dovrebbe adottarlo entro fine Settembre, sulla base del parere espresso dalle commissioni parlamentari competenti. La cosa e' della massima delicatezza, per la ragione seguente. La Costituzione, all'articolo 10, impone che sia la legge (e non un regolamento) a disciplinare la condizione giuridica dello straniero. Significa che le disposizioni in materia, quando siano di sostanza e non riguardino - poniamo - dettagli trascurabili quali la modulistica da utilizzare, devono passare attraverso l'approvazione del Legislatore, e non possono essere lasciate alla discrezione - sia pure illuminata - del potere esecutivo. Disgraziatamente, per l'improvvida imperante smania di delegificazione, la legge 40 presenta vuoti preoccupanti in relazione ad aspetti niente affatto trascurabili, quali, per esempio, i requisiti richiesti allo straniero per il rinnovo del permesso di soggiorno, o quelli relativi a ciascun tipo di visto di ingresso, o ancora quelli per ottenere una carta di soggiorno. E' discutibile che tali aspetti possano essere normati da regolamento, e meglio sarebbe ricorrere all'ampia delega legislativa che la stessa legge 40 prevede. E' pero' difficile ipotizzare che una maggioranza che ha accettato, con superficialita', di blindare il testo della legge durante tutta la discussione in Senato, riconosca ora la necessita' di correggere e completare quel testo. E' piu' facile, in pratica, che la soluzione sia trovata nell'ambito della definizione del regolamento.

Piu' facile, ma non sicuro. C'e' infatti il rischio che, con scelta assai piu' censurabile, si preferisca lasciare gli argomenti di cui dicevo ad una definizione "per circolari". Una soluzione di questo tipo potrebbe essere caldeggiata da alcuni funzionari dei ministeri interessati, che cosi' conserverebbero alla normativa spazi oscuri, da iniziati, e a se stessi il potere discrezionale necessario per adeguarla, al momento opportuno, al mutare del vento politico. Sta allora ai politici riprendere in pieno il controllo della questione. I tempi sono stretti, e c'e' il pericolo che, in nome di presunte difficolta' di concertazione tra ministeri, i funzionari consegnino una bozza di regolamento solo quando non sara' piu' possibile, tecnicamente, ai ministri verificarne i contenuti. Quel testo verrebbe trasmesso alle commissioni parlamentari, che potrebbero a quel punto badare - altro rischio - piu' a risparmiare noie al manovratore che ad esercitare il potere di controllo e di indirizzo che la Costituzione assegna loro. Questo, sia chiaro, e' gia' successo, in parte, in occasione della definizione del Documento Programmatico, che pero', fortunatamente, era stato approntato con intelligenza. Da mesi gli organismi di volontariato esperti di immigrazione hanno fatto pervenire ai ministri competenti proposte di dettaglio sul regolamento. Solo un ministro (la Bindi) ha dato finora peso a questi suggerimenti. Per il resto, silenzio...

Secondo punto: la regolamentazione dei flussi. Era gia' prevista dalla legge Martelli; non e' mai stata effettuata. La nuova legge la arricchisce con alcune previsioni di grande rilievo: l'istituzione obbligatoria di liste di prenotazione nei consolati italiani e la possibilita' di ammettere quote di immigrazione per "ricerca di lavoro". L'attuazione congiunta di entrambe queste previsioni consentirebbe di dar vita ad un canale di immigrazione regolare effettivamente percorribile ed alternativo a quello irregolare o clandestino finora forzatamente utilizzato dai lavoratori stranieri (le chiamate nominative di questi anni non sono state che un modo per sanare silenziosamente situazioni nate in modo comunque irregolare). La mancata attuazione o un'attuazione striminzita lascerebbero, all'inverso, la situazione identica a quella di questi anni: inserimento irregolare, grande agitazione per rendere piu' dure le norme sulle espulsioni, successive inevitabili sanatorie. In altri termini: se il ministero degli esteri e quello del lavoro non hanno voglia di lavorare, o non ne sono capaci, tutto gravera' sempre sul ministero dell'interno; quello della solidarieta' sociale, poi, potra' occuparsi, al piu', di prostituzione e di tratta dei minori.

La sede naturale per la definizione di quel canale e' rappresentata, oltre che dal regolamento attuativo, dal decreto sui flussi per lavoro (di imminente emanazione). E' possibile che il Governo esiti ad ammettere flussi ulteriori, per l'anno venturo, dovendo gestire un cospicuo bacino di irregolarita' gia' presente (non meno di duecentocinquantamila immigrati). E' anche possibile che il Governo abbia bisogno di tempo per mettere in moto la struttura necessaria (liste, stima delle quote) allo scopo. E' bene pero' che - piu' di quanto non sia stato fatto nel Documento Programmatico - sia indicata con precisione la successione di passi che il Governo stesso ha in animo di compiere. Raccomandazione degli organismi di volontariato: gia' per il prossimo anno liste e ingressi per ricerca di lavoro siano sperimentati, con riguardo ai paesi piu' prossimi (Albania, Tunisia, Marocco); a condizione di fissare quote sperimentali decentemente ampie, vedremmo crollare gli ingressi clandestini da questi paesi e potremmo evitare di impelagarci nella stipula di accordi, non privi di aspetti discutibili, per la riammissione degli stranieri espulsi.

Terza faccenda: la regolarizzazione degli immigrati irregolari gia' presenti in Italia. In questa direzione il Governo si e' impegnato accogliendo un ordine del giorno del Senato. La strada piu' semplice e giuridicamente piu' solida sarebbe forse costituita dall'adozione di un decreto legislativo (sulla base della delega di cui si diceva) che disponga una sanatoria degli immigrati presenti alla data di entrata in vigore del decreto stesso. Questo, per inciso, eviterebbe agli immigrati il problema di raccogliere difficili prove documentali in relazione al proprio soggiorno, e alle questure l'ingrato compito di esaminarle. Il Governo pero' aborre la parola "sanatoria". Inutile perdere tempo a capire perche'; esiste infatti una soluzione che puo' soddisfare tutte le esigenze in gioco. E' oggetto, ancora, di una proposta trasmessa a Napolitano dagli organismi di volontariato: si stabiliscano i requisiti per il rilascio di permessi di soggiorno stabili, in relazione a condizioni di inserimento familiare o lavorativo (sia subordinato, sia autonomo), ovvero in attivita' di studio o formazione; si consenta l'emersione dalla situazione di irregolarita' per un periodo di durata sufficiente (es.: fino alla fine del '98); si rilasci allo straniero che emerge un permesso provvisorio che lo renda inespellibile fino alla fine del '99 e che lo abiliti ad avviare regolarmente le procedure necessarie per confermare l'inserimento; una volta maturati i requisiti fissati, si rilasci allo straniero il corrispondente permesso stabile; si avvii infine, alla fine del '99, al circuito dei flussi (anche stagionali) ammessi per gli anni successivi l'eventuale porzione non stabilizzata.

Se il Governo non vuole adottare disposizioni di questo genere, spieghi perche'. Se ha idee migliori, le manifesti. Ma - per favore - non si citino i nostri obblighi europei, ne' l'opinione di Gasparri, ne' quella di Di Pietro. Qui si parla di cose serie.