N E W S PROGETTO ATLANTE

 

POLITICHE LEGISLATIVE

08 agosto 1999

(a cura dell'ASGI )

 

 

SOMMARIO

- ASILO

- Un comunicato stampa ed una successiva circolare del Ministero dell'Interno stabiliscono la cessazione dell'applicazione della protezione temporanea ai nuovi arrivi dalla Repubblica Federale di Jugoslavia. Prese di posizione critiche dell'associazionismo. Un primo bilancio dell'applicazione del decreto sulla protezione temporanea.

- Ripreso alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati l'iter del disegno di legge in materia di asilo politico e di protezione temporanea. L'ACNUR e gli organismi non governativi elaborano richieste di emendamento.

- Nominata la nuova presidenza del Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR)

- Nuove disposizioni in materia di ingresso e soggiorno dei cittadini somali in Italia.

- PROGRAMMAZIONE DEI FLUSSI MIGRATORI (Ingresso, soggiorno, espulsioni).

- In vigore le nuove disposizioni correttive alla legge sull'immigrazione in materia di

regolarizzazione ed espulsioni.

- Circolare del Ministero dell'Interno sulle modalità e possibilità di regolarizzazione ai

sensi del DPCM dd. 16.10.1998 per gli stranieri pregiudicati e quelli in stato di detenzione.

- Autorizzati nuovi ingressi per motivi di lavoro subordinato per una quota di cittadini albanesi, tunisini e marocchini e, senza distinzione di nazionalità, per motivi di lavoro stagionale.

- Iscrizione degli studenti extracomunitari alle Università italiane. Le disposizioni per

l'A.A. 1999-2000.

- Un progetto di assistenza al rimpatrio volontario di cittadini albanesi e delle Repubbliche della ex-Jugoslavia.

- INTEGRAZIONE SOCIALE

- Il CNEL mette sotto accusa Governo e Regioni per le inadempienze e i ritardi nell'applicazione della legge sull'immigrazione rispetto alle politiche per l'integrazione degli immigrati.

- Quali possibilità per l'autocertificazione da parte dei cittadini extracomunitari in base alle circolari del Ministero dell'Interno, di Grazia e Giustizia e dei Trasporti e della Navigazione, applicative delle norme in materia di semplificazione amministrativa ?

- La Corte Costituzionale riconosce il diritto dei cittadini extracomunitari invalidi civili all'iscrizione alle liste del collocamento obbligatorio.

- Fissati i termini per il procedimenti di riconoscimento dei titoli di studio extracomunitari ai fini dello svolgimento delle professioni sanitarie.

- Introdotta l'assicurazione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale per i cittadini dell'Unione Europea residenti in Italia.

- ACCORDI INTERNAZIONALI

- Ratificati e resi esecutivi gli accordi di adesione dei governi di Svezia, Danimarca e

Finlandia agli accordi di Schengen, nonché l'accordo di cooperazione tra gli Stati parte degli Accordi di Schengen e la Repubblica di Islanda ed il Regno di Norvegia per la soppressione dei controlli alle persone alle frontiere comuni.

- Ratificato e reso esecutivo l'accordo tra Italia e Argentina sul riconoscimento dei titoli di studio a livello elementare e medio firmato a Bologna il 3 dicembre 1997.

- Ratificate e rese esecutive le Convenzioni con la Slovenia e la Croazia in materia di sicurezza sociale.

- Entrato in vigore l'accordo tra il governo italiano e quello della Repubblica di Macedonia sulla mutua promozione e protezione degli investimenti, firmato a Skopje il 26.02.1997. Ratificati e resi esecutivi gli accordi sulla protezione degli investimenti tra Italia e Uzbekistan e Uganda, firmati rispettivamente a Taskent il 17.09.1997 e a Roma il 12.12.1997.

- Ratificato e reso esecutivo l'accordo tra il governo italiano e le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugosalvia, firmato a L'Aja il 06.02.1997.

- Sospesa nei confronti della Bosnia Erzegovina l'efficacia dell'accordo tra l'Italia e la ex Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia sul reciproco riconoscimento dei titoli di studio universitari, sottoscritto a Roma il 18 febbraio 1983.

-

SPECIALE N E W S

- "Diritto, Immigrazione e Cittadinanza". Uscito il primo numero della rivista promossa

da Magistratura Democratica e dall'ASGI dedicata ai temi dell'immigrazione e dell'asilo.

- Entrato in vigore il 1° maggio scorso il Trattato di Amsterdam sull'Unione Europea. Le prospettive delle politiche europee in materia di immigrazione e asilo.

- Campagna internazionale per la ratifica della Convenzione ONU per la protezione dei

diritti dei migranti e dei membri delle loro famiglie. Un'iniziativa in Italia.

- Famiglia multietnica e diritto di famiglia. La Corte di Cassazione conferma il limite

all'applicazione della legge straniera nei rapporti di famiglia se i suoi effetti sono

contrari all'ordine pubblico e ai principi fondamentali del nostro ordinamento e di

quello internazionale. Negata l'applicazione della legge marocchina che non ammette

l'istituto del riconoscimento della filiazione naturale.

 

 

 

ASILO

1. Un comunicato stampa ed una circolare del Ministero dell'Interno stabiliscono la cessazione dell'applicazione della protezione temporanea ai nuovi arrivi dalla Repubblica Federale di Jugoslavia. Prese di posizione critiche dell'associazionismo. Un primo bilancio dell'applicazione del decreto sulla protezione temporanea.

Con un comunicato stampa diramato il 20 luglio scorso, il Ministero dell'Interno ha annunciato la decisione di non continuare ad applicare la protezione temporanea ai nuovi arrivi dalla Repubblica Federale di Jugoslavia e di disporre il loro automatico respingimento o la loro espulsione ai sensi del decreto sulla protezione temporanea dd. 12 maggio 1999 (G.U. n. 121 dd 26.05.1999). La decisione del Ministero dell'Interno giunge a seguito dell'arrivo sulle coste pugliesi di diverse centinaia di profughi, prevalentemente di etnia rom, in fuga dal Kosovo a seguito delle rappresaglie, intimidazioni e violenze cui sono sottoposti da parte di gruppi armati albanesi, presumibilmente appartenenti all'UCK (Esercito di Liberazione del Kosovo).

La nota del Ministero dell'Interno ha suscitato notevoli proteste da parte delle associazioni di tutela dei diritti dei richiedenti asilo. L'ASGI ha diramato un comunicato stampa in cui denuncia l'aperta violazione del principio di "non refoulment" in caso di applicazione degli accordi di riammissione tra Italia e Repubblica Federale di Jugoslavia nei confronti di tali gruppi di profughi, in considerazione del rischio che questi vengano sottoposti a violenze e persecuzioni successivamente al rientro nei luoghi di origine. La precaria situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali degli appartenenti all minoranze etniche in Kosovo, ed in particolare di quelle serba e rom, vittime di atti quotidiani di uccisione sommaria, rapimento, intimidazione e limitazioni nella libertà di circolazione e nell'accesso ai mezzi di sostentamento, è confermata da un recente rapporto dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, diffuso il 26 luglio scorso ("Preliminary assessment of the Situation of Ethnic Minorities in Kosovo". Il testo può essere richiesto alla delegazione italiana dell'ACNUR (e-mail: itaro@unhcr.ch).

Nel suo comunicato stampa, l'ASGI considera gravissimo che nella nota del Ministero dell'Interno non sia stato fatto cenno alla possibilità per i profughi provenienti dal Kosovo di accedere comunque alla procedura ordinaria di riconoscimento dello status di rifugiato secondo la Convenzione di Ginevra del 1951; possibilità che non può certo essere impedita in base a valutazioni di opportunità politica e che può essere esclusa solo in base ai criteri di sui all'art. 1 comma 4 della legge n. 39/90, sicuramente non applicabili in questo caso, essendo il Montenegro, territorio da cui partono i profughi, parte integrante della RFJ e quindi non considerabile alla stregua di un "paese terzo sicuro". L'ACNUR, in un suo comunicato stampa diffuso il 21 luglio, ha ribadito queste osservazioni, sottolineando che "la decisione di non continuare ad applicare la protezione temporanea ai nuovi arrivi di profughi non deve intaccare in nessun modo il diritto d'asilo e la normale applicazione dell'art. 1 della legge n. 39/90 che definisce i criteri per l'ammissione alla procedura d'asilo". Il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), da parte sua, ha sottolineato l'esigenza che presso i centri di accoglienza e di smistamento predisposti sulle coste pugliesi venga garantito l'accesso a personale umanitario e interpreti in grado di orientare i profughi e garantire a coloro che ne abbiano i requisiti l'accesso alla procedura di asilo, evitando respingimenti ed espulsioni che risulterebbero in violazione sia del diritto internazionale che della normativa italiana in materia di "non refoulement".

In un successivo comunicato, il governo italiano ha chiarito che non intende sottrarsi agli obblighi internazionali derivanti dalla Convenzione di Ginevra del 1951 e che, pertanto, anche dopo la cessazione del regime di protezione temporanea, ai nuovi profughi dal Kosovo verrà garantito l'accesso alla procedura di riconoscimento dello status di rifugiato se ne faranno richiesta in base alle disposizioni vigenti.

La decisione di non concedere più la protezione temporanea ai nuovi arrivati dal territorio della Repubblica Federale di Jugoslavia è stata successivamente confermata con una circolare telegrafica del M.I. inviata alle questure nei primi giorni di agosto.

Il problema principale incontrato durante l' applicazione del decreto sulla protezione temporanea è stato la disparità di trattamento a seconda delle aree di arrivo dei profughi, con particolare riferimento a due questioni principali:

a) l'individuazione dei beneficiari delle misure di protezione temporanea;

b) l'applicazione delle misure di assistenza.

a) Per quanto concerne il primo punto, l'art. 1 del decreto offriva una definizione piuttosto generica dei beneficiari delle misure di protezione, identificandoli come le "le persone provenienti dalle zone di guerra dell'area balcanica".

Ai questori - e dunque agli uffici di Pubblica Sicurezza locali - veniva affidato il compito di verificare, per quanto possibile, la provenienza e la nazionalità degli interessati (art. 2 c.1), con conseguente attribuzione della qualifica di rifugiato temporaneo ovvero esercizio della facoltà di respingimento o di espulsione dal territorio dello Stato, nel caso di persone ritenute non ammissibili sul territorio o il cui soggiorno non poteva essere consentito ovvero doveva essere revocato (art. 2 c.2). Una successiva circolare del Ministero dell'Interno datata 27 maggio aveva specificato che per le condizioni di esclusione e di inammissibilità alla protezione temporanea si doveva fare riferimento all'art. 4 comma 6 del D.L.vo n. 286/98, che riguarda gli stranieri già espulsi dall'Italia e privi di autorizzazione al rientro, così come quelli segnalati nel SIS (Sistema Informativo Schengen) ai fini della non ammissione, oltre a coloro che risultavano pericolosi alla sicurezza nazionale, all'ordine pubblico e al quadro delle relazioni internazionali. Al riguardo va anche ricordato il disposto dell'art. 10 comma 4 del TU delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione dove è prevista la non applicazione delle misure di respingimento nei casi previsti dalle disposizioni che regolano l'asilo politico e l'adozione di misure di protezione temporanea.

Un punto su cui il decreto, ma soprattutto l'interpretazione che ne è stata offerta dagli organi ministeriali, è apparsa irragionevolmente restrittiva, è quello che ha escluso di fatto dalla sua applicazione molte persone che potevano definirsi "réfugiés sur place", cioè che, al momento dell'entrata in vigore del provvedimento, già si trovavano in Italia, con permesso di soggiorno ad altro titolo o anche illegalmente, ed erano impossibilitate a fare rientro nei territori di origine in condizioni di dignità e sicurezza per gli eventi nel frattempo maturati. La circolare amministrativa del M.I. datata 27 maggio fissava quale requisito essenziale all'accesso alle misure di protezione temporanea, previa sospensione anche di eventuali provvedimenti espulsivi nel frattempo emanati, l'ingresso in Italia successivo all'inizio degli eventi bellici, che è stato fatto coincidere con il 26 marzo, data di dichiarazione dello stato di emergenza per fronteggiare un eventuale afflusso di rifugiati mediante l'apposito DPCM (pubblicato sulla GU n. 75 del 31.03.1999). Motivi di perplessità ha suscitato il riferimento alla data di ingresso in Italia, che ha fatto prevalere un elemento di natura tutto sommato formale sulla necessaria valutazione dei motivi sostanziali per cui le persone avrebbero potuto invocare la protezione umanitaria in ragione degli eventi sopravvenuti nel paese di origine. Appare opinabile, inoltre, l'aver fatto coincidere l'inizio degli eventi bellici con l'avvio delle operazioni militari della NATO nella Repubblica Federale di Jugoslavia, avendo trovato queste ultime giustificazione ufficiale quale forma di "ingerenza umanitaria" a fronte di massicce violazioni dei diritti umani in Kosovo che avevano già provocato la fuga forzata di quattrocento mila persone, tra profughi e sfollati interni.

Ad ogni modo, la circolare del M.I. del 27 maggio confermava la validità delle istruzioni precedentemente impartite con circolare del 7 aprile, limitatamente ai cittadini della Repubblica Federale di Jugoslavia che non potevano accedere alle misure di protezione temporanea a causa di provvedimenti espulsivi emanati prima del 26 marzo. In base a tali istruzioni, tali cittadini non potevano comunque essere assoggettati alle misure di detenzione amministrativa finalizzate dall'esecuzione del provvedimento espulsivo, tranne nei casi di comprovata pericolosità sociale.

b) In merito alle misure assistenziali, l'indicazione di inviare i beneficiari "quando è necessario, alle strutture di primo soccorso individuate o realizzate sul territorio nazionale", è stata letta da alcune Prefetture come un obbligo di assistenza da assicurare a tutti i profughi attraverso l'attivazione di una vasta gamma di possibili risorse (ad es. accordi con gli enti locali), mentre altre Prefetture hanno ritenuto di dover procedere ad interventi assistenziali solo in determinati casi, o di non intervenire affatto.

Si rammenta che il riconoscimento della protezione umanitaria temporanea ha comportato il rilascio di un permesso di soggiorno valido per il solo territorio italiano fino al 31 dicembre 1999, ma rinnovabile con cadenza semestrale fino al perdurare dello stato di emergenza conseguente al conflitto e, dunque, fino al venir meno di ogni impedimento ad un rimpatrio in condizioni di dignità e sicurezza (art. 2 c.4, art. 4).

Il permesso di soggiorno per motivi di protezione temporanea consente l'esercizio dell'attività lavorativa e l'accesso allo studio (art. 2 c. 4). I beneficiari della protezione temporanea che versino in stato di bisogno e che siano privi di assistenza fornita da altri soggetti pubblici e privati possono accedere ai centri di accoglienza che il Ministero dell'Interno, il dipartimento protezione civile e quello degli affari sociali e i prefetti hanno predisposto (art. 3 c. 1), servendosi dei poteri derogatori alle procedure ordinarie fissati con la proclamazione dello stato di emergenza (DPCM dd. 26.03.1999 in G.U. n. 73 del 29.03.1999) e la successiva ordinanza applicativa del Ministero dell'Interno (in G.U. n. 75 del 31.03.1999). Alle stesse condizioni di cui sopra, i beneficiari della protezione temporanea hanno il diritto agli interventi a carattere sanitario (art. 3 c. 1). La predisposizione di strutture di strutture di primo soccorso e accoglienza dei rifugiati temporanei deve avvenire, per quanto possibile, coinvolgendo gli enti locali, enti pubblici e privati, organizzazioni di volontariato e associazioni di tutela degli stranieri, mediante la stipula di apposite convenzioni e accordi con gli organismi ministeriali competenti, ma come abbiamo visto tali disposizioni hanno trovato un'applicazione disomogenea sul territorio nazionale, anche in mancanza di un vero e proprio piano nazionale di accoglienza.

Dalla fine di giugno, con la cessazione delle operazioni belliche in Kosovo e l'insediamento della missione multinazionale nella regione, la maggior parte dei 6.000 profughi kosovari albanesi che erano stati accolti nella ex base militare di Comiso, in Sicilia, sono rimpatriati, spontaneamente o nell'ambito del programma di rimpatrio volontario assistito dell'OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni). Per circa 150 dei 300 rimasti, un coordinamento di associazioni del privato sociale, tra le quali il CIR e l'ICS, ha predisposto un inserimento alloggiativo in altre strutture diffuse sul territorio italiano, nell'ambito del progetto "Azione Comune", finanziato dalla Commissione europea per l'accoglienza di profughi provenienti dalle zone di conflitto nella RFJ.

Nel frattempo, gli arrivi in Italia di richiedenti asilo provenienti dal Kosovo riguardano in particolare, come abbiamo visto, appartenenti all'etnia rom (più di 5.000 persone, di cui 2.000 minori, nel mese di luglio), i quali dopo un'iniziale accoglienza presso i centri di smistamento delle Puglie, vengono dirottati in altri centri istituiti in altre regioni italiane, oppure in mancanza di alternative, cercano di recarsi in altri paesi europei o finiscono nei campi nomadi alla periferia di grandi città italiane quali Venezia, Firenze, Bergamo, Bologna, Roma, aggravando situazioni di sovraffollamento e di degrado sociale e sanitario già presenti.

Per informazioni sulla tutela dei rifugiati provenienti dal Kosovo, ci si può rivolgere all'ICS di Trieste, tel. 040/52248, e-mail: icsts@tin.it oppure al Consiglio Italiano per i Rifugiati, Via del Velabro 5/A, Roma tel. 06/69200114.

Informazioni aggiornate sulla situazione dei rifugiati e delle popolazioni civili del Kosovo sono reperibili sui siti Internet dell'UNHCR di Ginevra (http: //www.unhcr.ch/news/media/kosovo.htm) e su quello del Consorzio Italiano di Solidarietà, l'ONG italiana maggiormente presente nell'ara balcanica (http://www.mir.it/ics/profughi/kosovo.html).

2. Ripreso alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati l'iter del disegno di legge in materia di asilo e protezione temporanea. L'ACNUR e gli organismi non governativi elaborano richieste di emendamento.

Dopo una lunga pausa, è ripresa alla fine di giugno in seno alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati - (presidente l'on. Cananzi (Partito Popolare), relatore l'on. Soda (Democratici di Sinistra) - la discussione sul disegno di legge in materia di asilo e di protezione temporanea, già approvato al Senato il 5 novembre scorso.

Nella seduta svoltasi il 21 luglio, prima della pausa estiva, il relatore, on. Soda, ha illustrato sommariamente i contenuti del provvedimento, sottolineando anche alcuni limiti del testo approvato dal Senato che necessiterebbe di modifiche e correzioni durante la discussione alla Camera dei Deputati. In particolare, l'on. Soda ha rilevato l'eccessiva limitazione dei presupposti per la concessione del diritto d'asilo, facenti riferimento al pericolo di vita, rispetto ai contenuti del testo costituzionale, che fanno riferimento unicamente all'impedimento all'esercizio delle libertà democratiche. L'on. Soda inoltre ha sottolineato l'esigenza di escludere dal pre-esame i richiedenti asilo costituzionali, che non dovrebbero essere sottoposti alle procedure di determinazione del paese d'asilo in base alla Convenzione di Dublino, da riservare esclusivamente ai richiedenti lo status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra del 1951.

In contemporanea alla ripresa dell'iter del DDL, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha convocato un gruppo di lavoro delle ONG per la formulazione di proposte di emendamento migliorative del testo approvato dal Senato. A tale gruppo di lavoro hanno preso parte il Consiglio Italiano per i Rifugiati e Sergio Briguglio della Caritas italiana. Le richieste di emendamento che sono state formulate riguardano in particolare il pre-esame e mirano a inserire la possibilità di ricorso con effetti sospensivi in caso di dichiarazione di inammissibilità o di manifesta infondatezza della richiesta di asilo. Il testo delle proposte di emendamento formulate dall'ACNUR e dalle ONG sopra richiamate può essere richiesto all'ACNUR, via Caroncini, 19, ROMA, tel. 06/8079085, e-mail: itaro@unhcr.ch.

Durante gli incontri promossi dall'ACNUR con alcuni parlamentari di maggioranza della Commissione Affari Costituzionali, sono emersi pareri discordanti sull'eventualità di emendare il testo approvato dal Senato. Se per alcuni ciò appare ragionevole ed auspicabile, per altri sarebbe preferibile concludere con la massima sollecitudine l'iter parlamentare del DDL, approvando il testo formulato dal Senato, che dovrebbe quindi essere "blindato" durante la discussione alla Camera.

In merito al testo del DDL, anche l'ASGI ha predisposto un documento contenente proposte di emendamento. Tale documento può essere richiesto al seguente indirizzo di posta elettronica dell'ASGI: ledaz@tin.it

3. Nominata la nuova presidenza del Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR).

Il Consiglio direttivo del Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), l'organismo di tutela dei rifugiati e dei richiedenti asilo che gode del patrocinio della delegazione in Italia dell'ACNUR, ha nominato il nuovo ufficio di presidenza. Alla presidenza è stato nominato Vincenzo Conso, già presidente della Corte Costituzionale e Ministro di Grazia e Giustizia, mentre alla Vice-Presidenza è stata nominata Anne-Marie Dupré, del Servizio Migranti e Rifugiati della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e animatrice del Gruppo di Riflessione Religiosa sulle migrazioni.

4. Nuove disposizioni in materia di ingresso e soggiorno di cittadini somali in Italia.

Ritenendo non più attuale la situazione di eccezionalità che aveva determinato l'automatico rilascio di appositi permessi di soggiorno umanitari per i cittadini somali fuggiti dalla guerra civile, il Ministero Affari Esteri con decreto 1 febbraio 1999 (G.U. 17.2.1999 n. 39) ha abrogato le precedenti disposizioni contenute nel decreto ministeriale dd 9.09.1992. Il nuovo decreto prevede di conseguenza che i cittadini somali che facciano soltanto ora ingresso in Italia potranno accedere eventualmente alla procedura individuale di riconoscimento dello status di rifugiato. Per coloro che hanno già beneficiato della protezione umanitaria in base alle disposizioni ora abrogate varranno le disposizioni emanate con direttiva del PdCdM del 6 agosto 1998, con la possibilità di convertire il permesso di soggiorno umanitario in permesso per motivi di lavoro della durata biennale in caso di rapporto di lavoro in corso o di formale impegno di assunzione ovvero con la permanenza del possesso di un permesso annuale in caso di stato di disoccupazione.

Il Ministero degli Affari Esteri italiano ha inoltre ritenuto di non riconoscere più alcuna validità ai passaporti somali rilasciati o rinnovati dopo il 31 gennaio 1991, in conseguenza della dissoluzione delle strutture statuali della Somalia. Pertanto, i cittadini somali presenti in Italia, per recarsi all'estero al di fuori dello Spazio Schengen. e fare poi rientro in Italia, debbono chiedere alle questure il rilascio di un apposito titolo di viaggio per stranieri, della stessa durata del permesso di soggiorno. In mancanza del passaporto, il rilascio o adeguamento del permesso di soggiorno può avvenire previa esibizione della carta di identità rilasciata dal Comune italiano di residenza

 

PROGRAMMAZIONE DEI FLUSSI (Ingresso, Soggiorno, Espulsioni).

5. In vigore le nuove disposizioni correttive alla legge sull'immigrazione in materia di

regolarizzazione ed espulsioni.

Con lo scadere della "vacatio legis", sono entrate in vigore il 12 maggio le disposizioni correttive alla legge sull'immigrazione contenute nel decreto-legislativo 13 aprile 1999, n. 113 (G.U. 27.04.1999 n. 97). Il decreto contiene diverse modifiche alla normativa sull'immigrazione varata con la legge n. 40/1998, poi confluita nel D.L.vo n. 286/98.

In materia di prevenzione e lotta contro l'immigrazione clandestina e con lo scopo di contrastare più efficacemente l'azione degli "scafisti", con l'art. 2 del D.L.vo vengono inasprite le procedure per la confisca dei mezzi utilizzati per l'introduzione illecita di immigrati nel territorio dello Stato. Viene rivista la composizione della Consulta per i problemi degli stranieri immigrati (art. 6), così come quella della Commissione per le politiche di integrazione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 7).

Gli aspetti centrali del provvedimento riguardano tuttavia la materia delle regolarizzazioni e quella delle espulsioni.

A) Regolarizzazione.

Per quanto concerne il tema delle regolarizzazioni, il decreto-legislativo introduce disposizioni transitorie alla legge sull'immigrazione, prevedendo così la possibilità di regolarizzare la propria presenza in Italia per gli stranieri già presenti in Italia alla data del 27 marzo 1998, in possesso dei requisiti previsti dal DPCM del 16.10.1998 e che hanno presentato le relative istanze entro il 15 dicembre 1998.

Il Ministero dell'Interno, con circolare datata 10 maggio 1999, diramata alle questure, ha dato avvio alle procedure per il rilascio del permesso di soggiorno agli stranieri che avevano presentato istanza di regolarizzazione, fornendo nel contempo significativi chiarimenti sull'applicazione e l'interpretazione dei requisiti previsti per la regolarizzazione.

Per quanto concerne le prove di presenza in Italia prima del 27 marzo 1998, si dispone l'ammissibilità della documentazione proveniente da organismi umanitari ed assistenziali, incluse apposite certificazioni sottoscritte da responsabili provinciali dei suddetti organismi appositamente designati e comunicati alle questure. Ugualmente viene ammessa la presentazione di corrispondenza postale ricevuta in Italia dallo straniero recente timbratura delle Poste italiane con data certa anteriore al 27 marzo 1998.

Viene inoltre disposto il rinvio della dimostrazione del reddito da lavoro autonomo al momento del primo rinnovo del permesso di soggiorno, qualora questo non potesse essere verificato o risultasse insufficiente in sede di regolarizzazione.

Viene inoltre previsto l'accoglimento della richiesta di regolarizzazione anche nei casi in cui l'offerta di assunzione da parte del datore di lavoro, esibita al momento della presentazione dell'istanza, sia nel frattempo venuta meno visto il protrarsi dei tempi della regolarizzazione. In tale caso viene previsto il rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro, della durata di un anno, sottoposto alla verifica dei mezzi di sostentamento alla scadenza.

Ulteriori chiarimenti vengono forniti nella circolare in merito ai requisiti della sistemazione alloggiativa, alla possibilità di ottenere nuove proroghe in caso di presentazione di domande incomplete, così come alla durata dei relativi permesso di soggiorno per regolarizzazione, di norma biennali, tranne nei casi citati di mancata verifica del reddito minimo da lavoro autonomo e di perdita nel frattempo intervenuta dell'offerta di lavoro subordinato, in relazione ai quali il permesso avrà durata annuale.

Le istruzioni emanate dal Ministero dell'Interno sono contrassegnate dunque da spirito di apertura e rendono possibile anche l'eventuale riesame delle istanze già eventualmente in precedenza rigettate dalle questure sulla base di disposizioni maggiormente restrittive in precedenza diramate.

Una recente circolare del Ministero dell'Interno prevede che i cittadini stranieri che sono in attesa del rilascio del permesso di soggiorno possono lasciare il territorio nazionale e farvi rientro, muniti dell'apposito cedolino, entro il 15 settembre prossimo.

Una recente circolare del Ministero del Lavoro, di cui ha dato notizia "Il Sole-24 ore" (edizione del 1 agosto) specifica invece l'impossibilità di stipulare contratti di lavoro per gli stranieri in attesa di regolarizzazione ed in possesso del solo cedolino di richiesta di permesso di soggiorno.

B) Espulsioni.

Al contrario delle disposizioni in materia di regolarizzazione, che sono per loro natura transitorie, quelle concernenti le espulsioni sono invece definitive e "a regime" e mirano nel complesso a restringere ulteriormente i diritti di difesa dello straniero rispetto ai provvedimenti espulsivi, rafforzando invece il potere dell'amministrazione.

Le modifiche alla procedura di ricorso contro il provvedimento espulsivo consistono sostanzialmente in due punti: 1) il giudice competente per l'esame del ricorso viene individuato nel pretore del luogo in cui ha sede l'autorità che ha disposto l'espulsione (mentre nel testo originario era invece il pretore del luogo di residenza o di dimora dello straniero espulso); 2) viene esplicitamente esclusa la possibilità di una reclamabilità della decisione assunta dal Pretore, negando il doppio grado di giudizio e prevedendo il solo ricorso in Cassazione.

Viene inoltre prevista l'inammissibilità di ricorsi presentati fuori dai termini di legge (5 giorni), nel tentativo di escludere a priori tutte le eccezioni che lo straniero potrebbe sollevare dinanzi al Pretore nell'ambito dell'esercizio del suo diritto di difesa e che avevano già trovato riconoscimento nella giurisprudenza maturata dall'entrata in vigore della legge n. 40/1998 (incostituzionalità del termine breve, errore scusabile, inespellibilità del soggetto, ecc.)

L'ASGI ha espresso serie riserve e critiche rispetto a questa parte del provvedimento, in quanto restringe in maniera intollerabile l'esercizio del diritto di difesa in caso di espulsione, costringendo lo straniero a presentare ricorso in un luogo che non necessariamente è quello in cui dimora o vive abitualmente. L'ASGI sottolinea inoltre il rischio che si produca una giurisprudenza locale "monolitica" concentrando la competenza del pretore nei capoluoghi di provincia, dove hanno sede le prefetture che emanano i provvedimenti espulsivi.

La decisione di eliminare il secondo grado di giudizio e dunque di escludere il reclamo al Tribunale contro il provvedimento dl pretore suscita amarezza dopo che il principio di reclamabilità era stato riconosciuto da un'importante sentenza della Corte di Cassazione nel febbraio scorso, non a caso proprio alla vigilia della decisione governativa.

Il decreto legislativo n. 113/99 rivede infine le norme in materia di modalità di accoglienza o di rimpatrio assistito dei minori stranieri non accompagnati. Mentre con la legge n. 40/998 i minori stranieri non accompagnati erano inespellibili, rientrando in una delle categorie di stranieri protetti dall'espulsione, con le nuove disposizioni si prevede (art. 5) che con un apposito DPCM o di un Ministro da lui delegato saranno definiti i compiti del Comitato per i minori stranieri anche con riferimento alle modalità di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presenti in Italia, ai fini dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento con la sua famiglia nel paese di origine o in un paese terzo e che ogni provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato sarà adottato dal suddetto comitato, fatto salvo il nulla-osta dell'autorità giudiziaria nel caso risulti instaurato un procedimento giurisdizionale.

In sostanza, tali disposizioni lasciano presagire un cambio di rotta governativa sulla problematica dei minori stranieri non accompagnati, da un atteggiamento fondato sull'accoglienza e l'inespellibilità ad uno orientato preferibilmente verso l'adozione di provvedimenti di rimpatrio assistito. Tale nuovo orientamento ha trovato già significative anticipazioni in alcune realtà locali, come ad esempio a Torino.

6. Circolare del Ministero dell'Interno sulle modalità e possibilità di regolarizzazione ai sensi del DPCM dd. 16.10.1998 per gli stranieri pregiudicati ed in stato di detenzione.

Il Ministero dell'Interno, Servizio Immigrazione e frontiere, con circolare dd. 30 gennaio 1999, ha emanato istruzioni relative alle possibilità e modalità di accesso alla regolarizzazione di cui al DPCM 16.10.1998 di stranieri pregiudicati o in stato di detenzione al momento della presentazione dell'istanza.

La circolare chiarisce che la condanna per taluno dei reati di cui all'art. 380 c.p.p. non esclude di per sé lo straniero dall'accesso alla regolarizzazione. Viene ribadito pertanto, in linea con la precedente circolare n. 74/98, che l'esclusione riguarda solo gli stranieri che siano stati destinatari di un provvedimento espulsivo, salva la possibilità di revoca da richiedere al Prefetto in caso di espulsione amministrativa o all'autorità giudiziaria in caso di espulsione a titolo di misura di sicurezza accessoria alla condanna penale.

La circolare precisa che un 'ulteriore condizione di esclusione dal beneficio della regolarizzazione riguarda gli stranieri nei cui confronti l'autorità di pubblica sicurezza intenda applicare le misure di prevenzione, per l'appartenenza del richiedente a taluna delle categorie di persone indicate nell'art. 1 della legge 1423/56 o nell'art. 1 della legge 575/65, richiamate all'art. 13 comma 2 lettera c) del D.L.vo 286/98 (stranieri ritenuti pericolosi per la sicurezza e la pubblica moralità o indiziati di appartenere ad organizzazioni di tipo mafioso).

La circolare chiarisce infine che anche gli stranieri attualmente detenuti in carcere possono accedere alla regolarizzazione, sulla base di promesse di lavoro futuro, purché queste siano state debitamente formalizzate mediante contratti di lavoro corredati dal relativo nulla-osta del Ministero del Lavoro. Analoghe considerazioni sono svolte dal Ministero dell'Interno per gli stranieri che per accedere alla sanatoria hanno vantato promesse di impiego per i soli mesti estivi (lavoratori stagionali).

7. Autorizzati nuovi ingressi per motivi di lavoro subordinato per una quota di cittadini albanesi, marocchini e tunisini e, senza distinzione di nazionalità, per motivi di lavoro stagionale.

Anticipando i contenuti del decreto sulla programmazione dei flussi di ingresso in Italia per l'anno 1999, il Ministero del Lavoro, con due successive circolari, nn. 23 e 27, emanate alla fine di marzo, ha autorizzato l'ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato ad una quota di 4.000 cittadini albanesi (anche tra quelli rimpatriati alla fine del 1997), marocchini e tunisini, nonché ad un massimo di 13.700 cittadini extracomunitari, senza distinzioni di nazionalità, per lavoro stagionale, destinati in particolare ad alcune regioni (Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Puglia).

In entrambi i casi, l'autorizzazione al lavoro presuppone una richiesta nominativa da parte del datore di lavoro.

 

 

8. Iscrizione degli studenti extra-comunitari alle Università italiane. Le disposizioni per l'A.A. 1999-2000.

Il Ministero degli Affari Esteri ha diramato il 1 aprile 1999 le nuove disposizioni relative all'iscrizione ai corsi di laurea o di diploma, presso Università italiane, di studenti extracomunitari non residenti in Italia.

La principale novità rispetto al passato è che la circolare (consultabile sui siti del M.A.E. - www.esteri.it - e del MURST - www.murst.it(atti/1999/dis0401.htm -) riguarda soltanto gli studenti stranieri non soggiornanti in Italia. Per quanto concerne gli stranieri già legalmente residenti in Italia (per i quali verranno emanate nuove e diverse disposizioni), l'accesso ai corsi universitari è consentito direttamente dall'art. 39, co. 5 del testo unico sull'immigrazione, per le seguenti categorie: stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso per uno dei titoli indicati (lavoro subordinato o autonomo, motivi familiari, asilo politico o umanitario, motivi religiosi), ovvero ancora regolarmente soggiornanti e in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia o equipollente.

Queste le principali disposizioni impartite con la circolare del 1 aprile:

1) le domande di preiscrizione dovranno essere presentate alle Rappresentanze italiane (corredate della richiesta documentazione, tradotta in italiano e confermata dalla Rappresentanza) tra il 12 aprile ed il 14 maggio 1999. Nella domanda dovrà essere indicato un solo corso di laurea o Diploma, scelto fra quelli per i quali le singole Università hanno riservato specifici contingenti per gli studenti stranieri (gli elenchi sono consultabili sui siti Internet del MAE - www.esteri.it : Attività -Promozione culturale - I nostri servizi - e del MURST - www.murst.it)

2) entro il 3 agosto 1999, le Rappresentanze italiane all'estero pubblicheranno gli elenchi degli studenti ammessi alle prove;

3) a partire da tale data, gli studenti ammessi dovranno fare richiesta di visto d'ingresso, corredata di documentazione comprovante: a) la copertura economica, par a Lit. 1.000.000 mensili, fino al 31.12.1999, dimostrabile in uno dei modi indicati nella circolare; b) la copertura assicurativa per cure mediche e ricoveri ospedalieri (mediante assicurazione privata estera o nazionale, ovvero stipula dell'apposita polizza INA - tranne per gli studenti provenienti da Paesi con i quali sono in vigore accordi speciali in materia di diritto all'assistenza sanitaria);

4) il visto d'ingresso sarà rilasciato come visto nazionale, valido almeno 90 giorni o, preferibilmente, fino al 31.12.1999;

5) dopo l 'ingresso in Italia, oltre che richiedere il permesso di soggiorno entro 8 giorni, lo studente straniero dovrà sostenere le prove di ammissione presso l'Università prescelta. E' obbligatoria la prova di conoscenza della lingua italiana. I risultati saranno affissi entro il 28 settembre 1999.

6) Dopo la prova di ammissione e per la durata del corso di studi, il permesso di soggiorno potrà essere prorogato, di regola alla fine dell'anno solare, dietro dimostrazione: a) della copertura economica di Lit. 1.000.000 mensili per almeno 6 mesi; b) del rispetto del c.d limite minimo di merito, previsto dall'art. 4 co. 4 DPCM 30.04.1997, consistente nell'aver superato due esami annuali per ciascun anno accademico. Non è invece più previsto il limite del secondo anno fuori corso, oltre il quale (in base ad una disposizione della legge n. 39/90, ora abrogata) non era più possibile chiedere il rinnovo del permesso per studio.

Per quanto riguarda la possibilità per gli studenti stranieri di svolgere attività lavorativa, la circolare del Ministero del Lavoro n. 112 del 24.08.1998, anticipando i contenuti del regolamento di attuazione del testo unico sull'immigrazione , attualmente all'esame delLA Corte dei Conti, ha stabilito la possibilità di autorizzare tali attività per un periodo non superiore a 20 ore settimanali (part-time).

9. Un progetto di assistenza al rimpatrio volontario di cittadini albanesi e delle Repubbliche della ex-Jugoslavia.

Il Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS), con il sostegno ed il contributo finanziario della Commissione Europea- Task force per la cooperazione in materia di giustizia e affari interni, ha avviato un progetto, denominato "Strade di ritorno", finalizzato ad assistere cittadini dell'Albania e delle Repubbliche della ex-Jugoslavia che si trovino a diverso titolo in Italia, e che intendano rimpatriare volontariamente nei luoghi di origine. Il progetto prevede il finanziamento di corsi di formazione, il sostegno economico ad iniziative di micro-imprenditoria, il contributo alle spese del viaggio. Per informazioni: ICS, via S. Luca 15/11 - 16124 Genova, tel. 010/2468099, fax. 010/2471188.

 

 

INTEGRAZIONE SOCIALE

10. Il CNEL mette sotto accusa Governo e Regioni per le inadempienze e i ritardi nell'applicazione della legge sull'immigrazione rispetto alle politiche di integrazione degli immigrati.

Lo scorso 19 luglio, il CNEL ha diffuso i risultati di un'indagine sulle politiche per l'integrazione degli immigrati nella società italiana ad un anno di distanza dall'entrata in vigore della legge n. 40/1998. Nell'indagine sono state evidenziate le inadempienze e i ritardi, tanto del governo italiano, quanto delle Regioni. Per quanto riguarda il primo, è stata sottolineata il mancato varo del regolamento attuativo della legge, attualmente all'esame della Corte dei Conti e che potrà essere definitivamente approvato non prima di settembre. Per quanto concerne le regioni, il CNEL denuncia il loro sostanziale disinteresse e l'inefficienza con le quali stanno affrontando la questione dell'immigrazione, evidenti dal mancato utilizzo dei fondi messi a disposizione dal governo.

Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dd. 17.12.1998 (in G.U. n. 64 del 18.03.1999), erano stati fissati i criteri per la ripartizione del 20% residuo dello stanziamento del Fondo nazionale per le politiche migratorie per l'anno 1998. La prima ripartizione, relativa all'80% dell'importo di 70,5 miliardi di lire assegnato al Fondo nazionale con Decreto del Ministero del Tesoro del 18.05.1998, era stata programmata con DPDCM del 28.09.1998 (in G.U. n. 271 del 19.11.1998). Il fondo per il 1998 è stato ripartito destinandone l'80% alle Regioni ed il 20% a interventi di carattere statale. La parte destinata alle regioni è stata ripartita in base a tre criteri: la presenza di immigrati, il rapporto tra immigrati e popolazione residente e le condizioni di disagio socio-economico (indice di disoccupazione).

Al 30 giugno 1999 -secondo i dati del CNEL - soltanto dieci regioni hanno approvato le delibere per la destinazione delle risorse più altre tre che in qualche modo hanno messo in moto il meccanismo per l'uso dei fondi. Nel rapporto del CNEL viene denunciata anche un'assenza di programmazione e di scelte di priorità da parte delle Regioni che hanno deliberato l'utilizzo dei fondi. Ciò provoca l'insoddisfazione dei comuni e degli enti locali che chiedono che le risorse del fondo per le politiche migratorie vengano loro messe direttamente a disposizione senza essere filtrate attraverso le amministrazioni regionali, tacciate di inadempienza ed inefficienza. Per il 1999 sono previsti fondi per 68 miliardi per l'integrazione degli immigrati, che potranno essere destinati alle regioni solo dopo l'emanazione del regolamento applicativo. Le regioni, tuttavia, saranno obbligate ad affiancare ai finanziamenti statali una quota di risorse tratte dai propri bilanci (elaborato da fonte ANSA 19 luglio).

 

 

 

11. Quali possibilità per l'autocertificazione da parte dei cittadini extracomunitari in base alle circolari dei Ministeri dell'Interno, di Grazia e Giustizia e dei Trasporti e della Navigazione, applicative delle norme in materia di semplificazione amministrativa ?

Il Ministero dei Trasporti e della Navigazione ha diramato in data 24 marzo 1999 (G.U. 15.07.1999, n. 164) un nuova circolare in materia di attuazione delle disposizioni sulla semplificazione amministrativa (leggi n. 127/97, 191/1998, D.P.R. 20.10.1998 n. 403), che si affiancano alle istruzioni già impartite con circolare del Ministero di Grazia e Giustizia del 22.02.1999 (G.U. 25.02.1999 n. 46) e del Ministero dell'Interno del 21.01.1999.

Il 23 febbraio scorso sono entrate in vigore le norme di semplificazione amministrativa che hanno esteso l'autocertificazione, inanzi a qualsiasi pubblica amministrazione, ivi compreso nelle procedure amministrative di competenza della motorizzazione civile, ad una serie di dati o qualità personali, quali le situazioni anagrafiche e di stato civile, i titoli di studio, la situazione reddituale e lavorativa, ecc.

Le medesime disposizioni hanno apportato significative modifiche alle norme sulle dichiarazioni sostitutive di atto notorio, le quali se corrispondenti a dichiarazioni di conoscenza relative all'avvenuto accadimento di eventi materiali, circostanze, o a situazioni giuridicamente rilevanti (e non dunque a manifestazioni di volontà, quali procure, deleghe, che restano di competenza notarile), possono essere effettuate direttamente dinanzi al funzionario dell'ufficio della pubblica amministrazione competente per la presentazione di una determinata istanza.

Per quanto concerne i cittadini di paesi appartenenti all'Unione Europea, le norme sulla semplificazione amministrativa si applicano con le stesse modalità previste per cittadini italiani.

Per i cittadini extracomunitari residenti in Italia, invece, la possibilità di accesso all'autocertificazione è limitata e soggetta a particolari vincoli e modalità.

Stando a quanto previsto dalle istruzioni amministrative finora emanate, per i cittadini extracomunitari residenti in Italia, è ammessa la possibilità dell'autocertificazione solo nel caso si tratti di comprovare fatti, stati o qualità personali certificabili o attestabili d parte di soggetti pubblici o privati italiani (tra cui ad esempio il possesso del permesso di soggiorno in corso di validità, tranne nei casi in cui sia prescritto l'obbligo di esibirlo). Negli altri casi, l'autocertificazione non viene esclusa, ma vi si può accedere secondo le specifiche modalità previste dall'art. 5 del decreto del Ministero di Grazia e Giustizia 22 maggio 1995, n. 431, "mediante dichiarazioni rese dinanzi ai funzionari dei consolati dei paesi d'origine, sulla base del mutuo riconoscimento e fatto comunque salvo quanto previsto dalle vigenti Convenzioni internazionali in materia di legalizzazione e di autenticazione di documenti e di firme". E' poi facoltà delle autorità italiane effettuare i controlli sulla veridicità delle dichiarazioni rese dai cittadini stranieri extracomunitari, ricorrendo alle competenti autorità diplomatiche e consolari italiane all'estero.

Le norme di semplificazione amministrative sono suscettibili dunque di produrre significativi e rivoluzionari effetti anche per i cittadini extracomunitari regolarmente residenti nei loro rapporti con la nostra burocrazia, ma non è scontato che il Servizio Immigrazione del Ministero dell'Interno -chiamato dai diversi Ministeri interessati ad esprimersi sull'argomento - condividerà tale impostazione.

12. La Corte Costituzionale riconosce il diritto dei cittadini extracomunitari invalidi civili all'iscrizione alle liste del collocamento obbligatorio.

Con sentenza n. 454 dd. 30 dicembre 1998, pubblicata sulla G.U. Serie speciale dd. 13.01.1999, la Corte Costituzionale ha riconosciuto il diritto dei cittadini extracomunitari invalidi civili di iscriversi alle liste del collocamento obbligatorio disciplinate dalla legge n. 482/1968., alla pari dei cittadini italiani. La Corte Costituzionale ha ritenuto illegittima la posizione del Ministero del Lavoro che si ostinava a negare l'accesso degli stranieri extracomunitari al collocamento obbligatorio, rilevandone il contrasto con i principi di parità di trattamento ed eguaglianza di opportunità dei lavoratori extracomunitari regolarmente soggiornanti rispetto ai cittadini italiani, stabiliti già con l'adesione e la ratifica dell'Italia alla Convenzione n. 143 dell'OIL, successivamente ribaditi dalla legge n. 943/86 e, da ultimo, con la legge n. 40/1998, che è andata ancora più in là, stabilendo per gli stranieri extracomunitari la garanzia del godimento dei diritti in materia civile in condizioni di piena uguaglianza con i cittadini italiani. Frattanto, il Parlamento italiano ha approvato definitivamente la legge che stabilisce "le norme per il diritto al lavoro dei disabili" (legge 12 marzo 1999, n. 68 Suppl. G.U. n. 57/L dd. 23.03.1999), abrogativa della legge n. 482/1968. In base alle nuove norme, i datori di lavoro con oltre 50 dipendenti saranno tenuti ad assumere persone invalide nella misura del 7 per cento del proprio personale, mentre quelli con un numero di dipendenti compreso tra 35 e 50 saranno tenuti ad assumere almeno due persone disabili e quelli con un numero di dipendenti di almeno 15 ed inferiore a 35 almeno una persona disabile. L'assunzione di persone disabili, oltre ad evitare le sanzioni previste nei casi di trasgressione, comporterà per i datori di lavoro incentivi sotto forma di sgravi contributivi. Il collocamento obbligatorio verrà decentrato alle Regioni. La nuova normativa entrerà in vigore a partire dal gennaio del 2000.

13. Fissati i termini per il procedimento di riconoscimento dei titoli di studio extracomunitari ai fini dello svolgimento delle professioni sanitarie.

Con decreto del Ministero della Sanità dd. 18.11.1998, n. 514 (G.U. 08.03.1999, n. 55) è stato, fra l'altro, fissato in 120 giorni il termine entro il quale deve concludersi il procedimento amministrativo relativo ad istanze di riconoscimento (equipollenza) di titoli di studio acquisiti in paesi extracomunitari, per lo svolgimento delle professioni sanitarie in Italia, da parte di cittadini italiani, immigrati extracomunitari o rifugiati politici. L'ufficio competente per detto procedimento è il Dipartimento delle professioni sanitarie, delle risorse umane e tecnologiche in sanità e dell'assistenza sanitaria di competenza statale, ufficio III.

La disciplina del riconoscimento dei titoli di studio professionali ai fini dell'esercizio delle professioni in Italia da parte di cittadini extracomunitari, di cui all'art. 37 del D.L.vo. n. 286/98, non è peraltro ancora operativa, facendo infatti riferimento al regolamento di attuazione non ancora emanato.

14. Introdotta l'assicurazione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale per i cittadini dell'Unione Europea residenti in Italia.

A seguito delle osservazioni formulate dalla Commissione europea, in sede di procedura di infrazione aperta nei confronti dell'Italia, il Ministro della Sanità, con decreto 18 marzo 1999 (G.U. 26.03.1999 n. 71) ha stabilito che, a decorrere dal 1 gennaio 1999, gli stranieri aventi la cittadinanza degli Stati appartenenti all'Unione Europea, regolarmente residenti in Italia, sono iscritti obbligatoriamente al Servizio Sanitario Nazionale, a parità di condizioni con i cittadini italiani residenti, per la durata di validità del loro permesso di soggiorno o della carta di soggiorno.

L'iscrizione al SSN si estende anche ai familiari a carico, indipendentemente dalla cittadinanza (e dunque anche extracomunitari), individuati secondo le disposizioni dell'art. 4 del decreto legge 2 luglio 1982, n. 402, convertito nella legge 03.09.1982, n. 627.

 

ACCORDI INTERNAZIONALI

15. Ratificati e resi esecutivi gli accordi di adesione dei Governi di Svezia, Danimarca e Finlandia agli Accordi di Schengen, nonché l'accordo di cooperazione tra gli Stati parte degli Accordi di Schengen e la Repubblica di Islanda ed il Regno di Norvegia per la soppressione dei controlli alle persone alle frontiere comuni.

Con leggi 27 maggio 1999, n. 197 e 198 (G.U. Suppl. dd 25 giugno 1999 n. 122/L), il Parlamento italiano ha ratificato e reso esecutivi rispettivamente gli accordi di cooperazione tra gli Stati parte degli Accordi di Schengen e la Norvegia e l'Islanda per la soppressione dei controlli delle persone alle frontiere comuni, e gli accordi di adesione di Svezia, Danimarca e Finlandia all'accordo di Schengen e alla relativa Convenzione applicativa.

Con l'adesione di Svezia, Danimarca e Finlandia, avvenuta il 19 dicembre 1996, sono saliti a tredici gli Stati membri dell'Unione Europea parte dell'accordo di Schengen e alla relativa Convenzione di Applicazione, dalle quali restano estranei invece soltanto il Regno Unito e l'Irlanda.

L'adesione dei paesi scandinavi membri dell'Unione Europea ha determinato la necessità di estendere le disposizioni dell'accordo di Schengen e della relativa Convenzione anche agli altri paesi membri della c.d "Unione Nordica dei passaporti", sottoscritta a Copenghen il 12 luglio 1957 e che prevede uno spazio di libera circolazione alla frontiere nordiche comuni, cioè l'Islanda e la Norvegia. Considerato che per essere parte della Convenzione di Schengen occorre essere membri dell'Unione Europea e che Islanda e Norvegia non lo sono, si è resa necessaria la stipula di un accordo di cooperazione con questi due paesi, sottoscritto congiuntamente all'adesione all'accordo di Schengen di Svezia, Danimarca e Finlandia il 19 dicembre 1996 a Lussemburgo.

L'effettiva entrata in vigore dell'accordo di cooperazione con Norvegia e Islanda e la soppressione dunque dei controlli alla frontiere comuni con gli Stati membri dell'accordo di Schengen potrà peraltro avvenire solo una volta che entreranno in vigore gli accordi specifici con gli Stati membri dell'Unione Europea per l'adesione di Islanda e Norvegia alle disposizioni della Convenzione di Dublino sulla determinazione dell'unico Stato responsabile dell'istanza di asilo, che ha sostituito le disposizioni del Capitolo 7 del Titolo II della Convenzione di Applicazione dell'accordo di Schengen.

16. Ratificato e reso esecutivo l'accordo tra Italia e Argentina sul riconoscimento dei titoli di studio a livello elementare e medio firmato a Bologna il 3 dicembre 1997.

Con legge 7 giugno 1999, n. 210 (in G.U. 01.07.1999 n. 152), è stata autorizzata la ratifica e l'esecuzione dell'accordo tra Italia e Argentina sul reciproco riconoscimento dei titoli di studio a livello elementare e medio, firmato a Bologna il 3 dicembre 1997.

In virtù di questo accordo, i titoli di studio elementare e medi (inferiori e superiori) conseguiti nel territorio di uno dei due Stati da un cittadino italiano o argentino saranno automaticamente riconosciuti nel territorio dell'altro Stato, ma ai soli fini della prosecuzione degli studi. Il riconoscimento automatico non potrà invece essere chiesto ai fini lavorativi (per l'accesso ad esempio a concorsi pubblici che richiedano un particolare livello di studi) per i quali si dovrà seguire il complesso iter procedurale previsto dai D.M. 1.02.1975 e 02.04.1980 (rispettivamente Suppl. G.U. n. 58/1975 e n. 135/1980), richiamati dal TU delle leggi in materia di istruzione del 1994.

Tra le previsioni dell'accordo italo-argentino, va segnalato l'esonero dalla prova di conoscenza della lingua italiana o spagnola per l'accesso alla rispettive Università o istituti di istruzione superiori, per gli studenti che abbiano conseguito un titolo di istruzione media che abbia compreso nel piano di studio l'insegnamento per almeno cinque anni della lingua italiana in Argentina o di quella spagnola in Italia (art. 2.2). L'accordo prevede il riconoscimento non solo dei titoli di studio finali, ma anche dei certificati attestanti la promozione di anni scolastici intermedi (art. 3).

Nell'allegato all'accordo sono indicate le corrispondenze tra gli indirizzi scolastici italiani e quelli argentini ai fini dell'applicazione dell'accordo medesimo.

17. Ratificate e rese esecutive le Convenzioni con la Slovenia e la Croazia in materia di sicurezza sociale.

Con leggi 27 maggio 1999 n. 167 e 199 (rispettivamente G.U. Suppl. ord. N. 114/L e n. 147), il Parlamento italiano ha approvato la ratifica e l'esecuzione delle convenzioni in materia di sicurezza sociale firmate con la Repubblica di Slovenia a Lubiana il 7 luglio 1997 e con la Repubblica di Croazia a Roma il 27 giugno 1997.

Tali convenzioni sostituiranno in tutte le sue parti la Convenzione sulle assicurazioni sociali stipulata tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia il 14 novembre 1957, che ha continuato ad essere applicata anche dopo la dissoluzione dello Stato jugoslavo.

Le Convenzioni riguardano gli aspetti dell'assicurazione generale obbligatoria per invalidità, vecchiaia, l'assicurazione per malattia e maternità, contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, la disoccupazione involontaria e le prestazioni familiari e si applicheranno ai cittadini degli Stati contraenti, nonché ai rifugiati in base alla Convenzione di Ginevra del 1951 residenti nei due Stati.

In particolare, le Convenzioni prevedono la possibilità del cumulo e della totalizzazione dei periodi assicurativi maturati nei due Stati contraenti ai fini dell'accesso alle prestazioni.

18. Entrato in vigore l'accordo tra il governo italiano e quello della Repubblica di Macedonia sulla mutua promozione e protezione degli investimenti, firmato a Skopje il 26.02.1997. Ratificati e resi esecutivi gli accordi sulla protezione degli investimenti tra Italia e Uzbekistan e Uganda, firmati rispettivamente a Taskent il 17.09.1997 e a Roma il 12.12.1997.

Con comunicato del Ministero degli Affari Esteri (in G.U. dd. 12.06.1999 n. 136), il 28 maggio scorso è entrato in vigore l'Accordo sulla mutua promozione e protezione degli investimenti, firmato tra il governo italiano e quello macedone il 26 febbraio 1997 a Skopje (Macedonia) (in Suppl. G.U. n. 78/L del 20 aprile 1999).

Accordi similari con la Repubblica dell'Uzbekistan e dell'Uganda sono stati ratificati e resi esecutivi dal Parlamento italiano rispettivamente con l. 27 maggio 1999, n. 168 (Suppl. G.U. n. 114/L) e l.27 maggio 1999, n. 190 (G.U. dd. 23.06.1999 n. 145).

Per quanto concerne gli aspetti specificatamente legati agli interessi dei cittadini extracomunitari residenti in Italia, tali accordi hanno perso molta della loro importanza con l'entrata in vigore della legge organica in materia di immigrazione che ha disposto l'abrogazione della verifica della condizione di reciprocità per quanto attiene l'esercizio dei diritti civili da parte del cittadino extracomunitario regolarmente residente (tra cui va ricompreso l'esercizio dell'attività di lavoro autonomo e l'acquisto di immobili), salvo nei casi espressamente previsti dalla legge medesima e dalle convenzioni internazionali (art. 2.2 TU n. 286/98) Cosi' come ha riconosciuto lo stesso Ministero degli Affari Esteri, con circolare del 11 giugno 1998, la disposizione contenuta nell'art. 2 c. 2 del D.L.vo n. 286/98 consente al cittadino extracomunitario regolarmente residente in Italia di svolgere attività di lavoro autonomo, di costituire società di capitali e di investire e parteciparvi, senza essere sottoposto alla verifica della condizione di reciprocità. Maggiori difficoltà sono registrate invece nella prassi per l'affermazione del medesimo principio di esenzione dalla condizione di reciprocità per l'acquisto di beni immobili (ad uso innanzitutto abitativo) da parte del cittadino extracomunitario residente in Italia. Non risultano essere state impartite apposite disposizioni ai collegi notarili, mentre gli uffici ministeriali e prefettizi sembrano assumere in merito un atteggiamento di resistenza passiva ad un'effettiva applicazione della legge, attendendo il varo del regolamento applicativo.

Un elenco aggiornato degli accordi vigenti tra l'Italia e i paesi terzi in materia di mutua promozione e protezione degli investimenti è disponibile sul sito Internet del Ministero degli Affari Esteri: www.esteri.it/attivita/operatori/index.htm

 

19. Ratificato e reso esecutivo l'accordo tra il governo italiano e le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per l'ex-Jugoslavia, firmato a L'Aja il 6 febbraio 1997.

Con legge 7 giugno 1999, n. 207 (G.U.30.06.1999 n. 151), il Parlamento italiano ha autorizzato la ratifica e l'esecuzione dell'accordo firmato a L'Aja il 06.02.1997 tra il governo italiano e le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia.

L'Italia, infatti, è uno dei Paesi che ha indicato al Consiglio di Sicurezza dell'ONU la propria disponibilità a dare esecuzione alle sentenze pronunciate dal Tribunale penale Internazionale dell'Aja per i crimini di guerra compiuti nel territorio della ex-Jugoslavia, e dunque a garantire la reclusione nelle proprie strutture carcerarie delle persone condannate dal suddetto tribunale. L'accordo regola tra l'altro gli aspetti procedurali dei rapporti tra le autorità italiane e quelle del tribunale sugli aspetti dell'esecuzione della sentenza (ivi compresi quelli concernenti l'eventuale applicazione di misure non detentive e di eventuali provvedimenti di condono), nonché sulle ispezioni del Comitato Internazionale della Croce Rossa.

20. Sospesa ufficialmente nei confronti della Bosnia Erzegovina l'efficacia dell'accordo tra la Repubblica Italiana e la ex Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia sul riconoscimento dei diplomi e dei titoli accademici rilasciati dalle università, effettuato a Roma il 18 febbraio 1983.

Con comunicato pubblicato sulla G.U. 20 aprile 1999 n. 91, il Ministero degli Affari Esteri ha reso nota la decisione di non considerare più efficace a partire dal 22 marzo scorso nei confronti della Bosnia Erzegovina l'accordo a suo tempo sottoscritto con la ex-Jugoaslavia per il reciproco riconoscimento dei titoli d studio universitari. Pari decisioni erano state negli anni scorsi assunte nei confronti di altre Repubbliche sorte dalla dissoluzione dell' ex Stato jugoslavo.

In verità, fin dal 1993 le università italiane non procedevano al riconoscimento automatico, in vi amministrativa, dell'equipollenza dei titoli di studio conseguiti nelle Università della ex-Jugoslavia, in virtù di una circolare in questo senso diramata dal Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica.

In virtù delle regole di diritto internazionale, gli Stati sorti dalla dissoluzione di formazioni statuali preesistenti, possono ritenersi successori degli accordi internazionali di portata generale e non aventi contenuto di carattere territoriale solo in presenza di un atto esplicito di assenso da parte dell'altro Stato firmatario degli accordi o di una prassi indicante tale assenso. Poiché il Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica italiano aveva già raccomandato particolare cautela alle Università nel procedere all'equipollenza dei titoli di studio conseguiti nella ex-Jugoslavia, si può dire che l'accordo tra Italia e ex-Jugoslavia in materia non poteva essere più invocato fin dal 1993, ancora prima delle comunicazioni ufficiali diramate dal Ministro degli Affari Esteri. L'unica eccezione riguarda la Slovenia, con la quale il nostro paese ha rinegoziato un nuovo accordo, entrato in vigore il 6 agosto 1997 (legge 7 aprile 1997 n. 104 G.U. n. 93 dd 22 aprile 1997).

 

S p e c i a l e N E W S

"Diritto, Immigrazione e Cittadinanza": Uscito il primo numero della rivista promossa da Magistratura Democratica e dall'ASGI dedicata ai temi dell'immigrazione e dell'asilo.

Dopo un lungo lavoro preparatorio, è uscito agli inizi di luglio il primo numero della rivista "Diritto, Immigrazione e Cittadinanza", promossa da Magistratura Democratica e dall'ASGI ed edita da Franco Angeli di Milano.

La rivista si propone come strumento di informazione e approfondimento, prevalentemente giuridico, sui temi dell'immigrazione e dell'asilo, destinato a tutti i soggetti che operano nel settore (associazioni, enti locali, sindacati, scuole, uffici pubblici, avvocati).

I promotori della rivista ritengono infatti che con l'entrata in vigore della legge organica in materia di immigrazione e con la prospettata riforma di quella sull'asilo politico, nonché con l'annunciata definizione di una normativa comunitaria europea sulla materia, prevista dal Trattato di Amsterdam recentemente entrato in vigore, vi sia un urgente bisogno in Italia di conoscenza e confronto sulle regole del diritto che presiedono al governo e al controllo dei fenomeni migratori. Ciò con lo scopo innanzitutto di dotare coloro che operano a fianco degli immigrati (ONG, sportelli pubblici e privati, avvocati) di strumenti conoscitivi per meglio svolgere le funzioni di tutela e rappresentanza nei rapporti con la pubblica amministrazione e in sede giurisdizionale. "La rivista non sarà neutrale - si legge nella presentazione editoriale - ma di parte: dalla parte dei diritti, della eguaglianza, della integrazione nel rispetto delle diversità".

Ogni numero della rivista, di circa 220 pagine, è suddiviso in quattro parti: la prima, di dibattito su questioni di attualità, a livello non solo nazionale, ma europeo; la seconda, dedicata alla giurisprudenza, con la pubblicazione di sentenze e decreti, suddivisi per temi; la terza, di documentazione, con la pubblicazione di materiale legislativo e amministrativo (circolari); l'ultima, di segnalazioni bibliografiche o di siti Internet.

La rivista è trimestrale. L'abbonamento annuale (4 numeri) costa Lit. 110.000.

Pe ulteriori informazioni si può consultare il sito www.francoangeli.it oppure contattare l'editore, scrivendo a Franco Angeli srl - viale Monza 106, 20127 Milano, fax 02 2895762, oppure la direzione della rivista, c/o l'avv. Nazarena Zorzella, tel. 051/236747, e-mail: ri12653@iperbole.bologna.it

Entrato in vigore lo scorso 1° maggio il Trattato di Amsterdam sull'Unione Europa. Le prospettive delle politiche europee in materia di migrazione e asilo.

Lo scorso 1° maggio è entrato in vigore il secondo trattato sull'Unione Europea, quello firmato ad Amsterdam il 2 ottobre 1997, che contiene importanti novità nelle materie dell'immigrazione e dell'asilo. Con il trattato di Amsterdam, esse vengono infatti a far parte gradualmente del cosiddetto "Primo Pilastro" dell'Unione Europea; sono cioè ricomprese in ambito comunitario, rafforzando anche il ruolo del Parlamento europeo e della Corte europea di giustizia.

I cambiamenti introdotti dal nuovo trattato sono finalizzati alla "creazione di un nuovo spazio senza frontiere interne" e all'obiettivo di "conservare e sviluppare l'Unione quale spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione alla criminalità e la lotta contro quest'ultima".

Il nuovo titolo IV del Trattato CE si intitola "Visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone" ed investe, nello specifico:
- l'attraversamento delle frontiere esterne ed interne dell'Unione;

- l'asilo, l'immigrazione, la politica nei confronti dei cittadini degli Stati terzi;

- la cooperazione giudiziaria in materia civile.

Il trattato di Amsterdam stabilisce una "comunitarizzazione" graduale della politica migratoria e un termine, cinque anni, affinché gli Stati membri arrivino ad avere una politica comune in materia di immigrazione. Per un periodo transitorio di cinque anni dall'entrata in vigore del trattato è previsto che il Consiglio, nelle materie di cui sopra, deliberi all'unanimità su proposta della Commissione o su iniziativa di uno Stato membro e previa consultazione del Parlamento. Trascorso tale periodo sarà il Consiglio a deliberare su proposta della Commissione che farà da filtro alle richieste formulate dagli Stati membri ed il Consiglio, deliberando all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo, deciderà in marito alle materie comunitarizzate secondo la procedura di codecisione (art. 189B).

Nel corso di questo periodo transitorio di cinque anni, ci si attende che il Consiglio Europeo adotti misure in materia di immigrazione nei seguenti ambiti:

- condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini dei paesi terzi;

- requisiti e condizioni in base ai quali cittadini dei paesi terzi legalmente residenti in uno Stato membro potrebbero risiedere in un altro Stato membro.

La questione dell'asilo e dei rifugiati è disciplinata, insieme alla politica d'immigrazione, dall'articolo 63 del Titolo IV. La problematica dell'asilo è suddivisa in due ambiti diversi:

- in primo luogo, si considera la materia dell'asilo con riferimento ai rifugiati ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951;

- in secondo luogo, si affronta la problematica della protezione temporanea e del "burden-sharing" (ripartizione degli oneri tra gli Stati membri).

Le misure che saranno adottate nella materia dell'asilo riguarderanno i seguenti ambiti:

- i criteri e le procedure da applicare per determinare lo Stato membro responsabile dell'esame di una domanda d'asilo;

- le norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo sul territorio comune;

- le norme minime per un'interpretazione comune della definizione convenzionale di rifugiato;

- le norme minime procedurali in materia di riconoscimento o di revoca dello status di rifugiato.

I processi di armonizzazione europea della questione dell'asilo si estenderanno dunque non solo alla questione dei rifugiati secondo la Convenzione di Ginevra , ma anche a quella, sempre più attuale e rilevante, dei rifugiati accolti in regime di "protezione temporanea". Il trattato di Amsterdam prevede peraltro che una piena comunitarizzazione della materia dell'asilo potrà avvenire solo al termine di un periodo transitorio di cinque anni.

Il trattato di Amsterdam contiene anche un protocollo sull'asilo, non firmato dalla Danimarca, in base al quale le eventuali richieste di asilo presentate da cittadini dell'Unione Europea dovranno di norma essere dichiarate inammissibili. Il contenuto di tale protocollo è stato criticato dall'ACNUR e dall'ECRE (European Consultation on Refugees and Exiles), perché giudicato in contrasto con la Convenzione di Ginevra del 1951.

Al testo del Trattato di Amsterdam è stato infine allegato un protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione Europea, con il compito di far confluire le norme Schengen, il Segretariato Schengen ed il suo personale nell'Unione Europea.

Il Trattato di Amsterdam prevede significative eccezioni per il Regno Unito e l'Irlanda, che continueranno ad esercitare i controlli sulle persone alla proprie frontiere e saranno esclusi dalle previsioni del nuovo titolo IV in materia di visti, asilo e immigrazione.

La Commissione Europea e tre gruppi di lavoro stanno lavorando alacremente per definire un quadro programmatico delle politiche in materia di libera circolazione, sicurezza e giustizia, ivi compresi i settori dell'immigrazione e dell'asilo, per la realizzazione degli obiettivi fissati dal Trattato di Amsterdam nel prossimo quinquennio. Tale programma dovrebbe essere varato e approvato dal Consiglio Europeo programmato a Tampere in Finlandia il prossimo autunno. In vista del vertice di Tampere, l'ACNUR ha diffuso un documento sulle politiche di armonizzazione in materia di asilo. Il documento può essere richiesto alla delegazione italiana dell'ACNUR (e-mail: itaro@unhcr.ch).

Campagna internazionale per la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie. Un'iniziativa in Italia.

Il gruppo di riflessione religiosa, che riunisce associazioni cattoliche, protestanti, ebree, impegnate nel campo della tutela dei migranti e della promozione della multiculturalità, ha promosso assieme all'ASGI il 12 maggio scorso a Roma presso la Biblioteca del CNEL, un seminario di studio e approfondimento sulla Convenzione delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti dei migranti e dei membri delle loro famiglie. Al seminario hanno preso parte rappresentanti della Caritas, dell'ASGI, del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, della Fondazione Migrantes, della Confederazione Internazionale dei Sindacati Liberi di Ginevra. Il seminario ha avuto lo scopo di sollecitare le autorità parlamentari e governative del nostro paese ad avviare la procedura di adesione e ratifica dell'Italia a questo strumento di diritto internazionale. Un ordine del giorno in questo senso è stato presentato alla Camera dei deputati da un gruppo di parlamentari il 1 ottobre 1998. Al seminario è intervenuta l'on. Patrizia Toia, Sottosegretaria Agli Affari Esteri, che ha assicurato il proprio impegno affinché il dicastero riprenda l'esame della Convenzione al fine di giungere all' eventuale adesione del nostro Paese a tale strumento.

La Convenzione sui diritti dei migranti è stata approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1990, ma non è ancora entrata in vigore, in quanto a tale scopo è necessaria la ratifica di almeno 20 stati aderenti all'ONU. Finora la Convenzione ha trovato l'adesione di solo undici Paesi. L'unico paese europeo che l'ha ratificata finora è la Bosnia Erzegovina. Le ragioni di questo ostracismo da parte degli Stati derivano dal fatto che la Convenzione è fortemente innovativa, specie se si considera che molti dei suoi articoli scendono in dettagli molto precisi, tali da vincolare strettamente, e non solo a livello di principi, gli stati aderenti. Per la prima volta in uno strumento delle Nazioni Unite si dà una definizione di "lavoratore migrante" che evita la distinzione tra regolare ed irregolare, assegnando a quest'ultimo il godimento di un paniere di diritti essenziali. Nel testo della Convenzione, inoltre, viene considerato il lavoratore emigrante non come una persona avulsa da un contesto di relazioni umane, ma perlopiù coinvolto in legami familiari, che devono essere tenuti in considerazioni nel paese di arrivo, per quanto riguarda il trattamento per il lavoro, la residenza, ma anche i casi di detenzione o il caso di responsabilità verso minori.

Gli organizzatori del seminario hanno peraltro sottolineato che dopo l'entrata in vigore delle nuova normativa organica in materia di immigrazione (l. n. 40/1998), l'Italia già corrisponde a pressoché tutti gli standard di trattamento previsti dalla Convenzione e, di conseguenza, nessun obbligo aggiuntivo scaturirebbe dall'adesione a tale strumento delle Nazioni Unite .

Per ulteriori informazioni sul seminario e la campagna per la ratifica della Convenzione ONU, ci si può rivolgere al Servizio Rifugiati e Migranti della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, via Firenze, 38 00184 ROMA. tel. e fax 06/48905101, e-mail: Sm.evangeliche@agora.it

Famiglia multietnica e diritto di famiglia

La Corte di Cassazione conferma il limite all'applicazione della legge straniera nei rapporti di famiglia se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico e ai principi fondamentali del nostro ordinamento e di quello internazionale. Negata l'applicazione della legge marocchina che non ammette l'istituto del riconoscimento della filiazione naturale.

Con sentenza 12 novembre 1998 - 8 marzo 1999 n. 1951, la Corte di Cassazione I sez. civile, ha negato la possibilità di applicare la legislazione marocchina, così come sarebbe dovuto avvenire in base all'art. 17 delle disposizioni preliminari al codice civile (trattandosi di un procedimento avviato precedentemente alla riforma del diritto internazionale privato di cui alla legge n. 218/1995), già portatore del principio per il quale i rapporti di famiglia sono regolati dalle norme dello Stato al quale le parti appartengono. La Suprema Corte ha infatti ritenuto che la legge marocchina, non prevedendo l'istituto del riconoscimento della filiazione naturale (e anzi trattando siffatto concepimento alla stregua di un crimine), viola i principi generali di ordine pubblico italiano e internazionale e contrasta con esigenze di tutela del minore, richiamate tanto dalla Costituzione italiana quanto dalla Convenzione internazionale di New York sui diritti del minore.

La sentenza conferma una giurisprudenza consolidata in merito ai limiti all'applicazione del diritto straniero nei rapporti di famiglia. Si veda ad esempio una decisione di merito del Tribunale di Torino, 24 febbraio 1992, che aveva deciso che il diniego del nulla-osta alle nozze di una cittadina algerina con un cittadino italiano, qualora sia motivato da ragioni esclusivamente religiose, derivanti dai principi del diritto islamico, è contrario all'ordine pubblico italiano. Parimenti, il TAR dell'Emilia Romagna con sentenza n. 926/1994 aveva escluso la possibilità del riconoscimento della poligamia nell'ordinamento italiano, rigettando il ricorso avverso il diniego al ricongiungimento famigliare con una seconda moglie chiesto da un cittadino marocchino. In tema di patria potestà, si può citare una precedente decisione della Corte di Cassazione (27 febbraio 1985), secondo la quale l'art. 1169 del Codice civile iraniano, secondo cui i figli, in caso di separazione dei genitori, devono essere affidati al padre, a partire dall'età di due anni, contrasta con i principi di ordine pubblico italiano, atteso che, privilegiando solo e aprioristicamente il sesso dell'affidatario, e astraendo dalla sua concreta attitudine a prendersi cura della prole, è in palese contrasto con il divieto di discriminazione dei sessi.

Bollettino news aggiornato alla data del 08 agosto 1999 e curato da Walter Citti, della segreteria dell'ASGI - Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione.