Torino, 25 febbraio 1999

 

Cari amici e care amiche,

Dopo alcune decine di rimpatri già messi in atto nei mesi scorsi, la mattina del 22 febbraio l’operazione si è ripetuta, coinvolgendo una decina di ragazzi albanesi già avviati alla scuola e alla formazione professionale.

Con questo appello chiediamo alle autorità competenti di riprendere il dialogo sulla questione dei minori soli a Torino.

Se volete aderire al nostro appello, comunicateci la vostra adesione (al più tardi entro venerdì mattina), al numero:

011/83.59.39

(chiedendo di Francesco Ciafaloni, Laura Maritano, Roberta Ricucci o Elena Rozzi).

 

 

 

 

ASGI — Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione

Rete d’urgenza contro il razzismo

Servizio Migranti — Caritas

ATOMM — Agenzia Torinese Minori Migranti

ALA — Associazione di Libera Accoglienza

ASAI — Associazione Salesiana Animazione Interculturale

Associazione Ercole Premoli

Associazione Crescere Insieme

Gruppo Abele

Associazione Frantz Fanon

Centro Studi Sereno Regis

 

 

Nell’interesse del minore, nell’interesse della collettività ...

APPELLO PER LA SOSPENSIONE DEI RIMPATRI DEI MINORI STRANIERI A TORINO

 

 

 

Da alcuni anni arrivano a Torino (come in tutte le grandi città italiane) minori stranieri soli, non accompagnati dai genitori. Spesso provengono da zone dell’Albania, del Marocco e recentemente anche della Romania in cui non hanno alcuna prospettiva di istruzione, di formazione, di lavoro; spesso sono ´mandatiª dai loro stessi genitori per contribuire in modo essenziale al bilancio familiare.

Privi di permesso di soggiorno, privi di figure adulte di riferimento, si trovano esposti all’emarginazione ed allo sfruttamento nell’ambito di attività che vanno dall’accattonaggio alla vendita ambulante, fino allo spaccio ed alla prostituzione minorile.

Per affrontare questa situazione sono possibili diverse strade, essenzialmente riconducibili a tre diverse politiche: la politica delle espulsioni, la politica dei rimpatri, la politica dell’integrazione.

In passato si è progressivamente superata la logica delle espulsioni, una logica repressiva di gestione della questione immigrazione (anche di minori) come problema di ordine pubblico: questo superamento è stato sancito dal Testo Unico delle disposizioni sull’immigrazione e la condizione dello straniero n.286/98, che prevede l’inespellibilità del minore (salvo motivi di ordine pubblico e sicurezza dello stato, e salvo il diritto a seguire il genitore espulso).

A Torino già a partire dalla prima metà degli anni ’90 alla logica repressiva è andata sostituendosi una politica di integrazione. L’evoluzione è stata il risultato di un’attiva collaborazione (nelle riflessioni e nelle azioni) tra i soggetti interessati: dall’autorità giudiziaria minorile (Tribunale per i Minorenni e Giudice Tutelare) alla Questura, dal Comune al volontariato, dalla scuola statale alla formazione professionale.

L’accordo, formalizzato nel corso degli anni da diversi Protocolli d’Intesa, prevede che il minore solo venga segnalato dalla scuola all’Ufficio Minori Extracomunitari del Comune e all’autorità giudiziaria. Il Tribunale per i Minorenni o il Giudice Tutelare affidano la tutela del minore ad un parente, ad una associazione di volontariato o al Comune, sulla base di un progetto di inserimento (scuola, formazione, ecc.) che dimostri come sia nell’interesse del minore restare sul territorio torinese. Quindi, il Tutore attiva la procedura di regolarizzazione in Questura e accompagna il minore nella realizzazione del progetto.

Questa politica ha ottenuto rilevanti successi: non ha rappresentato solo un meccanismo di regolarizzazione formale (anche se questo aspetto resta ovviamente importantissimo), ma un vero e proprio percorso di integrazione. Sono numerosi i ragazzini in tutela che hanno frequentato la scuola di italiano e, una volta acquisita una sufficiente conoscenza della lingua, si sono iscritti a un corso di formazione professionale, hanno ottenuto una borsa-lavoro e poi un contratto di lavoro regolare. Accompagnati, in questo percorso, da figure adulte di riferimento con cui si è creato un rapporto di fiducia: i volontari delle associazioni, gli insegnanti, i mediatori culturali, ecc.

In un senso più ampio di integrazione, va poi sottolineato il valore di ´educazione alla legalitઠche caratterizza questo tipo di percorso: i ragazzi hanno capito che ´convieneª emergere, recarsi all’Ufficio Minori o alle scuole di italiano, dare il proprio vero nome...

 

 

 

Ma questo ´circolo virtuosoª rischia oggi di spezzarsi. Sembra infatti che si stia verificando una nuova svolta: da una politica di integrazione a una politica dei rimpatri.

Nelle ultime settimane, infatti, non è stato dato seguito alle richieste di tutela avanzate da alcuni minori già inseriti in strutture d’accoglienza, in corsi d’italiano e in corsi di formazione professionale (alcuni addirittura con un datore di lavoro pronto ad assumerli). Dopo alcune decine di rimpatri già messi in atto nei mesi scorsi, la mattina del 22 febbraio l’operazione si è ripetuta, coinvolgendo una decina di ragazzi albanesi, anche questi già avviati alla scuola o alla formazione: non sappiamo quanti siano stati effettivamente prelevati dalla Polizia dai centri in cui erano ospitati e quanti invece siano fuggiti per evitare l’esecuzione del rimpatrio.

Paradossalmente, questa svolta viene giustificata facendo riferimento alle innovazioni positive introdotte dal Testo Unico n.286/98: un ´maggior rigoreª a fronte di ´maggiori garanzieª. Con il difetto, però, che mentre il ´maggior rigoreª è attuato da subito, invece le ´maggiori garanzieª in gran parte non sono immediatamente applicative. Ad esempio, si dà per scontato, traendone già le conseguenze, che tutti i minori irregolari otterranno il permesso ´per minore etàª, mentre non vi è ancora alcuna certezza che questa previsione, contenuta nell’emanando Regolamento di attuazione, entri effettivamente in vigore.

Progressivamente, dunque, è stato adottato un maggior rigore nell’apertura delle tutele. In primo luogo per quanto riguarda il progetto educativo: non risulta più sufficiente, infatti, l’iscrizione a scuola, ma è richiesta l’iscrizione a un corso di formazione professionale o un lavoro; il che non sempre è possibile, dato che molti Centri di Formazione non accettano ragazzi senza permesso di soggiorno.

In secondo luogo vi è stato un irrigidimento nei confronti dei minori che hanno già compiuto i 17 anni, perché l’autorità giudiziaria tende a considerare che per questi minori (perché tali sono, malgrado la vicinanza alla maggiore età) non vi sia più il tempo sufficiente per un percorso di inserimento. E anche nei casi in cui il procedimento di tutela viene aperto, la lentezza delle procedure fa sì che, malgrado il progetto sia stato presentato alcuni mesi prima del raggiungimento della maggiore età, la tutela non giunga in tempo: ragazzi inseriti a scuola e in corsi di formazione, con la disponibilità dell’alloggio e del lavoro, hanno compiuto i 18 anni senza ricevere la tutela (e quindi il permesso di soggiorno), e di conseguenza sono diventati adulti espellibili.

Questo progressivo irrigidimento nell’apertura delle tutele raggiunge il culmine nelle ultime indicazioni del Giudice Tutelare, per cui le tutele verranno disposte solo nei confronti dei minori orfani di padre e di madre.

E per i minori che non possono avere la tutela, è previsto il rimpatrio. Il che significa, dati gli orientamenti sulle tutele, veri e propri rimpatri di massa.

Il rimpatrio è (o meglio, dovrebbe essere) un provvedimento radicalmente diverso dall’espulsione dal punto di vista dei presupposti e delle motivazioni, in quanto è adottato ´nell’interesse del minoreª: esso si fonda sul presupposto che il minore si troverebbe in condizioni migliori nel proprio paese d’origine.

Ora, per valutare questo aspetto, è necessario prendere contatto con la famiglia e verificare le opportunità assistenziali, formative, lavorative offerte nel paese d’origine.

Ma spesso risulta quasi impossibile comunicare con la famiglia (specialmente in Albania molte famiglie risiedono in villaggi sperduti sulle montagne, con i quali non vi sono collegamenti telefonici), il che rende discutibile il riferimento al principio del ´diritto all’unità familiareª come fondamento del rimpatrio. D’altra parte in paesi quali il Marocco, l’Albania e la Romania, i Servizi Sociali hanno molta difficoltà a realizzare interventi efficaci, e le possibilità di formazione e di lavoro sono bassissime.

 

 

Sappiamo che il Ministero degli Affari Sociali, in collaborazione con i Servizio Sociale Internazionale, ha promosso in Albania progetti finalizzati ad accogliere e supportare il ragazzo rimpatriato. Tuttavia, non ci risulta che tutti i ragazzi rimpatriati siano inseriti in questi progetti, né che la loro situazione nel paese d’origine sia effettivamente migliore di quella in cui si trovano in Italia. Particolarmente tragica risulta la situazione delle ragazze albanesi vittima della tratta: una volta rimpatriate, queste ragazze vengono rifiutate dalle famiglie, in alcuni casi subiscono violenze o addirittura vengono uccise.

Proprio in ragione della diversa natura del rimpatrio rispetto all’espulsione, anche le modalità di esecuzione dovrebbero essere diverse. Il minore dovrebbe essere accompagnato fino alla casa della sua famiglia o ad una struttura d’accoglienza, cosa che non sempre avviene (vi sono ad esempio alcuni casi in cui il minore è stato lasciato all’aereoporto di Tirana).

Inoltre, nel caso di minore consenziente, il rimpatrio dovrebbe essere eseguito dai Servizi Sociali, e solo in caso contrario dalla Questura: vi sono stati molti casi, invece, in cui il minore è stato rimpatriato dalla Polizia, benchè pare che gli fosse stata fatta firmare una dichiarazione in cui richiedeva volontariamente il rimpatrio.

Il rimpatrio viene così percepito come una vera e propria espulsione: il minore, senza avere alcuna possibilità di partecipazione nel procedimento e addirittura senza esserne precedentemente avvertito, viene prelevato al mattino presto dalla Polizia e messo sull’aereo che lo riporterà nel paese d’origine.

Le stesse strutture di accoglienza, prevalentemente gestite dal volontariato impegnato nell’accompagnamento dei minori in percorsi di integrazione, si trovano in grandissima difficoltà: il loro impegno non è certamente quello di gestire centri di accoglienza per minori in attesa di rimpatrio.

Questo stillicidio di rimpatri sta creando una situazione di tensione insostenibile: nelle strutture di accoglienza, i ragazzini vedono la Polizia arrivare e portare via prima uno e poi l’altro. Sono molti i ragazzini non ancora in tutela che, spaventati dalla prospettiva del rimpatrio, stanno abbandonando le strutture di accoglienza (il che significa andare a dormire all’aperto) e la scuola.

La fiducia nei volontari delle associazioni, negli insegnanti, nei mediatori culturali viene meno: ´Loro sapevano e ci hanno traditoª.

E, soprattutto, si fa strada un fortissimo sentimento di ingiustizia: ´Perché portano via me, che vado a scuola e al corso di formazione, che non ho mai rubato, non ho mai spacciato?ª. Se la richiesta di legalità di questi ragazzi viene premiata con il rimpatrio come possiamo pensare che essi non si volgano verso l’illegalità?

Nella maggior parte dei casi questi ragazzi fuggiranno o, se rimpatriati, torneranno irregolarmente.

E allora non si rivolgeranno più ai Servizi Sociali, alle scuole, al volontariato ... perché dovrebbero, per essere rimpatriati una seconda volta, o peggio, se ormai maggiorenni, espulsi? E, fatalmente, finiranno nuovamente sfruttati e in molti casi facile manodopera per la criminalità.

Torino è stata un importante laboratorio per sperimentare una politica di integrazione dei minori che ha visto rilevanti successi ... forse quando vedremo nuovamente aumentare l’emarginazione e la criminalità minorile, ce ne renderemo conto.

E’ questo che vogliamo, nell’interesse del minore e nell’interesse della collettività?

 

 

 

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Per questi motivi, chiediamo:

1. di riaprire il dialogo tra i vari soggetti interessati (Tribunale per i Minorenni, Giudice Tutelare, Questura, Comune, associazioni di volontariato, scuole, agenzie di formazione professionale) per avviare una seria e serena riflessione sull’attuale situazione dei minori soli a Torino. A tal fine ci sembra di preminente importanza la convocazione in tempi rapidi di una riunione che veda la partecipazione di tutti questi soggetti.

2. di revocare i provvedimenti di rimpatrio e di dare seguito alle richieste di tutela per quei minori per i quali venga presentato un valido progetto di inserimento, anche nel caso che siano prossimi alla maggiore età, tenendo in considerazione la data di apertura della pratica e non quella dell’effettiva nomina del Tutore

3. di chiarire le procedure relative ai provvedimenti di rimpatrio in relazione, in particolare, ai seguenti aspetti:

- gli organi competenti a disporre il rimpatrio, con particolare riferimento al ruolo del Comitato per i Minori stranieri previsto dal Testo Unico n.286/98 e dal decreto legislativo attualmente all’esame delle Commissioni parlamentari

- le modalità con cui vengono presi i contatti con le famiglie e verificate le opportunità assistenziali, formative, lavorative offerte nel paese d’origine

- le forme e i tempi di comunicazione del provvedimento ai soggetti interessati

- le modalità di esecuzione del rimpatrio, con particolare riferimento alle rispettive competenze dei Servizi Sociali e della Questura

4. di definire le condizioni di partecipazione del minore nel corso del procedimento (che può eventualmente avere come esito il rimpatrio ´dignitosoª e ´consensualeª) e le forme della sua rappresentanza legale

5. di chiarire i rapporti esistenti tra i diversi organi e soggetti interessati (Tribunale per i Minorenni, Giudice Tutelare, Questura, Comune, associazioni di volontariato, ecc.) e tra i diversi provvedimenti di rispettiva competenza (tutela, affidamento, permesso di soggiorno, rimpatrio)

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Invitiamo tutti, a Torino o in altre città italiane, ad inviare materiali, riflessioni, storie relative a questa problematica.

Invitiamo altresì ad inviare proposte per un convegno internazionale di riflessione sul tema ´Minori stranieri: quale tutela?ª, che si dovrebbe tenere a Torino entro aprile 1999.

 

Torino, febbraio 1999

ASGI

Rete d’urgenza contro il razzismo

Caritas — Servizio Migranti

ATOMM — Agenzia Torinese Minori Migranti

ALA — Associazione di Libera Accoglienza

ASAI — Associazione Salesiana

Associazione Ercole Premoli

Nova Familia

San Vincenzo

Associazione Crescere Insieme

Gruppo Abele

Associazione Frantz Fanon

Centro Studi Sereno Regis