Centro Studi di Politica Internazionale - CeSPI

 

MIGRAZIONI E RELAZIONI INTERNAZIONALI

L’Italia nel sistema migratorio internazionale

 

Progetto per la costituzione di un’Area di ricerca

(Versione preliminare - febbraio 1998)

 

 

 

I. L’Italia da paese di emigrazione a paese di immigrazione

1. Sono trascorsi oltre vent’anni da quando il saldo migratorio dell’Italia è diventato positivo, segnando così l’inversione di una tendenza secolare.

Soltanto a partire dalla metà degli anni Ottanta, tuttavia, l’immigrazione straniera nel nostro paese ha assunto dimensioni tali da conferire al fenomeno rilevanza politica nazionale sino a farne l’oggetto di interventi legislativi specificamente mirati (il primo dei quali ebbe luogo nel 1986, allorché la popolazione straniera regolarmente presente ammontava a circa 450.000 unità, a fronte della cifra attuale, pari a circa 1.240.000 unità).

2. La trasformazione del più importante paese di emigrazione dell’Europa moderna in paese di immigrazione è il risultato di un processo di cambiamento storico di enorme portata e complessità, le cui direttrici principali sono:

a) forte rallentamento dell’espansione della base occupazionale nelle economie europee e conseguente chiusura delle frontiere a nuova immigrazione lavorativa da parte dei paesi europei tradizionalmente importatori di manodopera (in occasione della crisi petrolifera del 1973-1974);

b) intensificazione della crescita economica delle economie sud-europee, e in particolare di quella italiana, in un contesto di espansione del settore terziario e di progressiva de-regolazione del mercato del lavoro;

c) sostanziale fallimento dei progetti politici ed economici che avevano guidato la transizione post-coloniale nella maggior parte dei paesi dell’Africa mediterranea, sub-sahariana e del Medio Oriente, in un contesto sociale caratterizzato da forte crescita demografica e rapido cambiamento sociale;

d) progressiva disgregazione e definitivo crollo del blocco socialista e successiva fase di instabilità politica e di crisi economica e sociale in numerosi dei paesi che lo componevano;

3. Le correnti migratorie internazionali che interessano l’Italia (e, in misura variabile, la quasi totalità dei paesi europei) per effetto di questo complesso processo di mutamento hanno caratteristiche comuni, che le differenziano dai flussi migratori che avevano raggiunto l’Europa continentale e atlantica nei decenni precedenti; le principali sono:

a) dal punto di vista economico, si tratta di migrazioni spontanee, ovvero non sorrette da una domanda di manodopera straniera espressa ed aggregata; questo non significa che una domanda non esista, seppure di tipo nuovo: atomizzata, informale, spesso sommersa;

b) gli itinerari di questi ‘nuovi’ movimenti di popolazione si strutturano a prescindere da legami preesistenti (di tipo coloniale) tra Stato (o regione) di origine e Stato di destinazione. I fattori che governano la "geodinamica" (G.Simon) di questi nuovi flussi sono perlopiù di natura contingente (opportunità di trasporto esistenti, anche se illegali; opportunità lavorative, anche stagionali, nel paese di destinazione; atteggiamento politico-normativo dello Stato di destinazione rispetto all’immigrazione);

c) come conseguenza della circostanza esaminata al punto precedente, si osserva un processo di intensa diversificazione della provenienza nazionale e culturale all’interno delle comunità immigrate presenti in un dato paese di immigrazione;

d) una componente rilevante di questa ‘nuova immigrazione europea’ consiste in flussi forzati di massa, originati da conflitti locali, da situazioni di grave e diffusa violazione dei diritti umani o da ‘crisi di transizione’ di particolare intensità (l’esempio della crisi albanese del 1991 rimane paradigmatico).

4. Investita in misura cospicua da queste nuove migrazioni internazionali (in parte come paese di destinazione, magari temporanea; in parte solo come paese di transito), l’Italia ha visto mutare malgré soi la propria collocazione geo-economica e, di conseguenza, geo-politica.

L’Italia si è confermata, in qualche modo, paese di frontiera (tra l’Europa e il Mediterraneo); ma, mentre in epoca bipolare, essa rappresentava, innanzitutto, la frontiera ‘protetta’ di un’alleanza politico-militare, ora costituisce la frontiera ‘esposta’ di un’area a livello elevato di benessere economico e di stabilità politica, verso un’area (Balcani e Mediterraneo) dalle caratteristiche prevalentemente opposte.

 

 

II. Da un approccio unilaterale verso una gestione multilaterale dei flussi

5. In una lunga fase, durata sino ad epoca recentissima, la società italiana nel suo complesso ha reagito alla storica trasformazione che stava vivendo con un certo dinamismo, ma con una prospettiva limitata e, di conseguenza, con un approccio distorto. Più precisamente, il fenomeno migratorio è stato interpretato - tanto a livello scientifico e informativo, quanto a livello politico e amministrativo - in chiave strettamente unilaterale. Sono quindi state elaborate risposte settoriali, talvolta valide (si pensi allo sforzo fatto dal volontariato e da alcuni enti locali nel campo dell’‘accoglienza’ e, più tardi, dell’‘integrazione’; oppure si pensi a parte dell’attività di ricerca svolta in campo statistico e sociologico, etc.), ma insufficienti. E’ stato, infatti, generalmente trascurato il versante originario del fenomeno migratorio, quello che attiene alle cause e alle modalità del movimento.

6. Per quanto concerne le politiche settoriali intraprese a livello nazionale e la relativa normativa, questo ‘vizio unilateralista’ ha avuto conseguenze particolarmente gravi. E’ infatti prevalso un approccio caratterizzato da:

a) forte appiattimento sull’emergenza e scarsa capacità (e volontà) programmatoria;

b) grande importanza (anche simbolica) attribuita alla risposta legislativa e sottovalutazione sistematica dell’attività amministrativa destinata a metterla in opera;

c) scarsa assunzione di responsabilità politica da parte dei maggiori partiti italiani, su un terreno istintivamente percepito come ‘scivoloso’ e politicamente poco ‘remunerativo’;

d) assenza di qualsiasi (tentativo di) cooperazione nella gestione dei flussi migratori con i paesi di origine;

e) partecipazione alle iniziative di cooperazione tra paesi di immigrazione finalizzate al controllo dei flussi, avviate a partire dalla metà degli anni Ottanta, in posizione generalmente passiva e priva di spessore propositivo, incapace pertanto di far valere la specificità italiana nel sistema migratorio euro-mediterraneo.

7. Nel corso degli anni Novanta, gli scarsi risultati conseguiti dalla politica migratoria italiana (resi evidenti dalle ripetute misure di ‘regolarizzazione’ che è stato inevitabile adottare) e il verificarsi di una serie di ‘crisi migratorie’ - ovvero di flussi massicci, improvvisi e sostanzialmente imprevisti - che hanno investito direttamente l’Italia (a partire dalla crisi albanese del marzo 1991, fino a quella curda di fine 1997) hanno reso evidente la necessità di adottare un approccio nuovo.

Sul piano dei rapporti con i paesi emissari dei maggiori flussi, tale consapevolezza ha ispirato una vasta azione diplomatica, mirata a sottoscrivere una ‘rete’ di accordi bilaterali, finalizzati prevalentemente a regolare le procedure di ‘riammissione’ dei cittadini stranieri espulsi dall’Italia e a istituire eventuali ‘canali’ privilegiati di ingresso in Italia a scopo lavorativo per i cittadini di alcuni paesi.

A livello interno, l’esigenza di un approccio nuovo ha ispirato un ampio disegno di riforma, che si compone della legge-quadro recentemente approvata (19 febbraio 1998) in materia di immigrazione e condizione dello straniero e di un testo ad essa ‘complementare’ in materia di asilo e di protezione temporanea, attualmente all’esame del Parlamento. Si tratta di scelte normative impegnative, che richiedono uno sforzo applicativo intenso e dotato di respiro strategico.

8. Anche in ambito europeo la consapevolezza della necessità di un appproccio più vasto e attivo al governo dei flussi migratori si è fatta strada, traducendosi in un apposito nuovo titolo del trattato istitutivo della Comunità europea (Titolo IV°), introdotto dal trattato di Amsterdam e specificamente dedicato alla politica comune in materia di visti, di immigrazione e di asilo.

La ‘comunitarizzazione’ della politica migratoria decisa ad Amsterdam, anche grazie all’impegno italiano, ha però carattere graduale ed è vincolata, almeno in una fase iniziale e salvo alcuni aspetti marginali, alla regola dell’unanimità. L’effettiva elaborazione di una politica migratoria comune presuppone dunque l’esistenza di una solida volontà politica comune. Lavorare per la costruzione di tale volontà comune è interesse primario di quei paesi, come l’Italia, che - essendo più direttamente esposti al fenomeno delle migrazioni clandestine e forzate - risentirebbero maggiormente dei benefici di un approccio comune e integrato.

9. L’Italia è dunque chiamata, dalla sua stessa collocazione geografica, a svolgere un ruolo-guida nel governo dei flussi migratori su scala regionale.

Questo compito travalica i confini della politica dell’immigrazione in senso stretto e chiama in causa gli orientamenti nazionali in materia di politica estera, di cooperazione allo sviluppo, di commercio con l’estero, di lotta alla criminalità, etc..

Il governo dei flussi migratori su scala regionale tende dunque ad affermarsi come un obiettivo trasversale di rango primario e, quindi, come uno dei parametri fondamentali per l’elaborazione della politica nazionale in un contesto globalizzato (altri essendo la competitività del sistema imprenditoriale, la coesione ed il benessere sociale, la stabilità di bilancio).

 

 

 

 

III. Scopi e attività dell’Area di ricerca

10. Un approccio multilaterale e integrato (cioè, non settoriale) al governo dei flussi migratori su scala regionale richiede un supporto conoscitivo vasto, complesso e costantemente aggiornato.

Tale forma di conoscenza policy-oriented non può che scaturire dall’integrazione di centri di ricerca diversi, sia per collocazione geografica, sia per orientamento metodologico.

11. In questa prospettiva, il Centro Studi di Politica Internazionale (CeSPI) ha istituito un’Area di ricerca denominata "Migrazioni e relazioni internazionali", dedicata allo studio dell’impatto che hanno le migrazioni internazionali sull’azione dell’Italia in ambito internazionale.

Oggetto specifico delle ricerche condotte all’interno dell’area è la ‘proiezione internazionale’ della politica migratoria italiana. Gli studi già effettuati e quelli in programma mirano ad analizzare il sistema dei rapporti esistenti (o, a seconda dei casi, assenti) tra l’Italia e altri Stati (di immigrazione e/o di emigrazione) o organizzazioni internazionali, generati dall’esigenza di governare i movimenti internazionali di persone.

12. Un simile approccio presuppone, evidentemente, una stretta connessione con altri centri di ricerca: sia ai fini di una conoscenza (quanto più possibile) ampia e aggiornata delle determinanti e della natura dei flussi migratori dal punto di vista socio-economico, sia ai fini dell’analisi dei rapporti internazionali in senso stretto.

A questo fine, il CeSPI ha già avviato rapporti mirati con i seguenti organismi di ricerca italiani: Istituto Affari Internazionali (Roma), Fondazione Giovanni Agnelli (Torino), Fondazione Enrico Mattei (Milano), Istituto Universitario Europeo (Firenze), Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione-ASGI (Torino); contatti sono stati stabiliti anche con i seguenti centri stranieri: European Research Centre on Migration and Ethnic Relations-ERCOMER (Utrecht, Paesi Bassi), Stiftung Wissenschaft und Politik (Ebenhausen, Germania), Institut de Recherche sur le Monde Arabe et Musulman-IREMAM (Aix-en-Provence, Francia).

11. Tra le ricerche già svolte o in corso di svolgimento all’interno dell’Area di ricerca "Migrazioni e relazioni internazionali" del CeSPI, si segnalano le seguenti:

a) "Conflicts and Migrations. A case study on Albania", ricerca condotta dal Centro Studi di Politica Internazionale (CeSPI), su incarico del Conflict Prevention Network promosso dalla Commissione europea (ottobre 1997-gennaio 1998);

b) "La politica migratoria italiana nei confronti dell’Albania. Verso un modello di gestione integrata dei flussi migratori", ricerca condotta dal CeSPI, nel quadro di un progetto di ricerca coordinato dall’Istituto Affari Internazionali (IAI), su incarico del Ministero degli affari esteri (novembre 1997-febbraio 1998);

c) "Lo spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia. Implicazioni per l’Italia. Progetto di ricerca finalizzato ad attività formativa e di aggiornamento dei funzionari della Polizia di Stato", condotto dal CeSPI, su incarico del Ministero dell’interno (gennaio 1998-gennaio 1999).

 

Si segnalano, inoltre, i seguenti progetti di ricerca, ancora in fase di definizione:

d) "Dialogo euro-asiatico e migrazioni internazionali", progetto di ricerca elaborato congiuntamente da CeSPI, IAI e Institute for Strategic and Development Studies-ISDS (Manila, Filippine), sottoposto per finanziamento all’Asia Europe Foundation - ASEF (1998-1999);

e) "Towards a European Immigration Policy. Comparing National Approaches", progetto di ricerca elaborato dal CeSPI, in collaborazione con ERCOMER, sottoposto per finanziamento alla Commissione europea (1998-1999).