Il Governo ha trasmesso al Parlamento il decreto sui flussi migratori, contenente soprattutto disposizioni sulla regolarizzazione di immigrati clandestini. Provo qui a sintetizzare, a modo mio, le perplessita' principali che il decreto desta nel mondo delle associazioni. In primo luogo, l'esperienza delle sanatorie passate ('87, '90 e '95) insegna che, per vincere la comprensibile diffidenza dell'immigrato irregolare e indurlo a segnalare la propria esistenza in una questura occorrono tempi lunghi (non meno di sei mesi perche' emerga tutto il bacino di irregolarita') e contropartite certe. In questo caso sono previsti poco piu' di due mesi ed effetti incertissimi: solo i primi trentamila, o poco piu', capaci di dimostrare il possesso dei requisiti otterranno un permesso. Degli altri non si dice niente. Gli ambienti ministeriali assicurano che anche gli altri non rischieranno di trovarsi in cambio un foglio di espulsione, ma verba volant, e, se si vuole davvero dare un permesso di soggiorno a chi ne ha i requisiti, lo si puo' decidere subito. L'incertezza resta ed e' grave.

Secondo aspetto: i requisiti per l'emersione. Rispetto all'ultima regolarizzazione (quella del decreto Dini) sono positivamente presi in considerazione, oltre ai lavoratori dipendenti, anche i lavoratori autonomi. Saggezza suggerirebbe di includere in questa categoria tutti coloro che vivono (lecitamente) esercitando una successione di lavori di breve durata, di carattere occasionale: tre giorni come manovale, due come giardiniere, altri due come lavapiatti... Gli immigrati in queste condizioni sono la maggior parte. Sono utilissimi, oltre che a se stessi e alle loro famiglie (il che non e' poco), anche alla nostra economia. Se pero', per regolarizzarli come lavoratori autonomi, il Governo chiede loro che ottengano i nulla-osta dalle camere di commercio e dimostrino di avere i mezzi sufficienti per avviare l'attivita' imprenditoriale, e, per di piu', in due mesi, e' segno che, dell'immigrazione, il Governo non ha ancora capito granche'.

Terza questione, piu' sottile: possono regolarizzarsi i familiari di stranieri regolarmente soggiornanti, purche' non si tratti di fratelli o di figli maggiorenni, e a condizione che non siano familiari di chi si regolarizza per lavoro. Quale sia, per la nostra societa', il vantaggio di avere famiglie un po' regolari e un po' irregolari e' domanda che andrebbe rivolta al Ministro della famiglia; il mio pensiero, di fronte a tanta genialita', vacilla.

Quarta faccenda, piu' drammatica: il Governo vuol lasciar fuori coloro che siano entrati dopo il 27 marzo (probabilmente altri quaranta o cinquantamila immigrati) o che non riescano a dimostrare con prove inattaccabili di essere entrati prima. Vuole anche lasciar fuori - sembra - quelli che siano stati colpiti, in passato, da provvedimenti di espulsione. Per respingere duemila clandestini, in estate, il Governo ha perso un mese e, per certi versi, la faccia. Cosa pensa di fare, di grazia, con questi esclusi?