(Sergio Briguglio 9/3/1999)

 

UN MODELLO PER UN DIMENSIONAMENTO OTTIMALE

DEI FLUSSI MIGRATORI

 

In questa nota ci proponiamo di descrivere, mediante l'analisi di un modello estremamente semplificato del mercato del lavoro nazionale (ma pure capace di tener conto degli elementi piu' rilevanti in relazione all'ingresso di immigrati), una possibile strategia di politica dell'immigrazione.

Rappresentiamo il mercato del lavoro - che assumiamo, per semplicita', essere un mercato libero - in termini di due variabili (vedi Fig. 1): il salario (S) e la quantita' di lavoro (Q). Nel caso in cui le frontiere siano completamente chiuse, in presenza di una certa domanda di lavoro (la curva d) e di una certa offerta da parte dei lavoratori nazionali (la curva o), si ottiene un equilibrio corrispondente a un salario S0 e a una quantita' di lavoro Q0. Con l'equilibrio raggiunto, il guadagno netto dei datori di lavoro e quello dei lavoratori nazionali sono proporzionali alle aree racchiuse dai triangoli ABC e BCO rispettivamente, dal momento che tali aree misurano il divario tra quanto lavoratori e datori di lavoro ricevono o spendono e quanto sarebbero disposti a ricevere o spendere, rispettivamente, per il lavoro venduto o acquistato. Nessun guadagno netto va invece, ovviamente, ai lavoratori stranieri, che dal sistema sono esclusi.

 

Supponiamo ora che che si aprano le frontiere e faccia ingresso nel sistema una certa quantita' di lavoratori stranieri. L'effetto e' ovviamente quello di un aumento, per ciascun valore del salario, dell'offerta di lavoro, con uno spostamento della curva corrispondente verso destra e verso il basso (curva o1). In queste condizioni il salario di equilibrio si abbassa (S1) e la quantita' di lavoro effettuata aumenta (Q1). Rispetto al caso precedente, il guadagno netto delle parti in gioco cambia significativamente. Si vede dalla figura come quello dei lavoratori nazionali diminuisca della quantita' rappresentata dall'area del trapezio BCED. Il guadagno netto dei lavoratori stranieri aumenta in misura data dall'area del triangolo EOF. Quello dei datori di lavoro, infine, aumenta della quantita' corrispondente al trapezio BCFD. Una simile situazione e' evidentemente vantaggiosa dal punto di vista dello sviluppo economico (la quantita' di lavoro effettuato e, quindi, la produzione aumentano). Non presenta forme di discriminazione tra lavoratori stranieri e lavoratori nazionali (tutti sono trattati nello stesso modo). E' pero' evidente come i livelli di protezione sociale dei lavoratori nazionali siano messi in serio pericolo, in corrispondenza alla rilevante perdita di guadagno della categoria. Il tentativo di salvare quei livelli puo' muoversi per due distinte strade.

La prima e' quella attualmente sposata dalle istituzioni europee e tollerata dalla grande maggioranza dei partiti politici e degli organismi che si muovono in difesa degli immigrati. Si tratta, banalmente, del ripristino della condizione di frontiere chiuse, analizzata in precedenza. Questo puo' essere ottenuto in modo diretto o con l'adozione di equivalenti misure protezionistiche: non vi e' molta differenza - come tutti ormai hanno capito - tra il dire "non entra nessun immigrato" e il dire "entrano quegli immigrati che siano stati chiamati nominativamente, risiedendo ancora all'estero, da un datore di lavoro europeo che non hanno mai incontrato in precedenza". E' pero' evidente come, per questa via, e' giocoforza rinunciare al possibile sviluppo economico e annullare il vantaggio che dall'apertura delle frontiere derivava ai lavoratori stranieri.

La soluzione alternativa muove dalla considerazione che, nel passaggio da frontiere chiuse a frontiere aperte, quanto perso dai lavoratori nazionali e' pienamente intercettato dai datori di lavoro, senza pero' esaurire l'ammontare del guadagno di questi ultimi: l'aumento di guadagno dei datori di lavoro puo' essere considerato infatti come la somma dell'area del trapezio BCED (pari alla perdita dei lavoratori nazionali) e di quella del triangolo ECF. E' possibile allora, pur lasciando che le frontiere restino aperte, ricompensare i lavoratori nazionali con opportuni trasferimenti (sotto forma di sussidi, servizi, etc.) a carico dei datori di lavoro, dell'intero guadagno perso con l'ingresso dei lavoratori stranieri.

Questa scelta, che richiede misure di politica fiscale piuttosto che di classica politica di immigrazione, permette di dare positiva risposta all'esigenza di sviluppo economico e a quella di tutela dei livelli di protezione dei cittadini nazionali. E' pur vero che, in questo caso, si istituzionalizza una discriminazione tra i lavoratori nazionali e quelli stranieri (sono solo i primi a beneficiare dei sussidi e dei servizi); tuttavia deve essere tenuto presente come, rispetto alla scelta precedente (frontiere chiuse), due categorie - i lavoratori stranieri e i datori di lavoro - ottengano un vantaggio netto, l'altra - i lavoratori nazionali - non perda nulla. Una difesa del principio di non discriminazione che si traduca di fatto nella chiusura delle frontiere e che lasci fuori dalla porta coloro che pretende di non discriminare sul territorio nazionale difficilmente potrebbe quindi difendersi dall'accusa di paternalismo.

Una soluzione fondata sulla liberta' di attraversamento delle frontiere ha il pregio di sgombrare il campo dai problemi e dai costi associati alle misure di repressione dell'immigrazione illegale. E' pero' indiscutibile che il modello qui presentato e' sovrasemplificato e necessita, in ogni caso, di correzioni. Ci limitiamo, nel seguito, a esaminare quella associata al problema del minimo vitale.

Ciascun lavoratore deve garantirsi almeno il pareggio nel bilancio quotidiano tra le risorse che ottiene dall'esterno e quelle consumate per vivere. Fanno parte delle entrate le risorse ricavate dal lavoro, quelle eventualmente provenienti da sussidi pubblici e quelle ottenute mediante prestiti. Le uscite sono costituite dalla "spesa di riposo" (l'energia, cioe', consumata - sotto forma di alimentazione, riscaldamento, etc. - per il semplice fatto di vivere), dalla fatica fatta per lavorare, dagli eventuali interessi passivi - quelli, cioe', che devono essere pagati sulle risorse ottenute in prestito.

In Fig. 2 e' considerato il caso del singolo individuo. Al salario di equilibrio del mercato, S0, corrisponde una quantita' di lavoro offerta pari a q0. Il guadagno netto ottenuto dal lavoro (area ABO) puo' essere visto come differenza tra le risorse ricavate dal lavoro (area ABCO, prodotto del valore del salario orario e del numero di ore effettuate) e la fatica compiuta per lavorare (area OBC). Considerando unicamente queste due voci, il bilancio del lavoratore risulta in attivo, quale che sia il valore del salario e quello della corrispondente quantita' di lavoro effettuata. In realta', tuttavia, parte dell'attivo ottenuto dal lavoratore e' consumata dal lavoratore per vivere (spesa di riposo) e per pagare gli interessi sui debiti contratti in precedenza. E' possibile individuare un valore di soglia del salario - salario di sopravvivenza, Ss - tale che il guadagno netto (area OED) che il lavoratore otterrebbe ove lo percepisse effettuando la quantita' di lavoro corrispondente bilanci esattamente spesa di riposo e interessi sui debiti.

Nel grafico relativo all'intero mercato del lavoro (Fig. 3) possiamo allora riportare, oltre alle curve relative alla domanda e all'offerta di lavoro, la curva AB corrispondente al salario di sopravvivenza. Se il punto di equilibrio tra domanda e offerta cade al di sopra del punto B (come in figura) tutti i lavoratori ottengono dal lavoro risorse sufficienti a compensare pienamente la fatica compiuta e a coprire la spesa di riposo (e gli eventuali interessi sui debiti). Se invece il punto di equilibrio cade al di sotto del punto B il valore del salario di equilibrio risulta inferiore a quello di sopravvivenza e i lavoratori non riescono a ottenere il pareggio tra entrate e uscite.

Un individuo per il quale le uscite sopravanzino le entrate e' costretto a contrarre nuovi debiti per pareggiare il conto. Questo si tradurra' in un aggravio della voce interessi passivi e in una crescita esponenziale del debito contratto. Rapidamente la posizione del lavoratore "sotto soglia" diventa insostenibile.

Tornando alla situazione relativa alla scelta di apertura delle frontiere, vediamo come esista il rischio che, in presenza di una offerta di lavoro straniera molto ampia (corrispondente auna curva di offerta complessiva o1), il salario di equilibrio risulti inferiore a quello di sopravvivenza (Fig. 4). Mentre la condizione dei lavoratori nazionali sarebbe comunque salvaguardata dai trasferimenti atti a restituire loro i livelli di benessere propri della situazione a frontiere chiuse, quella dei lavoratori stranieri risulterebbe, in questo caso, drammatica. Allo scopo di evitare che, trovandosi al di sotto della soglia di sopravvivenza, tali lavoratori cadano nelle mani degli usurai o della criminalita' organizzata o restino condannati a una situazione di intollerabile marginalita', puo' essere opportuno apportare dei correttivi alla soluzione di completa apertura delle frontiere prima prospettata.

La scelta piu' immediata corrisponde a limitare l'apertura delle frontiere a un livello tale da consentire che il salario di equilibrio sia non inferiore a quello di sopravvivenza. In Fig. 4 questa situazione e' rappresentata dalla curva di offerta o2.

Naturalmente, l'introduzione di limiti sui flussi legalmente ammessi comporta il ripristino delle misure repressive contro l'ingresso o la permanenza di immigrati non autorizzati a soggiornare. Una misura che viene spesso adottata nei confronti dei lavoratori stranieri consiste nel pretendere, ai fini del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, la dimostrazione, da parte dello straniero, della disponibilita' di un reddito non inferiore a quello tipicamente considerato necessario per la sopravvivenza. Un'ulteriore precauzione puo' tradursi nell'esigere, ai fini del rilascio del visto di ingresso, la dimostrazione del possesso di un titolo di viaggio di andata e ritorno, da utilizzare in caso di urgenza di rimpatrio. In tal modo si provvede all'allontanamento dei soggetti piu' deboli, prevenendo forme di uscita dal mercato piu' drammatiche. E' evidente, pero', come niente assicuri che i lavoratori stranieri allontanati dal sistema pervengano a condizioni qualitativamente migliori di quelle la cui costituzione si e', con l'allontanamento, prevenuta. Anche l'erogazione di contributi per un rimpatrio agevolato, poi, puo' risultare discutibile, per gli effetti distorsivi sul mercato del lavoro del paese d'origine del lavoratore.

Alla luce di queste considerazioni, e' possibile individuare una diversa soluzione, che potrebbe servire da guida alla definizione di una politica dell'immigrazione che massimizzi il vantaggio dei lavoratori stranieri sotto il vincolo rappresentato dalla necessita' di evitare la formazione di situazioni di marginalita' estrema nella societa' di accoglienza. La soluzione e' fondata sull'erogazione di sussidi atti a colmare, per ciascun lavoratore straniero sotto soglia, cio' che manca al salario di sopravvivenza. Con riferimento alla Fig. 5, si tratta, una volta garantiti i lavoratori nazionali con la restituzione delle risorse perdute per l'ingresso dei lavoratori stranieri (l'area ABCD), di erogare sussidi per un ammontare complessivo pari all'area EGHD.

Naturalmente, l'erogazione di sussidi comporta il ricorso a risorse che qualcuno deve mettere in gioco. Dalla figura si vede come parte dell'ammontare complessivo dei sussidi (l'area del trapezio EFHD) puo' essere certamente coperta ricorrendo al supplemento di risorse di cui i datori di lavoro continuano a godere anche a valle del trasferimento a vantaggio dei lavoratori nazionali.

La possibilita' di coprire l'ulteriore porzione (l'area del triangolo FGH) senza intaccare le risorse di cui lavoratori nazionali e datori di lavoro godevano in condizioni di frontiere chiuse e' condizionata al fatto che tale porzione sia inferiore a quanto resta, del guadagno derivante dall'apertura delle frontiere, ai datori di lavoro (area BEF). Questo introduce, ancora una volta, un limite all'apertura delle frontiere; lo spostamento verso destra della curva di offerta complessiva causerebbe infatti una crescita della porzione da colmare, senza che questo si traduca in una corrispondente crescita del guadagno residuo dei datori di lavoro.

Possiamo pervenire ad una definizione quantitativa (sia pure nell'ambito del presente modello elementare) dell'apertura massima accettabile. Siano, rispettivamente,

S = SD - mD Q

S = mN Q

S = mC Q

le equazioni della curva di domanda, della curva di offerta dei lavoratori nazionali e della curva di offerta complessiva (lavoratori nazionali e stranieri). Dato il vincolo descritto, un certo livello di apertura delle frontiere e' tollerabile se l'area FGH non supera l'area BEF. Si puo' dimostrare facilmente che, detto

f = LS / LN

il rapporto tra il numero di lavoratori stranieri e quello di lavoratori nazionali,

a = mD / mN

il rapporto tra l'elasticita' dell'offerta di lavoro dei lavoratori nazionali e quella della domanda di lavoro dei datori di lavoro, e

b = SD / Ss

il rapporto tra il valore del salario per il quale la domanda di lavoro si azzera e quello del salario di sopravvivenza, tale condizione si traduce nella diseguaglianza seguente:

f < f0 = (1/a) (1/(a+1)) (b2 - (a+1)2).

Si vede come il valore limite (f0) di tale rapporto risulti tanto piu' elevato quanto piu piccolo sia a e quanto piu' alto sia b (quanto piu' alta, cioe', sia la domanda di lavoro, quanto piu' compressa l'offerta dei lavoratori nazionali, e quanto piu' basso il valore del salario di sopravvivenza Ss).

La scelta piu' drastica (con esclusione di sussidi) avrebbe fornito invece il valore

f1 = (1/a) (b - (a+1)).

Il rapporto tra i due livelli di apertura e' dato allora da

f0 / f1 = 1 + b/(a+1).

Tale rapporto e' evidentemente sempre maggiore di 1, e puo' raggiungere valori molto alti in caso di domanda di lavoro sufficientemente elevata.

Osserviamo come la scelta della strategia con sussidi (livello f0) corrisponda al massimo vantaggio per i lavoratori stranieri compatibile con la conservazione dei livelli di benessere goduti dai lavoratori nazionali e dai datori di lavoro prima dell'apertura delle frontiere. E' utile sottolineare come sia lo stesso ingresso dei lavoratori stranieri a mettere in gioco le risorse utilizzate per l'erogazione dei sussidi necessari per la loro sopravvivenza.

La scelta della strategia senza sussidi (livello f1), invece, massimizza il vantaggio dei datori di lavoro sotto il vincolo della conservazione del benessere dei lavoratori nazionali.

Fermo restando che, una volta adottata una delle strategie qui delineate, nell'ambito del modello semplificato considerato non vi sono controindicazioni rispetto all'ammissione di tutti i lavoratori stranieri eventualmente mancanti al raggiungimento dei livelli di apertura voluti, e' interessante derivare il numero di ingressi necessari a ripristinare il livello massimo accettabile in caso di variazione delle condizioni del mercato. Supponendo che, a partire da una condizione di massima apertura accettabile, si registri, nel corso di un anno, una variazione DLN del numero di lavoratori nazionali, una variazione DmD della pendenza della curva di domanda, e una variazione Db del rapporto tra il salario massimo tollerato dai datori di lavoro e quello di sopravvivenza, la quota annuale - DLs - di lavoratori stranieri richiesta per ripristinare quella condizione e' data - nell'ambito della strategia con sussidi - da

DLs0 = - (1+b2/(a+1)2) DLN - (Ls + LN (1+b2/(a+1)2)) DmD/mD + 2 LN b Db/(a(a+1)).

Qualora si adottasse invece la strategia senza sussidi , si otterrebbe

DLs1 = - DLN - LN ((b-1)/a) DmD/mD + LN Db/a.

Trascurando le variazioni della domanda e del salario di sopravvivenza, queste espressioni consentono di determinare le quote annuali atte a compensare l'effetto di un invecchiamento della popolazione nazionale (DLN < 0), riducendosi alle seguenti:

DLs0 = - (1+b2/(a+1)2) DLN

e

DLs1 = - DLN.

Si vede anche in questo caso come l'entita' delle quote sia maggiore nell'ambito della strategia con sussidi.