La recente regolarizzazione dei cittadini stranieri — disposta con il decreto del Presidente del Consiglio in data 16.10.98 — pone non pochi problemi di ordine sia giuridico sia politico (nel senso dell’opportunità della misura come emanata).

Essa si manifesta innanzitutto inadeguata rispetto all’esigenza, pur proclamata dallo Stato italiano in più occasioni, di fare emergere dalla clandestinità coloro che da anni vi sono stati costretti per l’assenza di norme che consentissero ai cittadini stranieri di essere o divenire regolari.

La stima effettuata dal Ministero dell’interno nel giugno 1998 valuta intorno alle 250/300.000 unità le presenze di stranieri irregolari in Italia; ciò nonostante, la regolarizzazione prevede il rilascio di soli 32.000 permessi di soggiorno, oltre ai 6.000 destinati ai cittadini dei tre Paesi con i quali l’Italia ha stipulato Accordi di riammissione (Albania, Tunisia, Marocco).

Non occorre essere esperti di matematica o sostenitori del diritto incondizionato di ogni uomo a spostarsi liberamente in ogni territorio del mondo, per comprendere l’estrema irrazionalità, ipocrisia e pericolosità della scelta operata dallo Stato italiano con il decreto di regolarizzazione in corso.

Esso, infatti, non solo escluderà 4/5 degli irregolari — in tal modo non soddisfacendo l’esigenza di emersione dell’irregolarità e non consentendo una effettiva attuazione della nuova legge sull’immigrazione - ma intuitivamente indurrà un mercato illegale di sfruttamento degli irregolari, disposti a pagare ingenti somme per ottenere immediatamente contratti di lavoro e dichiarazioni di ospitalità pur di avere il permesso di soggiorno.

Coloro che, invece, saranno oggettivamente esclusi dalla sanatoria, perché non rientranti nelle quote, rimarranno nella loro condizione di clandestinità, soggetti agli sfruttamenti ed ai ricatti dei datori di lavoro o facile preda della criminalità.

Non si dica che il rischio di pratiche illegali non è evitabile né prevedibile da coloro che sono deputati all’emanazione delle leggi, perché se così fosse significherebbe la totale ignoranza del fenomeno non tanto dell’immigrazione quanto del mercato illegale che lo accompagna in misura direttamente proporzionale all’assenza di intervento statale e all’assenza di modi legali per entrare in un mercato — prima ancora che in una società — che da decenni richiede braccia straniere.

Il decreto di regolarizzazione è ingiusto e discriminatorio nelle sue modalità di attuazione.

Avere previsto, infatti, che avranno il permesso di soggiorno coloro che per primi presenteranno la domanda di sanatoria significa avere costretto e costringere per giorni e giorni migliaia di stranieri a stazionare in condizioni prive di requisiti minimi di umanità nelle enormi, estenuanti ed umilianti file davanti alle questure.

Significa costringere persone — prima ancora che stranieri — a compiere una corsa (nel senso letterale del termine) verso l’agognato titolo di soggiorno, senza certezza che gli sforzi compiuti possano approdare ad un esito positivo.

Il criterio cronologico voluto dallo Stato italiano è una vergogna dell’Italia intera, una sconfessione ed una sconfitta dei principi di solidarietà , di garantismo, di democrazia che pur rappresentano il patrimonio reale di una larga parte della società italiana, non sempre dei suoi rappresentanti.

Nessun provvedimento di sanatoria — tra i tanti emanati dallo Stato italiano in vari settori, dal condono edilizio, a quello fiscale, tributario, ed altri — ha mai subordinato l’accesso al beneficio ai soli che per primi arrivavano : forse che sanare le case abusive italiane (che hanno distrutto un patrimonio ambientale e storico immenso) o i mancati versamenti delle tasse (che altrettanto gravissimo danno hanno provocato alla società italiana) ha maggior dignità che rilasciare un documento ad una persona che ne è priva non per propria volontà?

Talmente evidente è la discriminazione e dunque la violazione del precetto costituzionale di cui all’art.3 — applicabile a tutti e non ai soli cittadini - da rendere superflua ed inadeguata ogni sua aggettivazione e spiegazione.

Sarebbe, peraltro, del tutto irragionevole che coloro che - associazioni o singoli - operano nel campo dell’immigrazione indicassero altri criteri per correggere la mostruosità giuridica prodotta dal decreto di regolarizzazione, se l’indicazione rimanesse nell’ambito di un provvedimento che comunque si rifiuta di chiarire il destino di tutti coloro che — stragrande maggioranza — rimarranno esclusi dalla sanatoria.

Solo se il Governo italiano rendesse esplicito e chiaro che gli esclusi dalla sanatoria non verranno espulsi ma avranno il permesso di soggiorno entro un termine ragionevole , solo allora si potrebbe ragionare su un più equo criterio di ammissione alla odierna regolarizzazione.

Non è sufficiente — pur se certamente apprezzabile - la rassicurazione dichiarata dal Ministro dell’Interno on. Russo Jervolino sulla sorte che spetterà agli esclusi dalla regolarizzazione, essendo indispensabile al riguardo l’emanazione di precisi ed inequivoci provvedimenti , che consentano da un lato di superare le inevitabili paure connesse alla autodenuncia della propria irregolarità, e dall’altro impediscano il prodursi di comportamenti arbitrari e comunque differenziati da parte delle singole autorità di pubblica sicurezza.

E’ indispensabile, dunque, che il Governo emani immediatamente un provvedimento nel quale offra una soluzione per gli esclusi.

Del tutto irragionevole è l’esclusione, contenuta nel decreto del 16.10.98, dalla regolarizzazione di coloro che hanno subito, nel passato, un provvedimento di espulsione, pur se la circolare del Ministero dell’interno ha consentito un’apertura attraverso il meccanismo della revoca.

E’ necessario che la possibilità di accedere alla regolarizzazione anche per gli espulsi venga resa effettiva attraverso l’individuazione di un meccanismo unico per tutte le questure, nelle quali attualmente vi sono prassi difformi.

Il meccanismo dovrebbe consistere nell’automatismo della revoca della pregressa espulsione in tutti i casi di provvedimento adottato per mancanza di visto e/o di permesso di soggiorno, a fronte della presentazione dell’istanza di revoca contestualmente alla domanda di regolarizzazione.

Per le altre ipotesi di espulsione, si dovrebbe accettare la ricezione della domanda di regolarizzazione e quella di revoca , subordinandone l’esito alla definizione del procedimento di revoca da attuarsi dalle competenti autorità.

La prova di presenza richiesta dal decreto per accedere alla regolarizzazione appare del tutto irragionevole nelle sue modalità attuative.

Richiedere, infatti, allo straniero irregolare di dimostrare solo attraverso prove documentali pubbliche (salvo rare eccezioni) l’invisibilità nella quale erano costretti, significa negare la conoscenza del fenomeno migratorio.

E’ necessario, al riguardo, che vengano allargate — e non stabilite aprioristicamente - le possibilità di provare la presenza in Italia nei termini indicati dal decreto, anche attraverso l’attivazione di un procedimento in contraddittorio con la parte e verificando l’effettività delle dimostrazioni offerte.

Sarebbe, peraltro, auspicabile prevedere l’intervento , anche d’ufficio , nel procedimento di operatori qualificati provenienti dalle realtà associative che da anni svolgono attività nel campo dell’immigrazione .

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E’ necessario che tutti coloro che ritengono di essere ancora portatori di principi di civiltà, solidarietà e garantismo agiscano da subito per impedire che le lunghe e disumane file davanti alle questure diventino causa di ulteriore sofferenza per le persone che lì sono costrette da logiche irrazionali e per impedire che esse diventino , nel contempo, pretesto per facili campagne razziste.

Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) Magistratura Democratica