Cari amici,
a seguito dell'assemblea indetta stamattina (Sabato 10 Aprile) dall'ICS,
e in vista dell'eventuale convocazione delle associazioni da parte del
Ministro dell'interno, vi propongo ancora alcune considerazioni in
relazione alla questione "decreto di protezione temporanea ex art. 20
del Testo unico". Provo a schematizzare il problema nel modo seguente.
Le nostre preoccupazioni:
a1) che i profughi attualmente nell'area di crisi (Albania, Macedonia,
Montenegro) non debbano patire danni irreparabili per la difficolta' di
prestare loro soccorso "in loco" in tempi rapidi;
a2) che il diritto d'asilo in Italia non sia riservato solo ai "piu'
forti" - a quelli, cioe', che riescono a raggiungere avventurosamente il
territorio italiano;
a3) che la definizione dei criteri di selezione per l'accoglimento in
Italia non sia di fatto delegata alla mafia (albanese, italiana, etc.);
a4) che non sia adottata, allo scopo di porre un argine al possibile
dilagare delle richieste, una interpretazione delle norme sul diritto
d'asilo piu' restrittiva e cavillosa dell'usuale da parte della
Commissione per l'asilo (organo certamente non sufficientemente
indipendente dal potere esecutivo).
Le preoccupazioni del Governo:
b1) che non risulti di fatto assecondato il piano di pulizia etnica in
Kosovo;
b2) che non ci si trovi a sostenere oneri spropositati per l'accoglienza
dei profughi (l'Italia e' piu' facilmente raggiungibile degli altri
paesi europei).
Le preoccupazioni degli altri governi europei (stando almeno alle
ipotesi di alcuni autorevoli osservatori):
c1) che l'accoglimento "facile" di profughi in Italia non si traduca in
un transito facile di questi verso altre destinazioni piu' ambite
(Germania, Francia, etc.).
Sulla base di questo elenco (ovviamente discutibile e incompleto), credo
che si debba evitare di prospettare al Governo l'adozione di un
provvedimento "di grande respiro" - un provvedimento, cioe', che
riconosca un diritto alla protezione temporanea per TUTTI coloro che
fuggono dala situazione di violenza. Un tale diritto, infatti,
formalmente e' gia' sancito dalle norme sull'asilo e dall'art. 10 della
Costituzione (il profugo potrebbe, cioe', anche in caso di diniego dello
status di rifugiato ex Convenzione di Ginevra, richiedere il
riconoscimento del diritto d'asilo costituzionale al giudice ordinario).
L'adozione di un provvedimento "generalizzato", ex art. 20 del Testo
unico, gioverebbe solo al Governo per snellire il lavoro della
Commissione per l'asilo ed eventualmente della magistratura ordinaria
(ma, in questo, il Governo e' capace di correre da se' ai ripari, e non
e' necessario che siamo noi a insistere). Per contro, il carattere
generalizzato del provvedimento metterebbe il Governo nella condizione
di non collaborare minimamente all'arrivo dei profughi in Italia (vedi
punti b1 e b2). E se la traversata dell'Adriatico potrebbe essere
compiuta, in teoria, dai profughi, avvalendosi dei vettori ordinari
(anziche' degli scafisti), valendo l'art. 10, comma 4, del Testo unico,
resterebbe appannaggio degli speculatori il trasporto dall'area di crisi
ai porti e l'accesso dei profughi ai vettori. Per di piu', se mi
consentite la considerazione un po' cinica, non sarebbe minimamente
possibile discriminare tra veri e falsi profughi, essendo proprio la
mancanza di documenti una caratteristica dei primi facilmente simulabile
dai secondi. Il risultato potrebbe essere, in pochissimo tempo, una
pulizia etnica spontanea dell'intera Albania.
Una soluzione accettabile dal Governo, e compatibile con le
preoccupazioni degli altri governi europei, potrebbe essere allora, piu'
modestamente, quella di riservare l'accoglienza "ex decreto" a una quota
di profughi trasferiti (ad opera delle autorita' italiane) dai campi
dell'area di crisi a strutture di accoglienza in Italia (perfino, per un
tempo limitato, nella forma di campi chiusi, per tener conto del punto
c1), certamente piu' idonee dal punto di vista della capacita' di
erogare i servizi necessari e probabilmente meno costose dei campi in
loco. Questo renderebbe la posizione dell'Italia simile a quella della
Germania, e, tra l'altro, darebbe credibilita' all'insistenza del nostro
paese, in altre occasioni manifestata, per l'adozione di politiche di
ripartizione degli oneri in sede europea.
L'accoglienza potrebbe essere estesa, sempre sulla base del decreto, a
coloro che hanno appoggi da parte di familiari o amici gia' inseriti in
Italia (per questi sarebbe inappropriata la preoccupazione di cui al
punto c1).
La determinazione della quota dovrebbe tener conto del punto a1 (anche
sulla base delle quote ammesse dagli altri paesi), e la selezione dei
profughi da trasferire dovrebbe essere effettuata nel rispetto della
volonta' degli interessati, della loro unita' familiare (e sociale) e di
una graduatoria basata sulla vulnerabilita' dei soggetti.
Con successive direttive potrebbero essere stabilite le modalita' di
accesso al lavoro (quando l'impossibilita' di rimpatrio si prolunghi
oltre misura). In relazione a questo punto, potrebbe valer la pena di
tener presenti, ad esempio, le disposizioni, di cui vi ho dato notizia
nei giorni scorsi, relative al rilascio di permessi stagionali o per
lavoro subordinato (lasciarli destinati alla chiamata nominativa
dall'estero sarebbe, in questo frangente, piu' ridicolo del solito).
All'occorrenza, si potrebbero emanare in seguito decreti di diverso
contenuto.
Resterebbe impregiudicata la possibilita' (per chiunque, accolto o meno
che sia sulla base del decreto) di avanzare richiesta di asilo.
Cordiali saluti
sergio briguglio