CAMERA DEI DEPUTATI

N. 5585

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

SIGNORINI, GAMBATO


Abrogazione di disposizioni del testo unico delle

disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e

norme sulla condizione dello straniero, emanato con decreto

legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e nuove norme per il

coordinamento delle politiche sull'immigrazione fra i sindaci

ed i presidenti della provincia


Presentata il 21 gennaio 1999


 

PROGETTO DI LEGGE - N. 5585



Onorevoli Colleghi! - La Liga Veneta Repubblica con la presente proposta di legge intende proporre una disciplina che modifica le disposizioni della legge n. 40 del 1998, meglio nota come "legge Turco-Napolitano" e quindi del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, emanato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che ha unito tale recente normativa alle altre norme in materia di immigrazione già in vigore abrogando gran parte delle disposizioni. Con la presente proposta di legge attraverso un lavoro di abrogazioni mirate, quasi "in punta di bisturi", si propone la abrogazione di articoli, commi, periodi o semplicemente di alcune parole del citato testo unico in materia di immigrazione, emanato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, mutandone, però, sostanzialmente la efficacia. In questo modo non si annulla l'organicità della disciplina, ma si eliminano tutte quelle parti che in sede di applicazione pratica della nuova disciplina introdotta dalla legge n. 40 del 1998 hanno dimostrato di non funzionare.
La legge sull'immigrazione non è tutta da buttare. Ci sono delle parti molto valide laddove esse considerano i lavoratori stranieri come una "risorsa" per la nostra economia disciplinandone le modalità di ingresso e il loro inserimento nel mondo del lavoro. Si propone quindi di abrogare tutte quelle norme che discriminano tra cittadini italiani e cittadini extracomunitari, a favore di questi ultimi (accesso all'edilizia residenziale pubblica e alle strutture sanitarie). In particolare, si propone l'abrogazione del comma 4 dell'articolo 2, laddove si introduce il concetto che una disciplina di tipo centralista in materia di immigrazione possa imporsi alle norme regionali.
Si sopprime la carta di soggiorno, ingiusto privilegio che regala, dopo soli cinque anni, diritti (come, ad esempio, l'elettorato alle elezioni amministrative) ora raggiunti dopo dieci anni di permanenza sul nostro suolo con la cittadinanza italiana.
Si propone quindi l'abrogazione della lettera b) del comma 2 dell'articolo 19, che vieta l'espulsione per i titolari di carta di soggiorno e della lettera c) del medesimo comma, che vieta l'espulsione degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge di nazionalità italiana. Se ci si trova di fronte a delinquenti o irregolari, non c'è ragione perchè questi rimangano in Italia.
Si propone altresì l'abrogazione dell'articolo 20 del citato testo unico emanato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che prevede misure di accoglienza per eventi eccezionali. Se si registrano circostanze eccezionali, devono intervenire gli organismi internazionali e, comunque, deve essere il Parlamento a decidere in proposito e non il Governo.
All'articolo 22 del citato testo unico è previsto che il lavoratore straniero che abbia perso il posto di lavoro possa ottenere un permesso di soggiorno per un periodo "non inferiore ad un anno". Riteniamo, invece, che il lavoratore straniero che non trovi un nuovo impiego che gli consenta di prorogare il permesso di soggiorno possa restare finchè il permesso originario non scade.
Si propone altresì l'abrogazione del comma 8 dell'articolo 29 del citato testo unico che prevede il rilascio del permesso di soggiorno presso le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, qualora entro novanta giorni le domande di nulla osta presentate presso le nostre questure non abbiano avuto risposta. L'ufficio stranieri della questura a cui lo straniero ha presentato una domanda potrebbe avere carichi di lavoro tali, in taluni periodi dell'anno, da non poter rientrare entro i novanta giorni. In conseguenza di ciò risulta facile a chiunque ottenere, presso le nostre rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero, un regolare permesso per "silenzio-assenso", senza averne però i requisiti.
Si propone altresì di abrogare il comma 4 dell'articolo 30 del citato testo unico, che prevede la concessione della carta di soggiorno allo straniero che sposi un cittadino italiano o straniero titolare di carta di soggiorno. Provate a pensare quanti falsi matrimoni tra giovani prostitute e vecchietti italiani o immigrati stranieri titolari di carta di soggiorno che, pur di rendersene disponibili, ne avrebbero in cambio anche un utile profitto.
L'articolo 35, al comma 5, dispone che: "L'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano". Come dire: se arriva in ospedale un albanese che, in seguito a una sparatoria nella pubblica via, sia stato ferito da arma da fuoco, a meno che non sia in punto di morte che necessiti il referto, non lo si può segnalare alla polizia.
L'articolo 40, al comma 5, sembra un pugno nello stomaco ai nostri cittadini poveri e ai nostri indigenti. Esso prevede infatti lo stanziamento di fondi per la costruzione di apposite abitazioni da destinare esclusivamente agli stranieri. E' pertanto da abrogare.
L'articolo 43 del citato testo unico, alla rubrica recita: "Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi", non limitandosi ad introdurre principi generali contro le discriminazioni razziali. La filosofia di questo articolo sembra essere quella che gli italiani siano generalmente un popolo di razzisti e che, a motivo di ciò, vadano puniti. Poiché siano convinti del contrario, cioè che se esistono fenomeni di intolleranza o di razzismo questi si manifestino in una sparuta minoranza, ne proponiamo la soppressione. Le leggi per punire gli imbecilli e i razzisti ci sono già.
Giungiamo infine all'articolo 44 del citato testo unico, che riguarda l'azione civile contro la discriminazione. Basta leggere il comma 9, che riportiamo testualmente, per capire la pericolosità della norma nei confronti dei cittadini italiani: "Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza a proprio danno del comportamento discriminatorio in ragione della razza, del gruppo etnico o linguistico, della provenienza geografica, della confessione religiosa o della cittadinanza può dedurre elementi di fatto anche a carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi contributivi, alla assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti dell'azienda interessata. Il giudice valuta i fatti dedotti nei limiti di cui all'articolo 2729, primo comma, del codice civile". Occorre segnalare il comma 10 del medesimo articolo, che prevede: "Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto o un comportamento discriminatorio di carattere collettivo, anche in casi in cui non siano individuabili in modo immediato e diretto i lavoratori lesi dalle discriminazioni, il ricorso può essere presentato dalle rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale". Norme semplicemente assurde, che colpevolizzano quei cittadini che non sono extracomunitari, da abrogare.
Si propone, infine, di abrogare l'articolo 46 del citato testo unico, che ha istituito una costosa, centralista e anacronistica commissione per le politiche di integrazione.
Per quanto riguarda le espulsioni, siamo convinti che mediante le diverse abrogazioni proposte dei vari articoli del testo unico resti in vita una disciplina più efficace e di più facile attuazione, forti anche dell'esperienza in materia, specie per quanto riguarda le espulsioni, prima della legge "Martelli" e poi del decreto "Dini" ed ora della prima applicazione della legge "Turco-Napolitano".
Si deve evitare di considerare il cittadino straniero un soggetto debole che va continuamente sottoposto a tutela. Il cittadino straniero è da considerare come il cittadino italiano, se lavora e accetta regole delle nostre comunità. Rischiamo, invece, di trovarci di fronte a un razzismo alla rovescia quando vediamo, tanto per citare un esempio, il Corpo della Guardia di finanza controllare a tappeto i negozi dei commercianti italiani, mentre lascia che gli extracomunitari vendano, lungo le strade, in improvvisati banchi sprovvisti di autorizzazione, sforniti di registratori fiscali, merce che, nella maggior parte dei casi, è oltretutto rubata o contraffatta.
Si snelliscono, inoltre, le procedure per le espulsioni dei clandestini. Le forme di espulsione di cittadini stranieri indesiderati che all'atto pratico hanno trovato una migliore applicazione sono quelle in via amministrativa. Su queste bisogna puntare, abrogando invece le disposizioni che rinviano tali oneri alla autorità giudiziaria, essendo già la giustizia italiana oberata da tanti e importanti compiti. Gli ingressi e le sanatorie saranno così possibili solo in presenza di una reale richiesta di immigrati per la collocazione nel mondo del lavoro. Sarà concessa l'iscrizione al collocamento per tipo di lavoro e per qualifiche, per periodi non superiori al periodo rimanente del permesso già accordato, onde prevenire false regolarizzazioni e permessi fasulli.
Si prevedono poi nella presente proposta di legge nuovi poteri per i sindaci e per i presidenti della provincia. A questi spetterà il coordinamento delle politiche sull'immigrazione nel territorio di competenza.
Nelle grandi città con più di 100 mila abitanti la competenza sulle politiche relative all'immigrazione e sul coordinamento delle forze preposte all'ordine pubblico diventa del sindaco, nel resto del territorio provinciale, essa è attribuita al presidente della provincia.
Saranno il sindaco e il presidente alla provincia - cittadini eletti e che torneranno su questi temi alla prova del voto elettorale - a decidere, secondo competenza, quanti immigrati saranno necessari nel territorio da essi controllato e monitorato.
Saranno essi a coordinare le Forze dell'ordine per il controllo delle identità degli immigrati e per la loro eventuale espulsione. Saranno loro che si faranno carico di istituire degli appositi uffici stranieri per le incombenze che ora pesano sulle questure. Presso gli stessi enti locali verranno istituiti, quindi, uno o più uffici stranieri con archivi elettronici fotodattiloscopici. Si risolve in questo modo il sovraintasamento per eccesso di lavoro degli uffici stranieri, attualmente presenti solo nelle questure. Questo consentirà, inoltre, ai lavoratori stranieri onesti di ottenere rapidamente la documentazione loro necessaria e alle Forze dell'ordine di individuare con rapidità i clandestini e gli indesiderati da espellere. Le responsabilità politiche di quello che avviene sul territorio, in positivo o in negativo, saranno quindi chiare e ben evidenziabili, senza che si debba assistere al consueto vizio italiano dello "scaricabarile".
Essendo veneti, siamo forti dell'esperienza che, anni addietro, ha vissuto la nostra gente emigrando in altre parti del mondo. Nei cinque continenti dove si sono recati per cercare migliori condizioni di vita di quelle che in Patria non riuscivano ad avere, i veneti non hanno trovato favori o facili concessioni. Si sono guadagnati con il sudore della fronte la cittadinanza del nuovo Paese dimostrando di rispettare le regole del Paese che li aveva accolti.
Non si propone quindi, come qualcuno un po' improvvidamente ha fatto, un referendum per la abrogazione integrale del testo unico in materia di immigrazione - che farebbe oltretutto rivivere la aborrita legge "Martelli" - ma si propongano nuove norme e abrogazioni mirate, dalla parte del cittadino.
Bisogna comprendere, che l'Italia non è un Paese razzista e bisogna operare in maniera tale che non lo diventi. L'operaio albanese che lavora, che paga le tasse, che paga l'affitto e le rate della macchina, condivide esattamente gli stessi problemi dell'operaio italiano e con questi solidarizza. Non è quindi nemmeno un problema di quanti immigrati vogliamo accogliere. Il problema è di quanti possiamo accoglierne garantendo loro una esistenza dignitosa, una casa, un lavoro, la possibilità di costituire una famiglia. Solo avvicinando il problema al territorio (per questo è importantissimo affidare il coordinamento delle politiche sull'immigrazione ai sindaci e ai presidenti della provincia, nei territori di rispettiva competenza) si aiutano gli immigrati e non si penalizzano i cittadini italiani.
Dopo la approvazione della presente proposta di legge resterà quindi in vita una disciplina organica in materia di immigrazione per rendere ai cittadini, che lo chiedono a gran voce, una qualità della vita assolutamente migliore.