Cari amici,

le mie nipoti, Alice e Lucia, mi hanno passato un altro racconto. Dicono di averlo trovato nel solito libretto di "Favole per l'asilo". Il racconto - stando alle parole di Alice e alle pensose espressioni di assenso di Lucia - "mostra come siano inestricabilmente legate le problematiche relative ad immigrazione e asilo". So che inorridirete a questa affermazione, tenacemente contrastata dagli ambienti piu' avvertiti in materia di asilo. Dovete pero' considerare come Alice e Lucia abbiano, complessivamente, poco piu' di quattro anni (dovuti preponderantemente ad Alice), e una visione estremamente ingenua della vita (Lucia in modo particolare).

Alice ha aggiunto, poi, che trova il racconto "intrigante ed estremamente attuale". Sospetto che l'abbia scritto lei stessa. Ve lo trasmetto quindi con qualche esitazione.

Cordiali saluti

sergio briguglio

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Il Governo di uno staterello ovviamente non appartenente all'Unione europea aveva stipulato un accordo bilaterale col Governo italiano finalizzato alla "riammissione dei cittadini di una delle parti contraenti espulsi dall'altra parte contraente". L'accordo era stato voluto fortemente dal Ministro degli affari esteri italiano, che durante una visita in quel paese l'aveva presentato come lo strumento ideale per risolvere il caso dell'italiano da li' espulso perche' in trovato in possesso di una dose di cocaina da senatore a vita. Un qualche ruolo, pero', nell'economia dell'accordo, si diceva l'avesse giocato anche lo sbarco, a Ferragosto, di cinquemila clandestini sulle nostre coste.

Accanto alle misure di riammissione, l'accordo prevedeva la definizione, in sede di programmazione dei flussi di immigrazione per lavoro, di quote preferenziali riservate ai cittadini dello staterello. Era stato, per questo motivo, definito da una ministra italiana dal cognome turco "l'accordo bilaterale piu' avanzato d'Europa".

Il primo decreto di programmazione successivo alla stipula dell'accordo stabili' che una quota di mille lavoratori subordinati o atipici, ed una di cinquecento lavoratori autonomi fosse per l'appunto riservata alle richieste di ingresso provenienti da quel paese. La previsione provoco' enorme delusione nei sessantamila disoccupati dello staterello (il trenta per cento dell'intera popolazione) che si erano astenuti dal tentare l'avventura di una migrazione clandestina, vuoi per la inquietante prospettiva di speronare col proprio gommone un incrociatore italiano, vuoi per la promessa - reiterata dai nostri politici - relativa alla creazione di un canale di immigrazione privilegiato dallo staterello all'Italia. Ugualmente, i sessantamila si disposero a iscriversi nelle liste di prenotazione istituite nel consolato italiano piu' vicino, situato in uno Stato confinante, a cinquecento chilometri dal confine. La fila, lunga trenta chilometri, fu smaltita in duecentoquarantatre' giorni e duecentoquarantaquattro notti. Alla spicciolata, i sessantamila rientrarono nel proprio paese e attesero che qualche datore di lavoro si facesse vivo dall'Italia.

Sfortunatamente nessun datore di lavoro si senti' attratto da quei nomi aggressivi e cacofonici (Abrachst, Juthiostr, Estrijkz, Olasdfecn, e cosi' via), ne' bastarono date di nascita e indirizzi a far scoccare il colpo di fulmine. Nessuna chiamata arrivo', nei centoventuno giorni che l'anno offriva ancora. In Italia, il Ministro degli affari esteri saluto' il crollo degli arrivi di quei portatori di nomi cacofonici e molto spesso - ci tenne a sottolinearlo - di comportamenti criminali come il primo risultato di una efficace politica di cooperazione allo sviluppo dell'area di cui lo staterello faceva parte. "La politica di cooperazione piu' avanzata d'Europa", cinguetto' la ministra.

Quando, alla fine dell'anno, un successivo decreto di programmazione annuncio' che, visti i dati relativi agli ingressi effettuati sulla base del decreto precedente, la quota preferenziale sarebbe stata dimezzata, nello staterello scoppiarono disordini di piazza. In Italia non se ne seppe niente, e la nostra polizia si astenne dall'intervenire. Nello staterello, pero', il governo fu costretto a dimettersi. Furono sciolte le camere e indette nuove elezioni. Vinse il Polo di destra e sinistra, un cartello elettorale non del tutto omogeneo formato dal Partito caccia e pesca, dal Partito degli studenti e dal Partito del rigore. Nella campagna elettorale aveva promesso che con una politica fondata sul rilancio della marina mercantile (lo staterello aveva un piccolo accesso al mare), della scuola e dell'ordine pubblico, avrebbe risolto il problema della disoccupazione.

Costituito il nuovo governo, c'era grande attesa per l'attuazione delle promesse elettorali. Per i primi tre mesi non si vide niente. Poi, un giorno, il telegiornale di Rai 1 (ricevuto, con le antenne paraboliche, da almeno tre quarti della popolazione) annuncio' che in Italia era stata approvata la legge su diritto di asilo. I contenuti erano quelli noti da molto tempo: il disegno di legge era stato stralciato da quello, piu' ampio, sull'immigrazione, per consentirne - si era detto - una approvazione piu' rapida. Un lungo contrasto tra il Relatore e la maggioranza, di cui pure quegli faceva parte, relativo al diritto del richiedente da respingere di scegliere il menu' nella mensa del centro di custodia, aveva portato nocumento alla speditezza del dibattito. La riforma vedeva cosi' la luce due anni dopo l'approvazione della legge sull'immigrazione.

In pochissimi giorni il Governo dello staterello dispose che fosse rimessa in sesto la flottiglia di duecento pescherecci che da anni - strangolata ormai la pesca locale dalla concorrenza giapponese - giaceva abbandonata in vecchi depositi. Un capannone fu ripulito e adattato, con banchi e cattedra, ad aula scolastica. La gente comincio' ad incuriosirsi.

Quando la flottiglia fu pronta, furono varati tre decreti. Il primo obbligava tutti i disoccupati a iscriversi, previo superamento - in un fissato giorno - di una prova di ammissione, ai corsi della scuola dell'obbligo che avrebbero avuto luogo nel capannone. Il secondo obbligava quanti non avessero superato la prova di ammissione a imbarcarsi, entro le successive ventiquattro ore, sui pescherecci. Il terzo istituiva la pena di morte come sanzione per determinati reati. La gente continuava ad incuriorirsi.

Poi, nel fissato giorno, tutto fu chiaro. Sessantamila disoccupati furono visti entrare, quattro alla volta, nel capannone della scuola e uscirne subito dopo (la fila di trenta chilometri fu smaltita in quattro ore e mezza) per dirigersi a passo svelto verso il porto. Le operazioni di imbarco durarono tutto il resto della giornata e la notte seguente, ma la mattina successiva tutti i pescherecci erano gia' in mare, diretti alla volta delle coste italiane. Tre giorni dopo le tivu' di tutto il mondo parlavano dello sbarco di sessantamila clandestini sulle coste italiane.

Appena approdati, i clandestini furono bloccati dalla polizia e scortati nei mille e quattrocentosettanta centri di permanenza temporanea dodecafamiliari, gestiti, nei locali di una diocesi del meridione, dall'associazione senza fini di lucro "Cosmopoli". Fatta una doccia, i sessantamila chiesero asilo.

I trecento delegati della Commissione centrale tempestivamente formati e spediti sul posto credettero di non aver sentito bene, quando i sessantamila esposero la ragione - uguale per tutti - alla base della loro richiesta: bocciatura nella prova di ammissione alla scuola dell'obbligo. Consultato il testo della legge, i delegati ebbero conferma di quanto sembrava loro di ricordare dal rapido corso di formazione: la domanda era palesemente infondata, in base all'articolo 6, comma 5, lettera a), della legge sull'asilo. Il primo dei richiedenti cui tentarono, pero', di comunicare l'esito del pre-esame contesto': "non potete considerare manifestamente infondata la domanda". "Perche' mai?", chiese il delegato della Commisione. "Perche' mai?", fecero eco i suoi duecentonovantanove colleghi che nel frattempo avevano ricevuto identica contestazione da altrettanti richiedenti.

"Perche' per me" - recito' a memoria e in italiano, a scanso di traduzioni infedeli, ciascuno degli interessati - "sussiste nel Paese da cui provengo il pericolo di un pregiudizio per la mia vita nonche' il pericolo di incorrere in trattamenti inumani o degradanti. E' stato appena varato, infatti, un decreto che punisce con la pena di morte, per scotennamento, il cittadino che, dopo averlo chiesto, si veda rifiutato, per qualsiasi motivo, l'asilo in Italia. Dovete quindi applicare l'articolo 6, comma 6, della vigente legge sull'asilo".

I delegati non ricordavano di aver sentito parlare, durante il corso, dell'articolo 6, comma 6. Uno di loro tuttavia sostenne che, se il respingimento immediato del richiedente in caso di esito negativo del pre-esame doveva essere effettuato sulla base dell'articolo 6, comma 7, non si poteva escludere che da qualche parte esistesse anche un comma 6. L'argomento apparve non privo di fascino e stimolo' una generale compulsazione del Vademecum del delegato, alla ricerca del comma perduto. "C'e'! c'e'!", grido' ad un tratto il compulsatore piu' rapido. Cinquecentonovantotto "c'e'!" attestarono, subito dopo, il successo generale della compulsazione. Il testo del comma 6 fu letto in coro e risulto' perfettamente appropriato ai casi in questione.

Le domande furono trasmesse alla Commissione centrale, che, sulla base dell'articolo 8, comma 1, adotto' un provvedimento di "impossibilita' temporanea al rimpatrio" per ciascuno dei richiedenti. Fu rilasciato loro, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, un permesso di soggiorno per gli stessi motivi, della durata di un anno, rinnovabile ed esteso a lavoro e studio. I richiedenti, che per anni avevano seguito alla tivu' italiana una replica di "Non e' mai troppo tardi", protestarono, chiedendo che il titolo del permesso fosse modificato in quello di "impossibilita' temporanea di rimpatrio". La loro richiesta non fu neppure presa in considerazione.