APPELLO PER LA REGOLARIZZAZIONE DEGLI STRANIERI IRREGOLARI

Sono trascorsi tre mesi dall’approvazione in Parlamento della nuova legge sull’immigrazione.

Gran parte della sua efficacia dipenderà dai decreti legislativi, dal regolamento attuativo, dalle circolari ministeriali.

Si tratta di un difficile e minuzioso lavoro e ci auguriamo che ne consegua un’interpretazione univoca e chiara tale da porre in atto le potenzialità democratiche insite nel nuovo quadro normativo.

Chiediamo perciò con forza, come ineludibile atto dovuto la momento dell’applicazione di una nuova legge, un provvedimento del Governo che consenta a quanti si trovino sul territorio in situazione di irregolarità del soggiorno di venirne fuori e di poter ottenere i documenti per iniziare un percorso di vita nella legalità.

Ci sembra che questo sia il senso sostanziale dell’odg.n°100, approvato dal Senato e accolto dal Governo al momento dell’approvazione della nuova legge.

Ci spingono a sollecitare un provvedimento per la regolarizzazione una serie di considerazioni:

a) L’area dell’irregolarità, secondo le analisi della Caritas non supererebbe le 200/250mila unità. Secondo le stime CeSPI essa è contenuta sulle 100/150mila persone. Si tratterebbe quindi di un numero da un lato estremamente contenuto, che potrebbe essere valutato all’interno dei flussi e delle relative quote d’ingresso considerando anche l’ingresso per ricerca lavoro, (è realisticamente difficile pensare che tutti i consolati all’estero siano in grado di attrezzarsi per il 1999) dall’altro un numero sufficientemente grande da rendere impraticabile e inaccettabile il ricorso a massicce espulsioni sia per motivi sociali che per quelli economici.

b) la normativa italiana riguardante l’immigrazione ha visto cinque anni in cui era impossibile accedere al soggiorno anche per quanti avevano trovato lavoro, casa etc. La tanto attesa regolarizzazione è arrivata con il decreto Dini: dimostrare la propria presenza con una prova certa-burocraticamente ufficiale (e cosa significa questo per un clandestino!!) in Italia prima del 18 Novembre 95. Da allora sono trascorsi due anni e mezzo di chiusura, senza quote o decreti sui flussi: più o meno il tempo trascorso tra la 943 e la Martelli, non sarebbero quindi due regolarizzazioni abnormemente contigue. Inoltre per come era concepito, il decreto Dini ha escluso dalla regolarizzazione i lavoratori autonomi e grazie alla procedura farraginosa e complessa ha prodotto un tasso alto di errori con ricadute nell’irregolarità; ma l’elemento più grave e discriminatorio rispetto all’assunzione di qualunque altro lavoratore, è stato la richiesta del pagamento di contributi anticipati (fino a sei mesi). Sono stati molto spesso gli immigrati a pagarli: ed allora il possesso di una ingente somma di denaro è divenuto la discriminante fra regolarità e irregolarità. Molti sono stati licenziati e hanno dovuto ricercare un lavoro fittizio o momentaneo per potersi regolarizzare a un prezzo minore (fa differenza il pagamento di contributi come muratore o come collaboratore domestico).

Queste procedure hanno inflitto una ferita al patto democratico su cui si fonda la convivenza civile. Anche il Parlamento e il Governo, nel luglio del 96, riconobbero il decreto Dini come impraticabile ed iniquo, nato da un ricatto, e lo fecero decadere. Ricordiamo questa vicenda perché ci sembra che sia necessario offrire una possibilità concreta di vita legale a quanti allora rimasero tagliati fuori da quelle norme.

Chiediamo quindi con urgenza un provvedimento del Governo che consenta la regolarizzazione di quanti:

· a) esercitano un lavoro dipendente o autonomo

· b) sono inseriti in contesti familiari (figli, genitori o coniugi di italiani e di stranieri regolarmente soggiornanti)

· c) sono presenti per studio o per formazione

· d) sono alla ricerca di un lavoro e chiedono di avere un periodo di iscrizione alle liste di collocamento per realizzare l’assunzione

Chiediamo che la possibilità di regolarizzarsi, sussistendo tali condizioni di inserimento non venga automaticamente esclusa, come avvenuto in passato, in relazione a condanne per categorie predeterminate di reati, ma solo in casi di accertata pericolosità sociale, nello spirito della nuova disciplina delle espulsioni.

La nostra richiesta si appella alle ragioni realistiche del buon governo del territorio e a quelle, altrettanto forti, dell’etica e della civiltà giuridica: perciò auspichiamo che esse trovino rispondenza nella sensibilità del Governo democratico di questo Paese.

 

Torino, 9 maggio 1998

CGIL CISL UIL di Torino, CGIL Piemonte, ASGI, RETE ANTIRAZZISTA di Torino, SERVIZIO MIGRANTES CARITAS, COORDINAMENTO IMMIGRATI di ASTI, CENTRO DI ACCOGLIENZA INCONTRO FRA LE CULTURE (Canelli), A.I.Z.O. , ASS. AMICIZIA ITALO MAROCCHINA "LA PACE" , CENTRO ISLAMICO C.SO SAN MARTINO, COOPERATIVA SANABIL, COOPERATIVA SENZA FRONTIERE, ASSOCIAZIONE HARAMBE, AMECU (Associazione per la mediazione culturale)ASSOCIAZIONE ERCOLE PREMOLI , ISI, (Informazioni Sanitarie Agli Immigrati)