RAPPORTO SULLA

VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI

DELLA MINORANZA ROM

IN ROMANIA

 

 

 

 

a cura della Rete d’Urgenza

 

 

 

Torino, luglio 1998

 

 

 

 

 

 

Violenza da parte della popolazione

Dopo la caduta del regime comunista in Romania vi fu, in particolare nella prima meta’ degli anni ’90, un’esplosione di violenza razzista nei confronti delle comunità Rom. In decine di villaggi rumeni folle inferocite assaltarono e incendiarono le case dei Rom, distrussero le loro proprieta’ e li cacciarono dai villaggi, impedendo loro di ritornare; durante queste violenze collettive alcuni Rom vennero assassinati. Esemplare in questo senso, e ormai tristemente famosa, e’ la sommossa di Hadareni, avvenuta nel 1993, durante la quale tre Rom furono uccisi, 19 case bruciate e 5 distrutte.

Negli anni successivi questo tipo di violenze e’ diminuito, ma non e’ mai cessato: nel 1997, ad esempio, nel villaggio di Tanganu, tra 50 e 100 rumeni armati di pistole e fucili saccheggiarono le case di numerose famiglie di Rom, cacciandoli poi dal villaggio; sempre nel 1997 gli abitanti del villaggio di Petreasa hanno deciso di espellere tutta la comunità Rom del villaggio.

Omissione da parte delle istituzioni

Le autorità rumene hanno dimostrato la mancanza di volonta’ nell’impedire e punire queste violenze e nel risarcire le vittime.

L’atteggiamento colpevolmente omissivo della istituzioni e’, tra l’altro, dettagliatamente documentato dal Libro Bianco redatto nel 1997 dalla Lawyer’s Association for the Defence of Human Rights: a partire dal 1996 infatti questa associazione, grazie ai finanziamenti dalla Comunità Europea, ha curato la creazione di un Ufficio per la difesa legale della Minoranza Rom e seguito da vicino alcuni casi.

In molti di essi è evidente che la polizia ha trascurato le indagini mentre la magistratura ha ignorato i casi di violenza collettiva contro la minoranza Rom, archiviando i casi e talvolta addirittura impedendo alle vittime di intentare azioni legali; nei casi più gravi alcuni dei presunti colpevoli sono stati messi sotto accusa, ma i processi procedono assai lentamente.

Nel caso di Hadareni, ad esempio, gli ordini di arresto emessi nel 1994 dall’autorita’ procedente furono subito revocati per l’intervento del Procuratore Generale, le posizioni di due poliziotti coinvolti rapidamente archiviate e il processo, ripreso nel 1996 a tutt’oggi non si e’ concluso.

Nel 1990 l’intera popolazione Rom della regione di Harghita fu cacciata e le loro case furono bruciate: le indagini furono rallentate finche’, nel 1995 i colpevoli furono assolti per scadenza dei termini di prescrizione. Chi ha seguito i casi ha avuto modo di notare alcune illegalita’ procedurali ed l’attitudine passiva delle autorita’ investigative: nessuno sforzo fu fatto per raccogliere testimonianze specifiche ed individuare i responsabili, vi furono invece forme di intimidazione nei confronti della minoranza Rom. Risulta poi agli atti che il Procuratore, Rus Maria si reco’ sulla scena del delitto a Casinul Nou, ma non per raccogliere prove contro gli indagati, bensi’ la lamentele della comunita’ locale nei confronti dei Rom.

Numerosi casi si sono verificati anche della regione di Giurgiu, a Bicu, Gaiseni ed Ogrezeni: in tutti questi casi il processo e’ rimasto fermo alla sua fase iniziale per diversi anni. Testimoni ed imputati si rifiutavano di comparire, la Corte di emettere ordini di comparizione o la polizia di eseguirli: solo il trasferimento delle causa ad altra Corte distrettuale, avvenuto tra il 1996 e il 1997 su intervento dei legali dell’Associazione per la difesa dei Diritti Umani, ha ottenuto qualche risultato, ma il tempo trascorso inutilmente rischia di pregiudicare il raggiungimento di una soluzione equa.

L’impunita’ garantita agli autori di queste violenze trova del resto riscontro nelle prese di posizione ufficiali: le autorita’ non riconoscono il carattere etnico degli episodi di violenza. Il sindaco di Mihail Kogalniceanu, dove 31 case abitate da Rom furono distrutte o incendiate da oltre 300 persone armate di mazze e bottiglie molotov, ebbe a dichiarare "Nel villaggio c’era un’atmosfera violenta, ma tengo a precisare che non era rivolta verso gli Zingari. Noi non abbiamo alcun problema con loro come razza. Ce l’abbiamo solo con i criminali. Sono le organizzazioni Rom che tentano di presentare l’accaduto come un conflitto etnico, per screditare il Paese all’estero"

Anche oggi le autorita’ locali talvolta negano ai Rom di vivere nel villaggio o di ricostruire le case distrutte. Le vittime, fuggite dai villaggi in cui hanno subito le violenze, non ricevono alcun aiuto dalle autorita’ e spesso incontrano ostilita’ nei villaggi in cui si recano.

Persino quando le forze dell’ordine erano presenti al momento delle violenze, non sono intervenute in difesa dei Rom: nel giugno 1996 la polizia di Maguerele, un sobborgo di Bucarest, non ha garantito protezione contro la violenza razzista ad alcuni Rom e alle loro proprieta’, nonostante fossero stati preventivamente avvertiti che si stava preparando un attacco alla comunita’. Il capo della polizia e una decina di agenti sono rimasti a guardare senza intervenire mentre la folla rompeva vetri e porte e incendiava le case dei Rom.

Violenza da parte delle istituzioni

Negli ultimi anni le autorita’ risultano non solo colpevoli di omissione, ma anche di un vero e proprio atteggiamento persecutorio nei confronti dei Rom. Con l’ovvia conseguenza di legittimare l’odio razzista da parte della popolazione, preparando nuove esplosioni di violenza.

Raids: Frequentemente la polizia compie raids nelle comunita’ Rom, assalendo all’alba le loro abitazioni spesso senza alcun mandato: con percosse e con i morsi dei cani i Rom (anche donne, bambini, anziani) vengono buttati giù dal letto, picchiati e umiliati. Molti vengono portati nelle stazioni di polizia e li’ nuovamente picchiati e torturati. Questo tipo di azione non viene condotta invece contro i rumeni non Rom.

In alcuni casi la polizia non porta alcuna giustificazione al raid, come ad esempio nel caso del raid nel villaggio di Acis nel 1995: la polizia fece irruzione, sequestro’ i documenti e porto’ alla stazione di polizia 30-40 Rom, che furono duramente picchiati. Per questo raid non era stato emesso nessun mandato e resta a tutt’oggi privo di spiegazioni. Un testimone rumeno che denuncio’ il fatto fu intimidito dalla stessa polizia.

In altri casi la giustificazione consiste nel "domicilio illegale". Nel 1996, ad esempio, sono stati effettuati quattro raids contro la comunita’ Rom di Colentina, ove essi si erano installati durante il regime di Causescu: la polizia, dopo avere circondato l’area, e’ entrata nelle case e ha portato alla stazione di polizia uomini, donne e bambini. I Rom sono stati percossi e costretti a pagare una multa per "domicilio illegale". La polizia affermo’ che i raids sarebbero continuati finche’ i Rom non si fossero trasferiti in un’altra area.

La definizione dei diritti di proprieta’ dei Rom che furono forzatamente collocati in determinate aree durante il regime comunista o che ricevettero la proprietà dallo Stato rappresenta un complesso problema, spesso utilizzato come pretesto per violenze e multe contro i Rom .

Infine in numerosi altri casi le autorita’ di polizia e giudiziarie hanno affermato pubblicamente che i raids hanno una funzione preventiva per "combattere il crimine" da parte delle comunità Rom. Ad esempio il capitano Vintileanu dell’Ispettorato Generale di Polizia rumeno ha affermato:" Noi raccogliamo dati nelle aree in cui e’ alto il numero di crimini. [...] La polizia organizza i raids per identificare i criminali e far sapere agli altri membri della comunità che noi siamo in grado di combattere la criminalita’ ".

Il "Programma di prevenzione contro la violenza comunitaria" sviluppato dal Ministero degli Interni rumeno a partire dal 1994 e’ stato paradossalmente distorto nell’interpretazione e applicazione da parte delle forze di polizia. Gli incidenti di violenza comunitaria contro i Rom, infatti, vengono riferiti a reazioni spontanee risultanti dalla frustrazione della popolazione maggioritaria a causa del "comportamento antisociale" della minoranza Rom: per evitare l’esplosione della violenza comunitaria, dunque, vengono messe in atto azioni preventive per combattere il crimine da parte dei Rom, affinche’ la popolazione non Rom non sia tentata di farsi giustizia da se’.

Ad esempio nel 1996 la polizia compi’ un raid contro i Rom della citta’ di Balteni, accusandoli di aver rubato del grano: i poliziotti strapparono le ricevute che alcuni Rom presentarono per dimostrare di aver acquistato il grano e lo confiscarono come merce rubata. Nel 1997 un raid nel villaggio di Ivesti, compiuto da dozzine di poliziotti con cani, era finalizzato a "controlli di contabilita’ ".

Sparatorie: Altro aspetto molto preoccupante e’ l’abuso delle armi da fuoco da parte delle forze dell’ordine, abuso che ha portato alla morte o al grave ferimento di numerosi Rom, disarmati e unicamente sospettati di piccoli furti o colpevoli di non aver obbedito all’intimazione di fermarsi. Nel 1996, ad esempio, un giovane Rom fu ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato da un agente di polizia che lo aveva inseguito dopo che con la sua carrozza a cavalli non si era fermato ad uno stop: la versione della polizia fu che l’azione dell’agente era stata di legittima difesa, mentre il referto medico dimostrò che il proiettile aveva colpito la vittima alla schiena.

Durante il periodo tra aprile e giugno 1996 si sono verificati ben tre casi in cui la Polizia ha aperto immotivatamente il fuoco contro appartenenti alla comunita’ Rom, rispettivamente nella regioni di Olt, Maramures e Brasov.

Molti casi simili sono stati registrati negli ultimi tre anni, ma le indagini sono state sospese perche’ la legge 26/1994 permette l’uso di armi da fuoco "per arrestare persone sospette e colte in flagranza di reato che tentino di fuggire e che non obbediscano all’intimazione di fermarsi".

Detenzioni illegali e maltrattamenti: Si registrano numerosi casi di detenzione illegale: ad esempio nel 1994 due Rom furono imprigionati solo a causa della loro origine etnica. Frequenti sono anche i casi di maltrattamenti durante la detenzione, che in diversi casi hanno determinato la morte della vittima. Le indagini e i processi, quando vengono iniziati, procedono molto lentamente: ad esempio il processo per l’uccisione di un Rom detenuto da parte del capo della polizia di Valcele nel 1996 non è ancora giunto a termine. Persino i minorenni subiscono gravi maltrattamenti.

Intimidazioni: Le vittime e i testimoni vengono intimiditi, con l’ovvia conseguenza che le denunce vanno sempre più diminuendo.

Discriminazioni

I Rom continuano a subire discriminazioni sui posti di lavoro, nel sistema scolastico, e sotto l’aspetto abitativo. Malgrado la significativita’ della minoranza Rom, non vi e’ alcuna legislazione che ne garantisca il diritto all’istruzione e alla partecipazione alla vita culturale del paese.

I mass media riflettono e al contempo consolidano i pregiudizi presenti nella popolazione: quasi sempre le notizie riguardanti i Rom sono connesse a criminalita’, malattie e poverta’

I Rom rumeni giunti recentemente a Torino provengono in maggioranza dai villaggi di Fetesti e Tandarei, nella regione di Ialomita. In queste zone si sono verificati, anche recentemente, numerosi incidenti ed episodi di violenza a danno delle comunita’ Rom: possono citarsi come esempi, con riferimento al Rapporto e ai documenti ufficiali citati nelle note, i casi di Ogrezeni, Medgidia, Colentina, Balteni e quelli verificatisi nei sobborghi di Bucarest.

 

Il presente rapporto e’ stato redatto a cura:

- della "Rete d’Urgenza", coordinamento di associazioni e enti, cui hanno aderito:

AIZO (Associazione Italiana Zingari Oggi), A.Me.Cu (Associazione per la Mediazione Culturale), Alma Terra, ASAI (Associazione Salesiani Interculturale), ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione), Associazione Gente della Citta’ Nuova, Associazione IRES Lucia Morosini, Centro Frantz Fanon, Centro Studi Sereno Regis, Cerchiamo La Pace, Comitato Oltre il Razzismo, Comitato per la Laicita’ della Scuola, Comunita’ Madian dei Padri Camilliani, Cooperativa Crescere Insieme, Cooperativa Ercole Premoli, Cooperativa Sanabil, Coordinamento Immigrati CGIL, Dipartimento Politiche Sociali CGIL, Gruppo Abele, Gruppo Insegnanti Elementari, Informa Gay, LOC (Lega Obiettori di Coscienza), MIR (Movimento Internazionale di Riconciliazione), Rete Antirazzista di Torino, Servizio Migranti della Chiesa Evangelica Valdese

- di CGIL, CISL e UIL

- Opera Nomadi

 

 

I Rom della Romania: un problema umanitario

 

1.I fatti di cui siamo a conoscenza

1.1 Sono arrivati e continuano ad arrivare gruppi di Rom dalla Romania a Torino: a tutt’oggi sembrerebbero essere 200 /250

1.2 Gli ultimi arrivati volevano andare in Francia per ottenere l’asilo, ma per il Trattato di Dublino sono stati respinti alla frontiera.

1.3. A Torino solo 5 capifamiglia su una cinquantina hanno ottenuto di chiedere l’asilo

1.4 Le zone della Romania da cui provengono, sono zone dove prevalgono forti sentimenti di ostilita’ e sussistono condizioni di pericolo per la loro incolumita’ personale

2 Come sono stati accolti a Torino.

2.1 E’ iniziata una campagna dei media a Torino sulle pagine locali soprattutto de La Stampa ma anche del tg regionale sulla comparsa ai semafori di bambini rom che sarebbero sfruttati o schiavizzati a fini di accattonaggio; si e’ anche insinuato che i bambini siano malati di scabbia, candida, e siano denutriti.malgrado nessun medico li avesse ancora visitati.

2.2 In tutte le operazioni di polizia svolte non sono mai state attivate iniziative a tutela delle donne e dei bambini presenti nel campo, (visite mediche, pediatriche) come speriamo fosse nell’intenzione delle procure del Tribunale dei Minori e della Pretura che le hanno promosse. Sempre per iniziativa delle due procure è stata ordinato un sopralluogo dell’assistente sociale e di un’educatrice dell’Ufficio Minori a distanza dai due interventi di identificazione. (per il secondo vedi il punto 2.7)

2.3 Ci risulta che in tutto siano stati emessi una trentina di provvedimenti di espulsione: 18 (10 uomini e 8 donne) durante le operazioni di polizia all’ alba di martedì 30 giugno, 10 consegnate agli interessati al momento in cui costoro erano andati in questura per chiedere l’asilo. Solo 5 hanno avuto la possibilità di fare la domanda d’asilo e di ottenere un permesso di soggiorno provvisorio.

2.4 Da quanto detto sopra si profila una violazione dell’art.17 della legge 40/98 che al comma 1 testualmente dice: "In nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinione politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione."

2.5 A tutti i bambini al di sopra dei 7/8 anni e in qualche caso anche al di sotto, sono state prese le impronte digitali. Il che non sembra in linea con una politica di tutela dei minori .

2.6 Sono stati sequestrati documenti validi durante la fotosegnalazione da parte della Polizia Municipale che ha anche consegnato diffide ad alcuni Rom in relazione alla possibilita’ di consumare il reato di sfruttamento dei minori.

2.7 La stessa operazione si e’ ripetuta ad una settimana di distanza; questa volta con la Polizia Municipale c’erano i Carabinieri che con le armi spianate e con l’elicottero che volteggiava sul campo hanno ripetuto le stesse operazioni di identificazione della settimana precedente. (fotosegnalazione e raccolta delle impronte digitali, compresi i bambini al di sopra dei 7/8 anni).

3 Che cosa si chiede al Governo

3.1 Da quanto detto prima nel rapporto sulla violazione dei diritti umani emerge che i Rom in Romania subiscono ancora persecuzioni e discriminazioni e se rimpatriati si troverebbero in condizioni di pericolo per la propria incolumita’ personale. In particolare va sottolineato come i Rom, non essendo nomadi, abbiano dovuto abbandonare i loro villaggi e le loro case; ma rischiano di passare alla condizione di nomadismo qualora vengano respinti. Pertanto si chiede:

Se non sussistano gli estremi per un’iniziativa umanitaria, così come prevede l’art.18, comma 1 della legge 40/98 che testualmente dice: "Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato d’intesa con i Ministri degli Affari Esteri, dell’Interno, per la Solidarieta’ sociale e con gli altri Ministri eventualmente interessati, sono stabilite, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell’ambito del Fondo di cui all’art. 43, le misure di protezione temporanea da adottarsi, anche in deroga a disposizioni della presente legge, per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi non appartenenti all’Unione Europea. .

3.2 In relazione a ciò si chiede che al seguito di un tale provvedimento si dia disposizione per il ritiro dei provvedimenti di espulsione e per la concessione di un permesso di soggiorno.