PROGETTO DI LEGGE - N. 5463
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Onorevoli Colleghi! - Il Presidente del Consiglio dei ministri
D'Alema ha rilasciato interviste a ogni sbarco di immigrati clandestini,
denunciando il cinismo di coloro che dalle varie sponde del Mediterraneo
fanno sbarcare sulle nostre spiagge persino centinaia di clandestini alla
volta. Non si capisce perché questi cinici traghettatori non raggiungano
altre coste, quali quelle della penisola iberica assai vicina alle coste
degli Stati del Magreb ovvero l'infinita costellazione di isole e penisole
della Grecia.
C'è in questi cinici "traghettatori" la certezza che l'Italia è una
grande porta aperta attraverso la quale si entra e non si esce più. Ma c'è
un'altra via d'ingresso in Italia che occorre controllare e se possibile
rendere meno agevole non nei confronti di coloro che effettivamente scappano
dai Paesi di origine per sfuggire a condizioni di oppressione e al pericolo
di "pulizie" razziali, come nel caso dei fuggitivi dal Kossovo, bensì nei
confronti di coloro che spregiudicatamente si dichiarano rifugiati, ma in
effetti sono soggetti appartenenti ad associazioni criminali o che vogliono
spacciare droga in Italia o nei Paesi dell'Unione europea o che cercano in
Italia di ricostituire centrali terroristiche altrove sgominate o ne
vogliono installare di nuove.
Se in uno stadio (è il territorio dell'Unione europea) vi sono porte
dalle quali si accede pagando il biglietto e poi vi sono altre porte di
ingresso non controllate, è evidente che chi è sfornito di biglietto non si
presenta alla porta munita di controlli (le frontiere degli altri Stati
europei), ma alle porte di ingresso più accessibili (quali le frontiere
dell'Italia). Parliamo di porte d'ingresso al plurale: una è quella della
fiacchissima attuazione della legislazione anti-immigrati clandestini, che
ogni anno fa crescere a dismisura il numero degli immigrati clandestini,
attirati da prospettive di sanatorie a ripetizione. La seconda è quella
della richiesta del diritto di asilo "con il trucco", quella cioè dei falsi
rifugiati perché sedicenti oppressi dai Paesi di provenienza.
La proposta di legge della quale siamo presentatori, per l'appunto,
intende dettare una nuova disciplina del diritto di asilo, che contempli più
precise cause ostative con la specificazione di requisiti soggettivi e
oggettivi che impediscano ai falsi "rifugiati" di conseguire il diritto di
asilo politico, che l'articolo 10 della Costituzione consente agli stranieri
ai quali sia impedita nei loro Paesi l'effettività dell'esercizio delle
libertà democratiche.
Sono tredici gli articoli della presente proposta di legge.
All'articolo 1 sono fissati i princìpi generali in attuazione dell'articolo
10 della Costituzione. L'articolo 2 prevede i possibili destinatari del
diritto di asilo politico. L'articolo 3 stabilisce le cause ostative al
riconoscimento di tale diritto. Gli articoli 4, 5 e 6 disciplinano le
modalità di presentazione delle domande di asilo con particolare riferimento
a quelle presentate alle frontiere italiane. L'articolo 7 disciplina la
composizione e le attribuzioni della Commissione centrale per il
riconoscimento del diritto di asilo. Agli articoli 8, 9 e 10 sono dettate
disposizioni sulle modalità di acquisizione della prova di rifugiato
politico, nonché gli effetti, rispettivamente, del riconoscimento o del
mancato riconoscimento del diritto di asilo. All'articolo 11 è previsto un
contributo di prima assistenza per i rifugiati non abbienti. L'articolo 12
ha ad oggetto la fattispecie dei minori non accompagnati e richiedenti
l'asilo. L'articolo 13, reca, infine, la disciplina transitoria con la
statuizione del principio della ultrattività delle disposizioni più
favorevoli, applicabili ai procedimenti in corso alla data di entrata in
vigore della legge.
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PROGETTO DI LEGGE - N. 5463
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Princìpi generali).
1. Il diritto di asilo politico e la protezione umanitaria sono
riconosciuti dallo Stato alle condizioni e con le modalità stabilite dalla
presente legge, in attuazione dell'articolo 10 della Costituzione e delle
convenzioni e degli accordi internazionali ai quali l'Italia aderisce.
Art. 2.
(Titolari del diritto di asilo politico).
1. Il diritto di asilo nel territorio dello Stato è riconosciuto:
a) allo straniero o all'apolide ai quali è attribuibile lo
status di rifugiato previsto dalla Convenzione relativa allo statuto dei
rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva con legge 24
luglio 1954, n. 722, e dal protocollo relativo allo statuto dei rifugiati,
adottato a New York il 31 gennaio 1967, e reso esecutivo con la legge 14
febbraio 1970, n. 95, e che trovandosi fuori dal Paese del quale è cittadino
o, se apolide, nel quale aveva la residenza abituale, non può o non vuole
avvalersi della protezione di tale Paese a causa del grave pericolo di
essere perseguitato per motivi di razza, di sesso, di religione, di opinioni
politiche, di nazionalità ovvero di appartenenza a un determinato gruppo
sociale o etnico;
b) allo straniero o all'apolide che non può o non vuole
avvalersi della protezione del Paese del quale è rispettivamente cittadino o
residente abituale, in quanto esposto a pericolo grave per la vita propria o
dei propri familiari ovvero a restrizioni gravi della libertà personale e/o
democratica.
2. Ai fini del conseguimento del diritto di asilo politico sono
parimenti riconosciuti come rifugiati il coniuge ed i figli minori.
3. Gli stranieri o gli apolidi ai quali è stato riconosciuto il
diritto di asilo politico si intendono beneficiari dello status di rifugiato
previsto dalla Convenzione e dal protocollo di cui al comma 1.
Art. 3.
(Cause ostative al riconoscimento
del diritto di asilo).
1. Non è consentito l'ingresso nel territorio dello Stato allo
straniero che intende chiedere il riconoscimento dell'asilo politico quando,
da riscontri obiettivi o comunque acquisiti dalla polizia di frontiera,
risulta che il richiedente:
a) è già stato riconosciuto rifugiato in altro Stato nel
quale ha acquisito il diritto di asilo. In ogni caso non è consentito il
respingimento verso lo Stato nel quale si ritiene possa essere esposto ai
pregiudizi di cui all'articolo 2, comma 1;
b) proviene da uno Stato diverso da quello di appartenenza
che ha aderito alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, resa
esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, nel quale ha trascorso un
periodo di soggiorno, non considerandosi tale il tempo necessario per il
transito dal relativo territorio sino alla frontiera. In ogni caso non è
consentito il respingimento verso lo Stato nel quale si ritiene possa essere
esposto ai pregiudizi di cui all'articolo 2, comma 1, della presente legge;
c) si trova nelle condizioni di cui all'articolo 1,
paragrafo F), della citata Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951;
d) è stato in precedenza condannato in Italia per uno dei
delitti previsti dagli articoli 380, commi 1 e 2, e 381, comma 2, del codice
di procedura penale, o è stato destinatario di misure di prevenzione o
risulta appartenere ad associazioni di tipo mafioso o dedite al traffico di
stupefacenti ovvero a organizzazioni terroristiche;
e) è stato destinatario di mandato di cattura internazionale
da parte di un Paese diverso da quello del quale il medesimo soggetto è
cittadino o, se apolide, di abituale residenza.
Art. 4.
(Luogo di inoltro della domanda
di asilo politico).
1. Lo straniero che intende entrare nel territorio dello Stato per
essere riconosciuto rifugiato deve presentare domanda scritta od orale, in
quanto possibile documentata, ad una rappresentanza italiana all'estero o
all'ufficio di polizia di frontiera, al momento dell'entrata in Italia.
Art. 5.
(Domanda di asilo politico presentata
all'estero e autorizzazione di entrata).
1. La rappresentanza italiana all'estero trasmette alla Commissione
centrale per il riconoscimento del diritto di asilo di cui all'articolo 7 la
domanda di asilo politico ricevuta.
2. La Commissione di cui al comma 1, ove ravvisi che il richiedente
sia esposto ai pregiudizi di cui all'articolo 2, comma 1, autorizza il
richiedente a entrare in Italia per chiarire i fatti, invitandolo a recarsi
presso l'autorità di pubblica sicurezza del luogo in cui intende eleggere
domicilio.
Art. 6.
(Domanda di asilo politico presentata alla frontiera e
autorizzazione di entrata).
1. L'ufficio di polizia di frontiera, ricevuta la domanda di cui
all'articolo 4 e qualora non ricorra alcuna delle cause ostative di cui
all'articolo 3, invita il richiedente ad eleggere domicilio e a recarsi
presso la questura competente per territorio, trasmettendo alla stessa
l'istanza ricevuta. In caso di persona indigente si provvede con foglio di
viaggio.
2. La questura, raccolti i dati sull'identità del richiedente e la
qualifica di rifugiato e i documenti prodotti o comunque acquisiti
d'ufficio, redige un verbale delle dichiarazioni dell'interessato e invia
entro sette giorni tutta la documentazione istruttoria alla Commissione
centrale di cui all'articolo 7.
3. Il questore territorialmente competente rilascia un permesso di
soggiorno temporaneo, valido fino alla definizione della procedura di
riconoscimento, ai sensi dell'articolo 7, comma 8.
Art. 7.
(Commissione centrale per il riconoscimento del diritto di
asilo politico).
1. La Commissione centrale per il riconoscimento del diritto di
asilo, di seguito denominata "Commissione", è nominata con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri dell'interno
e degli affari esteri. Essa è presieduta da un prefetto ed è composta da un
funzionario dirigente in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei
ministri, da un funzionario del Ministero degli affari esteri con qualifica
non inferiore a consigliere di legazione, da due funzionari del Ministero
dell'interno, di cui uno appartenente al Dipartimento della pubblica
sicurezza e uno alla Direzione generale dei servizi civili, con qualifica di
dirigente o equiparata. Alle riunioni della Commissione ha facoltà di
partecipare, con funzioni consultive, un rappresentante del delegato in
Italia dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.
2. Con i medesimi criteri di cui al comma 1, il Presidente del
Consiglio dei ministri può costituire più sezioni della Commissione anche
per aree geografiche di provenienza dei richiedenti il riconoscimento.
3. Nell'ipotesi in cui siano state costituite più sezioni, è
istituito altresì un consiglio di presidenza composto dai presidenti delle
singole sezioni e presieduto dal presidente della prima sezione.
4. Il consiglio di presidenza fissa le direttive e i criteri di
massima per le attività delle sezioni.
5. Ciascuna amministrazione interessata designa un supplente per
ogni componente che le spetta nella Commissione e nelle sezioni.
6. Il richiedente l'asilo politico, ove ne faccia richiesta, deve
essere sentito personalmente dalla Commissione. Il richiedente ha diritto ad
esprimersi nella propria lingua e, ove questa non sia conosciuta da almeno
un membro della Commissione, ha diritto ad esprimersi in lingua francese o
inglese o spagnola. Se non conosce le citate lingue e, comunque, ogni volta
che occorra, la Commissione nomina un interprete.
7. La Commissione può, altresì, ove lo ritenga opportuno, disporre
d'ufficio l'audizione del richiedente con le garanzie di cui al comma 6.
8. La Commissione si pronuncia nei sessanta giorni dal ricevimento
della domanda di asilo politico. La decisione motivata è notificata per
iscritto all'interessato senza indugi e comunque entro quindici giorni dalla
data della pronuncia.
9. Avverso le determinazioni della Commissione, l'interessato o chi
ne esercita la legale rappresentanza può esperire ricorso al tribunale
amministrativo regionale del Lazio (TAR) ai sensi della legge 6 dicembre
1971, n. 1034, e successive modificazioni. La fissazione dell'udienza è
disposta dal presidente del TAR entro novanta giorni dal deposito del
ricorso e il giudizio deve essere definito entro novanta giorni dalla data
del decreto di fissazione dell'udienza. Il termine per il deposito della
sentenza è ridotto a dieci giorni a decorrere dalla data dell'udienza.
Art. 8.
(Prova della qualità di rifugiato e obbligo di
collaborazione).
1. Chiunque presenta domanda di asilo politico deve provare di
essere un rifugiato.
2. La qualità di rifugiato non è riconosciuta nel caso in cui le
allegazioni, su punti essenziali, siano illogiche o contraddittorie o non
corrispondenti ai fatti o basate su mezzi di prova non corrispondenti al
vero.
3. Chi chiede asilo politico è tenuto a collaborare all'accertamento
dei fatti. Il richiedente deve in particolare:
a) dichiarare le proprie generalità;
b) consegnare i documenti di viaggio e personali;
c) addurre, in occasione dell'audizione sui motivi di asilo,
tutti gli argomenti a sostegno della relativa domanda;
d) designare in modo completo eventuali mezzi di prova e
fornirli immediatamente oppure procurarseli entro un termine adeguato,
sempre che sia ragionevole esigerlo.
4. L'obbligo di collaborazione non è violato se il richiedente non
ha potuto adempiervi senza sua colpa.
5. La Commissione può esigere dal richiedente che renda espliciti i
documenti redatti in linguaggio cifrato.
6. Nel corso del procedimento il richiedente che soggiorna in Italia
si deve tenere a disposizione dell'autorità provinciale di pubblica
sicurezza o della Commissione. Deve, altresì, comunicare il suo indirizzo e
ogni eventuale cambiamento all'autorità provinciale di pubblica sicurezza,
la quale è tenuta al controllo della sua condotta sia nelle more dell'esame
della richiesta di asilo sia dopo la conclusione della procedura di
riconoscimento.
Art. 9.
(Riconoscimento del diritto
di asilo politico).
1. Allo straniero cui è stato riconosciuto il diritto di asilo, la
Commissione rilascia apposito certificato.
2. Il questore rilascia allo straniero in possesso del certificato
di cui al comma 1 un permesso di soggiorno nella località prescelta
dall'interessato. Nel caso di gravi motivi che siano di ostacolo al rilascio
di tale permesso, il questore invita il richiedente a indicare una località
diversa.
Art. 10.
(Mancato riconoscimento).
1. Il richiedente al quale non è riconosciuto da parte della Commissione il
diritto di asilo deve lasciare il territorio dello Stato; in caso di
inottemperanza l'autorità di pubblica sicurezza provvede d'ufficio al suo
allontanamento dal territorio nazionale.
Art. 11.
(Contributo di prima assistenza).
1. Nelle more dell'emanazione di una nuova disciplina in materia di
assistenza ai rifugiati e in sostituzione di ogni altra forma di intervento
di prima assistenza prevista dalla normativa vigente nonché nei limiti delle
disponibilità iscritte a tale scopo nel bilancio dello Stato, il Ministero
dell'interno può concedere, nelle more dell'esame della richiesta di asilo,
un contributo di prima assistenza per un periodo non superiore a sessanta
giorni. Tale contributo è corrisposto, a domanda, a coloro che risultano
privi dei mezzi di sussistenza e limitatamente ai beni di prima necessità.
2. All'onere derivante dall'attuazione del comma 1 si provvede
mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del
bilancio triennale 1999-2001, nell'ambito dell'unità previsionale di base di
parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1999, allo
scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo
Ministero.
3. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti
variazioni di bilancio.
Art. 12.
(Minori non accompagnati richiedenti asilo
politico).
1. Sono considerati minori non accompagnati, ai fini della presente
legge, i minori di anni diciotto, privi in Italia di un parente o di un
affine entro il quarto grado, di età superiore agli anni diciotto, ovvero di
persona cui sia stata formalmente attribuita la potestà tutoria.
2. Qualora la domanda di asilo sia presentata da un minore non
accompagnato, l'autorità che la riceve dà immediatamente comunicazione della
domanda al tribunale per i minorenni territorialmente competente ai fini
dell'adozione dei provvedimenti necessari. Il tutore, all'atto della nomina,
prende contatto con la competente questura per la riattivazione del
procedimento.
3. I procedimenti relativi ai minori non accompagnati hanno priorità
su tutti gli altri.
4. Non è ammesso il ricongiungimento familiare del minore non
accompagnato richiedente asilo politico al di fuori dell'ipotesi che si
tratti di minore già coniugato.
Art. 13.
(Disposizione transitoria).
1. I procedimenti amministrativi per l'esame delle domande di asilo
politico, instaurati alla data di entrata in vigore della presente legge,
continuano ad essere disciplinati dalle norme vigenti anteriormente a tale
data, sempre che si tratti di norme più favorevoli al richiedente.
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