N E W S PROGETTO ATLANTE

 

POLITICHE LEGISLATIVE

2 giugno 1999

(a cura dell'ASGI )

 

SOMMARIO

- Emanato il decreto contenente misure di protezione temporanea a favore dei rifugiati

provenienti dalle zone di guerra dei Balcani. Analisi e commento del testo.

- In vigore le nuove disposizioni correttive alla legge sull'immigrazione in materia di

regolarizzazione ed espulsioni.

- Iscrizione degli studenti extracomunitari alle Università italiane. Le disposizioni per

l'A.A. 1999-2000.

- Nuove disposizioni in materia di ingresso e soggiorno di cittadini somali in Italia.

- Circolare del Ministero dell'Interno sulle modalità e possibilità di regolarizzazione ai sensi del DPCM dd. 16.10.1998 per gli stranieri pregiudicati e quelli in stato di detenzione.

- Autorizzati nuovi ingressi per motivi di lavoro subordinato per una quota di cittadini albanesi, tunisini e marocchini e, senza distinzione di nazionalità, per motivi di lavoro stagionale.

- La Corte Costituzionale riconosce il diritto dei cittadini extracomunitari invalidi civili all'iscrizione alle liste del collocamento obbligatorio.

- Promemoria dell'ACNUR sul disegno di legge in materia di asilo politico e protezione temporanea.

- Completata la ripartizione degli stanziamenti alle Regioni del Fondo nazionale per le politiche migratorie.

- Sospesa nei confronti della Bosnia Erzegovina l'efficacia dell'accordo tra l'Italia e la ex Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia sul reciproco riconoscimento dei titoli di studio universitari, sottoscritto a Roma il 18 febbraio 1983.

- Fissati i termini per il procedimenti di riconoscimento dei titoli di studio extracomunitari ai fini dello svolgimento delle professioni sanitarie.

- Introdotta l'assicurazione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale per i cittadini dell'Unione Europea residenti in Italia.

SPECIALE N E W S

- Campagna internazionale per la ratifica della Convenzione ONU per la protezione dei

diritti dei migranti e dei membri delle loro famiglie. Un'iniziativa in Italia.

- Famiglia multietnica e diritto di famiglia. La Corte di Cassazione conferma il limite all'applicazione della legge straniera nei rapporti di famiglia se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico e ai principi fondamentali del nostro ordinamento e di quello internazionale. Negata l'applicazione della legge marocchina che non ammette l'istituto del riconoscimento della filiazione naturale.

1. Emanato il decreto contenente misure di protezione temporanea a favore dei rifugiati provenienti dalle zone di guerra dei Balcani. Analisi e commento del testo.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dd. 12 maggio 1999 (G.U. n. 121 dd. 26.05.1999), sono state varate le attese misure di protezione temporanea a favore dei rifugiati provenienti dalle zone di guerra dei Balcani.

L'art. 1 dà una definizione piuttosto generica dei beneficiari delle misure di protezione, identificandoli come le "le persone provenienti dalle zone di guerra dell'area balcanica". All'art. 2 si prevede innanzitutto la titolarità dei beneficiari del provvedimento di misure di accoglienza, mediante l'avvio, subito dopo l'ingresso in Italia, a strutture di primo soccorso che dovranno essere costituite sul territorio nazionale su iniziativa congiunta del Ministero dell'Interno, dei Dipartimenti della protezione civile e degli affari sociali e dei prefetti delle provincie interessate.

Ai questori - e dunque agli uffici di Pubblica Sicurezza locali - viene affidato il compito di verificare, per quanto possibile, la provenienza e la nazionalità degli interessati (art. 2 c.1), con conseguente attribuzione della qualifica di rifugiato temporaneo ovvero esercizio della facoltà di respingimento o di espulsione dal territorio dello Stato, nel caso di persone ritenute non ammissibili sul territorio o il cui soggiorno non può essere consentito ovvero viene ad essere revocato (art. 2 c.2), senza peraltro che il decreto specifici a quali condizioni di esclusione o di inammissibilità ovvero di revoca della protezione si faccia esattamente riferimento.

Il decreto tiene in considerazione solo in parte la situazione di coloro che alla sua entrata in vigore già si trovano in Italia, anche se privi di permesso di soggiorno e, per le vicende belliche, si trovano impossibilitati a fare ritorno nei territori di origine in condizioni di dignità e sicurezza (rifugiati "sur place"). All'art. 2 c. 1 infatti si prevede la possibilità di accesso alle misure di protezione anche a coloro che siano entrati in Italia dopo l'inizio degli eventi bellici e siano stati destinatari di provvedimenti di espulsione. Se ragioni di logica e di equità fanno intendere che l'accesso alla protezione, valendo per coloro che siano stati espulsi, non risulterà problematico nemmeno per le persone irregolari che non siano incorse nel provvedimento espulsivo, motivi di perplessità suscita il riferimento al momento dell'ingresso in Italia, tanto più che appare opinabile e di difficile determinazione la data dell'inizio degli eventi bellici (occorre ricordare al riguardo che già prima dell'inizio delle operazioni militari della NATO nella Repubblica Federale di Jugoslavia, il conflitto civile in Kosovo e l'azione repressiva delle forze militari jugoslave avevano provocato quasi quattrocento mila tra profughi e sfollati tra la popolazione civile e l'intervento militare NATO è stato giustificato proprio come operazione di "ingerenza umanitaria" di fronte a violazioni massicce dei diritti umani nella regione).

Il riconoscimento della protezione umanitaria temporanea comporta il rilascio di un permesso di soggiorno valido per il solo territorio italiano fino al 31 dicembre 1999, ma rinnovabile con cadenza semestrale fino al perdurare dello stato di emergenza conseguente al conflitto e, dunque, fino al venir meno di ogni impedimento ad un rimpatrio in condizioni di dignità e sicurezza (art. 2 c.4, art. 4).

Il permesso di soggiorno per motivi di protezione temporanea consente l'esercizio dell'attività lavorativa e l'accesso allo studio (art. 2 c. 4). I beneficiari della protezione temporanea che versino in stato di bisogno e che siano privi di assistenza fornita da altri soggetti pubblici e privati possono accedere ai centri di accoglienza che il Ministero dell'Interno, il dipartimento protezione civile e quello degli affari sociali e i prefetti dovranno predisporre (art. 3 c. 1), servendosi dei poteri derogatori alle procedure ordinarie fissati con la proclamazione dello stato di emergenza (DPCM dd. 26.03.1999 in G.U. n. 73 del 29.03.1999) e la successiva ordinanza applicativa del Ministero dell'Interno (in G.U. n. 75 del 31.03.1999). Alle stesse condizioni di cui sopra, i beneficiari della protezione temporanea avranno diritto agli interventi a carattere sanitario (art. 3 c. 1). La predisposizione di strutture di strutture di primo soccorso e accoglienza dei rifugiati temporanei dovrà avvenire, per quanto possibile, coinvolgendo gli enti locali, enti pubblici e privati, organizzazioni di volontariato e associazioni di tutela degli stranieri, mediante la stipula di apposite convenzioni e accordi con gli organismi ministeriali competenti.

Il regime di protezione temporanea per i rifugiati dell'area balcanica previsto dal decreto è alternativo e reciprocamente esclusivo rispetto allo status di rifugiato previsto dalla Convenzione di Ginevra e alla rispettiva procedura di determinazione individuale prevista dall'art. 1 della legge n. 39/90, e attuata in base al DPR n. 136/90. Ciò si deduce dalla lettura dell'art. 2 comma 3 del decreto nel quale si prevede che gli stranieri già titolari di un permesso di soggiorno rilasciato ad altro titolo, compreso quello per richiesta di asilo, possono richiedere la conversione del soggiorno, ottenendo quello per protezione temporanea semestrale, ciò comportando tuttavia l'estinzione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato. Ulteriori indicazioni sul carattere alternativo ed esclusivo della protezione temporanea vengono da un opuscolo diffuso dal Ministero dell'interno, per il tramite delle Prefetture, nel quale si specifica che la persona proveniente dalle aree dei Balcani interessate dagli eventi bellici che intendesse accedere alla procedura di riconoscimento dello status di rifugiato convenzionale non potrebbe avvalersi in ogni caso delle misure assistenziali e di accoglienza previste dal decreto sulla protezione temporanea, conservando la titolarità del solo intervento di prima assistenza per richiedenti asilo di cui al Decreto del Ministero dell'Interno 24.06.1998, n. 284, che prevede l'erogazione di un contributo di lire 34.000 giornaliere per un periodo massimo di 45 giorni.

L'ASGI e le altre associazioni umanitarie che si occupano della tutela dei rifugiati in Italia esprimono dunque perplessità su diversi punti del decreto sulla protezione temporanea per l'eccessiva indeterminatezza e la conseguente discrezionalità interpretativa che nell'attuale situazione potrebbe essere esercitata dagli organi locali di Pubblica Sicurezza con potenziali esiti negativi sull'effettivo rispetto del principio fondamentale di "non - refoulement".

In particolare, l'ASGI raccomanda che alle misure di protezione temporanea possano accedere, oltre ai profughi albanesi del Kosovo, anche i disertori e renitenti alla leva provenienti dalla Repubblica Federale di Jugoslavia, sia per l'alto valore morale della loro scelta di coscienza di non partecipare ad un conflitto che per gli aspetti di particolare ferocia che esso presenta, viola le principali norme stabilite dalle Convenzioni di Ginevra sulla tutela delle popolazioni civile in caso di guerra, sia per le sanzioni particolarmente gravi che il codice penale jugoslavo prevede per tali reati in caso di proclamazione dello stato di guerra. Uguale attenzione dovrebbe essere riservata a quei cittadini della Repubblica Federale di Jugoslavia che, per le conseguenze degli avvenimenti bellici, non possono ricevere cure mediche nei luoghi di origine, adeguate ed essenziali in relazione alla propria malattia (in questo senso si rammenta la pronuncia della Corte Europea dei Diritti Umani nel caso D. contro Regno Unito, con la quale venne annullato un provvedimento espulsivo di uno straniero che dimostrò l'impossibilità di avvalersi nel paese di origine di un adeguato trattamento medico, con la motivazione che detta espulsione avrebbe costituito un trattamento inumano e degradante vietato dall'art. 3 della Convezione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, Caso n. 146/1996/767/964, 2 maggio 1997, serie A. 777).

Rilevando l'indeterminatezza del testo del decreto riguardo alle condizioni di esclusione e di inammissibilità, l'ASGI esprime il timore di una non sempre puntuale adesione delle autorità di polizia ai principi di "non refoulement", contenuti nell'art. 33 della Convenzione di Ginevra, che vieta l'espulsione o il respingimento di un rifugiato verso un paese ove sarebbe a rischio di persecuzione, con l'unica eccezione di coloro che rappresentino un pericolo per la sicurezza dello Stato o una minaccia per la comunità di detto Stato, eccezioni peraltro non previste dall'art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che vieta in maniera assoluta il respingimento o l'allontanamento dello straniero verso paesi ove possa essere oggetto di trattamenti inumani e degradanti.

Un'altra lacuna del decreto è la mancanza di disposizioni che regolino modalità e procedure per facilitare l'ingresso regolare di potenziali destinatari del provvedimento rendendo inutile il ricorso agli scafisti e ai trafficanti di documenti falsi. Nei giorni scorsi il Presidente del Consiglio dei Ministri ha annunciato, peraltro, tali misure, accennando alla possibilità dell'apertura a Valona e a Durazzo di due centri di coordinamento ed informazioni rivolti ai rifugiati kosovari, al fine di organizzarne l'ingresso regolare ed assistito in Italia. Nel frattempo continuerebbero a essere applicate le istruzioni diramate dal Ministero degli Affari Esteri il 20 aprile scorso e rivolte alle rappresentanze consolari e diplomatiche presenti nei paesi interessati all'afflusso di massa dei rifugiati kosovari (in primis l'Ambasciata a Tirana), con le quali si dispone la possibilità del rilascio del visto di ingresso ai cittadini provenienti dal Kosovo, per i motivi e secondo le procedure fissate dalla legge sull'immigrazione, anche in assenza del passaporto, mediante il rilascio da parte della rappresentanza diplomatica italiana di appositi lasciapassare accompagnati dal possesso di documenti identificativi rilasciati dai competenti uffici predisposti dalle autorità locali o internazionali preposte alla registrazione dei rifugiati. Nel caso di visti per motivi famigliari, si prescinde dalla necessità di esibire la documentazione di stato civile comprovante il rapporto di parentela, che può essere sostituita da apposite dichiarazioni rese dai congiunti in Italia presso le questure e da queste ultime debitamente vistate e trasmesse alle rappresentanze consolari o diplomatiche italiane.

L'ASGI rileva la necessità di estendere tali misure in materia di coesione familiare anche ai titolari del permesso di soggiorno per motivi di protezione umanitaria, in quanto il permesso di soggiorno semestrale non può consentire l' accesso alle procedure ordinarie di ricongiungimento familiare previste dalla legge sull'immigrazione che richiede il possesso di un permesso di soggiorno della durata di almeno un anno.

Nel frattempo, il numero degli arrivi in Italia di richiedenti asilo provenienti dal Kosovo sta crescendo sensibilmente. Si calcola che nel solo mese di maggio siano giunti sulle coste pugliesi non meno di 10.000 rifugiati kosovari, ai quali debbono essere aggiunti quelli giunti in Italia con il ponte aereo di evacuazione dalla Macedonia. Con una decisione assunta dal Consiglio dei Ministri all'inizio di maggio, il governo italiano aveva deciso di contribuire all' operazione internazionale di reinsediamento dei profughi kosovari accolti in Macedonia, alleviando la pressione esistente su quel paese che, per un complesso di ragioni di ordine economico, politico e legate anche ai fragili equilibri inter-etnici, non intende sopportare da sola, assieme all'Albania, il carico dell'accoglienza dei rifugiati kosovari. Il governo italiano si è impegnato ad accogliere 10.000 rifugiati kosovari che hanno trovato primo asilo in Macedonia, più della metà dei quali (5.800) è già giunta in Italia e ha trovato sistemazione nella ex base militare di Comiso, in Sicilia. Al fine di assistere le autorità italiane nelle procedure di selezione della parte rimanente della quota, si è recata in Macedonia anche la vice-delegata dell'ACNUR in Italia.

Per informazioni sulle tutela dei richiedenti asilo dal Kosovo, ci si può rivolgere all'ICS di Trieste, tel. 040/52248, e-mail: icsts@tin.it oppure al Consiglio Italiano per i Rifugiati, Via del Velabro 5/A, Roma tel. 06/69200114.

Informazioni aggiornate sulla situazione dei rifugiati kosovari in Albania e Macedonia sono reperibili sui siti Internet dell'UNHCR di Ginevra (http: //www.unhcr.ch/news/media/kosovo.htm) e su quello del Consorzio Italiano di Solidarietà, l'ONG italiana maggiormente presente nell'ara balcanica (http://www.mir.it/ics/profughi/kosovo.html).

2. In vigore le nuove disposizioni correttive alla legge sull'immigrazione in materia di regolarizzazione ed espulsioni.

Con lo scadere della "vacatio legis", sono entrate in vigore il 12 maggio le disposizioni correttive alla legge sull'immigrazione contenute nel decreto-legislativo 13 aprile 1999, n. 113 (G.U. 27.04.1999 n. 97). Il decreto contiene diverse modifiche alla normativa sull'immigrazione varata con la legge n. 40/1998, poi confluita nel D.L.vo n. 286/98.

In materia di prevenzione e lotta contro l'immigrazione clandestina e con lo scopo di contrastare più efficacemente l'azione degli "scafisti", con l'art. 2 del D.L.vo vengono inasprite le procedure per la confisca dei mezzi utilizzati per l'introduzione illecita di immigrati nel territorio dello Stato. Viene rivista la composizione della Consulta per i problemi degli stranieri immigrati (art. 6), così come quella della Commissione per le politiche di integrazione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 7).

Gli aspetti centrali del provvedimento riguardano tuttavia la materia delle regolarizzazioni e quella delle espulsioni.

A) Regolarizzazione.

Per quanto concerne il tema delle regolarizzazioni, il decreto-legislativo introduce disposizioni transitorie alla legge sull'immigrazione, prevedendo così la possibilità di regolarizzare la propria presenza in Italia per gli stranieri già presenti in Italia alla data del 27 marzo 1998, in possesso dei requisiti previsti dal DPCM del 16.10.1998 e che hanno presentato le relative istanze entro il 15 dicembre 1998.

Il Ministero dell'Interno, con circolare datata 10 maggio 1999, diramata alle questure, ha dato avvio alle procedure per il rilascio del permesso di soggiorno agli stranieri che avevano presentato istanza di regolarizzazione, fornendo nel contempo significativi chiarimenti sull'applicazione e l'interpretazione dei requisiti previsti per la regolarizzazione.

Per quanto concerne le prove di presenza in Italia prima del 27 marzo 1998, si dispone l'ammissibilità della documentazione proveniente da organismi umanitari ed assistenziali, incluse apposite certificazioni sottoscritte da responsabili provinciali dei suddetti organismi appositamente designati e comunicati alle questure. Ugualmente viene ammessa la presentazione di corrispondenza postale ricevuta in Italia dallo straniero recente timbratura delle Poste italiane con data certa anteriore al 27 marzo 1998.

Viene inoltre disposto il rinvio della dimostrazione del reddito da lavoro autonomo al momento del primo rinnovo del permesso di soggiorno, qualora questo non potesse essere verificato o risultasse insufficiente in sede di regolarizzazione.

Viene inoltre previsto l'accoglimento della richiesta di regolarizzazione anche nei casi in cui l'offerta di assunzione da parte del datore di lavoro, esibita al momento della presentazione dell'istanza, sia nel frattempo venuta meno visto il protrarsi dei tempi della regolarizzazione. In tale caso viene previsto il rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro, della durata di un anno, sottoposto alla verifica dei mezzi di sostentamento alla scadenza.

Ulteriori chiarimenti vengono forniti nella circolare in merito ai requisiti della sistemazione alloggiativa, alla possibilità di ottenere nuove proroghe in caso di presentazione di domande incomplete, così come alla durata dei relativi permesso di soggiorno per regolarizzazione, di norma biennali, tranne nei casi citati di mancata verifica del reddito minimo da lavoro autonomo e di perdita nel frattempo intervenuta dell'offerta di lavoro subordinato, in relazione ai quali il permesso avrà durata annuale.

Le istruzioni emanate dal Ministero dell'Interno sono contrassegnate dunque da spirito di apertura e rendono possibile anche l'eventuale riesame delle istanze già eventualmente in precedenza rigettate dalle questure sulla base di disposizioni maggiormente restrittive in precedenza diramate.

B) Espulsioni.

Al contrario delle disposizioni in materia di regolarizzazione, che sono per loro natura transitorie, quelle concernenti le espulsioni sono invece definitive e "a regime" e mirano nel complesso a restringere ulteriormente i diritti di difesa dello straniero rispetto ai provvedimenti espulsivi, rafforzando invece il potere dell'amministrazione.

Le modifiche alla procedura di ricorso contro il provvedimento espulsivo consistono sostanzialmente in due punti: 1) il giudice competente per l'esame del ricorso viene individuato nel pretore del luogo in cui ha sede l'autorità che ha disposto l'espulsione (mentre nel testo originario era invece il pretore del luogo di residenza o di dimora dello straniero espulso); 2) viene esplicitamente esclusa la possibilità di una reclamabilità della decisione assunta dal Pretore, negando il doppio grado di giudizio e prevedendo il solo ricorso in Cassazione.

Viene inoltre prevista l'inammissibilità di ricorsi presentati fuori dai termini di legge (5 giorni), nel tentativo di escludere a priori tutte le eccezioni che lo straniero potrebbe sollevare dinanzi al Pretore nell'ambito dell'esercizio del suo diritto di difesa e che avevano già trovato riconoscimento nella giurisprudenza maturata dall'entrata in vigore della legge n. 40/1998 (incostituzionalità del termine breve, errore scusabile, inespellibilità del soggetto, ecc.)

L'ASGI ha espresso serie riserve e critiche rispetto a questa parte del provvedimento, in quanto restringe in maniera intollerabile l'esercizio del diritto di difesa in caso di espulsione, costringendo lo straniero a presentare ricorso in un luogo che non necessariamente è quello in cui dimora o vive abitualmente. L'ASGI sottolinea inoltre il rischio che si produca una giurisprudenza locale "monolitica" concentrando la competenza del pretore nei capoluoghi di provincia, dove hanno sede le prefetture che emanano i provvedimenti espulsivi.

La decisione di eliminare il secondo grado di giudizio e dunque di escludere il reclamo al Tribunale contro il provvedimento dl pretore suscita amarezza dopo che il principio di reclamabilità era stato riconosciuto da un'importante sentenza della Corte di Cassazione nel febbraio scorso, non a caso proprio alla vigilia della decisione governativa.

Il decreto legislativo n. 113/99 rivede infine le norme in materia di modalità di accoglienza o di rimpatrio assistito dei minori stranieri non accompagnati. Mentre con la legge n. 40/998 i minori stranieri non accompagnati erano inespellibili, rientrando in una delle categorie di stranieri protetti dall'espulsione, con le nuove disposizioni si prevede (art. 5) che con un apposito DPCM o di un Ministro da lui delegato saranno definiti i compiti del Comitato per i minori stranieri anche con riferimento alle modalità di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presenti in Italia, ai fini dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento con la sua famiglia nel paese di origine o in un paese terzo e che ogni provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato sarà adottato dal suddetto comitato, fatto salvo il nulla-osta dell'autorità giudiziaria nel caso risulti instaurato un procedimento giurisdizionale.

In sostanza, tali disposizioni lasciano presagire un cambio di rotta governativa sulla problematica dei minori stranieri non accompagnati, da un atteggiamento fondato sull'accoglienza e l'inespellibilità ad uno orientato preferibilmente verso l'adozione di provvedimenti di rimpatrio assistito. Tale nuovo orientamento ha trovato già significative anticipazioni in alcune realtà locali, come ad esempio a Torino.

 

3. Iscrizione degli studenti extra-comunitari alle Università italiane. Le disposizioni per l'A.A. 1999-2000.

Il Ministero degli Affari Esteri ha diramato il 1 aprile 1999 le nuove disposizioni relative all'iscrizione ai corsi di laurea o di diploma, presso Università italiane, di studenti extracomunitari non residenti in Italia.

La principale novità rispetto al passato è che la circolare (consultabile sui siti del M.A.E. - www.esteri.it - e del MURST - www.murst.it(atti/1999/dis0401.htm -) riguarda soltanto gli studenti stranieri non soggiornanti in Italia. Per quanto concerne gli stranieri già legalmente residenti in Italia (per i quali verranno emanate nuove e diverse disposizioni), l'accesso ai corsi universitari è consentito direttamente dall'art. 39, co. 5 del testo unico sull'immigrazione, per le seguenti categorie: stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso per uno dei titoli indicati (lavoro subordinato o autonomo, motivi familiari, asilo politico o umanitario, motivi religiosi), ovvero ancora regolarmente soggiornanti e in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia o equipollente.

Queste le principali disposizioni impartite con la circolare del 1 aprile:

1) le domande di preiscrizione dovranno essere presentate alle Rappresentanze italiane (corredate della richiesta documentazione, tradotta in italiano e confermata dalla Rappresentanza) tra il 12 aprile ed il 14 maggio 1999. Nella domanda dovrà essere indicato un solo corso di laurea o Diploma, scelto fra quelli per i quali le singole Università hanno riservato specifici contingenti per gli studenti stranieri (gli elenchi sono consultabili sui siti Internet del MAE - www.esteri.it : Attività -Promozione culturale - I nostri servizi - e del MURST - www.murst.it)

2) entro il 3 agosto 1999, le Rappresentanze italiane all'estero pubblicheranno gli elenchi degli studenti ammessi alle prove;

3) a partire da tale data, gli studenti ammessi dovranno fare richiesta di visto d'ingresso, corredata di documentazione comprovante: a) la copertura economica, par a Lit. 1.000.000 mensili, fino al 31.12.1999, dimostrabile in uno dei modi indicati nella circolare; b) la copertura assicurativa per cure mediche e ricoveri ospedalieri (mediante assicurazione privata estera o nazionale, ovvero stipula dell'apposita polizza INA - tranne per gli studenti provenienti da Paesi con i quali sono in vigore accordi speciali in materia di diritto all'assistenza sanitaria);

4) il visto d'ingresso sarà rilasciato come visto nazionale, valido almeno 90 giorni o, preferibilmente, fino al 31.12.1999;

5) dopo l 'ingresso in Italia, oltre che richiedere il permesso di soggiorno entro 8 giorni, lo studente straniero dovrà sostenere le prove di ammissione presso l'Università prescelta. E' obbligatoria la prova di conoscenza della lingua italiana. I risultati saranno affissi entro il 28 settembre 1999.

6) Dopo la prova di ammissione e per la durata del corso di studi, il permesso di soggiorno potrà essere prorogato, di regola alla fine dell'anno solare, dietro dimostrazione: a) della copertura economica di Lit. 1.000.000 mensili per almeno 6 mesi; b) del rispetto del c.d limite minimo di merito, previsto dall'art. 4 co. 4 DPCM 30.04.1997, consistente nell'aver superato due esami annuali per ciascun anno accademico. Non è invece più previsto il limite del secondo anno fuori corso, oltre il quale (in base ad una disposizione della legge n. 39/90, ora abrogata) non era più possibile chiedere il rinnovo del permesso per studio.

Per quanto riguarda la possibilità per gli studenti stranieri di svolgere attività lavorativa, la circolare del Ministero del Lavoro n. 112 del 24.08.1998, anticipando i contenuti del regolamento di attuazione del testo unico sull'immigrazione , attualmente all'esame del Consiglio di Stato, ha stabilito la possibilità di autorizzare tali attività per un periodo non superiore a 20 ore settimanali (part-time).

 

4. Nuove disposizioni in materia di ingresso e soggiorno di cittadini somali in Italia.

Ritenendo non più attuale la situazione di eccezionalità che aveva determinato l'automatico rilascio di appositi permessi di soggiorno umanitari per i cittadini somali fuggiti dalla guerra civile, il Ministero Affari Esteri con decreto 1 febbraio 1999 (G.U. 17.2.1999 n. 39) ha abrogato le precedenti disposizioni contenute nel decreto ministeriale dd 9.09.1992. Il nuovo decreto prevede di conseguenza che i cittadini somali che facciano soltanto ora ingresso in Italia potranno accedere eventualmente alla procedura individuale di riconoscimento dello status di rifugiato. Per coloro che hanno già beneficiato della protezione umanitaria in base alle disposizioni ora abrogate varranno le disposizioni emanate con direttiva del PdCdM del 6 agosto 1998, con la possibilità di convertire il permesso di soggiorno umanitario in permesso per motivi di lavoro della durata biennale in caso di rapporto di lavoro in corso o di formale impegno di assunzione ovvero con la permanenza del possesso di un permesso annuale in caso di stato di disoccupazione.

Il Ministero degli Affari Esteri italiano ha inoltre ritenuto di non riconoscere più alcuna validità ai passaporti somali rilasciati o rinnovati dopo il 31 gennaio 1991, in conseguenza della dissoluzione delle strutture statuali della Somalia. Pertanto, i cittadini somali presenti in Italia, per recarsi all'estero al di fuori dello Spazio Schengen. e fare poi rientro in Italia, debbono chiedere alle questure il rilascio di un apposito titolo di viaggio per stranieri, della stessa durata del permesso di soggiorno. In mancanza del passaporto, il rilascio o adeguamento del permesso di soggiorno può avvenire previa esibizione della carta di identità rilasciata dal Comune italiano di residenza.

5. Circolare del Ministero dell'Interno sulle modalità e possibilità di regolarizzazione ai sensi del DPCM dd. 16.10.1998 per gli stranieri pregiudicati ed in stato di detenzione.

Il Ministero dell'Interno, Servizio Immigrazione e frontiere, con circolare dd. 30 gennaio 1999, ha emanato istruzioni relative alle possibilità e modalità di accesso alla regolarizzazione di cui al DPCM 16.10.1998 di stranieri pregiudicati o in stato di detenzione al momento della presentazione dell'istanza.

La circolare chiarisce che la condanna per taluno dei reati di cui all'art. 380 c.p.p. non esclude di per sé lo straniero dall'accesso alla regolarizzazione. Viene ribadito pertanto, in linea con la precedente circolare n. 74/98, che l'esclusione riguarda solo gli stranieri che siano stati destinatari di un provvedimento espulsivo, salva la possibilità di revoca da richiedere al Prefetto in caso di espulsione amministrativa o all'autorità giudiziaria in caso di espulsione a titolo di misura di sicurezza accessoria alla condanna penale.

La circolare precisa che un 'ulteriore condizione di esclusione dal beneficio della regolarizzazione riguarda gli stranieri nei cui confronti l'autorità di pubblica sicurezza intenda applicare le misure di prevenzione, per l'appartenenza del richiedente a taluna delle categorie di persone indicate nell'art. 1 della legge 1423/56 o nell'art. 1 della legge 575/65, richiamate all'art. 13 comma 2 lettera c) del D.L.vo 286/98 (stranieri ritenuti pericolosi per la sicurezza e la pubblica moralità o indiziati di appartenere ad organizzazioni di tipo mafioso).

La circolare chiarisce infine che anche gli stranieri attualmente detenuti in carcere possono accedere alla regolarizzazione, sulla base di promesse di lavoro futuro, purché queste siano state debitamente formalizzate mediante contratti di lavoro corredati dal relativo nulla-osta del Ministero del Lavoro. Analoghe considerazioni sono svolte dal Ministero dell'Interno per gli stranieri che per accedere alla sanatoria hanno vantato promesse di impiego per i soli mesti estivi (lavoratori stagionali).

6. Autorizzati nuovi ingressi per motivi di lavoro subordinato per una quota di cittadini albanesi, marocchini e tunisini e, senza distinzione di nazionalità, per motivi di lavoro stagionale.

Anticipando i contenuti del decreto sulla programmazione dei flussi di ingresso in Italia per l'anno 1999, il Ministero del Lavoro, con due successive circolari, nn. 23 e 27, emanate alla fine di marzo, ha autorizzato l'ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato ad una quota di 4.000 cittadini albanesi (anche tra quelli rimpatriati alla fine del 1997), marocchini e tunisini, nonché ad un massimo di 13.700 cittadini extracomunitari, senza distinzioni di nazionalità, per lavoro stagionale, destinati in particolare ad alcune regioni (Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Puglia).

In entrambi i casi, l'autorizzazione al lavoro presuppone una richiesta nominativa da parte del datore di lavoro.

 

7. La Corte Costituzionale riconosce il diritto dei cittadini extracomunitari invalidi civili all'iscrizione alle liste del collocamento obbligatorio.

Con sentenza n. 454 dd. 30 dicembre 1998, pubblicata sulla G.U. Serie speciale dd. 13.01.1999, la Corte Costituzionale ha riconosciuto il diritto dei cittadini extracomunitari invalidi civili di iscriversi alle liste del collocamento obbligatorio disciplinate dalla legge n. 482/1968., alla pari dei cittadini italiani. La Corte Costituzionale ha ritenuto illegittima la posizione del Ministero del Lavoro che si ostinava a negare l'accesso degli stranieri extracomunitari al collocamento obbligatorio, rilevandone il contrasto con i principi di parità di trattamento ed eguaglianza di opportunità dei lavoratori extracomunitari regolarmente soggiornanti rispetto ai cittadini italiani, stabiliti già con l'adesione e la ratifica dell'Italia alla Convenzione n. 143 dell'OIL, successivamente ribaditi dalla legge n. 943/86 e, da ultimo, con la legge n. 40/1998, che è andata ancora più in là, stabilendo per gli stranieri extracomunitari la garanzia del godimento dei diritti in materia civile in condizioni di piena uguaglianza con i cittadini italiani. Frattanto, il Parlamento italiano ha approvato definitivamente la legge che stabilisce "le norme per il diritto al lavoro dei disabili" (legge 12 marzo 1999, n. 68 Suppl. G.U. n. 57/L dd. 23.03.1999), abrogativa della legge n. 482/1968. In base alle nuove norme, i datori di lavoro con oltre 50 dipendenti saranno tenuti ad assumere persone invalide nella misura del 7 per cento del proprio personale, mentre quelli con un numero di dipendenti compreso tra 35 e 50 saranno tenuti ad assumere almeno due persone disabili e quelli con un numero di dipendenti di almeno 15 ed inferiore a 35 almeno una persona disabile. L'assunzione di persone disabili, oltre ad evitare le sanzioni previste nei casi di trasgressione, comporterà per i datori di lavoro incentivi sotto forma di sgravi contributivi. Il collocamento obbligatorio verrà decentrato alle Regioni. La nuova normativa entrerà in vigore a partire dal gennaio del 2000.

8. Promemoria dell'ACNUR sul disegno di legge in materia di asilo politico e protezione temporanea.

L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha diffuso nel febbraio scorso un promemoria contenente alcune osservazioni sul DDL 2425, 203 e 554 recante "Norme in materia di protezione temporanea e di diritto d'asilo", approvato dal Senato il 5 novembre 1998 e attualmente in discussione alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati.

L'ACNUR esprime soddisfazione per gli elementi positivi del testo del disegno di legge identificati nella previsione di uno status umanitario per i richiedenti asilo aggiuntivo e complementare rispetto a quello previsto dalla Convenzione di Ginevra del 1951, nell'introduzione di meccanismi atti a migliorare la tutela dei richiedenti asilo nelle varie fasi della procedura di ammissione e di riconoscimento dello status di rifugiato, nonché nella previsione di facilitazioni al ricongiungimento famigliare e all'integrazione sociale dei rifugiati. Rilievi critici vengono tuttavia mossi nel documento dell'ACNUR a diversi aspetti del disegno di legge ed in particolare a quelli riguardanti la mancanza di una qualche forma di ricorso effettivo e con effetti sospensivi contro le decisioni di non ammissibilità della domanda di asilo in applicazione delle clausole di esclusione e di manifesta infondatezza, così come all'insufficienza degli strumenti volti ad assicurare all'organismo competente per la determinazione dello status di rifugiato piena indipendenza di giudizio e di valutazione rispetto all'esecutivo.

Il testo del promemoria può essere richiesto all'ACNUR, via Caroncini, 19 ROMA tel. 06/8076499 (e-mail:itaro@unhcr.ch).

9. Completata la ripartizione degli stanziamenti alle Regioni del Fondo nazionale per le politiche migratorie.

Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dd. 17.12.1998 (in G.U. n. 64 del 18.03.1999), sono stati fissati i criteri per la ripartizione del 20% residuo dello stanziamento del Fondo nazionale per le politiche migratorie per l'anno 1998. La prima ripartizione, relativa all'80% dell'importo di 70,5 miliardi di lire assegnato al Fondo nazionale con Decreto del Ministero del Tesoro del 18.05.1998, era stata programmata con DPDCM del 28.09.1998 (in G.U. n. 271 del 19.11.1998). Il fondo per il 1998 è stato ripartito destinandone l'80% alle Regioni ed il 20% a interventi di carattere statale. La parte destinata alle regioni è stata ripartita in base a tre criteri: la presenza di immigrati, il rapporto tra immigrati e popolazione residente e le condizioni di disagio socio-economico (indice di disoccupazione).

10. Sospesa ufficialmente nei confronti della Bosnia Erzegovina l'efficacia dell'accordo tra la Repubblica Italiana e la ex Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia sul riconoscimento dei diplomi e dei titoli accademici rilasciati dalle università, effettuato a Roma il 18 febbraio 1983.

Con comunicato pubblicato sulla G.U. 20 aprile 1999 n. 91, il Ministero degli Affari Esteri ha reso nota la decisione di non considerare più efficace a partire dal 22 marzo scorso nei confronti della Bosnia Erzegovina l'accordo a suo tempo sottoscritto con la ex-Jugoaslavia per il reciproco riconoscimento dei titoli d studio universitari. Pari decisioni erano state negli anni scorsi assunte nei confronti di altre Repubbliche sorte dalla dissoluzione dell' ex Stato jugoslavo.

In verità, fin dal 1993 le università italiane non procedevano al riconoscimento automatico, in vi amministrativa, dell'equipollenza dei titoli di studio conseguiti nelle Università della ex-Jugoslavia, in virtù di una circolare in questo senso diramata dal Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica.

In virtù delle regole di diritto internazionale, gli Stati sorti dalla dissoluzione di formazioni statuali preesistenti, possono ritenersi successori degli accordi internazionali di portata generale e non aventi contenuto di carattere territoriale solo in presenza di un atto esplicito di assenso da parte dell'altro Stato firmatario degli accordi o di una prassi indicante tale assenso. Poiché il Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica italiano aveva già raccomandato particolare cautela alle Università nel procedere all'equipollenza dei titoli di studio conseguiti nella ex-Jugoslavia, si può dire che l'accordo tra Italia e ex-Jugoslavia in materia non poteva essere più invocato fin dal 1993, ancora prima delle comunicazioni ufficiali diramate dal Ministro degli Affari Esteri. L'unica eccezione riguarda la Slovenia, con la quale il nostro paese ha rinegoziato un nuovo accordo, entrato in vigore il 6 agosto 1997 (legge 7 aprile 1997 n. 104 G.U. n. 93 dd 22 aprile 1997).

11. Fissati i termini per il procedimento di riconoscimento dei titoli di studio extracomunitari ai fini dello svolgimento delle professioni sanitarie.

Con decreto del Ministero della Sanità dd. 18.11.1998, n. 514 (G.U. 08.03.1999, n. 55) è stato, fra l'altro, fissato in 120 giorni il termine entro il quale deve concludersi il procedimento amministrativo relativo ad istanze di riconoscimento (equipollenza) di titoli di studio acquisiti in paesi extracomunitari, per lo svolgimento delle professioni sanitarie in Italia, da parte di cittadini italiani, immigrati extracomunitari o rifugiati politici. L'ufficio competente per detto procedimento è il Dipartimento delle professioni sanitarie, delle risorse umane e tecnologiche in sanità e dell'assistenza sanitaria di competenza statale, ufficio III.

La disciplina del riconoscimento dei titoli di studio professionali ai fini dell'esercizio delle professioni in Italia da parte di cittadini extracomunitari, di cui all'art. 37 del D.L.vo. n. 286/98, non è peraltro ancora operativa, facendo infatti riferimento al regolamento di attuazione non ancora emanato.

12. Introdotta l'assicurazione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale per i cittadini dell'Unione Europea residenti in Italia.

A seguito delle osservazioni formulate dalla Commissione europea, in sede di procedura di infrazione aperta nei confronti dell'Italia, il Ministro della Sanità, con decreto 18 marzo 1999 (G.U. 26.03.1999 n. 71) ha stabilito che, a decorrere dal 1 gennaio 1999, gli stranieri aventi la cittadinanza degli Stati appartenenti all'Unione Europea, regolarmente residenti in Italia, sono iscritti obbligatoriamente al Servizio Sanitario Nazionale, a parità di condizioni con i cittadini italiani residenti, per la durata di validità del loro permesso di soggiorno o della carta di soggiorno.

L'iscrizione al SSN si estende anche ai familiari a carico, indipendentemente dalla cittadinanza (e dunque anche extracomunitari), individuati secondo le disposizioni dell'art. 4 del decreto legge 2 luglio 1982, n. 402, convertito nella legge 03.09.1982, n. 627.

 

S p e c i a l e N E W S

 

Campagna internazionale per la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie. Un'iniziativa in Italia.

Il gruppo di riflessione religiosa, che riunisce associazioni cattoliche, protestanti, ebree, impegnate nel campo della tutela dei migranti e della promozione della multiculturalità, ha promosso assieme all'ASGI il 12 maggio scorso a Roma presso la Biblioteca del CNEL, un seminario di studio e approfondimento sulla Convenzione delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti dei migranti e dei membri delle loro famiglie. Al seminario hanno preso parte rappresentanti della Caritas, dell'ASGI, del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, della Fondazione Migrantes, della Confederazione Internazionale dei Sindacati Liberi di Ginevra. Il seminario ha avuto lo scopo di sollecitare le autorità parlamentari e governative del nostro paese ad avviare la procedura di adesione e ratifica dell'Italia a questo strumento di diritto internazionale. Un ordine del giorno in questo senso è stato presentato alla Camera dei deputati da un gruppo di parlamentari il 1 ottobre 1998. Al seminario è intervenuta l'on. Patrizia Toia, Sottosegretaria Agli Affari Esteri, che ha assicurato il proprio impegno affinché il dicastero riprenda l'esame della Convenzione al fine di giungere all' eventuale adesione del nostro Paese a tale strumento.

La Convenzione sui diritti dei migranti è stata approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1990, ma non è ancora entrata in vigore, in quanto a tale scopo è necessaria la ratifica di almeno 20 stati aderenti all'ONU. Finora la Convenzione ha trovato l'adesione di solo undici Paesi. L'unico paese europeo che l'ha ratificata finora è la Bosnia Erzegovina. Le ragioni di questo ostracismo da parte degli Stati derivano dal fatto che la Convenzione è fortemente innovativa, specie se si considera che molti dei suoi articoli scendono in dettagli molto precisi, tali da vincolare strettamente, e non solo a livello di principi, gli stati aderenti. Per la prima volta in uno strumento delle Nazioni Unite si dà una definizione di "lavoratore migrante" che evita la distinzione tra regolare ed irregolare, assegnando a quest'ultimo il godimento di un paniere di diritti essenziali. Nel testo della Convenzione, inoltre, viene considerato il lavoratore emigrante non come una persona avulsa da un contesto di relazioni umane, ma perlopiù coinvolto in legami familiari, che devono essere tenuti in considerazioni nel paese di arrivo, per quanto riguarda il trattamento per il lavoro, la residenza, ma anche i casi di detenzione o il caso di responsabilità verso minori.

Gli organizzatori del seminario hanno peraltro sottolineato che dopo l'entrata in vigore delle nuova normativa organica in materia di immigrazione (l. n. 40/1998), l'Italia già corrisponde a pressoché tutti gli standard di trattamento previsti dalla Convenzione e, di conseguenza, nessun obbligo aggiuntivo scaturirebbe dall'adesione a tale strumento delle Nazioni Unite .

Per ulteriori informazioni sul seminario e la campagna per la ratifica della Convenzione ONU, ci si può rivolgere al Servizio Rifugiati e Migranti della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, via Firenze, 38 00184 ROMA. tel. e fax 06/48905101, e-mail: Sm.evangeliche@agora.it

 

Famiglia multietnica e diritto di famiglia

La Corte di Cassazione conferma il limite all'applicazione della legge straniera nei rapporti di famiglia se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico e ai principi fondamentali del nostro ordinamento e di quello internazionale. Negata l'applicazione della legge marocchina che non ammette l'istituto del riconoscimento della filiazione naturale.

Con sentenza 12 novembre 1998 - 8 marzo 1999 n. 1951, la Corte di Cassazione I sez. civile, ha negato la possibilità di applicare la legislazione marocchina, così come sarebbe dovuto avvenire in base all'art. 17 delle disposizioni preliminari al codice civile (trattandosi di un procedimento avviato precedentemente alla riforma del diritto internazionale privato di cui alla legge n. 218/1995), già portatore del principio per il quale i rapporti di famiglia sono regolati dalle norme dello Stato al quale le parti appartengono. La Suprema Corte ha infatti ritenuto che la legge marocchina, non prevedendo l'istituto del riconoscimento della filiazione naturale (e anzi trattando siffatto concepimento alla stregua di un crimine), viola i principi generali di ordine pubblico italiano e internazionale e contrasta con esigenze di tutela del minore, richiamate tanto dalla Costituzione italiana quanto dalla Convenzione internazionale di New York sui diritti del minore.

La sentenza conferma una giurisprudenza consolidata in merito ai limiti all'applicazione del diritto straniero nei rapporti di famiglia. Si veda ad esempio una decisione di merito del Tribunale di Torino, 24 febbraio 1992, che aveva deciso che il diniego del nulla-osta alle nozze di una cittadina algerina con un cittadino italiano, qualora sia motivato da ragioni esclusivamente religiose, derivanti dai principi del diritto islamico, è contrario all'ordine pubblico italiano. Parimenti, il TAR dell'Emilia Romagna con sentenza n. 926/1994 aveva escluso la possibilità del riconoscimento della poligamia nell'ordinamento italiano, rigettando il ricorso avverso il diniego al ricongiungimento famigliare con una seconda moglie chiesto da un cittadino marocchino. In tema di patria potestà, si può citare una precedente decisione della Corte di Cassazione (27 febbraio 1985), secondo la quale l'art. 1169 del Codice civile iraniano, secondo cui i figli, in caso di separazione dei genitori, devono essere affidati al padre, a partire dall'età di due anni, contrasta con i principi di ordine pubblico italiano, atteso che, privilegiando solo e aprioristicamente il sesso dell'affidatario, e astraendo dalla sua concreta attitudine a prendersi cura della prole, è in palese contrasto con il divieto di discriminazione dei sessi.

 

 

Bollettino news aggiornato alla data del 2 giugno 1999 e curato da Walter Citti, della segreteria dell'ASGI - Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione.