Sulla questione dei rimpatri degli immigrati trattenuti nei centri in Sicilia mi sembra debbano essere riportati all'attenzione di tutti alcuni punti. In primo luogo, l'espressione "immigrati clandestini" dovrebbe essere usata solo in contrapposizione a quella di "immigrati regolari". Non sono ancora date pero', in Italia, possibilita' di immigrazione regolare per lavoro. E' come se, in vista della finale dei mondiali di calcio, si omettesse di vendere i biglietti, e si dedicassero tutte le energie a contrastare coloro che tentano di assistere all'incontro scavalcando i cancelli. Il giorno in cui il Governo creera' vie legali ragionevolmente percorribili, con liste di prenotazione nei consolati italiani e quote ammesse in Italia a cercare sul posto occupazione (come impone, all'art. 23, la nuova legge sull'immigrazione), vedremo crollare il numero di ingressi clandestini, e sara' anche tollerabile che si parli di polso fermo nei confronti dell'immigrazione illegale (anche per non danneggiare chi attende di migrare legalmente).

In secondo luogo, il provvedimento di respingimento (e' di questo che si tratta in questi giorni, non di espulsioni) e' pericolosamente sottratto a qualunque forma di tutela giurisdizionale; lo straniero non puo' cioe' chiedere che il proprio caso sia esaminato da un giudice. Governo e Parlamento sono stati colpevolmente d'accordo nel varare una legge che non contempla tale esame. Il risultato e' che l'amministrazione puo' commettere - anche in perfetta buona fede - abusi gravi. Il piu' evidente e' che non siano nemmeno esaminate le domande di asilo che, in base alla legge, lo straniero puo' presentare in qualunque momento. L'altro e' quello di fidarsi, nell'identificazione dell'immigrato, del responso di un funzionario di ambasciata tunisino che crede di ravvisare compatrioti in uomini delle piu' svariate origini. Questo forse fa onore al funzionario e al suo sentirsi cittadino del mondo, ma puo' causare danni irreparabili - poniamo - al curdo spedito a cercare nel Magreb quella protezione che da noi gli viene negata. Per evitare che si registrino abusi di questo genere e' sufficiente che agli stranieri trattenuti nei centri sia consentito di prendere contatti con avvocati e rappresentanti di organismi di tutela dei diritti dell'uomo. A quanto risulta, questo e' stato, in molti casi, impedito, a dispetto di un ordine del giorno del Senato che impegnava il Governo in tal senso.

Infine, Livia Turco propone - e fa bene - di dare ai respinti l'incentivo di un diritto di precedenza, ai fini dell'ingresso in Italia, per il prossimo anno. Perche' questa proposta abbia senso e' pero' necessario che sia garantita la tutela dello straniero nel paese di destinazione. La legge sull'immigrazione (all'art. 19) e le convenzioni internazionali impongono il principio di non refoulement: nessuno straniero puo' essere respinto verso un paese in cui possa essere oggetto di persecuzione o rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione. Non basta che Tunisia o Marocco siano disposti - per il vantaggio che deriva loro dagli accordi appena stipulati - a riprendersi coloro che sbarcano in Italia. E' necessario esigere e verificare che la dignita' e la liberta' degli stranieri sia pienamente tutelata a respingimento avvenuto. A questo il Governo e l'Italia non possono derogare.