CAMERA DEI DEPUTATI N. 3225

------------------------------------------------------------------------

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

JERVOLINO RUSSO, VOLPINI, LUCA', LUCIDI, CHIUSOLI,

STELLUTI, MASELLI, MORONI, PISTONE, CANANZI, SAONARA, DE

BENETTI, MONACO, GARDIOL, BOATO, SODA, OLIVO, CIANI, GIOVANNI

BIANCHI, VALPIANA, NARDINI, CAROTTI, MANTOVANI

Disposizioni relative ai cittadini stranieri non

comunitari

Presentata il 17 febbraio 1997

------------------------------------------------------------------------

PROGETTO DI LEGGE - N. 3225

------------------------------------------------------------------------

Onorevoli Colleghi! - Una riforma del quadro normativo sulla

condizione dello straniero in Italia deve fondarsi su tre elementi

principali: il controllo degli ingressi; l'adozione di misure per

l'integrazione degli immigrati; la definizione di criteri e modalità di

allontanamento dal territorio dello Stato dello straniero pericoloso per la

società o comunque non legittimato a soggiornarvi.

Mentre la definizione delle misure per l'integrazione, ancorché

impegnativa, può avvalersi del principio-guida di una progressiva

parificazione del cittadino straniero con il cittadino italiano, non

presentando quindi particolari difficoltà concettuali, gli altri due punti

meritano un esame particolarmente attento.

In questi anni si è sviluppato un dibattito estremamente vivace sul

tema dell'allontanamento dal territorio dello Stato, mentre in minor

considerazione è stata tenuta la regolamentazione degli ingressi. Se però,

per un verso, si comprende come l'opinione pubblica sia attenta al problema

delle espulsioni, associandolo a quello della sicurezza della vita nelle

città, per l'altro non può essere trascurato come, da un punto di vista

quantitativo, la stragrande maggioranza dei provvedimenti di espulsione

finisca per riguardare soggetti in posizione di semplice irregolarità

amministrativa. E' quindi assolutamente necessario verificare se non sia

proprio una errata impostazione della politica degli ingressi a generare

irregolarità e clandestinità e a fare apparire come formalmente

indesiderabili cittadini stranieri di fatto radicati nel tessuto sociale. In

tal caso, infatti, sarebbe proprio l'innaturale allargamento del bacino di

irregolarità a impedire l'individuazione di meccanismi di allontanamento che

siano al contempo efficaci e rispettosi dei diritti fondamentali della

persona.

E' interessante, in proposito, esaminare alcuni aspetti del contesto

normativo e applicativo relativi all'immigrazione per lavoro - costituendo

questa la porzione più rilevante del fenomeno - e al problema

dell'espulsione "amministrativa" - quella, cioè, motivata dalla violazione

delle norme su ingresso e soggiorno in Italia dello straniero. Tale contesto

può essere schematicamente descritto come segue.

La legge n. 943 del 1986 prevede che siano istituite speciali liste

per il collocamento dei lavoratori stranieri. In esse trovano posto, sia

pure in posizione subalterna, anche coloro che, risiedendo ancora

all'estero, aspirino a migrare in Italia per ragioni di lavoro. Il datore di

lavoro che voglia attingere a queste liste speciali avanza una richiesta di

autorizzazione al lavoro, che viene accolta una volta accertata

l'indisponibilità di manodopera italiana o comunitaria. Per l'assunzione si

applica di norma la chiamata numerica. Tuttavia, per lavori che necessitino

di un particolare rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore (la

collaborazione familiare, ad esempio), è consentita l'assunzione con

chiamata nominativa; in tal caso la richiesta di autorizzazione al lavoro

può riguardare anche soggetti in posizione arretrata in graduatoria o,

addirittura, non iscritti nelle liste.

Il meccanismo di ammissione all'immigrazione per lavoro appena

descritto è palesemente "claudicante". Infatti, mentre l'ipotesi di chiamata

numerica da una lista nella quale possano iscriversi gli aspiranti immigrati

è in grado di dare risposta alle eventuali necessità del mercato del lavoro

nel settore - poniamo - dell'industria, la semplice previsione della

possibilità di una chiamata nominativa non è sufficiente a garantire un

efficiente incontro tra domanda e offerta di lavoro in un settore quale

quello dei servizi alla persona. E' del tutto irrilevante, infatti, che il

datore di lavoro possa scegliere liberamente il lavoratore da adibire alla

collaborazione familiare o all'assistenza domiciliare ad un anziano, se non

ha modo di conoscere preventivamente e direttamente il lavoratore stesso; ed

è difficilmente ipotizzabile, quando si tratti di un lavoratore che aspiri a

migrare trovandosi ancora nel proprio Paese d'origine, che tale conoscenza

possa aver luogo. Se si tiene conto, poi, del fatto che i lavori per i quali

in Italia è accertabile l'indisponibilità di manodopera nazionale

afferiscono prevalentemente al settore dei servizi, piuttosto che a quello

dell'industria, si comprende come le carenze della legge n. 943 del 1986 non

siano di modesto rilievo.

Il decreto-legge n. 416 del 1990, convertito, con modificazioni,

dalla legge n. 39 del 1990 apporta alcune importanti modifiche alla

normativa, pur lasciando in vigore l'impianto della legge n. 943 del 1986.

Stabilisce infatti che, piuttosto che far riferimento ad un criterio

predefinito, si ricorra ad una programmazione annuale ad opera del Governo,

che è tenuto cioè a definire, alla fine di ogni anno, l'entità e la

composizione dei flussi di immigrazione per lavoro relativi all'anno

successivo. Nel programmare i flussi, il Governo deve tener conto, tra le

altre cose, del numero di richieste di permesso di soggiorno per lavoro

avanzate da cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno ad

altro titolo (turismo, ad esempio).

Queste disposizioni costituiscono un indubbio avanzamento, in

termini di efficienza, rispetto al quadro definito dalla legge n. 943 del

1986. In primo luogo, perché è prevista la possibilità di correggere

periodicamente i criteri di accesso, qualora quelli precedentemente adottati

si rivelino inadeguati. In secondo luogo, perché si riconosce che laddove

una seria programmazione sia ostacolata dalla difficoltà di censire nel

dettaglio una domanda di lavoro capillarmente diffusa (si pensi alla

collaborazione familiare), debba essere visto con favore il processo di

autonoma ricerca di lavoro da parte dell'immigrato, quand'anche questo

avvenga nell'ambito di un soggiorno - quello per turismo - che, di per sé,

non abilita al lavoro.

Sfortunatamente l'attuazione data a queste norme risulta

estremamente miope: salvo limitate eccezioni, i decreti di programmazione

dal 1990 ad oggi non vanno oltre un inefficace riferimento alle preesistenti

disposizioni (ammettendo in Italia, quindi, solo quei lavoratori autorizzati

ai sensi della legge n. 943 del 1986). Per di più, essendo state nel

frattempo improvvidamente soppresse, con semplice circolare, le liste

speciali previste dalla citata legge (peraltro mai rese effettive per la

parte relativa agli stranieri residenti all'estero), ed essendo diventata

così impraticabile qualunque forma di chiamata numerica, l'unica possibilità

di accesso al lavoro finisce per essere quella della chiamata nominativa.

In presenza di una notevole capacità di assorbimento da parte del

mercato del lavoro italiano - almeno per il citato settore dei servizi - e

in assenza di una normativa che consenta ai lavoratori stranieri di dare

regolarmente risposta al fabbisogno di manodopera, il concorso di interessi

tra datori di lavoro e lavoratori crea una via di immigrazione per lavoro

percorribile, sebbene irregolare: il meccanismo tipico per l'accesso ad una

posizione lavorativa diventa quello di un ingresso regolare per turismo con

reperimento sul posto di una opportunità di lavoro (si noti: a valle di un

incontro diretto con il datore di lavoro) e prolungamento irregolare del

soggiorno. Gli immigrati, pur raggiungendo così un inserimento relativamente

stabile in Italia, restano relegati in condizioni di irregolarità - tanto

riguardo al soggiorno, quanto rispetto alla posizione lavorativa - da cui

emergono solo grazie a provvedimenti di sanatoria.

Per quanto riguarda lo svolgimento di attività di lavoro autonomo,

benché il citato decreto-legge n. 416 del 1990, convertito, con

modificazioni, dalla legge n. 39 del 1990, lo contempli tra i possibili

motivi di ingresso in Italia, di fatto è reso generalmente inaccessibile da

una formulazione ambigua delle norme relative e da un'interpretazione

restrittiva di esse. La legge, infatti, nulla stabilisce riguardo alle

condizioni per il rilascio del visto di ingresso per lavoro autonomo, e si

limita a prevedere il rilascio del corrispondente permesso di soggiorno per

coloro che ne facciano richiesta nell'ambito della sanatoria

transitoriamente disposta dallo stesso provvedimento.

Oltre al silenzio della legge in materia di ingresso, lo straniero

che voglia svolgere attività di lavoro autonomo in Italia trova un

fondamentale ostacolo nel disposto dell'articolo 16 delle preleggi, che ne

condiziona l'ammissione al godimento dei diritti civili all'esistenza di

reciprocità con il Paese di appartenenza. Il citato decreto-legge n. 416 del

1990, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39 del 1990, prevede che

si deroghi da tale norma in relazione all'iscrizione ad albi e registri per

lo svolgimento di attività artigianali e commerciali, come pure in relazione

all'ammissione agli esami di abilitazione e all'iscrizione negli albi

professionali per coloro che abbiano conseguito il titolo di studio in

Italia o che abbiano ottenuto il riconoscimento di questo. Tuttavia, la

previsione ha carattere meramente transitorio (esplicito nel caso del

commercio, più ambiguo in quello delle professioni), riguardando solo quanti

siano già presenti in Italia alla data del 31 dicembre 1989. Nell'ambito

delle norme a regime, resta così sostanzialmente precluso l'accesso a un

intero settore dell'attività lavorativa anche a quanti, trovandosi già in

Italia ad altro titolo, non siano ostacolati dalla lacunosità della legge in

materia di ingresso.

E' raro che questi impedimenti corrispondano a una effettiva tutela

del cittadino italiano, dal momento che è assai improbabile che questi possa

avere un reale interesse a svolgere attività di lavoro autonomo in alcuno

dei Paesi di provenienza degli immigrati presenti in Italia. Il risultato

più tipico è, piuttosto, per un verso lo spreco di risorse umane associato

alla progressiva dequalificazione di quanti, laureati in Italia, sono

costretti a ripiegare su attività che non hanno alcuna relazione con le loro

competenze professionali, per l'altro la costrizione nell'irregolarità di

quanti siano dediti al piccolo commercio e, più in generale, di tutti quei

lavoratori la cui attività non rientri nella categoria, oggi troppo rigida,

del lavoro dipendente.

In presenza di un quadro legislativo e applicativo che concorre ad

alimentare innaturalmente il bacino di irregolarità, difficilmente allo

svuotamento di questo può contribuire la parte repressiva della legge,

quella cioè riguardante il provvedimento di espulsione. Sotto questo

aspetto, infatti, il decreto-legge n. 416 del 1990, convertito, con

modificazioni, dalla legge n. 39 del 1990, è giustamente garantista:

l'espulsione è vista come un provvedimento di gravità eccezionale e non come

uno strumento che sopperisca alla mancanza di una politica

dell'immigrazione. E di fronte ad un provvedimento eccezionale sono

salvaguardati tutti i necessari spazi di tutela dei diritti dell'espulso,

primo fra tutti, il diritto al ricorso contro il provvedimento. Il

decreto-legge n. 416 del 1990, convertito, con modificazioni, dalla legge n.

39 del 1990, stabilisce, in proposito, che l'espulsione consiste

nell'intimare allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro

quindici giorni, qualora però l'interessato presenti ricorso davanti al

tribunale amministrativo regionale, l'espulsione è sospesa fino a decisione

definitiva sulla contestuale istanza cautelare.

E' ovvio come nel tutelare i diritti dello straniero -

conformemente, si badi, alle norme dei trattati internazionali - si finisca

per negare al meccanismo repressivo l'efficacia richiesta dall'evitabile

diffusione delle condizioni di irregolarità. La permanenza nel territorio

dello Stato dello straniero colpito da espulsione può infatti prolungarsi

legittimamente per anni, dati i tempi richiesti dall'amministrazione della

giustizia. Si deve comunque notare come questo fatto sia scarsamente

correlato con i problemi della sicurezza urbana. I provvedimenti di

espulsione assunti in seguito a condanna per reati gravi o per motivi di

ordine pubblico sono immediatamente eseguiti con accompagnamento

dell'espulso alla frontiera, e non vengono sospesi per la presentazione di

un ricorso. Per contro, un'ulteriore diminuzione dell'efficacia dello

strumento dell'espulsione è data dalla difficoltà di procedere al rimpatrio

dello straniero espulso quando questi non sia in possesso di un documento di

viaggio che consenta di individuare lo Stato di appartenenza. La chiara

percezione di questa circostanza ha indotto molti stranieri presenti

irregolarmente nel nostro Paese a distruggere o, più semplicemente, ad

occultare il proprio documento di viaggio. Il tentativo di sanzionare

penalmente questo comportamento difficilmente potrà incontrare grande

fortuna, data la difficoltà di distinguerlo nei fatti dal semplice - e

certamente non perseguibile - smarrimento del documento.

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte risulta evidente come

le innaturali strozzature del canale di accesso regolare al lavoro abbiano

dato luogo, in questi anni, ad un tasso assai elevato di irregolarità

nell'immigrazione, che ha finito per guadagnarsi una posizione di preminenza

nel dibattito politico sul tema, oscurando inopportunamente tutti gli altri

aspetti - non meno rilevanti, seppure di carattere meno emergenziale -

connessi con l'inserimento dello straniero nella società italiana.

La presente proposta di legge intende favorire una razionalizzazione

delle norme sugli ingressi - in primo luogo, per i motivi esposti, quelli

per lavoro - che risolva all'origine, almeno nei suoi aspetti essenziali, il

problema dell'immigrazione irregolare. Intende anche garantire il rispetto

dei diritti fondamentali dello straniero in quanto persona, e porre le basi

per una piena integrazione di quei cittadini stranieri che intendano dare,

nel rispetto delle regole della comunità che li accoglie, stabilità al

proprio soggiorno in Italia. Vuole infine, in relazione alle situazioni in

cui l'allontanamento dello straniero dal territorio dello Stato si renda

comunque necessario, definire norme che consentano di trovare il giusto

punto di incontro tra le esigenze, sovente contrastanti, di efficacia dei

provvedimenti e di rispetto dei diritti della persona. Gli elementi

principali della proposta di legge sono descritti nel seguito.

Il capo I contiene norme generali su visti di ingresso, permessi di

soggiorno ed iscrizione anagrafica. In particolare, l'articolo 1 stabilisce

le modalità di rilascio o di diniego del visto di ingresso in modo tale da

favorire nel primo caso una corretta informazione dello straniero riguardo

ai diritti e ai doveri connessi con il suo soggiorno in Italia, nel secondo

una piena comprensione da parte dell'interessato delle possibilità di

impugnazione dell'eventuale provvedimento di diniego.

L'articolo 2 esclude dall'obbligo di munirsi del visto di reingresso

lo straniero in possesso di documenti validi per il soggiorno in Italia,

dovendosi ritenere che tale obbligo costituisca, in tale caso, un inutile

appesantimento dei doveri dello straniero e dei compiti

dell'amministrazione.

L'articolo 3 definisce le modalità relative alle procedure di

rilascio o di rinnovo dei permessi di soggiorno e all'impugnazione degli

eventuali provvedimenti di diniego. In caso di ricorso, il provvedimento

risulta automaticamente sospeso e allo straniero privo di altro permesso di

soggiorno è rilasciato un permesso per motivi di giustizia, con facoltà, per

il titolare, di svolgere attività di studio, di formazione e di lavoro (si

evita, in tal modo, che lo straniero possa trovarsi a soggiornare

legittimamente in Italia senza però poter provvedere al proprio

sostentamento).

Salvo che sia esplicitamente impedita da altre disposizioni della

legge, è consentita la conversione del permesso di soggiorno in altro

permesso per il quale lo straniero possegga i requisiti di legge.

La facoltà di disporre il rilascio di permessi di soggiorno

straordinari, validi per svolgimento di attività lavorative o di studio, a

vantaggio di stranieri privi di altro permesso è riconosciuta dall'articolo

4 al Ministro dell'interno quando ciò sia richiesto da specifiche condizioni

di emergenza o da ragioni di carattere umanitario. Si dà così, oltre al

resto, la possibilità al Governo di intervenire in via amministrativa per

risolvere situazioni che altrimenti innalzerebbero il tasso di irregolarità

dell'immigrazione.

Il diritto di iscrizione anagrafica per lo straniero in possesso di

permesso di soggiorno di durata superiore a tre mesi, anche nei casi in cui

l'interessato dimori presso un albergo o una struttura di accoglienza è

garantito dall'articolo 5.

L'ingresso e il soggiorno per motivi di lavoro sono affrontati, nel

capo II, coerentemente con le considerazioni svolte in precedenza. Si

prevede, all'articolo 6, che il Governo determini, con cadenza annuale, le

quote di immigrazione necessarie a colmare il fabbisogno di manodopera

prevedibilmente non saturato dalla manodopera residente per ciascuna

attività lavorativa, ovvero, qualora questa specificazione risulti

problematica o inutile, stabilisca un'unica quota complessiva. Il Governo

può decidere naturalmente di fissare quote più ampie del limite così

determinato, sulla base di accordi internazionali ovvero di criteri di

opportunità non strettamente legati alle necessità del mercato del lavoro,

ma, piuttosto, alle condizioni in cui si trovano i Paesi dai quali

provengono i più rilevanti flussi migratori. E' previsto anche che il

Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro effettui una verifica

periodica del buon funzionamento della programmazione e che il Ministro

dell'interno, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza

sociale, valuti se l'inopinata formazione di sacche di irregolarità non

renda opportuno il rilascio di permessi straordinari, a correzione delle

misure fino a quel momento adottate.

L'articolo 7 definisce le modalità di censimento dell'offerta di

lavoro. Sono istituite liste di prenotazione, eventualmente suddivise per

qualificazioni professionali, presso le rappresentanze diplomatiche o

consolari italiane all'estero (o, in mancanza, presso altre istituzioni

idonee), iscrivendosi nelle quali il lavoratore possa segnalare la propria

volontà di migrare. La graduatoria nell'ambito delle liste è basata

sull'anzianità di iscrizione, allo scopo di non rendere vana la speranza di

un percorso di migrazione regolare in tempi ragionevoli. L'eventuale

adozione di ulteriori criteri nella definizione della graduatoria - sulla

base, ad esempio, di accordi internazionali - è ammessa solo in via

subordinata, in modo che non si traduca, nei fatti, in una drastica chiusura

delle frontiere nei confronti di particolari gruppi di aspiranti migranti.

Ne risulterebbe infatti nuovamente incentivata la migrazione illegale.

L'articolo 8 regola l'ingresso degli iscritti nelle liste,

stabilendo che esso sia consentito, con eventuale contingentamento

temporale, fino al raggiungimento delle quote programmate, a seguito di

semplice richiesta di visto, piuttosto che a fronte del rilascio di una

autorizzazione al lavoro. In caso di indicazione, nel decreto di

programmazione, di un'unica quota complessiva, si fa evidentemente

riferimento ad una graduatoria indifferenziata nell'ambito delle liste di

prenotazione, senza riferimento alle diverse connotazioni professionali

degli iscritti. L'ingresso per eventuali chiamate fuori-quota o fuori-lista

continua ad essere subordinato al rilascio dell'autorizzazione al lavoro,

non dissimilmente da quanto finora sperimentato.

Accanto al canale di ingresso per lavoro subordinato, ne è previsto

uno, non meno importante, per lo svolgimento di attività di lavoro autonomo

(articolo 9). L'ingresso è autorizzato, su richiesta dell'interessato, sulla

base dell'accertamento, con le modalità stabilite dal regolamento di

attuazione della legge, della capacità del lavoratore autonomo di provvedere

al proprio sostentamento mediante lo svolgimento di una attività non

occasionale di lavoro autonomo.

L'articolo 10 definisce le modalità di rilascio e di rinnovo del

permesso di soggiorno per lavoro, e i diritti e le facoltà di cui gode il

titolare. Una volta entrati in Italia, i lavoratori stranieri, quale che sia

il motivo specifico - lavoro subordinato o autonomo - del loro ingresso,

ottengono il rilascio di un unico tipo di permesso di soggiorno della durata

di due anni. Tale permesso dà facoltà di iscriversi nelle liste di

collocamento, stipulare qualunque contratto di lavoro subordinato, svolgere

attività di lavoro autonomo, far parte di cooperative, intraprendere corsi

di studio o di formazione. E' consentito cioè allo straniero, una volta

ammesso, di dedicarsi ad attività produttive di tipo diverso da quella che

ne ha specificamente motivato l'ingresso. Il controllo sull'effettivo

inserimento lavorativo è rimandato al momento del rinnovo del permesso, per

ottenere il quale il lavoratore deve dimostrare di avere un attività

lavorativa in corso, o di disporre di un reddito sufficiente da fonti

lecite, salvo che sia stato impedito nello svolgimento dell'attività

lavorativa da malattia, infortunio o gravidanza. In tali casi il permesso è

rinnovato con durata di due anni. Qualora però il lavoratore dimostri di

possedere simultaneamente i requisiti relativi al reddito e all'attività

lavorativa in corso, il permesso è rinnovato per quattro anni.

Nei casi in cui l'ingresso del lavoratore sia stato autorizzato in

esplicita relazione ad un particolare settore lavorativo o ad una

particolare qualifica professionale, la stipula di contratti di lavoro a

tempo indeterminato relativi a qualifiche o settori diversi è subordinata a

preventivo accertamento di indisponibilità di manodopera residente. Tale

previsione ha lo scopo di evitare che, in presenza di un ampio bacino di

disoccupazione residente, la giusta esigenza di provvedere innanzi tutto

alle necessità dei disoccupati già presenti in Italia impedisca anche

l'ingresso in corrispondenza a settori comunque scoperti del mercato del

lavoro. L'alternativa alla norma qui proposta consisterebbe nel prevedere,

per un periodo fissato, un divieto esplicito di accesso ad occupazioni

diverse da quella originariamente considerata. La scelta adottata è meno

restrittiva perché consente di fatto di derogare al divieto quando, a

dispetto dell'alto tasso di disoccupazione, non si trovi manodopera

residente disponibile.

Il lavoratore straniero ed i suoi familiari godono della parità di

trattamento e di diritti con i lavoratori italiani.

L'articolo 11 stabilisce che, salve le limitazioni espressamente

previste da specifiche disposizioni della presente proposta di legge, tanto

l'iscrizione nelle liste di collocamento e l'accesso al lavoro subordinato

quanto lo svolgimento di attività di lavoro autonomo siano consentiti anche

nei casi in cui lo straniero sia titolare di un permesso di soggiorno di

durata non inferiore a sei mesi, sebbene diverso da quello corrispondente

alla specifica attività lavorativa, o rilasciato in attesa di adempimenti

amministrativi ovvero quando ricorrano condizioni particolari definite dal

regolamento di attuazione della legge. Rientrano nella prima categoria i

titolari di carta di soggiorno o di permesso per coesione familiare, per

studio, per asilo umanitario o per lavoro stagionale, nella seconda i

titolari di permesso per richiesta di asilo, per motivi di giustizia (quando

siano in attesa di sentenza definitiva o in pendenza di ricorso), per attesa

adozione e affidamento, per acquisto della cittadinanza italiana o per

attesa di emigrazione in altro Stato. Possono rientrare nella terza

categoria, con opportune limitazioni, i titolari di permesso per lavoro

artistico, per motivi religiosi o per residenza elettiva, nonché i titolari

di permesso per motivi di giustizia (nei casi di pena alternativa alla

detenzione). In tutte queste situazioni, infatti, frapporre ostacoli alla

costituzione di rapporti e di attività di lavoro regolari finisce, in

presenza dell'oggettiva necessità di provvedere al proprio sostentamento,

per incentivare forme di sfruttamento dello straniero, senza, per altro, che

il mantenimento di una distinzione netta tra le diverse forme di

immigrazione si traduca in un vantaggio per alcuno. La conversione del

permesso di soggiorno in permesso per lavoro è consentita, di norma, quando

lo straniero dimostri di avere in corso un rapporto di lavoro a tempo

indeterminato o a tempo determinato di durata non inferiore a un anno, o di

essere in possesso dei requisiti per l'ingresso in Italia per lavoro

autonomo (ad esempio, avendo ottenuto l'iscrizione a un albo professionale e

disponendo di un reddito sufficiente da fonti lecite), o di svolgere

attività non occasionale di lavoro autonomo. Particolari estensioni o

limitazioni di questa disposizione sono espressamente previste in altri

articoli della presente proposta di legge (ad esempio, nel caso degli

studenti universitari, come riportato in seguito).

L'articolo 12 disciplina l'accertamento di indisponibilità di

lavoratori residenti, per i casi particolari previsti dall'articolo 10,

stabilendo che esso si consideri effettuato qualora alla domanda di lavoro

opportunamente segnalata non corrisponda l'offerta, entro un tempo

prestabilito, di un lavoratore italiano o comunitario, ovvero di un

lavoratore straniero iscritto nelle liste di collocamento, avente la

richiesta qualifica professionale. Si intende, con l'introduzione di tali

limiti temporali, evitare che un inefficace funzionamento dei meccanismi del

collocamento possa tradursi in un danno per il lavoratore straniero che

aspiri comunque a coprire la posizione lavorativa in questione, senza che

questo comporti alcun beneficio per altri lavoratori disoccupati.

L'articolo 13 affronta il problema del trasferimento dei contributi

previdenziali in caso di rimpatrio del lavoratore straniero. Il lavoratore

può optare per il mantenimento della propria posizione contributiva in

Italia, conservando i diritti maturati, ovvero per il trasferimento dei

contributi versati per l'assicurazione per la vecchiaia, l'invalidità e i

superstiti nel Paese di appartenenza, nell'ambito di accordi bilaterali che

il Governo è autorizzato a stipulare. In mancanza di tali accordi, il

lavoratore può chiedere la liquidazione delle somme spettanti, fermo

restando il diritto di procedere a ricostruzione della posizione

contributiva in caso di successivo rientro in Italia.

La disciplina del lavoro stagionale (articolo 14) rimanda, per

quanto concerne la programmazione dei flussi, alle norme più generali

relative agli ingressi per lavoro subordinato. Il particolare carattere

delle attività lavorative stagionali, tuttavia, motiva l'introduzione di uno

specifico permesso di soggiorno della durata di sei mesi, che consente

comunque l'iscrizione nelle liste di collocamento, la stipula di qualunque

rapporto di lavoro e lo svolgimento di attività di lavoro autonomo. Il

permesso può essere convertito in permesso per lavoro qualora il titolare

abbia in corso un rapporto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo

determinato di durata non inferiore a un anno, ovvero qualora svolga

attività non occasionale di lavoro autonomo. Può essere altresì prorogato,

anche più volte, in presenza di rapporti di lavoro a tempo determinato di

durata inferiore. Alla scadenza del permesso, il lavoratore che informi

l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione riguardo

all'attività lavorativa svolta matura il diritto al reingresso in Italia, da

far valere non prima che siano trascorsi sei mesi dalla regolare uscita dal

territorio dello Stato. Stante la definizione di tale diritto, la

programmazione degli ingressi per lavoro stagionale definisce quindi, dopo

il primo anno di applicazione, solo il fabbisogno ulteriore rispetto al

prevedibile flusso di reingresso.

Perché la previsione, precedentemente delineata, di un ingresso per

lavoro autonomo non risulti svuotata di significato, deve essere

accompagnata, per i motivi esposti, da un drastico ridimensionamento delle

disposizioni relative alla condizione di reciprocità.

L'articolo 15 della presente proposta di legge stabilisce che siano

sottratti all'accertamento della sussistenza di tale condizione, per coloro

che siano in possesso di permesso di soggiorno che abiliti al lavoro, il

diritto di svolgere attività artigianali e commerciali, il diritto di

acquistare beni immobili finalizzati allo svolgimento dell'attività

lavorativa, il diritto di costituire cooperative e, per chi in Italia abbia

conseguito il titolo di studio o ne abbia ottenuto il riconoscimento, quello

di iscriversi negli albi professionali. E' utile osservare incidentalmente

come, ai fini dell'ingresso per lavoro autonomo, la capacità di svolgere

l'attività non occasionale debba essere valutata con riferimento alla

condizione dello straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro,

per evitare che in fase di richiesta di visto (in mancanza quindi del

permesso di soggiorno) un'interpretazione restrittiva delle norme sulla

condizione di reciprocità possa condurre a considerare, impropriamente,

soggetto a tale condizione l'esercizio dell'attività prescelta.

Il quadro derivante, riguardo all'immigrazione per lavoro, dalle

disposizioni della presente proposta di legge, risulta in definitiva

grandemente semplificato: ingresso in Italia sulla base di una oggettiva

necessità del mercato del lavoro italiano (le quote per lavoro subordinato)

ovvero sulla base di una capacità soggettiva di migrazione (l'ingresso per

lavoro autonomo); unico permesso "per lavoro" per entrambe le categorie;

sostanziale libertà di inserimento nel tessuto economico degli stranieri

ammessi, subordinazione del rinnovo del permesso alla dimostrazione della

capacità del titolare di provvedere lecitamente al proprio mantenimento.

Rinunciando a un controllo sistematico (e velleitario) di ciascun passo del

percorso dell'immigrato, lo Stato si limita a vigilare sul corretto

andamento complessivo del fenomeno, evitando di etichettare come irregolari

situazioni di sano inserimento sociale, colpevoli solo di non soddisfare

requisiti di rilevanza puramente teorica.

Il capo III della proposta di legge concerne l'ingresso e il

soggiorno per motivi di studio e le misure a tutela del diritto allo studio.

L'articolo 16 stabilisce che per l'ingresso in Italia per motivi di

studio sia necessario dimostrare, oltre che di aver effettuato l'iscrizione

o la preiscrizione ad un corso di studio, secondo le modalità definite dal

regolamento di attuazione della legge, di disporre di mezzi di sostentamento

sufficienti per un soggiorno della durata di un anno e per l'iscrizione al

Servizio sanitario nazionale. A tal fine può anche essere prodotta, in

sostituzione, la corrispondente garanzia da parte di ente o privato.

Il permesso di soggiorno per studio è rilasciato a chi entri con

visto corrispondente o, su richiesta, al titolare di altro permesso che

abbia legittimamente intrapreso un corso di studi (ad esempio il titolare di

un permesso di soggiorno per lavoro o per coesione familiare). Il permesso

ha durata di un anno e può essere rinnovato sulla base dei requisiti di

profitto indicati dal regolamento di attuazione. In caso di studi

universitari, il permesso è, di norma, rinnovabile fino al terzo anno oltre

la durata del corso. Ulteriori rinnovi sono però concessi per consentire di

sostenere l'esame finale, o su indicazione del consiglio di facoltà, o

quando gravi ragioni di salute abbiano impedito il regolare svolgimento

degli studi. E' consentito il rinnovo del permesso anche successivamente al

termine del corso di studi, allo scopo di favorire il completamento delle

attività avviate, ad esempio, durante la preparazione della tesi di laurea,

e di permettere al titolare di sostenere l'esame di Stato o l'esame di

ammissione ai corsi di specializzazione.

Il titolare del permesso di soggiorno per studio ha, come detto,

facoltà di iscriversi nelle liste di collocamento e di svolgere attività di

lavoro subordinato e autonomo. Si riconosce così il diritto degli studenti

stranieri di provvedere lecitamente al proprio sostentamento anche nei casi

in cui non siano titolari di borsa di studio. Una volta conseguito il titolo

di studio di scuola superiore o universitario, il permesso di soggiorno per

studio può essere convertito in permesso per lavoro anche in mancanza dei

requisiti corrispondenti. Tuttavia, la conversione del permesso non è

consentita, salvo che siano soddisfatte particolari condizioni, quando lo

studente abbia fruito di una borsa di studio dello Stato subordinata al

rientro in patria al termine degli studi.

L'articolo 17 sancisce il diritto del minore straniero di ricevere

l'istruzione obbligatoria, prescindendo dalla titolarità di valido permesso

di soggiorno da parte dell'interessato e dei genitori. Si fa salvo, in tal

modo, un diritto fondamentale del fanciullo, che non può essere messo a

repentaglio dalla pur giusta esigenza di tutelare la regolarità del fenomeno

migratorio.

L'articolo 18 stabilisce che lo straniero titolare di permesso di

soggiorno di durata non inferiore a un anno possa iscriversi ai corsi della

scuola secondaria. In caso di provenienza dall'estero, l'iscrizione resta

condizionata all'accertamento della preparazione, da effettuare secondo le

modalità definite dal regolamento di attuazione della legge.

L'articolo 19 è dedicato specificamente agli studi di carattere

universitario. E' ribadito l'obiettivo di pervenire, con opportune misure di

promozione del diritto internazionale allo studio, all'inserimento di una

quota di studenti universitari stranieri compresa tra il 5 e il 10 per cento

dell'intera popolazione universitaria italiana.

Può iscriversi all'università, oltre che lo straniero che abbia

fatto ingresso con visto per studio rilasciato sulla base di iscrizione o

preiscrizione universitaria, anche il titolare di un permesso di soggiorno

di durata non inferiore a un anno e in possesso di diploma riconosciuto di

scuola superiore o di titolo di studio che nel Paese di provenienza abiliti

allo studio universitario. In quest'ultimo caso è richiesto che lo studente

dimostri sufficiente padronanza della lingua italiana.

Gli stranieri che abbiano conseguito la laurea in Italia, come pure

quanti l'abbiano conseguita all'estero, ottenendone però il riconoscimento

in Italia, sono ammessi a sostenere gli esami di abilitazione professionale

a parità di condizioni con i cittadini italiani. In modo analogo, quanti

abbiano un titolo conseguito o riconosciuto in Italia, ovvero dichiarato

equipollente al titolo richiesto, sono ammessi, a parità di condizioni con

gli italiani, alle scuole di specializzazione. Si prescinde dalla condizione

di reciprocità con il Paese di appartenenza dello straniero.

Si prescinde dalla reciprocità anche a riguardo delle provvidenze e

dei servizi statali e regionali per studenti universitari, per

specializzandi e per dottorandi, ai quali gli stranieri regolarmente

soggiornanti accedono a parità di condizioni con gli italiani. Qualora siano

in possesso di laurea conseguita o riconosciuta in Italia, gli

specializzandi e i dottorandi accedono anche alle borse di studio previste

per gli studenti italiani.

Borse apposite per studenti, specializzandi, dottorandi o

ricercatori stranieri possono essere assegnate dal Ministero dell'università

e della ricerca scientifica e tecnologica sulla base di requisiti di merito.

Le borse possono essere assegnate anche a partire da anni di corso

successivi al primo, dovendosi evitare che studenti meritevoli restino

ingiustamente privi di sostegno a causa di eventuali difficoltà di accesso

ai canali di assegnazione nel Paese di provenienza. Ulteriori particolari

borse di studio, condizionate al rientro in patria entro un anno dal termine

degli studi, sono istituite quale concreta forma di cooperazione al

progresso scientifico e tecnologico dei Paesi in via di sviluppo.

L'ingresso e il soggiorno per motivi familiari sono oggetto del capo

IV. L'articolo 20, in particolare, sancisce il diritto dello straniero

titolare di permesso di soggiorno di durata superiore a sei mesi di

mantenere o riacquistare l'unità familiare, alle condizioni stabilite dalla

presente legge. L'articolo stabilisce anche che a tali condizioni ed alle

altre disposizioni di legge si possa derogare quando debbano essere tutelati

preminenti interessi del minore in relazione all'unità familiare, alla

salute, all'educazione. Competente ad adottare le decisioni in materia è il

tribunale per i minorenni.

L'articolo 21 disciplina il ricongiungimento familiare. Questo può

essere richiesto al questore del luogo di dimora dal cittadino italiano o

comunitario, ovvero dallo straniero titolare di permesso di soggiorno di

durata superiore a sei mesi, e può riguardare il coniuge, i figli minori non

coniugati, i genitori o altri familiari inabili al lavoro a carico del

richiedente, nonché i figli minori non coniugati a carico del coniuge per il

quale si chiede il ricongiungimento. In quest'ultimo caso è necessario il

consenso dell'altro coniuge, se esistente e titolare della potestà.

Ai fini del ricongiungimento familiare si considerano minori i figli

di età inferiore a diciotto anni. I minori adottati, affidati o sottoposti a

tutela, inoltre, sono equiparati ai figli, mentre al coniuge è equiparato

l'altro genitore naturale del figlio del richiedente.

Il ricongiungimento può essere esteso ai figli di età inferiore a

ventuno anni e ad altri familiari a carico quando a richiederlo sia un

cittadino italiano o comunitario, ovvero un rifugiato.

Condizione per il ricongiungimento con il cittadino straniero non

comunitario, salvo che si tratti di rifugiato, è che questi disponga di un

alloggio e di un reddito mensile da fonti lecite non inferiore al doppio

dell'assegno sociale, o di garanzia relativa al sostentamento dei familiari

da parte di ente o privato. Nella determinazione del reddito si tiene conto

anche del reddito dei familiari presenti o per i quali si chiede il

ricongiungimento, nonché della eventuale prospettiva, per loro, di una

assunzione in Italia. La disponibilità di alloggio può essere certificata -

su richiesta, e in mancanza di altra documentazione - dall'autorità

municipale.

E' prevista la possibilità, per lo straniero, di produrre

dichiarazioni sostitutive, ai fini della dimostrazione della sussistenza dei

vincoli familiari, qualora i documenti richiesti non siano previsti o

comunque non siano ottenibili nel Paese di provenienza.

Il questore rifiuta il ricongiungimento quando il familiare non

risulti ammissibile nel territorio dello Stato per ragioni di ordine

pubblico o di sicurezza dello Stato, ovvero per ragioni di sicurezza di uno

degli Stati membri dell'Unione europea. Pressanti ragioni umanitarie possono

tuttavia indurre a derogare a tale disposizione. Il nulla osta al

ricongiungimento si intende concesso quando siano trascorsi novanta giorni

senza che esso sia stato rifiutato.

Contro il diniego del nulla osta può essere presentato ricorso al

tribunale amministrativo regionale. Competente a decidere è però il

tribunale per i minorenni qualora dal diniego possa derivare una lesione

grave dei diritti fondamentali di un minore.

L'ingresso dei familiari per i quali è consentito il

ricongiungimento al seguito del cittadino italiano o comunitario è sempre

autorizzato. Nel caso, invece, di familiari al seguito di cittadino

straniero, il loro ingresso è subordinato al possesso dei requisiti relativi

a reddito e alloggio. Quando, però, si tratti di straniero richiedente

asilo, si prescinde dal possesso di tali requisiti e, più in generale, si

osservano le disposizioni relative alle modalità di ammissione del

richiedente asilo; si fa inoltre riferimento al novero - più ampio - di

familiari per i quali lo straniero potrebbe chiedere ricongiungimento in

caso di effettivo riconoscimento dello status di rifugiato.

L'articolo 22 stabilisce le caratteristiche del permesso di

soggiorno per coesione familiare. Il permesso è rilasciabile non solo a chi

abbia fatto ingresso in Italia per ricongiungimento familiare o al seguito

del familiare, ma anche a chi sia nato in Italia da genitori regolarmente

presenti in Italia (italiani, comunitari o stranieri regolarmente

soggiornanti), al familiare straniero regolarmente soggiornante per il quale

potrebbe essere attuato il ricongiungimento da parte di un cittadino

legalmente presente in Italia, nonché allo straniero sottoposto a

provvedimento di allontanamento o di espulsione dal territorio dello Stato

per il quale tale provvedimento debba essere privato di efficacia per

l'esistenza di significativi legami familiari in Italia.

Il permesso ha la durata del permesso di soggiorno del familiare che

ha richiesto il ricongiungimento, e consente l'accesso alle prestazioni

assistenziali, l'iscrizione a corsi di studio e, salvi i casi di familiari a

carico, lo svolgimento di attività lavorativa autonoma e subordinata.

Il rinnovo del permesso è di norma condizionato al rinnovo del

permesso di soggiorno da parte dello straniero che ha richiesto il

ricongiungimento. Tuttavia, in caso di scioglimento del vincolo familiare o,

per il minore, al compimento del diciottesimo anno di età, il titolare del

permesso matura un diritto soggettivo di soggiorno e può ottenere la

conversione del permesso in un permesso per lavoro o per studio anche in

mancanza dei requisiti previsti dalla legge.

L'articolo 23 concerne l'ingresso e il soggiorno per visita ai

familiari. L'ingresso è consentito al coniuge e ai familiari entro il

secondo grado di parentela dello straniero titolare di un permesso di

soggiorno di durata non inferiore a un anno o di un permesso per cure

mediche, ovvero dello straniero in stato di detenzione. Salvo il caso in cui

lo straniero da visitare versi in gravi condizioni di salute, condizione per

il rilascio del visto è la dimostrazione di disponibilità di mezzi di

sostentamento da parte dei familiari, ovvero la presentazione di

corrispondente garanzia da parte dello straniero presente in Italia o da

parte di ente o privato. Il permesso ha durata di tre mesi e non è

rinnovabile, salvo che per gravi motivi legati alle condizioni di salute del

titolare o del familiare visitato. Può essere convertito solo in permesso di

soggiorno per cure mediche o per coesione familiare.

Il capo V definisce le disposizioni relative all'assistenza

sanitaria. Nell'articolo 24 è stabilito che, di norma, lo straniero titolare

di permesso di soggiorno di durata superiore a tre mesi, ovvero di permesso

di soggiorno per richiesta di asilo (sono quindi esclusi i titolari di

permessi di breve durata, quali, ad esempio, il permesso per turismo o per

visita ai familiari), ha l'obbligo di iscrizione al Servizio sanitario

nazionale. E' sufficiente ai fini dell'iscrizione il possesso del permesso

di soggiorno in corso di validità, e l'iscrizione rimane valida durante le

fasi di rinnovo o di conversione del permesso o in pendenza di ricorsi

amministrativi contro il corrispondente diniego. Si prescinde, cioè, dal

requisito dell'iscrizione anagrafica, allo scopo di evitare che qualsivoglia

impedimento in relazione a tale iscrizione si traduca in una mancata

copertura assicurativa, con rischio per la salute della persona e della

società. L'individuazione della unità sanitaria locale di pertinenza è

effettuata quindi con riferimento al domicilio riportato sul permesso di

soggiorno, e incombe sull'iscritto l'obbligo di trasferire la propria

iscrizione alla unità sanitaria locale competente per territorio in caso di

variazione del domicilio annotato sul permesso. Ai fini della ripartizione

dei fondi per la sanità, poi, il cittadino straniero iscritto al Servizio

sanitario nazionale sulla base del possesso di valido permesso di soggiorno

è equiparato al cittadino residente.

Lo straniero è tenuto, ogni qualvolta sia richiesta l'esibizione del

tesserino di iscrizione al Servizio sanitario nazionale, a dimostrarne la

validità esibendo unitamente il documento comprovante la regolarità del

soggiorno.

Vale la parità di contribuzione e di diritti con il cittadino

italiano e con i suoi familiari. In particolare, quindi, si applicano, per

l'iscrizione del lavoratore straniero al Servizio sanitario nazionale, le

stesse aliquote previste per il lavoratore italiano, mentre il lavoratore

iscritto nelle liste di collocamento e privo di reddito e i familiari a

carico sono iscritti senza oneri a carico dell'interessato. La parità è

estesa alle forme di assistenza previste per gli invalidi civili.

Norme particolari sono previste per i lavoratori stagionali, sia per

quanto riguarda la modalità di contribuzione, sia in relazione agli

specifici interventi resi necessari dal formarsi di alte concentrazioni

temporanee di lavoratori in determinate regioni.

Lo straniero che svolga attività non occasionale di lavoro autonomo

non è soggetto all'obbligo di iscrizione al Servizio sanitario nazionale,

qualora possa godere di norme più favorevoli sulla base di accordi

internazionali.

Dall'obbligo di iscrizione sono altresì esentati gli stranieri che

appartengano a particolari categorie non produttrici di reddito, ma non

equiparabili a quella dei disoccupati (ad esempio, gli stranieri titolari di

permesso per motivi religiosi o per residenza elettiva). Per tali stranieri

l'articolo 25 stabilisce che essi siano comunque tenuti a stipulare

assicurazione che copra le spese per cure urgenti per malattia, infortunio e

maternità, potendo però scegliere tra l'iscrizione al Servizio sanitario

nazionale e la stipula con altro ente assicuratore. In caso di iscrizione al

Servizio sanitario nazionale, essi sono tenuti al versamento di un

contributo forfetario, non potendosi fare riferimento ad alcun reddito.

Nel caso particolare degli studenti universitari titolari di

permesso di soggiorno per motivi di studio, l'iscrizione al Servizio

sanitario nazionale con contribuzione forfetaria è obbligatoria. Qualora

l'iscritto maturi successivamente un reddito (lo studente può infatti

intraprendere attività lavorativa), si applica una franchigia sui contributi

da versare pari alla quota forfetaria già versata.

L'articolo 26 affronta il delicato problema della tutela della

salute per quanti non siano obbligatoriamente assicurati per la copertura

delle spese derivanti da prestazioni sanitarie. Partendo dal presupposto che

la tutela della salute assume una preminente rilevanza tanto in relazione al

rispetto degli elementari diritti della persona, quanto in relazione al

benessere dell'intera società, si stabilisce che lo straniero non

obbligatoriamente assicurato possa comunque fruire, senza oneri a proprio

carico (fatta eccezione per le quote di partecipazione alla spesa), delle

cure urgenti o comunque essenziali e dei programmi di medicina preventiva,

nonché delle prestazioni a tutela della maternità responsabile e della

gravidanza o della salute dei minori di età inferiore a quattordici anni.

Altre prestazioni possono essere erogate, restando però gli oneri a

carico dell'interessato, salvo che questi versi in condizioni di indigenza.

Per la definizione di tali condizioni si utilizzano criteri analoghi a

quelli previsti dalla legge n. 217 del 1990 per l'accesso al patrocinio a

spese dello Stato.

In tutti i casi si applicano le disposizioni relative alla quota di

partecipazione alla spesa, per la quale lo straniero è equiparato al

cittadino italiano non occupato. Si evita in tal modo che lo straniero possa

godere di un trattamento di fatto più favorevole di determinate categorie di

cittadini italiani indigenti.

In caso di dichiarazione di indigenza la unità sanitaria locale

chiede il rimborso al Ministero della sanità presso il quale è istituito un

apposito fondo. Si evita, in tal modo, qualunque coinvolgimento del

Ministero dell'interno, del resto escluso da un divieto esplicito di

segnalazione dello straniero che acceda alle strutture sanitarie. In

mancanza di tale previsione, lo straniero in condizioni di soggiorno

illegale sarebbe dissuaso dal ricorrere alle cure di cui necessita, con

grave danno potenziale per la persona e per la salute pubblica.

L'articolo 27 disciplina l'ingresso e il soggiorno per cure mediche.

L'ingresso è consentito a chi debba ricevere in Italia cure essenziali,

nonché a un familiare e ai figli minori non coniugati dello straniero che

necessiti di cure. L'ingresso può essere autorizzato nell'ambito di

programmi umanitari del Governo, ovvero previa dimostrazione della

pianificazione dell'intervento sanitario ed esibizione di garanzia di

copertura economica per le cure e per il rientro in patria.

Il permesso di soggiorno per cure mediche è rilasciato a chi entri

con visto corrispondente, ovvero a chi necessiti di cure urgenti o comunque

essenziali e sia privo di altro permesso. Quest'ultima previsione non

contrasta con il divieto di segnalazione di cui si è detto a proposito

dell'articolo 26, dal momento che il rilascio del permesso avviene su

richiesta dell'interessato. Il permesso ha durata di tre mesi e può essere

rinnovato.

L'articolo 28 stabilisce che il Governo concluda accordi bilaterali

o multilaterali con gli Stati di provenienza dei principali flussi di

immigrazione allo scopo di favorire il prolungamento in patria delle cure a

carattere continuativo per gli stranieri iscritti nel Servizio sanitario

nazionale. Si intende così consentire il ritorno dello straniero in patria,

senza che questo comporti un'interruzione delle prestazioni sanitarie di cui

necessita.

L'articolo 29 dispone che le richieste relative a rilascio e rinnovo

del permesso di soggiorno per gli stranieri ricoverati in strutture

sanitarie possano essere presentate da chi presiede tali strutture, allo

scopo di evitare che lo straniero infermo veda messa ingiustamente a

repentaglio la regolarità del proprio soggiorno per l'impossibilità di

provvedere personalmente alla presentazione della richiesta.

Il capo VI contiene disposizioni relative all'accesso all'alloggio e

ad altre prestazioni socio-assistenziali. In particolare, l'articolo 30

stabilisce che, prescindendo dalla condizione di reciprocità con i Paesi di

appartenenza, i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti possano

accedere all'edilizia residenziale pubblica ed usufruire delle altre forme

di sostegno alla locazione e all'acquisto della prima casa, a parità di

condizioni con i cittadini italiani.

L'articolo 31 sancisce l'equiparazione con i cittadini italiani

degli stranieri titolari di permesso di soggiorno di durata non inferiore a

un anno ai fini della erogazione delle prestazioni socio-assistenziali

previste per coloro che sono affetti da particolari patologie o portatori di

particolari forme di invalidità, come pure delle prestazioni previste a

livello regionale, provinciale o comunale, inclusi gli interventi di

assistenza in caso di indigenza.

Si prescinde invece dalla regolarità del soggiorno in relazione

all'ammissione dei minori agli asili nido e all'attuazione, su decisione del

sindaco motivata dal verificarsi di particolari situazioni di emergenza, di

misure assistenziali (inclusa l'ospitalità in strutture di accoglienza) in

favore di cittadini stranieri. In quest'ultimo caso, tuttavia, resta

impregiudicata l'applicazione delle norme sull'allontanamento dal territorio

dello Stato.

Forme di assistenza sono previste anche per il rimpatrio delle salme

di cittadini stranieri deceduti in Italia.

Nessuna delle prestazioni previste in quest'articolo è soggetta alla

condizione di reciprocità con il Paese di appartenenza dello straniero.

Il capo VII definisce le caratteristiche di un permesso di soggiorno

di lunga durata, detto "carta di soggiorno", la cui titolarità affranca lo

straniero dall'obbligo di dimostrare il possesso di determinati requisiti ai

fini del prolungamento del soggiorno, e dalle limitazioni insite nella

condizione di chi sia in possesso di un permesso ordinario. L'ottenimento

della carta di soggiorno rappresenta quindi una tappa di rilievo nel

processo di inserimento sociale dello straniero.

L'articolo 32 stabilisce che la carta possa essere rilasciata allo

straniero che soggiorni regolarmente in Italia da almeno cinque anni e

risulti, al momento della richiesta, titolare di permesso di soggiorno per

lavoro. La carta di soggiorno può essere altresì immediatamente rilasciata

al rifugiato, al familiare di cittadino italiano o comunitario o di

straniero titolare di carta di soggiorno, al genitore o tutore o affidatario

di minore italiano o comunitario, al titolare di particolari forme di

pensione.

Salvo il caso del rifugiato, il rilascio è condizionato al fatto che

lo straniero non abbia riportato pesanti condanne definitive per delitti non

colposi, e che non abbia procedimenti penali pendenti che possano

comportarle. Facendo premio, di norma, al prolungato rispetto della legge,

il rilascio della carta di soggiorno si configura così come il

consolidamento di un patto di mutuo rispetto tra lo straniero e la società.

I diritti legati alla titolarità della carta di soggiorno e le

condizioni per il rinnovo sono definiti dall'articolo 33. La carta è

rilasciata con durata di cinque anni, salvo che nel caso di rifugiato o di

straniero titolare di permesso di soggiorno di durata illimitata, per i

quali la carta ha durata illimitata. Una volta rinnovata, comunque, la carta

di soggiorno ha in tutti i casi durata illimitata.

Condizione per il rinnovo, in analogia con quanto previsto per il

rilascio, è la mancanza di condanne definitive o procedimenti pendenti per

gravi delitti. Qualora però un procedimento si concluda in favore dello

straniero o comunque con la condanna a una pena di lieve entità,

l'interessato, se sono scaduti i termini per il rinnovo della carta di

soggiorno, ha diritto al rilascio di una nuova carta di durata illimitata.

Il titolare della carta di soggiorno gode degli stessi diritti

civili del cittadino italiano, anche in mancanza di reciprocità con il Paese

di appartenenza, e del diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni

amministrative; non può essere allontanato dal territorio dello Stato, se

non per gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, o in

caso di estradizione. Non è ammessa la revoca della carta di soggiorno, se

non in caso di cessazione dello status di rifugiato.

L'articolo 34 dispone misure di tutela in caso di provvedimenti di

diniego del rilascio o del rinnovo della carta di soggiorno, o in caso di

revoca della stessa. Lo straniero ha diritto a presentare ricorso al

tribunale amministrativo regionale, con effetto sospensivo immediato. Lo

straniero ha altresì diritto al mantenimento o al rinnovo (se in possesso

dei requisiti) del permesso di soggiorno di cui sia titolare o al rilascio

di altro permesso per il quale possegga i requisiti.

Il capo VIII riporta altre disposizioni sulla condizione di

reciprocità con i Paesi di appartenenza degli stranieri.

L'articolo 35 stabilisce che, con riferimento al diritto civile, la

condizione di reciprocità debba ritenersi soddisfatta qualora nel Paese di

provenienza dello straniero non risulti esplicitamente impedito agli

italiani il godimento del diritto in questione, ovvero quando tale diritto

non sia previsto neanche per i cittadini di quel Paese. E' compito del

Ministero degli affari esteri la pubblicazione dell'elenco dei diritti

civili e dei Paesi stranieri per i quali risulti non esservi reciprocità. Il

Governo conclude accordi con tali Paesi per rimuovere le limitazioni nel

godimento dei diritti in questione.

L'articolo 36 stabilisce poi che non si debba considerare soggetto a

condizione di reciprocità il diritto dello straniero regolarmente

soggiornante ad acquistare la prima casa di abitazione ad uso privato, ed

estende al titolare di permesso di soggiorno di durata illimitata la

possibilità di godere, anche in mancanza di reciprocità, di tutti i diritti

civili garantiti dalla legge al cittadino italiano.

Condizioni e modalità del respingimento dello straniero alla

frontiera sono oggetto del capo IX. L'articolo 37, in particolare, prevede

che si proceda a respingimento dello straniero che intenda fare ingresso nel

territorio dello Stato, quando questi sia privo dei documenti necessari, o

risulti pericoloso per l'ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato o di

uno degli Stati membri dell'Unione europea, ovvero quando sia segnalato come

appartenente ad un'organizzazione criminale. La mancanza di mezzi di

sostentamento o di corrispondente garanzia da parte di terzi, invece, è

condizione sufficiente per il respingimento solo quando l'ingresso avvenga

in condizioni di esenzione dall'obbligo di munirsi di visto. In caso di

ingresso con visto, infatti, la sufficienza dei mezzi di sostentamento o la

presenza di garanzia da parte di terzi è controllata ai fini del rilascio

del visto: la duplicazione del controllo risulterebbe inutile.

Non è ammesso il respingimento del titolare di permesso di

soggiorno, né dello straniero al quale la legge attribuisca diritto di

reingresso, salvo che per gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza

dello Stato. Né si procede a respingimento quando questo possa pregiudicare

l'esercizio del diritto di asilo.

Qualora il respingimento riguardi un minore ovvero il genitore, il

tutore o l'affidatario di un minore soggiornante in Italia, competente a

decidere è il tribunale per i minorenni, che ha facoltà di derogare,

nell'interesse del minore, alle disposizioni di legge in materia di ingresso

e soggiorno.

L'articolo 38 definisce le modalità del provvedimento di

respingimento e stabilisce l'attribuzione degli oneri per la sua esecuzione.

Stabilisce anche che in nessun caso lo straniero possa essere respinto verso

un Paese nel quale possa essere in pericolo - direttamente o a causa

dell'ulteriore invio in altro Paese - per una delle ragioni che

costituiscono presupposto per il riconoscimento del diritto di asilo.

Il provvedimento di respingimento è impugnabile davanti al tribunale

amministrativo regionale, e allo straniero respinto deve essere garantita,

da servizi di accoglienza istituiti alla frontiera, assistenza anche per

l'eventuale presentazione del ricorso.

Nei casi in cui non sia possibile l'esecuzione del provvedimento

entro ventiquattro ore, ovvero quando il respingimento avvenga per presunta

inammissibilità della richiesta di asilo, lo straniero è posto, secondo

quanto disposto dall'articolo 39, sotto custodia presso strutture

alloggiative o, se necessario, ospedaliere. Il pretore (o il tribunale per i

minorenni, quando sia comunque coinvolto un minore) verifica entro

quarantotto ore la legittimità del provvedimento e decide di consentire il

prolungamento della custodia nel caso che le condizioni di salute dello

straniero lo permettano e che il respingimento possa essere eseguito in

condizioni di sicurezza entro quindici giorni. In caso contrario o quando la

richiesta di asilo non risulti palesemente infondata, ovvero quando il

provvedimento risulti illegittimo, ordina l'ammissione dello straniero nel

territorio dello Stato ed eventualmente il rilascio del permesso di

soggiorno appropriato.

Contro la decisione del pretore (o del tribunale per i minorenni) è

ammesso il ricorso per Cassazione. La presentazione del ricorso ha l'effetto

di sospendere immediatamente il provvedimento solo nei casi in cui la

custodia sia stata adottata per presunta inammissibilità della richiesta di

asilo o in relazione a possibili pericoli per l'incolumità dello straniero

nel Paese di destinazione.

Incombe sullo straniero sottoposto a custodia l'obbligo di dimora

presso la struttura indicata, dove l'interessato ha diritto di ricevere

gratuitamente vitto, alloggio e cure mediche e di comunicare con i

familiari, con il proprio difensore (eventualmente nominato d'ufficio) e con

rappresentanti di organizzazioni per la tutela dei diritti dell'uomo. Lo

straniero che violi l'obbligo di dimora è punito con la reclusione da uno a

tre anni e, salvo che il procedimento giurisdizionale di convalida conduca

alla sua ammissione nel territorio dello Stato, con l'espulsione successiva

alla scarcerazione.

Perché tali norme, intese evidentemente a tutelare i diritti dello

straniero, non si traducano in una inaccettabile limitazione della sua

libertà, è previsto che lo stato di custodia sia interrotto immediatamente

dalla rinuncia all'istanza di ingresso da parte dell'interessato e dalla sua

conseguente partenza.

Il capo X concerne i provvedimenti di allontanamento e di espulsione

dal territorio dello Stato. L'articolo 40 introduce la distinzione tra

questi due provvedimenti. Il primo è adottato nei casi ordinari di soggiorno

illegale; quando, cioè, lo straniero si trovi nel territorio dello Stato in

violazione delle norme su ingresso e soggiorno. Al secondo si ricorre quando

lo straniero violi gli obblighi derivanti dal provvedimento di

allontanamento, o quando si debba adottare, per accertata pericolosità, una

misura di sicurezza a carico di persona condannata con sentenza definitiva

per un grave delitto, ovvero quando lo straniero risulti pericoloso per

l'ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato, o ancora, su richiesta

dello straniero condannato, in alternativa a pena detentiva non superiore a

tre anni di reclusione. I provvedimenti motivati da soggiorno illegale sono

disposti dal prefetto, l'espulsione quale misura di sicurezza o in

alternativa alla detenzione dal giudice dell'esecuzione, l'espulsione per

motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato dal Ministro

dell'interno.

La determinazione, sulla base dei criteri precedentemente esposti,

di canali di immigrazione legale opportunamente dimensionati, unitamente a

una intensa lotta contro i trafficanti di immigrazione clandestina, può far

sì che tali provvedimenti debbano essere adottati in un numero di casi non

eccessivo e che quindi possano essere accompagnati da tutte le misure

necessarie a rendere salve le esigenze di tutela dei diritti della persona,

come pure quelle relative all'effettività delle misure e alla certezza del

diritto.

Riguardo alla tutela dei diritti fondamentali, l'articolo 41

individua alcune categorie per le quali non si possa procedere ad

allontanamento né ad espulsione, salvo il caso di grave pericolo per

l'ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato. Sono così esclusi i

minori, i congiunti di cittadini italiani o comunitari o di stranieri

stabilmente soggiornanti, gli stranieri nati in Italia, coloro che

necessitino di cure mediche urgenti o comunque essenziali, le donne con

gravidanza in corso o recente, i rifugiati e i richiedenti asilo, quanti

soggiornino da almeno dieci anni in Italia. In tali casi lo straniero

irregolarmente soggiornante ha diritto al rilascio del permesso di soggiorno

per il quale possegga i requisiti, ovvero, nei casi appropriati, di un

permesso per cure mediche.

L'articolo 42 disciplina le modalità di esecuzione dei provvedimenti

di allontanamento e di espulsione e stabilisce le corrispondenti forme di

tutela. Allo straniero da allontanare o da espellere è comunque garantita

l'assistenza legale e la presenza dell'interprete. Gli è inoltre consentito

di prendere contatto con la rappresentanza diplomatica o consolare del

proprio Paese e con i familiari, e di procedere al recupero dei beni e delle

somme di denaro di proprietà, incluse le somme che gli spettano per il

lavoro svolto, anche irregolarmente. In mancanza di quest'ultima previsione,

datori di lavoro senza scrupoli potrebbero trarre, come spesso oggi succede,

un intollerabile vantaggio dai provvedimenti di allontanamento assunti a

carico di dipendenti illegalmente soggiornanti male o niente affatto

retribuiti.

Il provvedimento di allontanamento è eseguito intimando allo

straniero di lasciare il territorio dello Stato entro trenta giorni, salva

la possibilità di presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale

con effetto sospensivo immediato, di richiedere l'intervento del tribunale

per i minorenni qualora il provvedimento interferisca con i diritti di un

minore presente in Italia, o di richiedere, previa dimostrazione del

possesso dei requisiti, il rilascio di un permesso di soggiorno per coesione

familiare ovvero di altro permesso di soggiorno del quale l'interessato sia

stato precedentemente titolare e per il quale possegga i requisiti.

Allo straniero può essere imposto, per tale periodo, l'obbligo di

firma, ovvero, in caso di mancanza di documenti di identità, l'obbligo di

dimora. In quest'ultimo caso possono essere adottate le misure necessarie

per la sua identificazione.

In caso di ricorso davanti al tribunale amministrativo regionale, il

giudice ha competenza esclusiva estesa al merito, e può decidere di

annullare il provvedimento di allontanamento anche quando sussistano

circostanze che lo rendano inappropriato, in relazione all'incongruità del

provvedimento rispetto all'infrazione commessa, al livello di inserimento

sociale o lavorativo dello straniero, ovvero con riferimento alle esigenze

di tutela di diritti fondamentali della persona. La valutazione di tali

circostanze è intenzionalmente lasciata alla discrezionalità dell'autorità

chiamata a giudicare, in vista della possibilità che le specifiche

situazioni rilevanti in materia sfuggano ad ogni tentativo di codificazione.

Qualora sia avviata, entro i termini previsti, una delle procedure

consentite, il provvedimento di allontanamento è sospeso. Nel caso in cui

tale procedura si concluda con il rilascio di un permesso di soggiorno il

provvedimento è revocato. In caso contrario lo straniero deve lasciare il

territorio dello Stato entro quindici giorni.

Scaduti i termini utili per lasciare l'Italia, lo straniero è

sottoposto a un provvedimento - più grave - di espulsione per soggiorno

illegale.

Di norma, il provvedimento di espulsione - tanto nei casi di

soggiorno illegale, quanto in quelli di pericolo per l'ordine pubblico o di

sicurezza dello Stato - è eseguito con l'accompagnamento immediato a bordo

del vettore che nel modo più rapido conduce nel Paese di appartenenza.

Analogamente a quanto previsto per il respingimento, tuttavia, è escluso che

lo straniero possa essere inviato - direttamente o indirettamente - in un

Paese nel quale risulti in pericolo la sua incolumità o la sua libertà. Al

fine di garantire una tutela più completa dei diritti della persona, è

disposto inoltre che il provvedimento possa essere riesaminato, alla luce

delle argomentazioni addotte dall'interessato, da un'autorità diversa da

quella che lo ha adottato, con riferimento alla sua legittimità o alla

possibilità che siano messi a repentaglio diritti fondamentali di un minore.

In questo caso, come pure nei casi in cui il provvedimento non possa essere

eseguito immediatamente, lo straniero è posto sotto custodia e si dà luogo

ad un procedimento giurisdizionale analogo a quello previsto in relazione al

respingimento alla frontiera. Qualora il regime di custodia sia stato

avviato su istanza di riesame presentata dallo straniero, esso è

immediatamente interrotto dal ritiro di tale istanza.

Il tribunale per i minorenni, investito della decisione ogni

qualvolta i provvedimenti di allontanamento o di espulsione riguardino il

genitore o il tutore o l'affidatario di un minore soggiornante in Italia,

valuta se risulti prevalente il diritto del minore a proseguire il soggiorno

in Italia nell'unità familiare, e adotta le misure opportune, anche in

deroga alle disposizioni su ingresso e soggiorno. Si pensi ad esempio al

caso in cui un minore, figlio di genitori irregolarmente presenti, sia

iscritto alla scuola dell'obbligo e sul punto di completare l'anno

scolastico. In questo caso il tribunale per i minorenni potrebbe trovare

opportuno ordinare il rilascio di un permesso provvisorio anche ai genitori,

procrastinandone l'allontanamento dal territorio dello Stato.

Contro il provvedimento di espulsione per soggiorno illegale o per

motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, può essere presentato

ricorso davanti al tribunale amministrativo regionale, senza però che questo

comporti effetti sospensivi immediati.

Quanto alla necessità di garantire certezza del diritto, assumono

particolare rilievo le norme intese a creare una opportuna graduazione di

vantaggi e sanzioni associati a ciascun provvedimento, come pure le

disposizioni concernenti la mancanza - vera o presunta - di documenti di

viaggio e di identità. Riguardo al primo di questi aspetti, l'articolo 43

stabilisce che siano previsti sussidi economici o formativi a sostegno del

rimpatrio di quanti ottemperino agli obblighi derivanti dal provvedimento di

allontanamento dal territorio dello Stato.

L'articolo 45 definisce i termini per il divieto di reingresso in

Italia degli stranieri allontanati o espulsi. I primi non possono rientrare

nel territorio dello Stato prima che sia trascorso un anno dalla data di

uscita. Il reingresso dei secondi è vietato per tre anni in caso di

espulsione per soggiorno illegale, o per il periodo indicato nel

provvedimento negli altri casi. Tuttavia, salvo che vi si oppongano gravi

motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il reingresso

anticipato è autorizzato per consentire la tutela del diritto all'unità

familiare, ed è consentito, anche in mancanza di autorizzazione, per

tutelare il diritto di asilo. Lo straniero che non rispetti tali norme è

espulso immediatamente con raddoppio dei termini previsti per il divieto,

salvo che sussistano le condizioni che avrebbero motivato l'autorizzazione

del reingresso.

Riguardo al secondo punto - la mancanza di documenti - il rischio è,

per un verso, che l'intera impalcatura venga minata, quanto a efficacia,

dalla possibilità di occultare il passaporto (pratica oggi assai diffusa),

per l'altro, quello di sfavorire ingiustamente lo straniero che non occulti

il passaporto, rispetto a colui che ricorra a tale espediente. Per evitare

che ciò si verifichi, l'articolo 44 stabilisce che il Governo concluda

accordi bilaterali con i principali Paesi di emigrazione finalizzati alla

ammissione in condizione di sicurezza degli stranieri espulsi o allontanati

dall'Italia. Tali accordi devono prevedere da un lato l'impegno dell'Italia

a sostenere, anche indirettamente, l'inserimento sociale nel Paese di

destinazione dello straniero espulso, dall'altro l'impegno dei Paesi

contraenti ad ammettere non solo i propri cittadini allontanati dall'Italia

ma, più in generale, qualunque straniero per il quale non si riesca a

determinare in modo certo il Paese di appartenenza. In presenza di tali

accordi, lo straniero che non sia in grado di certificare la propria

provenienza può scegliere come Paese di destinazione uno di quelli con cui

siano stati stipulati accordi. In mancanza di tale scelta, poi, è il pretore

(o il tribunale per i minorenni) ad effettuare, nel corso della procedimento

giurisdizionale previsto per i casi in cui si dia luogo al regime di

custodia, la determinazione del Paese di destinazione, sulla base di una

attribuzione presuntiva di nazionalità.

La scelta qui adottata - proponibile solo all'interno di un quadro,

quale quello delineato dalla presente proposta di legge, che tuteli il

rispetto pieno dei diritti dello straniero da allontanare o da espellere -

mira a garantire che in materia di espulsione la decisione definitiva spetti

effettivamente allo Stato ed evitare che un eventuale atteggiamento

fraudolento si trasformi automaticamente in un effettivo vantaggio per chi

lo adotta. Si tratta tuttavia di una materia estremamente delicata e non

deve essere trascurata alcuna forma di controllo sulla effettiva

realizzazione dei progetti di inserimento degli stranieri ammessi dagli

Stati contraenti in forza degli accordi.

Il capo XI presenta disposizioni relative al diritto di difesa e al

trattamento penitenziario dello straniero. L'articolo 46, in particolare,

sancisce il diritto dello straniero di accedere, sulla base del solo

requisito di reddito, al patrocinio a spese dello Stato.

Lo straniero gode anche del diritto di ricevere gli atti giudiziari

a lui indirizzati e, qualora sia detenuto, le informazioni relative ai

diritti e agli obblighi che derivano dalla sua condizione in lingua a lui

comprensibile. Il detenuto ha altresì diritto, secondo quanto stabilito

dall'articolo 47, a intrattenere corrispondenza e ad avere colloqui

telefonici in lingua straniera. Nei casi in cui questo possa mettere a

rischio la sicurezza dell'istituto penitenziario, o quando sussistano

esigenze di carattere processuale, l'autorità penitenziaria dispone la

previa traduzione della corrispondenza e la presenza di un'interprete ai

colloqui.

L'autorità penitenziaria deve inoltre adoperarsi perché il detenuto

straniero possa concretamente accedere, a parità di condizioni con il

detenuto italiano, a misure alternative alla detenzione.

Allo straniero detenuto è rilasciato allo scadere della pena un

permesso di soggiorno della durata pari a quella residuata dal permesso

originario al momento dell'ingresso nell'istituto di pena, salvo

naturalmente il caso in cui lo straniero debba essere espulso per misura di

sicurezza.

Il capo XII, infine, definisce alcune norme transitorie e dispone

norme di coordinamento con la legislazione in vigore. In particolare,

l'articolo 48 dispone che gli stranieri irregolarmente presenti in Italia

alla data di entrata in vigore della legge possano regolarizzare la propria

posizione, ottenendo un permesso di soggiorno per lavoro o per studio (anche

in mancanza dei requisiti di legge), o un permesso per coesione familiare

(qualora siano in possesso dei requisiti relativi ai vincoli familiari), o,

ancora, altro permesso per il quale posseggano i requisiti. Gli stranieri

che procedono alla regolarizzazione non sono punibili per le pregresse

violazioni delle norme sull'ingresso e sul soggiorno in Italia, e sono

annullati i provvedimenti corrispondentemente assunti a loro carico.

Tale provvedimento di regolarizzazione, che consentirebbe di

completare il proficuo processo avviato con il decreto-legge n. 489 del

1995, poi decaduto e quindi reiterato, è motivato dall'esigenza di avviare

in condizioni di piena regolarità l'applicazione delle nuove norme, in modo

da non vanificarne l'efficacia.

L'articolo 49 estende, in quanto più favorevole, l'applicazione

delle norme contenute nella legge ai cittadini italiani o comunitari, e ai

cittadini stranieri di origine italiana che rientrino nel territorio dello

Stato.

L'articolo 50 reca norme per l'emanazione del regolamento di

attuazione della legge.

L'articolo 51, in conclusione, autorizza gli interventi di spesa

necessari per l'applicazione delle disposizioni fin qui considerate.

------------------------------------------------------------------------

PROGETTO DI LEGGE - N. 3225

------------------------------------------------------------------------

PROPOSTA DI LEGGE

Capo I

NORME DI CARATTERE GENERALE

SUI VISTI DI INGRESSO, SUI PERMESSI DI SOGGIORNO E

SULL'ISCRIZIONE ANAGRAFICA

Art. 1.

(Visti di ingresso).

1. Il regolamento di attuazione della presente legge stabilisce le

modalità di presentazione della richiesta di visto di ingresso e, per

ciascun tipo di visto, i termini per il rilascio o il diniego del visto per

i cittadini stranieri non comunitari.

2. Contestualmente al rilascio del visto di ingresso l'autorità

consolare comunica al cittadino straniero, in lingua a lui comprensibile, le

informazioni sui principali diritti e doveri relativi all'ingresso e al

soggiorno in Italia.

3. Il diniego del visto di ingresso è adottato con provvedimento

scritto e motivato, e comunicato all'interessato con una traduzione scritta

in lingua a lui comprensibile. Il provvedimento deve riportare le modalità

di impugnazione, secondo quanto previsto dal regolamento di attuazione della

presente legge.

Art. 2.

(Reingresso nel territorio dello Stato).

1. Ai fini del reingresso nel territorio dello Stato, non è

richiesto il visto di ingresso per lo straniero in possesso di permesso o di

carta di soggiorno in corso di validità ovvero di qualsiasi altro documento

valido per il soggiorno, quali, ad esempio, la ricevuta attestante la

richiesta di rilascio o rinnovo del permesso o la pendenza di un ricorso.

2. Il regolamento di attuazione della presente legge può prevedere

altri casi in cui lo straniero sia esonerato dall'obbligo di munirsi di

visto in occasione del reingresso nel territorio dello Stato, ed indicare

l'eventuale documentazione sostitutiva richiesta.

Art. 3.

(Permessi di soggiorno).

1. Il permesso di soggiorno deve essere richiesto entro otto giorni

dal regolare ingresso nel territorio dello Stato alla questura del luogo di

dimora.

2. La richiesta di rinnovo o di proroga del permesso di soggiorno

ovvero di rilascio o di rinnovo della carta di soggiorno deve essere

presentata entro trenta giorni dalla data di scadenza del permesso o della

carta.

3. Il regolamento di attuazione della presente legge stabilisce i

termini per il rilascio o il rinnovo del permesso o della carta di

soggiorno.

4. Dell'avvenuta richiesta di rilascio o rinnovo è rilasciata

ricevuta allo straniero. Lo straniero in possesso di detta ricevuta è

autorizzato a soggiornare nel territorio dello Stato e conserva i diritti

conseguenti alla eventuale titolarità del permesso in scadenza.

5. In caso di diniego di rilascio o di rinnovo del permesso o della

carta di soggiorno dovuto al mancato soddisfacimento delle condizioni

previste in relazione al titolo del permesso richiesto, lo straniero ha

facoltà di presentare una seconda domanda per ottenere un permesso diverso

da quello rifiutato.

6. Salvi i casi in cui la legge lo impedisca espressamente, il

permesso di soggiorno può essere convertito in qualunque altro permesso per

il quale il titolare possegga i requisiti previsti.

7. Il permesso di soggiorno può essere revocato solo nei casi

previsti espressamente dalla legge.

8. Il diniego di rilascio o di rinnovo o di conversione e la revoca

o l'annullamento del permesso o della carta di soggiorno sono disposti con

provvedimento scritto e motivato dal questore del luogo di dimora, e devono

essere notificati o comunicati all'interessato.

9. I provvedimenti di cui al comma 8 devono riportare le modalità di

impugnazione, secondo quanto previsto dal regolamento di attuazione della

presente legge e devono essere accompagnati da traduzione in lingua

comprensibile all'interessato.

10. Contro i provvedimenti di cui al comma 8 può essere presentato

ricorso al tribunale amininistrativo regionale del luogo di dimora. La

presentazione del ricorso sospende il provvedimento fino alla decisione

definitiva sul ricorso. Allo straniero privo di altro permesso di soggiorno

è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di giustizia. Il titolare

di detto permesso può iscriversi a corsi di studio o di formazione,

iscriversi nelle liste di collocamento e svolgere attività di lavoro

subordinato o autonomo.

11. Lo straniero non iscritto all'anagrafe è tenuto a comunicare

alla questura, entro il termine di trenta giorni, ogni variazione di

domicilio.

Art. 4.

(Permesso di soggiorno straordinario).

1. Il Ministro dell'interno può disporre il rilascio di un permesso

straordinario, eventualmente prorogabile o convertibile in altro permesso

per il quale sussistano i requisiti, allo straniero privo dei requisiti per

il rilascio di un permesso ad altro titolo, nei casi in cui ciò sia

richiesto dalla specifica condizione dell'interessato o da particolari

situazioni di emergenza, ovvero in presenza di pressanti motivi umanitari.

2. Il permesso straordinario dà al titolare facoltà di iscrizione

nelle liste di collocamento, svolgimento di attività di lavoro autonomo e

iscrizione a corsi di studio e di formazione.

Art. 5.

(Iscrizione anagrafica).

1. Gli stranieri in possesso di carta di soggiorno o di permesso di

soggiorno in corso di validità di durata superiore a tre mesi hanno diritto

all'iscrizione anagrafica nelle liste della popolazione residente presso il

comune in cui hanno la propria dimora abituale ai sensi del comma 2.

2. La dimora dello straniero si considera abituale anche qualora si

tratti di alloggio presso un albergo o un centro o una struttura di

accoglienza, pubblici o privati.

3. Il regolamento di attuazione della presente legge definisce la

documentazione occorrente per la domanda di iscrizione o variazione

anagrafica dello straniero e disciplina le modalità di accertamento della

abitualità della dimora dello straniero.

Capo II

LAVORO SUBORDINATO

E AUTONOMO

Art. 6.

(Programmazione dei flussi di ingresso

per lavoro subordinato).

1. Il Governo programma annualmente, con apposito decreto, i flussi

di ingresso nel territorio dello Stato per lavoro subordinato sulla base

delle previsioni relative al fabbisogno di manodopera nel mercato del lavoro

italiano e delle esigenze derivanti da accordi internazionali o da

specifiche condizioni in cui si trovino i Paesi da cui originano i

principali movimenti migratori.

2. Il decreto di programmazione di cui al comma 1 indica, sulla base

del prevedibile fabbisogno di manodopera, il numero dei visti di ingresso

rilasciabili nell'anno solare successivo a lavoratori stranieri con

l'eventuale specificazione dei settori lavorativi o delle qualifiche pro

fessionali per cui si rendono necessari gli ingressi, e può prevedere

contingentamenti temporali o regionali dei flussi. Allo scopo di assicurare

la corretta destinazione dei flussi in ingresso il decreto può, altresì,

stabilire forme di assistenza all'immigrato che fa ingresso nel territorio

dello Stato limitate alla regione di destinazione.

3. Ogni tre anni, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro

formula una valutazione dell'andamento dei flussi e propone al Governo e

alle Camere le correzioni da apportare alla programmazione o alla

legislazione vigente in materia; il Ministro dell'interno, di concerto con

il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, verifica se sussistano

condizioni tali da richiedere il rilascio di permessi di soggiorno

straordinari, anche allo scopo di garantire il corretto andamento del

mercato del lavoro, e adotta le misure necessarie.

Art. 7.

(Censimento dell'offerta di lavoro

subordinato).

1. Il censimento dell'offerta di lavoro subordinato è basato su

liste di prenotazione tenute, nei modi stabiliti dal regolamento di

attuazione della presente legge, dalle rappresentanze diplomatiche e

consolari italiane all'estero o, in mancanza, da altre sedi idonee.

2. L'iscrizione nelle liste di prenotazione di cui al comma 1 può

essere relativa a più settori o qualifiche professionali per uno stesso

lavoratore e deve essere confermata di anno in anno. Eventuali variazioni

dei dati non interrompono l'anzianità di iscrizione.

3. ll regolamento di attuazione della presente legge stabilisce modi

e tempi per la raccolta dei dati relativi alle iscrizioni nelle liste di

prenotazione in ciascun Paese e per la definizione di liste complessive che

includono i dati provenienti dai diversi Paesi.

4. La graduatoria delle liste complessive di prenotazione è basata

sull'anzianità di iscrizione e, in via subordinata, su altri criteri

eventualmente indicati nel decreto di programmazione di cui all'articolo 6.

Art. 8.

(Ingresso per lavoro subordinato).

1. Agli iscritti nelle liste complessive di prenotazione di cui

all'articolo 7 è rilasciato, su richiesta, il visto di ingresso per lavoro

subordinato, fino a completamento delle quote, eventualmente relative a

determinati settori lavorativi o qualifiche professionali, indicate nel

decreto di programmazione di cui all'articolo 6, ed in base all'eventuale

contingentamento temporale ivi previsto.

2. Gli iscritti nelle liste di prenotazione che non rientrano nelle

quote ammesse e gli stranieri non iscritti nelle liste possono ottenere il

visto di ingresso per lavoro subordinato solo a fronte di una chiamata

nominativa in relazione alla quale sia stata concessa autorizzazione al

lavoro.

Art. 9.

(Ingresso per lavoro autonomo).

1. L'ingresso nel territorio dello Stato per lavoro autonomo è

autorizzato per lo svolgimento di qualsiasi attività non occasionale di

lavoro autonomo non espressamente preclusa dalla legge allo straniero

richiedente.

2. Ai fini del rilascio del visto di ingresso per lavoro autonomo è

necessaria la dimostrazione di disponibilità di mezzi di sostentamento

adeguati, o di corrispondente garanzia da parte di ente o privato presente

nel territorio dello Stato, nonché la dimostrazione della capacità di

svolgere l'attività non occasionale di lavoro autonomo indicata. Il

regolamento di attuazione della presente legge stabilisce le modalità di

accertamento della sussistenza di tali requisiti.

Art. 10.

(Permesso di soggiorno per lavoro).

1. Allo straniero che ha fatto ingresso in Italia con visto di

ingresso per lavoro subordinato o lavoro autonomo il questore del luogo di

dimora rilascia, su richiesta, un permesso di soggiorno per lavoro della

durata di due anni.

2. Il titolare del permesso di soggiorno per lavoro ha facoltà di:

a) iscriversi nelle liste di collocamento;

b) stipulare qualunque contratto di lavoro;

c) svolgere attività di lavoro autonomo;

d) costituire qualsiasi tipo di società cooperativa o

esserne socio;

e) iscriversi a corsi di studio o di formazione.

3. L'iscrizione nelle liste di collocamento ha validità illimitata,

condizionata al permanere della regolarità del soggiorno. Rimane valida in

particolare, in fase di scadenza del permesso di soggiorno, nel periodo

utile per la richiesta di rinnovo o di conversione del permesso ed

eventualmente in pendenza di ricorso amministrativo contro i relativi

dinieghi.

4. La stipula del contratto di lavoro a tempo indeterminato è

subordinata a preventivo accertamento di indisponibilità di lavoratori nei

casi in cui l'ingresso del lavoratore sia stato autorizzato in relazione ad

un determinato settore lavorativo o qualifica professionale e il contratto

di lavoro riguardi un diverso settore o una diversa qualifica, e salvo che

dall'ingresso siano trascorsi sei mesi.

5. Il permesso di soggiorno per lavoro è rinnovato con durata di

quattro anni se il titolare dimostra, con la documentazione prevista dal

regolamento di attuazione della presente legge, inclusa ove necessario

l'autocertificazione, di soddisfare entrambe le seguenti condizioni:

a) disporre di un reddito proveniente da fonti lecite non

inferiore all'importo dell'assegno sociale;

b) avere un rapporto di lavoro in corso, ovvero aver

completato tutti gli adempimenti amministrativi relativi all'attività non

occasionale di lavoro autonomo svolta.

6. Il permesso è rinnovato con durata di due anni se il titolare

dimostra di soddisfare una sola delle condizioni di cui al comma 5, lettere

a) e b), ovvero quando lo svolgimento dell'attività lavorativa sia stato

impedito da malattia, infortunio o gravidanza.

7. Il lavoratore straniero ed i suoi familiari godono della parità

di trattamento e di piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori

italiani.

Art. 11.

(Svolgimento di attività lavorativa da parte di titolari

di altri permessi).

1. Salve le limitazioni espressamente previste dalla presente legge,

sono consentiti, con le stesse modalità e con gli stessi diritti previsti

nel caso di titolari di permesso di soggiorno per lavoro, l'iscrizione nelle

liste di collocamento, l'instaurazione di rapporti di lavoro subordinato e

lo svolgimento di attività di lavoro autonomo ai titolari di permesso di

soggiorno di durata non inferiore a sei mesi o di permesso di soggiorno

rilasciato in attesa di adempimenti amministrativi, nonché ai titolari di

altri permessi di soggiorno nei casi particolari previsti dal regolamento di

attuazione della presente legge.

2. Salve le limitazioni espressamente previste dalla presente legge

può essere convertito in permesso per lavoro il permesso di soggiorno dello

straniero che soddisfa almeno una delle seguenti condizioni:

a) avere in corso un rapporto di lavoro a tempo

indeterminato o a tempo determinato di durata non inferiore a un anno;

b) possedere i requisiti per il rilascio del visto di

ingresso per lavoro autonomo;

c) svolgere regolarmente attività non occasionale di lavoro

autonomo;

d) rientrare in una delle categorie per le quali la legge

consente la conversione del permesso in permesso per lavoro in assenza dei

requisiti prescritti.

Art. 12.

(Accertamento di indisponibilità

di lavoratori).

1. L'accertamento di indisponibilità di lavoratori deve tutelare il

diritto al lavoro del cittadino italiano in conformità all'articolo 4 della

Costituzione e la parità tra lavoratori stranieri e italiani in conformità

con le norme dei trattati internazionali.

2. L'accertamento di indisponibilità è effettuato secondo i modi

stabiliti dal regolamento di attuazione della presente legge.

L'indisponibiltà si considera accertata quando sia trascorso un tempo

prestabilito senza che la domanda di lavoro, opportunamente segnalata, abbia

trovato corrispondente offerta da parte di un lavoratore italiano o

comunitario, ovvero di uno straniero iscritto nelle liste di collocamento,

avente la richiesta qualifica professionale.

Art. 13.

(Contributi previdenziali).

1. Il Governo della Repubblica conclude accordi con gli Stati di

appartenenza degli stranieri immigrati in Italia al fine di tutelarne i

diritti in materia di previdenza e di sicurezza sociale.

2. I contributi versati per l'assicurazione per la vecchiaia,

l'invalidità e i superstiti sono trasferiti, in caso di rientro in patria

del lavoratore e su sua richiesta, all'ente previdenziale del Paese di

provenienza, nei casi in cui la materia sia regolata da accordi bilaterali.

3. In assenza degli accordi di cui al comma 2 i contributi ivi

previsti possono essere, a scelta dell'interessato, mantenuti in Italia o

liquidati, con possibilità di ricostruzione della posizione contributiva in

caso di successivo ingresso.

Art. 14.

(Lavoro stagionale).

1. Nel decreto di programmazione dei flussi di ingresso per lavoro

subordinato di cui all'articolo 6, è specificato anche il fabbisogno di

manodopera in relazione ad attività lavorative aventi carattere stagionale.

Ai lavoratori che fanno ingresso in Italia in corrispondenza alle attività

così individuate è rilasciato un permesso di soggiorno per lavoro stagionale

della durata di sei mesi.

2. Il titolare di permesso per lavoro stagionale può iscriversi

nelle liste di collocamento e può stipulare qualunque rapporto di lavoro.

Può altresì svolgere attività di lavoro autonomo.

3. Il permesso di soggiorno per lavoro stagionale può essere

prorogato, anche più volte, in presenza di rapporto di lavoro a tempo

determinato. In caso di rapporto di lavoro di durata non inferiore a un anno

o a tempo indeterminato, ovvero di svolgimento di attività non occasionale

di lavoro autonomo, il permesso di soggiorno per lavoro stagionale è

convertito, su richiesta, in permesso per lavoro.

4. Il lavoratore stagionale che lascia regolarmente il territorio

nazionale e comunica all'ufficio provinciale del lavoro e della massima

occupazione le informazioni relative all'attività lavorativa svolta

stabilite dal regolamento di attuazione della presente legge ha diritto di

reingresso in Italia, da far valere, con le modalità definite dal

regolamento stesso, non prima che siano trascorsi sei mesi dall'uscita dal

territorio dello Stato.

Art. 15.

(Limiti di applicazione della condizione di reciprocità

riguardo alle attività lavorative).

1. Non è soggetto a condizione di reciprocità l'esercizio di

attività artigianali o commerciali, né l'iscrizione nei relativi registri,

da parte dello straniero titolare di permesso di soggiorno che abilita allo

svolgimento di attività di lavoro autonomo.

2. Non è soggetta a condizione di reciprocità la facoltà dello

straniero titolare di permesso di soggiorno che abilita all'iscrizione nelle

liste di collocamento di costituire società cooperative e di essere socio di

qualsiasi tipo di società cooperativa.

3. Non è soggetto a condizione di reciprocità l'acquisto di beni

immobili da parte dello straniero regolarmente soggiornante finalizzato allo

svolgimento dell'attività lavorativa dell'acquirente.

4. Non sono soggetti alla condizione di reciprocità né di possesso

della cittadinanza italiana lo svolgimento di attività professionali e

l'iscrizione nei relativi albi da parte degli stranieri in possesso di

laurea o diploma conseguiti in Italia, ovvero conseguiti all'estero e

riconosciuti in Italia, e di abilitazione professionale conseguita in

Italia.

Capo III

INGRESSO E SOGGIORNO PER STUDIO. DIRITTO ALLO STUDIO

Art. 16.

(Visto d'ingresso e permesso di

soggiorno per studio).

1. Il visto di ingresso per studio è rilasciabile a chi dimostri:

a) di essere preiscritto o iscritto a corsi di studio ovvero

di dover sostenere esami di abilitazione;

b) di disporre di mezzi di sostentamento adeguati in

relazione ad un soggiorno della durata di un anno, sufficienti anche per

l'iscrizione al Servizio sanitario nazionale, o, in alternativa, di garanzia

di copertura economica da parte di ente o di privato.

2. Il regolamento di attuazione della presente legge stabilisce le

modalità di preiscrizione e iscrizione ai diversi corsi di studio e di

richiesta e rilascio del relativo visto d'ingresso.

3. Il permesso di soggiorno per studio è rilasciabile a chi entra

con visto corrispondente o a chi chiede la conversione di altro permesso

avendo intrapreso un corso di studi.

4. Il permesso di soggiorno per studio ha durata di un anno ed è

rinnovabile, sulla base di requisiti di profitto stabiliti dal regolamento

di attuazione della presente legge.

5. In caso di studi universitari, il permesso di soggiorno è

rinnovabile di norma fino al terzo anno oltre la durata legale del corso di

studi. E' rinnovato oltre tali limiti su richiesta del consiglio di facoltà

ovvero per consentire allo studente di sostenere l'esame finale di laurea.

6. In ogni caso, si deroga ai limiti stabiliti per il rinnovo

qualora gravi ragioni di salute abbiano impedito allo studente il regolare

svolgimento degli studi.

7. Successivamente al conseguimento del titolo di studi il permesso

di soggiorno è ulteriormente rinnovabile per un anno ovvero, quando si

tratti di titolo universitario, per due anni. Può essere ulteriormente

rinnovato per consentire allo straniero di sostenere l'eventuale esame di

Stato, nonché l'esame di ammissione ai corsi di dottorato di ricerca o alle

scuole di specializzazione.

8. Al titolare di permesso di soggiorno per studio è consentita

l'iscrizione nelle liste di collocamento e lo svolgimento di attività di

lavoro subordinato e di lavoro autonomo.

9. Il permesso di soggiorno per studio può essere convertito in

qualunque permesso per il quale il titolare possiede i requisiti.

Successivamente al conseguimento del titolo di studio di scuola superiore o

universitario, il permesso può essere convertito, su richiesta, in un

permesso di soggiorno per lavoro, anche in mancanza dei relativi requisiti.

10. Non è consentita la conversione del permesso di soggiorno

qualora lo straniero sia titolare di borsa di studio dello Stato

condizionata al rientro in patria, salvo che lo straniero rinunci alla borsa

entro i termini stabiliti dal regolamento di attuazione della presente legge

o restituisca l'importo della borsa ricevuto, nella misura determinata dallo

stesso regolamento.

Art. 17.

(Scuola dell'obbligo).

1. Lo straniero minore ha diritto all'istruzione obbligatoria. Si

prescinde dal possesso, da parte dell'interessato o dei genitori, di un

valido permesso di soggiorno.

Art. 18.

(Scuola secondaria).

1. Lo straniero titolare di un permesso per studio o di altro

permesso di durata non inferiore a un anno ha diritto all'iscrizione alla

scuola secondaria, condizionato, in caso di provenienza dall'estero,

all'accertamento della preparazione secondo le disposizioni stabilite dal

regolamento di attuazione della presente legge.

2. Il riconoscimento dei titoli di studio stranieri ottenuti presso

scuole secondarie superiori è effettuato secondo le disposizioni del

regolamento di attuazione della presente legge.

Art. 19.

(Studi universitari).

1. La Repubblica italiana si adopera per la promozione, a livello

internazionale, del diritto allo studio, tenendo conto degli orientamenti

comunitari in materia, in particolare per quanto riguarda l'inserimento

negli atenei italiani di una quota di studenti universitari stranieri,

compresa tra il 5 e il 10 per cento del totale degli iscritti.

2. Lo straniero titolare di un permesso per studio o di altro

permesso di durata non inferiore a un anno, ha diritto all'iscrizione a

corsi universitari purché sia in possesso di uno dei seguenti requisiti:

a) diploma di scuola secondaria conseguito in Italia, ovvero

conseguito all'estero e riconosciuto in Italia;

b) titolo di studio che nel Paese di provenienza consente

l'iscrizione a corsi universitari, e superamento di un esame di lingua

italiana effettuato dall'università in cui lo straniero intende iscriversi.

3. Il riconoscimento dei titoli accademici ottenuti presso

università e istituzioni di istruzione superiore straniere è effettuato

secondo le disposizioni del regolamento di attuazione della presente legge.

4. Lo straniero in possesso di laurea o diploma conseguiti in

Italia, ovvero conseguiti all'estero e riconosciuti in Italia, è ammesso a

sostenere gli esami di abilitazione professionale a parità di condizioni con

il cittadino italiano, anche in mancanza di reciprocità con il Paese di

appartenenza.

5. L'ammissione alle scuole di specializzazione degli stranieri in

possesso di laurea conseguita in Italia, ovvero conseguita all'estero e

riconosciuta in Italia o dichiarata equipollente al titolo richiesto ha

luogo alle stesse condizioni previste per i laureati italiani.

6. Gli studenti stranieri possono essere ammessi ai corsi di

dottorato di ricerca alle condizioni previste dall'articolo 71 del decreto

del Presidente della Repubblica 11 luglio 1982, n. 382. Ai fini

dell'ammissione al corso di dottorato di ricerca, l'equipollenza del titolo

universitario straniero è dichiarata dal collegio dei docenti del dottorato.

7. Gli studenti universitari, gli specializzandi e i dottorandi

stranieri regolarmente soggiornanti in Italia hanno accesso ai servizi e

alle provvidenze previsti dalle leggi dello Stato e della regione a parità

di condizioni con gli studenti italiani anche in mancanza di reciprocità con

i Paesi di appartenenza.

8. Qualora i dottorandi e gli specializzandi siano in possesso di

laurea conseguita in Italia, ovvero conseguita all'estero e riconosciuta in

Italia, può essere concessa loro la borsa di studio alle medesime condizioni

previste per i cittadini italiani, anche in mancanza di reciprocità con i

Paesi di appartenenza.

9. Il Ministero degli affari esteri, di concerto con il Ministero

dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica può assegnare,

sulla base di requisiti di merito stabiliti dal regolamento di attuazione

della presente legge, borse di studio annuali rinnovabili agli studenti

universitari regolarmente soggiornanti, nonché a cittadini stranieri

iscritti a corsi di perfezionamento o di specializzazione o di dottorato di

ricerca ovvero impegnati in ricerche di carattere scientifico. Tali borse

possono essere assegnate anche a partire dagli anni di corso successivi al

primo.

10. Sono istituite borse di studio particolari per gli studenti

universitari, gli specializzandi e i dottorandi provenienti da Paesi in via

di sviluppo che si impegnano a rientrare nel Paese di origine entro un anno

dal termine degli studi.

Capo IV

INGRESSO E SOGGIORNO

PER MOTIVI FAMILIARI

Art. 20.

(Diritto all'unità familiare).

1. La Repubblica riconosce e garantisce agli stranieri titolari di

carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata superiore a sei mesi

il diritto di mantenere o di riacquistare l'unità familiare, alle condizioni

e con le modalità stabilite dalla legge.

2. In tutti i procedimenti amministrativi finalizzati a dare

attuazione al diritto all'unità familiare e riguardanti, anche

indirettamente, un minore, deve essere preso in considerazione con carattere

di priorità il superiore interesse di questo, conformemente con quanto

previsto dall'articolo 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del

fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989, e resa esecutiva ai sensi

della legge 27 maggio 1991, n. 176.

3. Anche in deroga alle disposizioni di legge, l'ingresso o il

soggiorno dello straniero può essere autorizzato quando questo sia

necessario per tutelare il preminente interesse del minore a mantenere o a

riacquistare le proprie relazioni familiari. A tal fine competente a

decidere è il tribunale per i minorenni, che deve tener conto in particolare

dell'età del minore, delle sue esigenze educative e delle sue condizioni di

salute.

Art. 21.

(Ricongiungimento familiare).

1. Il ricongiungimento familiare può essere richiesto alla questura

del luogo di dimora da:

a) cittadini italiani o comunitari;

b) cittadini stranieri titolari di carta di soggiorno o di

permesso di soggiorno di durata superiore a sei mesi.

2. Il ricongiungimento può essere richiesto per i seguenti

familiari:

a) coniuge non separato;

b) figli minori non coniugati;

c) genitori a carico;

d) figli minori non coniugati, a carico del coniuge di cui

si chiede il ricongiungimento, a condizione che l'altro genitore del minore,

se esistente, abbia dato il proprio consenso o sia stato privato della

potestà;

e) familiari a carico inabili al lavoro.

3. Ai fini del ricongiungimento:

a) si considerano minori i figli di età inferiore a diciotto

anni;

b) i minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono

equiparati ai figli legittimi;

c) l'altro genitore naturale del figlio del richiedente è

equiparato al coniuge;

d) i figli minori legalmente separati sono equiparati ai

figli minori non coniugati.

4. I cittadini italiani o comunitari e i rifugiati possono

richiedere il ricongiungimento anche per altri figli di età inferiore a

ventuno anni e altri familiari a carico.

5. Salvo che si tratti di rifugiato, lo straniero non comunitario

che richiede il ricongiungimento deve dimostrare la disponibilità di

alloggio ad uso di abitazione non impropria, reddito proveniente da fonti

lecite non inferiore al doppio dell'importo dell'assegno sociale, ovvero

esibire l'impegno da parte di un privato o di un ente operante nel

territorio dello Stato relativo al sostentamento dei familiari per i quali è

richiesto il ricongiungimento.

6. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del

reddito dei familiari già presenti o con i quali lo straniero intende

attuare il ricongiungimento, nonché della loro eventuale capacità di

reddito, valutata sulla base della disponibilità di un'offerta di lavoro in

Italia.

7. Ai fini della dimostrazione di disponibilità dell'alloggio,

qualora non possa dimostrare la titolarità di proprietà, locazione, uso o

usufrutto dell'alloggio, lo straniero può chiedere alla competente autorità

municipale attestazione comprovante la legittima utilizzazione

dell'alloggio. L'autorità municipale, effettuata la relativa verifica,

rilascia l'attestazione richiesta.

8. Il regolamento di attuazione della presente legge stabilisce le

modalità di dimostrazione della sussistenza dei vincoli familiari richiesti

per il ricongiungimento e, in particolare, la possibilità di dichiarazione

sostitutiva nei casi in cui la documentazione non sia prevista, o comunque

non sia ottenibile, nel Paese di appartenenza dello straniero.

9. Decorsi novanta giorni dalla richiesta di cui al comma 7 senza

che il nulla osta al ricongiungimento sia stato negato, esso si intende

concesso.

10. Salvo che vi si oppongano pressanti ragioni di carattere

umanitario, il questore rifiuta il nulla osta al ricongiungimento nei casi

in cui il familiare risulti non ammissibile nel territorio dello Stato, in

quanto persona pericolosa per l'ordine pubblico o per la sicurezza dello

Stato ovvero per la sicurezza di uno degli Stati membri dell'Unione europea.

11. Contro il diniego del nulla osta di cui al comma 10, lo

straniero può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale. Il

tribunale decide con giurisdizione esclusiva estesa al merito. Nei casi in

cui il diniego possa comportare una lesione grave del diritto all'unità

familiare di un minore, competente a decidere sul ricongiungimento è il

tribunale per i minorenni.

12. E' consentito l'ingresso, al seguito del cittadino italiano o

comunitario, dei familiari con i quali è possibile attuare il

ricongiungimento. E' altresì consentito l'ingresso al seguito dello

straniero dei familiari con i quali è possibile attuare il ricongiungimento,

a condizione che siano soddisfatti i requisiti relativi a reddito e alloggio

di cui ai commi 5 e seguenti. E' in ogni caso consentito l'ingresso del

minore al seguito del genitore, a condizione che l'altro genitore, se

esistente, abbia dato il proprio consenso o sia stato privato della potestà.

13. I familiari al seguito del richiedente asilo, con i quali questi

potrebbe attuare il ricongiungimento in caso di riconoscimento dello status

di rifugiato, sono ammessi nel territorio dello Stato alle medesime

condizioni del richiedente stesso.

Art. 22.

(Coesione familiare).

1. Il permesso di soggiorno per coesione familiare è rilasciabile:

a) allo straniero che ha fatto ingresso in Italia con visto

di ingresso per ricongiungimento familiare, ovvero al seguito del familiare

nei casi previsti dalla legge;

b) ai nati in Italia da genitore regolarmente soggiornante;

c) al familiare straniero regolarmente soggiornante con il

quale un cittadino regolarmente presente in Italia potrebbe attuare il

ricongiungimento. Qualora detto cittadino sia un rifugiato si prescinde dal

possesso di un valido permesso di soggiorno da parte del familiare;

d) allo straniero sottoposto a provvedimento di espulsione o

di allontanamento dal territorio dello Stato che abbia legami familiari che

costituiscono presupposto per il ricongiungimento con persona regolarmente

presente in Italia, nei casi in cui, in base alla legge, il provvedimento di

espulsione possa per ciò essere revocato, annullato o disapplicato.

2. Il permesso è rilasciato con durata pari a quella del permesso o

della carta di soggiorno del familiare con cui si attua la coesione. La

durata è illimitata per coesione con stranieri titolari di permesso o carta

di soggiorno di durata illimitata. Nei casi specificamente previsti dalla

presente legge, in luogo del permesso per coesione familiare, è rilasciata

la carta di soggiorno.

3. Il permesso consente l'accesso ai servizi assistenziali,

l'iscrizione a corsi di studio, e, salvo il caso di genitore a carico o di

familiare a carico inabile al lavoro, l'iscrizione nelle liste di

collocamento e lo svolgimento di attività di lavoro autonomo.

4. Il rinnovo del permesso è condizionato di norma al rinnovo del

permesso o della carta di soggiorno del familiare che ha richiesto il

ricongiungimento familiare. Il permesso rinnovato può avere durata

illimitata, negli stessi casi previsti in relazione al rilascio.

5. Il rinnovo del permesso o della carta di soggiorno del minore

iscritto nel permesso o nella carta di soggiorno del genitore è concesso

anche qualora il minore non sia presente nel territorio dello Stato all'atto

della richiesta di rinnovo da parte del genitore.

6. In caso di scioglimento del vincolo familiare o, per il figlio

che non può ottenere la carta di soggiorno, al compimento del diciottesimo

anno il permesso di soggiorno può essere convertito in permesso per lavoro o

per studio, anche in mancanza dei requisiti di legge.

Art. 23.

(Visita a familiari).

1. E' consentito l'ingresso nel territorio dello Stato al coniuge e

ai familiari entro il secondo grado dello straniero titolare di permesso o

carta di soggiorno in corso di validità rilasciato per almeno un anno o per

cure mediche, ovvero dello straniero in stato di detenzione.

2. Salvo il caso in cui lo straniero presente sul territorio dello

Stato si trovi in gravi condizioni di salute, condizione per il rilascio del

visto di ingresso è la dimostrazione di disponibilità di mezzi di

sostentamento da parte dei familiari, ovvero la presentazione di

corrispondente garanzia da parte dello straniero visitato ovvero da parte di

privato o di ente presenti nel territorio dello Stato.

3. Il permesso di soggiorno per visita a familiari ha durata massima

di tre mesi e può essere rinnovato solo per gravi motivi relativi alle

condizioni di salute del titolare o del familiare visitato.

4. Il permesso per visita a familiari può essere convertito solo in

permesso per cure mediche o per coesione familiare, previa dimostrazione del

possesso dei requisiti di legge.

Capo V

ASSISTENZA SANITARIA

Art. 24.

(Iscrizione al Servizio sanitario nazionale).

1. Salvo il caso dello straniero appartenente ad una delle

particolari categorie di cui all'articolo 25, il cittadino straniero

titolare di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata

superiore a tre mesi ovvero di permesso per richiesta di asilo è tenuto ad

iscriversi al Servizio sanitario nazionale.

2. Condizione sufficiente per l'iscrizione di cui al comma 1 è il

possesso del permesso o della carta di soggiorno.

3. L'iscrizione al Servizio sanitario nazionale ha validità

illimitata, condizionata al permanere della validità del permesso o della

carta di soggiorno. Rimane valida, in particolare, in fase di scadenza del

permesso di soggiorno, nel periodo utile per la richiesta di rinnovo o di

conversione del permesso o della carta di soggiorno ed eventualmente in

pendenza di ricorso amministrativo contro il diniego.

4. Lo straniero è tenuto, ogni qualvolta è richiesta l'esibizione

del tesserino di iscrizione al Servizio sanitario nazionale, a dimostrarne

la validità esibendo il permesso o la carta di soggiorno in corso di

validità o il documento equipollente, quale, ad esempio, la ricevuta della

richiesta di rinnovo.

5. L'iscrizione avviene nella unità sanitaria locale del territorio

in cui lo straniero ha eletto domicilio, come documentato dal permesso o

dalla carta di soggiorno. Ai fini della ripartizione dei fondi per la

sanità, lo straniero iscritto al Servizio sanitario nazionale sulla base del

possesso di valido permesso o carta di soggiorno è equiparato al cittadino

residente.

6. In caso di variazione del domicilio annotato sul permesso che

comporta variazione della unità sanitaria locale di competenza, lo straniero

è tenuto a trasferire l'iscrizione nella nuova unità sanitaria locale.

7. Allo straniero si applica la parità di contribuzione e di diritti

con gli italiani e con i loro familiari, anche in relazione a prestazioni e

presìdi sanitari previsti per gli invalidi civili. Il regolamento di

attuazione della presente legge stabilisce le modalità di contribuzione per

lo straniero presente in Italia per periodi di durata inferiore a un anno.

8. In caso di titolari di permesso per lavoro stagionale occupati in

attività saltuarie, la contribuzione di cui al comma 7 è effettuata mediante

trattenuta alla fonte.

9. Nel decreto di programmazione dei flussi di cui all'articolo 6

sono disposti particolari interventi per l'assistenza sanitaria nei luoghi

dove è prevista una significativa concentrazione di lavoratori stagionali.

10. Il lavoratore autonomo che può godere di norme più favorevoli

che disciplinano l'assistenza sanitaria degli stranieri sulla base di

trattati internazionali non è soggetto all'obbligo di iscrizione e di

contribuzione al Servizio sanitario nazionale.

Art. 25.

(Copertura assicurativa per stranieri appartenenti a

particolari categorie).

1. I titolari di permesso di durata superiore a tre mesi

appartenenti a categorie non produttive, ma non equiparabili alla categoria

dei disoccupati, individuate dal regolamento di attuazione della presente

legge, sono tenuti a stipulare assicurazione che copra le spese delle cure

urgenti per malattia, infortunio o maternità.

2. I titolari di cui al comma 1 possono iscriversi al Servizio

sanitario nazionale, con obbligo di contribuzione forfetaria, di importo,

definito con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro

del tesoro, proporzionale all'assegno sociale e alla effettiva durata della

permanenza in Italia.

3. In caso di iscrizione al Servizio sanitario nazionale, la quota

già versata per la stipula dell'assicurazione per cure urgenti è detratta

dall'ammontare dovuto, ed è rimborsata, nei modi stabiliti dal regolamento

di attuazione della presente legge, al Servizio sanitario nazionale

dall'ente assicuratore.

4. Per gli studenti universitari, titolari di permesso di soggiorno

per studio, l'iscrizione al Servizio sanitario nazionale con contribuzione

forfetaria è obbligatoria. In caso di successiva maturazione di reddito, si

applica una franchigia sui contributi pari alla quota forfetaria già

versata.

Art. 26.

(Assistenza sanitaria per stranieri non coperti

obbligatoriamente da assicurazione).

1. Allo straniero presente sul territorio dello Stato e non coperto

obbligatoriamente da assicurazione sono garantite, nei presìdi pubblici o

accreditati, senza oneri a carico dell'interessato all'infuori delle quote

di partecipazione alla spesa, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o

comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e

sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute

individuale e collettiva. In particolare, la medicina preventiva è riferita

al complesso di attività e prestazioni di prevenzione collettiva che

consistono in:

a) vaccinazioni secondo la normativa e nell'ambito di

interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati con atti

formali delle regioni;

b) interventi di profilassi internazionale;

c) profilassi, diagnosi e cura delle malattie infettive ed

eventuale bonifica dei relativi focolai.

2. E' altresì garantita senza oneri a carico degli interessati

all'infuori delle quote di partecipazione alla spesa, la tutela sociale

della maternità responsabile e della gravidanza, come previsto dal

decreto-legge 11 agosto 1975, n. 366, convertito, con modificazioni, dalla

legge 10 ottobre 1975, n. 485, dalla legge 22 maggio 1978, n. 194, e dal

decreto del Ministro della sanità 6 marzo 1995 pubblicato nella Gazzetta

Ufficiale n. 87 del 13 aprile 1995, a parità di trattamento con le cittadine

italiane, nonché la tutela sanitaria dei minori in esecuzione della citata

Convenzione fatta a New York, resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio

1991, n. 176. Ai fini di tale tutela si intende per minore la persona di età

non superiore ai diciotto anni.

3. Le prestazioni sanitarie non espressamente previste dai commi 1 e

2 sono erogate con oneri a carico dell'interessato, salvo il caso di

straniero in condizioni di indigenza.

4. Si applicano in ogni caso le disposizioni relative alla quota di

partecipazione alla spesa. A tal fine lo straniero presente sul territorio

dello Stato e non coperto obbligatoriamente da assicurazione è equiparato al

cittadino italiano non occupato residente nel territorio di riferimento

della unità sanitaria locale.

5. Si considera indigente lo straniero che rientra, in relazione al

reddito, nelle condizioni previste dalla legge per l'accesso al patrocinio a

spese dello Stato. Al fine di godere del trattamento riservato

all'indigente, lo straniero produce dichiarazione attestante l'ammontare

complessivo del reddito prodotto in Italia e all'estero, accompagnati, ove

possibile, da copia dell'ultima dichiarazione dei redditi e da attestazione

dell'autorità consolare competente dalla quale risulta che, per quanto a

conoscenza della predetta autorità, la dichiarazione relativa alla

produzione di reddito all'estero non è mendace.

6. In caso di dichiarazione di indigenza ai sensi del comma 5, la

unità sanitaria locale chiede il rimborso al Ministero della sanità, presso

il quale è istituito un apposito fondo. Il regolamento di attuazione della

presente legge disciplina i modi in cui, ove lo straniero non sia in grado

di produrre copia della dichiarazione dei redditi o l'attestazione da parte

dell'autorità consolare competente, il Ministero della sanità richiede alle

competenti amministrazioni di procedere agli accertamenti necessari.

7. Le modalità di erogazione delle prestazioni sanitarie e di

esenzione dalla partecipazione alla spesa per lo straniero non assicurato

sono disciplinate, in conformità con il principio di equiparazione tra

cittadino straniero e cittadino italiano, dal regolamento di attuazione

della presente legge.

8. L'accesso dello straniero alle strutture sanitarie non può

comportare alcun tipo di segnalazione, salvo i casi in cui sia obbligatorio

il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano. Le modalità di

recupero delle spese da parte della unità sanitaria locale sono disciplinate

dal regolamento di attuazione della presente legge in conformità con il

disposto del presente comma.

Art. 27.

(Ingresso e soggiorno per cure mediche).

1. L'ingresso per cure mediche è consentito a chi deve ricevere cure

mediche in Italia, nonché a un familiare e ai figli minori non coniugati

dello straniero che abbisogna di cure.

2. Salvo il caso di ingresso nell'ambito di programmi umanitari del

Governo, per il rilascio del visto di ingresso deve essere prodotta idonea

documentazione, specificata dal regolamento di attuazione della presente

legge, che dimostri la pianificazione dell'intervento sanitario, nonché la

garanzia di copertura economica e di rientro in patria al termine delle

cure. La garanzia di copertura economica può essere fornita anche da privato

o da ente.

3. In caso di cure urgenti, il rilascio del visto di ingresso deve

avvenire in tempo utile per l'effettuazione delle prestazioni sanitarie

necessarie.

4. Il permesso di soggiorno per cure mediche è rilasciabile, su

richiesta, a chi è entrato con visto corrispondente o nell'ambito di

programmi di accoglienza umanitaria o a chi, anche irregolarmente presente,

necessita di cure urgenti o comunque essenziali.

5. Il permesso di cui al comma 4 ha durata massima di tre mesi, è

rinnovabile e convertibile, previa dimostrazione del possesso dei requisiti

di legge, in permesso per coesione familiare o, nel caso di minore iscritto

alla scuola dell'obbligo, in permesso per studio.

Art. 28.

(Accordi bilaterali).

1. Il Governo della Repubblica conclude accordi bilaterali o

multilaterali con gli Stati di provenienza degli stranieri immigrati in

Italia al fine di stabilire intese che consentano il prolungamento in patria

delle cure a carattere continuativo per gli stranieri iscritti al Servizio

sanitario nazionale.

Art. 29.

(Richiesta di rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno

per stranieri ricoverati).

1. Per i cittadini comunitari ricoverati in case o istituti di cura,

la richiesta di rilascio o rinnovo del permesso o della carta di soggiorno

può essere presentata da chi presiede le case o gli istituti medesimi,

secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione della presente

legge.

Capo VI

ACCESSO ALL'ALLOGGIO E AD ALTRE PRESTAZIONI

SOCIO-ASSISTENZIALI

Art. 30.

(Accesso all'abitazione).

1. I lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti accedono, a

parità di condizioni con i cittadini italiani, all'edilizia residenziale

pubblica, all'intermediazione delle agenzie sociali predisposte per

agevolare la locazione nonché al credito agevolato finalizzato

all'ottenimento della prima casa. A tal fine si prescinde dalla condizione

di reciprocità con il Paese di appartenenza dello straniero.

Art. 31.

(Prestazioni socio-assistenziali in favore

di cittadini stranieri).

1. I titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di

durata non inferiore a un anno sono equiparati ai cittadini italiani ai fini

dell'erogazione delle prestazioni economiche previste per coloro che sono

affetti dal morbo di Hansen o da tubercolosi (TBC).

2. I titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di

durata non inferiore a un anno sono equiparati ai cittadini italiani

riguardo all'erogazione delle prestazioni economiche ed assistenziali

previste per i sordomuti, per i ciechi civili e per gli invalidi civili,

incluse le prestazioni previste per i minori di diciotto anni.

3. Gli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di

soggiorno di durata non inferiore a un anno fruiscono delle prestazioni

erogate dai servizi sociali regionali, provinciali e comunali, inclusi gli

interventi di assistenza speciale in caso di indigenza.

4. Per l'ammissione dei minori stranieri agli asili nido e al

godimento delle relative prestazioni si prescinde dalla regolarità del

soggiorno e dalla posizione lavorativa in atto dei genitori.

5. Il regolamento di attuazione della presente legge disciplina i

casi e le modalità di erogazione di contributi per il trasporto nel Paese di

origine delle salme dei cittadini stranieri deceduti nel territorio dello

Stato.

6. E' fatta salva la facoltà delle regioni di prevedere, con legge,

ulteriori e più favorevoli disposizioni a riguardo dei cittadini stranieri

regolarmente soggiornanti nel proprio territorio in materia di prestazioni

socio-assistenziali.

7. Il sindaco, quando sono individuate situazioni di emergenza, può

disporre interventi socio-assistenziali, ivi inclusa l'ospitalità in

strutture di accoglienza, in favore di stranieri non in regola con le

disposizioni su ingresso e soggiorno nel territorio dello Stato, ferme

restando le norme sull'allontanamento dal territorio dello Stato degli

stranieri in tali condizioni.

8. Si prescinde, per l'erogazione delle prestazioni

socio-assistenziali previste dal presente articolo, dalla condizione di

reciprocità con il Paese di appartenenza dello straniero.

Capo VII

CARTA DI SOGGIORNO

Art. 32.

(Condizioni di rilascio).

1. Un permesso di soggiorno di lunga durata, denominato "carta di

soggiorno", può essere concesso al cittadino straniero regolarmente

soggiornante che appartiene ad una delle categorie seguenti:

a) straniero regolarmente soggiornante da almeno cinque

anni, attualmente titolare di permesso di soggiorno per lavoro;

b) rifugiato;

c) straniero per il quale può essere chiesto il

ricongiungimento familiare da cittadino italiano o comunitario o da

straniero titolare di carta di soggiorno;

d) genitore, tutore o affidatario di minore italiano o

comunitario;

e) cittadino residente beneficiario di una pensione o

rendita per inabilità derivante da malattia professionale o infortunio sul

lavoro, ovvero di una pensione di vecchiaia, anzianità o reversibilità,

comunque di importo non inferiore alla pensione sociale.

2. Salvo il caso di straniero rifugiato, condizione per il rilascio

è che lo straniero non abbia procedimenti penali pendenti per un delitto che

può comportare una condanna non inferiore, nel massimo, a tre anni di

reclusione e non abbia riportato alcuna condanna, con sentenza passata in

giudicato, per un delitto non colposo comportante una pena superiore a due

anni di reclusione.

Art. 33.

(Caratteristiche della carta di soggiorno).

1. La carta di soggiorno ha durata di cinque anni. Nel caso di

straniero titolare di permesso di soggiorno di durata illimitata o di

rifugiato, la carta ha durata illimitata.

2. La carta di soggiorno dà al titolare:

a) facoltà di esercitare qualunque diritto civile, anche in

mancanza di reciprocità con il Paese di appartenenza;

b) diritto di non essere allontanato dal territorio dello

Stato, salvi i casi di estradizione o di espulsione per motivi di ordine

pubblico e sicurezza dello Stato;

c) diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni

amministrative.

3. La carta di soggiorno è rinnovata con durata illimitata, a

condizione che a carico dello straniero non sussista alcuno dei procedimenti

penali pendenti o delle condanne con sentenza definitiva che precludono il

rilascio della carta. In caso di procedimento penale che si risolva, decorsi

i termini per il rinnovo, in favore dello straniero o comunque con la

condanna a una pena inferiore a due anni di reclusione, l'interessato ha

diritto al rilascio di una carta di soggiorno di durata illimitata.

4. Il rinnovo della carta può avvenire per motivi diversi da quelli

per cui è avvenuto il rilascio.

5. La carta di soggiorno può essere revocata solo in caso di

cessazione dello status di rifugiato.

Art. 34.

(Tutela giurisdizionale).

1. In caso di diniego di rilascio della carta di soggiorno, lo

straniero ha diritto al mantenimento o, se possiede i requisiti di legge, al

rinnovo del permesso di soggiorno di cui è titolare. In caso di diniego di

rinnovo, ovvero di revoca della carta di soggiorno, lo straniero ha diritto

al rilascio del permesso di soggiorno per il quale possiede i requisiti.

2. Contro revoca, annullamento, diniego di rilascio o di rinnovo

della carta di soggiorno è ammesso il ricorso al tribunale amministrativo

regionale competente con effetto sospensivo immediato, in caso di

presentazione di istanza incidentale, fino alla decisione sulla domanda

cautelare. In caso di sospensione del provvedimento e in mancanza di altro

permesso, è rilasciato un permesso per motivi di giustizia.

Capo VIII

ALTRE DISPOSIZIONI SULLA

CONDIZIONE DI RECIPROCITA'

Art. 35.

(Condizione di reciprocità).

1. La condizione di reciprocità si considera soddisfatta qualora non

risulti impedito agli italiani l'esercizio del diritto civile in oggetto,

ovvero quando questo non sia previsto, nel Paese cui lo straniero

appartiene, per i cittadini di quel Paese.

2. Ogni anno il Ministero degli affari esteri pubblica l'elenco dei

diritti civili e dei Paesi stranieri in relazione ai quali la condizione di

reciprocità risulta non sussistente.

3. Il Governo della Repubblica conclude accordi con gli Stati per i

quali risulta non sussistere la condizione di reciprocità al fine di

garantire l'esercizio dei diritti civili negati al cittadino italiano.

Art. 36.

(Ulteriori limiti di applicazione della

condizione di reciprocità).

1. Non è soggetto a condizione di reciprocità l'acquisto della prima

casa di abitazione ad uso privato da parte dello straniero regolarmente

soggiornante in Italia.

2. Non è soggetto a condizione di reciprocità l'esercizio di alcuno

dei diritti civili garantiti dalla legge al cittadino italiano da parte

dello straniero titolare di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di

durata illimitata.

Capo IX

RESPINGIMENTO ALLA FRONTIERA

Art. 37.

(Respingimento alla frontiera).

1. Lo straniero che intende fare ingresso nel territorio dello Stato

è respinto quando sussiste una delle seguenti circostanze:

a) mancanza di documenti o di requisiti in materia

assicurativa e doganale, prescritti per l'ingresso;

b) pericolo per ordine pubblico, sicurezza dello Stato,

sicurezza di uno Stato membro dell'Unione europea, salvo che vi si oppongano

pressanti ragioni di carattere umanitario;

c) segnalazione di appartenenza a organizzazioni mafiose, o

dedite al traffico di stupefacenti, o terroristiche, o dedite

all'immigrazione illegale;

d) mancanza di mezzi di sostentamento sufficienti, come

stabiliti dal regolamento di attuazione della presente legge, o di

corrispondente garanzia fornita da ente o da privato in Italia, nei casi di

ingresso in esenzione dall'obbligo di visto.

2. Qualora il respingimento riguardi un minore, ovvero un genitore o

il tutore o l'affidatario di un minore soggiornante in Italia, competente a

decidere è il tribunale per i minorenni. Il tribunale adotta le disposizioni

idonee a tutelare i diritti del minore, anche in deroga alle vigenti norme

di legge in materia.

3. Non si procede a respingimento se questo può pregiudicare

l'esercizio del diritto di asilo.

4. Salvo il caso di pericolo per l'ordine pubblico o per la

sicurezza dello Stato, non può essere respinto lo straniero titolare di

permesso di soggiorno in corso di validità o che in base alla legge ha

diritto al reingresso nel territorio dello Stato.

Art. 38.

(Provvedimento di respingimento

alla frontiera).

1. Il provvedimento di respingimento alla frontiera è adottato con

provvedimento scritto e motivato ed è comunicato allo straniero in lingua a

lui comprensibile; devono essere indicate le modalità di impugnazione.

2. Salvo il caso di adozione del provvedimento di custodia e

corrispondente procedimento giurisdizionale di convalida, il respingimento è

eseguito con accompagnamento a bordo del vettore che nel modo più rapido

conduce al Paese di appartenenza, o, in caso di apolidia, di stabile

residenza, ovvero nel Paese di provenienza del cittadino respinto, o, su

richiesta dell'interessato, in qualsiasi altro Paese in cui sia consentito

il suo ingresso.

3. In caso di mancata comunicazione all'autorità di pubblica

sicurezza relativa alla mancanza dei documenti richiesti per l'ingresso, gli

oneri per il rimpatrio sono a carico del vettore che ha condotto lo

straniero in Italia, salvo il caso di presentazione di domanda di asilo da

parte di questi. Negli altri casi, ove lo straniero non possa provvedervi,

gli oneri per il rimpatrio sono a carico del Ministero dell'interno.

4. Non è consentito il respingimento dello straniero verso un Paese

nel quale l'interessato possa essere in pericolo per uno dei motivi che

costituiscono presupposto per il riconoscimento del diritto di asilo, o dal

quale possa essere inviato in un Paese in cui non sia protetto da analogo

pericolo.

5. In ogni caso è garantita, allo straniero respinto, l'assistenza,

anche per la presentazione di ricorsi, delle strutture o dei servizi di

accoglienza istituiti ai valichi di frontiera.

Art. 39.

(Custodia dello straniero respinto

alla frontiera e procedimento giurisdizionale di

convalida).

1. In caso di presunta sussistenza di condizioni di inammissibilità

della domanda di asilo ovvero in caso di impossibilità di eseguire il

provvedimento di respingimento entro ventiquattro ore, l'ufficio di polizia

di frontiera dispone, con provvedimento scritto consegnato all'interessato,

la custodia dello straniero respinto, presso strutture alloggiative o, se

necessario, strutture ospedaliere.

2. Del provvedimento di custodia è data notizia al pretore ovvero,

quando sia comunque coinvolto un minorenne, al tribunale per i minorenni. Se

il provvedimento è adottato per sospetta inammissibilità della domanda di

asilo ovvero per l'esistenza di rischi per l'incolumità o la libertà

personale dello straniero nel Paese verso il quale dovrebbe essere respinto,

è informato anche il presidente della Commissione nazionale per il diritto

d'asilo.

3. Ai fini di cui al comma 2 è informato anche il difensore dello

straniero, eventualmente nominato d'ufficio.

4. Il pretore ovvero il tribunale per i minorenni esaminano i

provvedimenti e, con l'eventuale ausilio di un interprete, informano lo

straniero e il suo difensore dello svolgimento del procedimento e delle

facoltà dello straniero. Il pretore ovvero il tribunale per i minorenni

possono assumere una delle seguenti decisioni:

a) convalidano i provvedimenti già adottati e ordinano la

continuazione della custodia, purché l'eventuale sussistenza di condizioni

di inammissibilità della domanda di asilo risulti certa e comunque sia

possibile il rimpatrio in condizioni di sicurezza entro quindici giorni;

b) convalidano i provvedimenti e ordinano il rilascio di un

permesso di soggiorno per i motivi appropriati, con eventuale sorveglianza

di pubblica sicurezza, nel caso non sia possibile il rimpatrio in condizioni

di sicurezza entro quindici giorni ovvero quando le condizioni di salute

dello straniero non consentano il protrarsi della custodia;

c) dispongono modalità di custodia che non interrompano i

rapporti affettivi tra familiari, qualora risulti comunque coinvolto un

minore;

d) annullano i provvedimenti, nel caso risultino infondati

ovvero nel caso non sia certa l'eventuale sussistenza di alcuna delle

condizioni di inammissibilità della domanda di asilo, e ordinano l'ingresso

dello straniero nel territorio dello Stato e il ricevimento della eventuale

domanda di asilo;

e) convalidano i provvedimenti di respingimento e di

custodia provvisoria, ma ordinano l'ingresso dello straniero nel territorio

dello Stato per consentire la presentazione di una domanda di asilo qualora

i motivi di pericolo legati alla scelta del Paese di destinazione appaiano

non manifestamente infondati.

5. L'ordinanza del pretore ovvero del tribunale per i minorenni è

notificata allo straniero, con una traduzione in lingua a lui comprensibile

e all'ufficio di polizia di frontiera. Il provvedimento è immediatamente

esecutivo.

6. Contro la decisione del pretore ovvero del tribunale per i

minorenni lo straniero o il suo difensore possono ricorrere per Cassazione.

La presentazione di ricorso, limitatamente al caso di sospetta

inammissibilità della domanda di asilo ovvero di presunto pericolo per

l'incolumità dello straniero, sospende l'esecuzione del provvedimento. In

questo caso lo straniero è ammesso nel territorio dello Stato. Il questore

rilascia un permesso di soggiorno per motivi di giustizia e può chiedere al

tribunale l'applicazione di misure di pubblica sicurezza a carico dello

straniero.

7. Lo straniero sottoposto a custodia ha obbligo di dimora nel luogo

indicatogli. Il trasgressore è punito con la pena da uno a tre anni di

reclusione e con la espulsione susseguente alla scarcerazione. Non si

procede a espulsione susseguente alla scarcerazione qualora il pretore o il

tribunale per i minorenni adottino uno dei provvedimenti che consentono

l'ingresso dello straniero nel territorio dello Stato.

8. Lo straniero può rinunciare in qualunque momento all'istanza di

ingresso nel territorio dello Stato. Lo stato di custodia è immediatamente

interrotto dalla partenza dello straniero.

9. Lo straniero sottoposto a custodia ha diritto a ricevere

gratuitamente vitto, alloggio e cure mediche, con oneri a carico del

Ministero dell'interno. Lo straniero ha altresì il diritto di comunicare con

i familiari, con il difensore e con rappresentanti di organismi e

associazioni di tutela dei diritti dell'uomo.

10. Tutti gli atti connessi al procedimento giurisdizionale

considerato sono esenti da imposte.

Capo X

ALLONTANAMENTO DAL TERRITORIO

DELLO STATO ED ESPULSIONE

Art. 40.

(Presupposti di applicazione dei provvedimenti di

espulsione e di allontanamento dal territorio dello

Stato).

1. L'allontanamento dello straniero dal territorio dello Stato può

essere disposto in caso di soggiorno illegale.

2. L'espulsione dello straniero può essere disposta in caso di

pericolosità accertata del soggetto o, in alternativa all'espiazione della

pena, su richiesta dello straniero detenuto. L'espulsione può altresì essere

disposta in caso di soggiorno illegale quando lo straniero violi gli

obblighi derivanti dal provvedimento di allontanamento dal territorio dello

Stato.

3. L'allontanamento e l'espulsione per soggiorno illegale sono

disposti dal prefetto.

4. L'espulsione in caso di pericolosità accertata dello straniero

può essere disposta dal Ministro dell'interno per gravi motivi di ordine

pubblico o di sicurezza dello Stato, ovvero dal giudice dell'esecuzione,

quale misura di sicurezza a carico dello straniero condannato con sentenza

definitiva per un delitto non colposo ad una pena non inferiore a tre anni

di reclusione.

5. L'espulsione quale misura di sicurezza non può essere applicata

in caso di patteggiamento.

6. L'espulsione quale misura alternativa alla detenzione del

cittadino straniero condannato con sentenza passata in giudicato ad una pena

che, anche se costituente parte residua di maggior pena, non sia superiore a

tre anni di reclusione, è disposta, su richiesta dell'interessato, dal

giudice dell'esecuzione, salvo che vi si oppongano inderogabili esigenze

processuali. L'esecuzione dell'espulsione sospende l'esecuzione della pena.

Lo stato di detenzione è ripristinato in ogni caso in cui il cittadino

extracomunitario espulso rientri nel territorio dello Stato prima che sia

trascorso un periodo di tempo di durata pari al doppio della pena detentiva

in alternativa alla quale ha ottenuto l'espulsione.

Art. 41.

(Limiti di applicazione dei provvedimenti

di espulsione e di allontanamento dal

territorio dello Stato).

1. Non può essere soggetto a provvedimento di espulsione o di

allontanamento, salvo il caso di gravi rischi per l'ordine pubblico o per la

sicurezza dello Stato, lo straniero che rientra in una delle seguenti

categorie.

a) titolare di permesso di soggiorno di durata illimitata o

di carta di soggiorno;

b) straniero per il quale può essere chiesto il

ricongiungimento familiare da cittadino italiano o comunitario o da

straniero titolare di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di

durata illimitata;

c) straniero nato in Italia;

d) straniero minore di età;

e) straniero soggiornante in Italia, anche irregolarmente,

da almeno dieci anni;

f) straniero che necessita di cure urgenti o comunque

essenziali;

g) cittadina straniera incinta o che ha partorito o subìto

interruzione di gravidanza da meno di sei mesi;

h) rifugiato o richiedente asilo.

2. Lo straniero illegalmente soggiornante ha diritto al rilascio di

un permesso di soggiorno per motivi di cui possegga i requisiti nei casi di

cui alle lettere b), c), d), ed e) del comma 1, ovvero per cure mediche nei

casi di cui alle lettere f) e g) del medesimo comma 1.

Art. 42.

(Modalità di espulsione e di allontanamento e meccanismi

di tutela).

1. Allo straniero a carico del quale è adottato il provvedimento di

espulsione o di allontanamento dal territorio dello Stato sono garantiti:

a) informazione sui propri diritti;

b) assistenza dell'interprete;

c) assistenza legale, anche per la presentazione di ricorsi;

d) contatto con la rappresentanza diplomatica del proprio

Paese, su richiesta;

e) contatto con familiari;

f) recupero dei beni e delle somme di denaro di proprietà,

nonché delle somme spettanti per lavoro svolto, anche irregolarmente.

2. Il provvedimento di allontanamento dal territorio dello Stato è

eseguito intimando allo straniero di lasciare il territorio dello Stato

entro trenta giorni. Il questore può disporre che durante tale periodo lo

straniero si presenti a un ufficio di polizia, prescrivendo le modalità e la

frequenza della presentazione. Qualora lo straniero sia privo di documenti

di identità, il questore può procedere al rilevamento dei dati necessari

all'identificazione secondo quanto disposto dal regolamento di attuazione

della presente legge, e può chiedere all'autorità giudiziaria di disporre a

carico dello straniero l'obbligo di dimora.

3. Lo straniero è informato della facoltà di procedere, entro il

termine di cui al comma 2, ad una delle seguenti azioni:

a) richiedere, quando si tratti di straniero già titolare di

permesso di soggiorno di durata non inferiore a sei mesi, il rilascio di un

permesso dello stesso tipo per il quale egli possiede i requisiti;

b) richiedere un permesso di soggiorno per coesione

familiare, qualora sia in possesso dei requisiti;

c) presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale

contro il provvedimento di allontanamento, con effetto sospensivo immediato;

d) richiedere la decisione del tribunale per i minorenni, se

il provvedimento di allontanamento interferisce con i diritti di un minore

presente in Italia.

4. Il giudice amministrativo nei ricorsi indicati alla lettera c)

del comma 3 ha giurisdizione esclusiva estesa al merito. Il giudice può

annullare il provvedimento di allontanamento e ordinare l'eventuale rilascio

di un permesso di soggiorno per i motivi opportuni anche nel caso in cui

tale provvedimento interferisca con diritti fondamentali della persona o

risulti non commisurato con la gravità dell'infrazione di cui lo straniero

si è reso responsabile, tenuto conto, in particolare, dell'effettivo grado

di inserimento sociale o lavorativo da questi raggiunto.

5. Qualora lo straniero abbia, alla scadenza del termine di trenta

giorni di cui al comma 2, avviato una delle procedure di cui alle lettere

a), b), c) e d) del comma 3, il provvedimento di allontanamento dal

territorio dello Stato è sospeso. In caso di rilascio di uno dei permessi

ivi previsti, il provvedimento è revocato. In caso contrario lo straniero è

tenuto a lasciare il territorio dello Stato entro i quindici giorni

successivi alla decisione sulla procedura avviata.

6. Lo straniero che non ottempera all'obbligo di lasciare il

territorio dello Stato entro i termini previsti dal presente articolo è

espulso per soggiorno illegale.

7. Salvo quanto disposto dall'articolo 44, i provvedimenti di

espulsione sono eseguiti con accompagnamento immediato dello straniero alla

frontiera. Ai fini della presente legge, per accompagnamento alla frontiera

si intende l'accompagnamento a bordo del vettore che nel modo più rapido

conduce al Paese di appartenenza, o, in caso di apolidia, di stabile

residenza, ovvero, su richiesta dell'interessato, in qualsiasi altro Paese

in cui sia consentito il suo ingresso.

8. Lo straniero non può essere in nessun caso inviato in un Paese

nel quale può essere in pericolo per uno dei motivi che costituiscono

presupposto per il riconoscimento del diritto di asilo, o dal quale può

essere inviato in un Paese in cui non è protetto da analogo pericolo.

9. Lo straniero oggetto di un provvedimento di espulsione ha diritto

a far riesaminare la propria posizione. In tale caso, nonché nei casi in cui

non è possibile procedere immediatamente all'accompagnamento alla frontiera

o in cui si deve dar luogo ad uno degli atti garantiti dalla legge allo

straniero, questi è sottoposto a custodia da parte delle forze di polizia.

10. Entro quarantotto ore il pretore è investito della decisione

sulla legittimità del provvedimento di espulsione e sull'eventuale

sussistenza di ragioni non palesemente infondate che rendono necessario il

riesame della posizione dello straniero.

11. Il pretore, entro quarantotto ore, sentita la persona oggetto

del provvedimento di espulsione e accolte le deduzioni dell'amministrazione

nonché quelle eventualmente presentate da organismi e associazioni di tutela

dei diritti dell'uomo, decide se:

a) consentire il prolungamento del regime di custodia fino a

un massimo di quindici giorni, qualora sia possibile eseguire l'eventuale

espletamento degli atti cui lo straniero ha diritto e l'accompagnamento alla

frontiera entro quella data;

b) ordinare la remissione in libertà dello straniero, con

l'eventuale adozione di misure di sorveglianza di pubblica sicurezza, per

consentire la presentazione di una domanda di asilo o l'espletamento di uno

degli atti cui lo straniero ha diritto, ovvero in attesa che

l'allontanamento sia eseguibile;

c) annullare il provvedimento di espulsione e ordinare la

remissione in libertà e il rilascio di un opportuno permesso cui lo

straniero abbia titolo, nel caso in cui il provvedimento di espulsione sia

privo dei presupposti o lo straniero appartenga ad una delle categorie per

le quali detto provvedimento non può essere adottato;

d) richiedere l'intervento del tribunale per i minorenni, se

il provvedimento di espulsione interferisce con i diritti di un minore

presente in Italia.

12. Lo straniero sottoposto a custodia ha diritto ai contatti con i

familiari, con i funzionari della rappresentanza consolare o diplomatica del

proprio Paese e con i rappresentanti di organismi e associazioni di tutela

dei diritti dell'uomo.

13. Il regime di custodia avviato su istanza dello straniero è

interrotto, su richiesta dell'interessato, in qualunque momento. Si procede,

in tale caso, all'immediato accompagnamento alla frontiera.

14. Il tribunale per i minorenni è investito della decisione ogni

qualvolta il provvedimento di allontanamento o di espulsione riguardi il

genitore o il tutore o l'affidatario di un minore soggiornante in Italia. Il

tribunale stabilisce se risulti prevalente il diritto del minore a

proseguire, nell'unità familiare, il soggiorno in Italia ed adotta le

disposizioni opportune, anche in deroga alle vigenti norme di legge in

materia.

15. La presentazione di ricorso davanti al tribunale amministrativo

regionale contro il provvedimento di espulsione per soggiorno illegale o per

motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato non ha effetto

sospensivo immediato sul provvedimento.

Art. 43.

(Rimpatrio degli stranieri allontanati dal territorio

dello Stato).

1. Il regolamento di attuazione della presente legge disciplina le

condizioni e le modalità di erogazione di contributi o di formazione

professionale ai fini del rimpatrio e del reinserimento sociale, anche quale

cooperante nell'ambito di progetti di cooperazione allo sviluppo, del

cittadino straniero per il quale è adottato un provvedimento di

allontanamento dal territorio dello Stato.

Art. 44.

(Accordi di ammissione. Stranieri privi di documento di

viaggio).

1. Il Governo della Repubblica conclude gli accordi bilaterali o

multilaterali con i Paesi di emigrazione per favorire l'ammissione degli

immigrati allontanati dall'Italia, espulsi o respinti e il loro inserimento

sociale, anche quali cooperanti nell'ambito di progetti di cooperazione allo

sviluppo.

2. L'erogazione di aiuti economici da parte dello Stato italiano

nell'ambito degli accordi di cui al comma 1 è subordinata alla effettiva

realizzazione da parte dei Paesi contraenti di politiche atte a migliorare

la qualità della vita dei potenziali migranti e a favorire l'inserimento dei

cittadini extracomunitari allontanati, espulsi o respinti dall'Italia e

ammessi in forza degli accordi stessi.

3. Lo straniero oggetto di un provvedimento di espulsione per il

quale non è possibile determinare il Paese di appartenenza ovvero, in caso

di apolidia, di stabile residenza, qualora non sia in grado di indicare

altro Paese disposto ad accoglierlo, è inviato verso uno dei Paesi con i

quali il Governo italiano ha stipulato accordi di ammissione. Detto Paese è

scelto dall'interessato o, in mancanza di tale scelta, dal pretore o dal

tribunale per i minorenni, nel corso del procedimento giurisdizionale di

convalida dello stato di custodia, sulla base di una attribuzione presuntiva

di nazionalità e nella salvaguardia dell'identità culturale dello straniero.

Art. 45.

(Reingresso successivo ad allontanamento dal territorio

dello Stato o ad espulsione).

1. Lo straniero allontanato dal territorio dello Stato non può

rientrarvi prima che sia trascorso un anno dalla data di uscita.

2. Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato

prima che sia trascorso un periodo di tre anni, in caso di espulsione per

soggiorno irregolare, ovvero il periodo indicato dal giudice dell'esecuzione

o dal Ministro dell'interno nel decreto di espulsione.

3. Salvo il caso di gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza

dello Stato, il reingresso antecedente alla scadenza dei termini previsti ai

commi 1 e 2 è autorizzato dal Ministro dell'interno, su richiesta dello

straniero espulso, nei casi in cui è necessario tutelare il diritto

all'unità familiare dell'interessato, ed è consentito, anche in mancanza di

esplicita autorizzazione, nei casi in cui è necessario tutelare il diritto

di asilo.

4. Salvo il ripristino dello stato di detenzione nel caso di

cittadino straniero espulso in alternativa alla detenzione, il reingresso

non autorizzato comporta l'immediata espulsione dello straniero nonché il

raddoppio dei termini previsti per il divieto di reingresso, salvo che

sussistano le condizioni che avrebbero motivato l'autorizzazione del

reingresso anticipato.

Capo XI

DIRITTO DI DIFESA E TRATTAMENTO PENITENZIARIO

Art. 46.

(Diritto di difesa).

1. Lo straniero presente sul territorio italiano gode del diritto di

difesa in giudizio e, sulla base dei soli requisiti di reddito, del diritto

di accesso al patrocinio a spese dello Stato. Si prescinde, a tal fine, dal

requisito di regolarità del soggiorno.

2. Lo straniero ha diritto a ricevere gli atti giudiziari a lui

indirizzati in lingua a lui comprensibile.

Art. 47.

(Trattamento penitenziario dello straniero).

1. Il detenuto straniero ha diritto a ricevere in lingua a lui

comprensibile le informazioni relative ai suoi diritti e ai suoi obblighi.

2. Il detenuto straniero ha diritto alla corrispondenza e ai

colloqui telefonici in lingua straniera, salvi i casi in cui si presentano

particolari esigenze processuali o di sicurezza degli istituti penitenziari.

In tali casi l'autorità penitenziaria dispone la presenza di un interprete

ai colloqui e la previa traduzione della corrispondenza scritta.

3. L'autorità penitenziaria si adopera per garantire al detenuto

straniero concrete possibilità di accesso a misure alternative alla

detenzione.

4. Allo straniero detenuto è rilasciato, allo scadere della pena, un

permesso di soggiorno di durata pari a quella residuata dal permesso di cui

lo straniero era titolare al momento dell'ingresso nell'istituto di pena,

salvo il caso in cui a carico dello straniero sia stato adottato il

provvedimento di espulsione quale misura di sicurezza conseguente alla

condanna

Capo XII

NORME TRANSITORIE E FINALI

Art. 48.

(Regolarizzazione degli stranieri presenti sul territorio

dello Stato).

1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della

presente legge, i cittadini stranieri presenti alla medesima data e a

qualunque titolo sul territorio nazionale devono regolarizzare la loro

posizione relativa al soggiorno presso gli appositi uffici delle questure o

dei commissariati di pubblica sicurezza territorialmente competenti.

2. Al fine di cui al comma 1 gli interessati sono tenuti a

presentarsi agli appositi uffici delle questure o dei commissariati di

pubblica sicurezza territorialmente competenti, muniti di passaporto o di

documento equipollente o di attestato di cittadinanza rilasciato dal console

dello Stato di appartenenza o, in mancanza, di dichiarazione resa al comune

di dimora abituale dall'interessato e dalla contestuale attestazione

dell'identità personale dello straniero resa da due persone incensurate di

cittadinanza italiana o regolarmente soggiornanti in Italia.

3. Salvo che si tratti di persona pericolosa per la sicurezza dello

Stato, allo straniero che chiede di regolarizzare la propria posizione è

rilasciato, su richiesta, un permesso di soggiorno per lavoro o per studio,

anche in mancanza dei requisiti previsti dalla legge, o un permesso per

coesione familiare, quando sussistono i requisiti relativi ai vincoli

familiari, ovvero un permesso ad altro titolo per il quale l'interessato è

in possesso degli specifici requisiti previsti dalla legge.

4. I cittadini stranieri che chiedono di regolarizzare la propria

posizione non sono punibili per le pregresse violazioni delle disposizioni

vigenti in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri. Sono annullati i

provvedimenti amministrativi e giurisdizionali assunti a loro carico a

seguito di tali violazioni.

Art. 49.

(Norme di salvaguardia).

1. Le disposizioni della presente legge si applicano, in quanto più

favorevoli, anche ai cittadini italiani, agli ex cittadini italiani, ai

cittadini stranieri di origine italiana che rientrano nel territorio

nazionale e ai cittadini comunitari.

Art. 50.

(Regolamento di attuazione).

1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente

legge, con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo

17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, è emanato il regolamento di

attuazione della presente legge.

Art. 51.

(Copertura finanziaria).

1. Agli oneri derivanti dalla attuazione della presente legge si fa

fronte mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai

fini del bilancio triennale 1997-1999, al capitolo 6856 dello stato di

previsione della spesa del Ministero del tesoro per l'anno 1997, all'uopo

parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo alla Presidenza del

Consiglio dei ministri.

2. Il Ministro del tesoro è autorizzato, con propri decreti, ad

apportare le occorrenti variazioni di bilancio.

------------------------------------------------------------------------

[Image] Frontespizio [Image] Relazione