Bologna, 13/5/99

 

Caro Gianfranco,

mi scuso per il ritardo con cui rispondo in merito alla 6^ bozza di decreto sui profughi. Avevo iniziato giovedì notte senza riuscire a concludere e poi è stata una corsa continua per altre cose….

Spero non sia tardi, perché soprattutto su un aspetto la 6^ bozza mi sembra assolutamente da emendare: quello ove si limita ad una certa data la possibilità di ricongiungimento con i profughi.

In generale, non posso non notare il rischio, (indotto da una legittima ansia dovuta all’esperienza) di scrivere e prevedere troppo dettagliatamente le varie ipotesi di tutela.

Specificare troppo un provvedimento legislativo rischia, secondo me, di ingessarlo, con effetti contrari alle finalità perseguite.

Provo a spiegarmi in concreto, articolo per articolo.

ART.1

L’inciso del secondo comma ".. e qualora oggettivamente siano impossibilitati ad ottenere tali documenti.." : toglierei "oggettivamente" in quanto la valutazione sull’oggettività lascia spazio alla discrezionalità amministrativa.

ART.2

Comma 1 : è inopportuno prevedere che tra le categorie di coloro che possono richiedere il ricong. familiare vi sia anche il cittadino straniero "..regolarmente soggiornante in Italia alla data di entrata in vigore del presente decreto", perché:

a) se la finalità della norma è quella di consentire la riunione dei nuclei familiari e se l’unità familiare è diritto primario (il concetto mi sembra oramai consolidato) è assurdo prevedere che il diritto sia condizionato alla regolarità in una situazione, come quella della guerra, in cui saltano tutte le regole normali.

Perché escludere che il diritto in parola sia esercitato anche dal profugo che arriva oggi in Italia e non ha un permesso di soggiorno, oppure che è già in Italia da tempo e non ha potuto, per varie e note ragioni, a regolarizzarsi? Credo ci ricordiamo tutti quanti pochi cittadini della ex Yugoslavia, soprattutto rom, sono riusciti ad avere un permesso di soggiorno ex lege 390/92, proprio per la data di arrivo in Italia.

 

 

b) è comunque assurdo prevedere una limitazione temporale — come nelle sanatorie — per l’esercizio del diritto in parola.

Perché limitare l’accoglienza ad una certa data? Escludiamo proprio noi che coloro che arriveranno nei prossimi mesi possano vantare il medesimo diritto all’unità familiare che vorremmo, per decreto, riservare a quelli già presenti ad una certa data?

E quelli che vorranno o arriveranno nei prossimi mesi, li ignoriamo legislativamente come l’Italia ha sempre fatto con le migliaia di clandestini in questi anni?

E’ prevedibile, lo sappiano tutti, che soprattutto nei prossimi mesi arriveranno i profughi, e sappiamo altrettanto bene che nei prossimi mesi ci sarà non più la "pietà italica", oggi tanto sbandierata ufficialmente, bensì la chiusura altrettanto italica a nuove ondate di ingressi.

E allora perché negare che anche coloro che stanno arrivando ora e che vorranno domani ricongiungersi con i familiari possano esercitare il diritto?

Sembra quasi che non sappiamo che le fratture familiari sono oggi una realtà evidentissima nei campi profughi all’estero e che ci vorrà molto tempo ai nuclei familiari per ricompattarsi.

Non credo che l’esigenza (?) di limitare l’accoglienza dei profughi in Italia (perché più di tanti non abbiamo la capacità strutturale di ospitarne, ecc. ecc. ) debba essere affrontata e risolta alla stregua di una sanatoria o con la "sindrome d’Alema" (essere più a destra della destra).

Se davvero è un problema l’accoglienza indiscriminata, il governo italiano deve porre la questione all’Unione Europea, prevedendo una distribuzione dei profughi (con attenzione ai nuclei familiari, innanzitutto).

In ogni caso non possiamo essere noi a legittimare la solita soluzione ultra-mediata.

In conclusione, ritengo opportuno prevedere il diritto al ricong. familiare a prescindere sia dalla regolarità del soggiorno, sia dalla data di presenza in Italia: unica condizione richiesta deve essere lo status di profugo.

 

ART.3

Non capisco bene cosa si intenda per "particolare assistenza", soprattutto il "particolare" mi sfugge, considerato che è una qualificazione del tutto soggettiva e dunque con rischio di applicazione discrezionale.

Forse per stanchezza, ma mi sfugge una cosa : i maschi kosovari non anziani, cacciati dalle loro case, in quale categoria rientrano tra i vulnerabili? (non sono disertori perché mai chiamati alle armi).

 

 

 

Comma 3: per evitare il pericolo, già verificatosi in passato, di non riuscire a dimostrare lo stato di "diserzione" , inserirei il seguente inciso " Si considera, comunque, disertore il cittadino della Repubblica Federale di Jugoslavia che sia in età di leva e si trovi fuori dal territorio del proprio paese durante il periodo bellico, ovvero durante il periodo di chiamata alle armi".

 

ART.4.

Comma 2 : perché limitare la circolazione in ambito Schengen? Eventualmente si può prevedere che a coloro che saranno titolari di semplice lasciapassare, il Ministero degli Affari Esteri possa comunque rilasciare visti di reingresso.

ART.5

Comma 3:

Credo che sia eccessivamente gravoso prevedere che il privato si debba accollare anche le spese per il rimpatrio e l’iscrizione al SSN. Perché non pensare che per queste spese si possa attingere al fondo per le politiche migratorie di cui al TU 286? Il famoso "vecchio" fondo inps della legge 943 non è forse confluito nel fondo per le politiche migratorie?

Se si caricano troppo i privati è evidente che nessuno offrirà ospitalità.

Con riguardo, poi, alla competenza della Prefettura di verificare i requisiti e l’idoneità dei progetti, sarebbe meglio prevedere che tale verifica fosse svolta, sulla base di criteri standards indicati quantomeno in generale, da una commissione "prefetto-comuni-sindacati-assoc. localmente presenti che operano nel campo della tutela ai cittadini stranieri".

 

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Ci risentiamo presto. Un abbraccio

Nazzarena