9.4.1999

 

Tutti i Soci del CIR

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vorrei condividere alcune riflessioni e proposte che riguardano l'attuale situazione dei rifugiati del Kosovo e della Serbia:

1. E' sufficiente "l'assistenza in loco?"

1.1 Da alcuni mesi il CIR, in accordo con i suoi soci, è stato impegnato nella promozione del trasferimento legale e protetto di rifugiati (non solo kosovari) dall'Albania, Montenegro e Macedonia, verso l'Italia e altri paesi dell'Unione Europea. Questa "campagna", inizialmente percepita come alternativa alla sorte dei "boat people" del Mediterraneo, all'opera degli scafisti e alla "Fortezza Europa", sembrava fino a pochi giorni fa, valida e importante, a maggior ragione, per affrontare la nuova situazione creata dalla guerra aperta dopo il 24 Marzo per garantire protezione e accoglienza dignitosa ad un elevato numero di rifugiati. Sembrava che anche il Governo italiano, prima ancora di altri Governi europei, avrebbe contemplato questa idea. Tanto è vero che sono stati allestiti preventivamente - cosa insolita - centri di accoglienza per circa 25.000 persone e lo stesso Presidente del Consiglio aveva parlato dell'eventualità di impiegare la Marina Italiana per portare un certo numero di rifugiati in Italia ed in altri Paesi dell'Europa occidentale. L'urgenza e la necessità di tale misura diventavano evidenti a causa dell'insostenibile situazione alla frontiera Kosovo/Macedonia e la dichiarata impossibilità di quest'ultimo paese di accogliere per un periodo prolungato un elevato numero di albanesi dal Kosovo.

1.2 Tuttavia negli ultimi giorni c'è stato un radicale cambiamento: altri paesi, Germania, Olanda, Danimarca, Norvegia ecc. hanno adottato la linea della distribuzione di un numero di rifugiati kosovari sulla base di quote nazionali. L'Italia, che all'inizio sembra aver spinto gli altri stati in questa direzione ha fatto invece marcia indietro, sostenendo che l'assistenza doveva essere data in loco, nei paesi confinanti con il Kosovo e sostenendo che una politica diversa avrebbe oggettivamente contribuito alla pulizia etnica. Seguendo questo nuovo orientamento del Governo anche le organizzazioni sindacali, membri del CIR e partecipi ai processi decisionali interni al CIR stesso, hanno sottolineato la necessità di concentrare tutti gli aiuti fuori dell'Unione Europea (così durante la manifestazione a Bari del 7.4 u.s.).

1.3 Penso che nessuno di noi voglia correre il rischio di proporre una politica che, in ultima istanza, potrebbe contribuire all'allontanamento permanente degli albanesi del Kosovo dal proprio paese. Non è quindi facile contrastare la linea proposta in questi ultimi giorni dal Governo italiano, come da alcuni altri, senza entrare in conflitto con la propria coscienza. Nonostante ciò sono convinto che uno sforzo solidale di tutta l'Europa deve essere fatto per garantire ai deportati del Kosovo sufficiente protezione e assistenza, garanzia che non potrà essere data per un periodo prolungato solo in campi in Albania e Montenegro e, ancor meno, in Macedonia. Abbiamo visto che migliaia di persone possono "sparire" in una notte senza che alcun osservatore internazionale, o giornalista abbia potuto esserne testimone.

1.4 Di fronte alla privazione voluta e pianificata della stessa identità dei deportati, l'unico modo di restituire un minimo di identità e umanità è quello di trattare i profughi come individui, come persone e non come un'immensa massa umana da sfamare in giganteschi campi. Quindi la necessità di dividere, costituire gruppi più piccoli, di spostamenti geografici, e di ricomposizioni familiari, rigorosamente sulla base della volontarietà, della scelta individuale che già di per se sarebbe un primo atto di ripristino di identità.

1.5 Purtroppo nessuno può avere l'ottimismo e la speranza che il ritorno in Kosovo sia possibile nell'arco di pochi giorni o settimane in condizioni di sicurezza. Anzi i "grandi" del mondo ci stanno preparando di giorno in giorno ad un conflitto più lungo e di non facile soluzione. Dobbiamo quindi pensare al domani, anche al momento in cui finalmente le necessità più elementari della sopravvivenza saranno soddisfatte e dunque al momento in cui emergerà con forza il trauma dei massacri e della deportazione.

1.6 Vorrei quindi proporre una riflessione su un piano che prevede:

a. Uno screening nei centri allestiti nei tre paesi confinanti con il Kosovo, da iniziare subito e parallelamente con il trasferimento di persone in tali centri affinché siano stabiliti i dati anagrafici, i legami di parentela e la volontà degli individui relativamente al luogo in cui vorrebbero vivere l'esilio temporaneo in attesa del rimpatrio. Lo screening dovrebbe essere effettuato con un numero sufficiente di operatori ed interpreti ed i mezzi dovrebbero essere messi a disposizione in parallelità con quelli destinati alle prime necessità;

b. Che anche l'Italia si dichiari disposta ad accettare il trasferimento di un certo numero di persone da assistere dignitosamente e garantire loro il necessario aiuto per il rimpatrio volontario appena ce ne siano le condizioni

c. Che una tale politica di "re-location" sia concordata a livello europeo e all'interno del concetto della "condivisione degli oneri" tra tutti gli Stati membri dell'UE;

d. Che conseguentemente anche i criteri di selezione delle persone, nonché il loro status, i loro diritti siano uniformi /il più simili possibile in tutti i paesi membri e che ci sia un'operazione congiunta per favorire un giorno il rimpatrio volontario e la ricostruzione del Kosovo.

Ritengo anche che un tale piano dovrebbe essere autenticamente europeo e potrebbe contribuire ad una maggiore solidarietà e compattezza dell'Unione Europea nei confronti di questa crisi.

Sarei molto grato per un Vs. commento entro martedì 13.4 p.v. ore 12.00.

2. Rifugiati Kosovari in Italia - Sono pochi e contano poco?

2.1. Sembra che la situazione dei richiedenti asilo Kosovari già presenti in Italia prima dello scoppio del conflitto e dei circa 1200 arrivati dopo il 24 marzo non abbia subito alcun cambiamento: bisogna fare individuale richiesta d'asilo per poter rimanere in Italia con un permesso di soggiorno valido un mese rinnovabile, che non permette di lavorare. Bisogna rimanere in attesa della decisione della Commissione Centrale per otto mesi o più. Non si riesce a trovare accoglienza a parte che per un brevissimo periodo di circa 10 giorni nei campi pugliesi. Si incontrano grossissime difficoltà nel riscuotere l'assistenza in denaro che copre comunque solo 45 giorni.

Abbiamo da tempo proposto la Protezione Temporanea e quindi l'applicazione dell'Art. 20 del TU Immigrazione sulla base di un decreto della Presidenza del Consiglio, decreto che dovrà anche regolamentare l'assistenza delle persone e i diritti connessi allo status umanitario, innanzi tutto quello della ricomposizione familiare e del lavoro. Naturalmente la Protezione Temporanea non esclude il diritto individuale di presentare comunque una richiesta di asilo ai sensi della Convenzione di Ginevra.

2.2. Vorrei proporre anche la costituzione di un sub-tavolo di coordinamento sull'accoglienza in Italia, analogo a quello a suo tempo istituito per gli ex jugoslavi ai sensi della Legge 390/92.

Assumendo che Voi tutti siate d’accordo con tali proposte (se non fosse così per favore comunicatelo urgentemente!), vorrei chiedere un'azione concertata affinché almeno questo passo sia fatto anche per evitare che i kosovari già presenti tra noi e arrivati - purtroppo sempre e ancora con l'"assistenza" degli scafisti - non siano condannati dall'oblio collettivo per il solo fatto che, giustamente, l'attenzione si concentri sui grandi numeri dei rifugiati oltre Adriatico.

 

 

 

Christopher Hein

Direttore CIR