INTERROGAZIONE

 

Al Ministro degli Interni

 

Per sapere

 

Premesso che

 

i Centri di permanenza temporanea per stranieri in via di espulsione previsti dalla legge 40 del 1998 sono vere e proprie forme di detenzione per soggetti che non hanno commesso alcun reato;

solo da pochi giorni è in vigore il regolamento attuativo della suddetta legge;

ne consegue che da quando esistono la gestione dei centri è avvenuta al di fuori da ogni norma;

la gestione è stata di fatto lasciata all'ampia discrezionalità dell'autorità amministrativa operativa, il questore, che a sua volta, ha delegato molto spesso la amministrazione del centro ad ufficiali della Croce rossa che così sono divenuti la massima autorità del centro;

anche nei centri di detenzione gestiti da organizzazioni non governative indipendenti, questi luoghi si sono trasformati inevitabilmente in spazi dove si sono riprodotti continuamente episodi di autolesionismo, tentativi di suicidio, violenze tra internati e sugli internati, e maltrattamenti di vario tipo;

gli stranieri in attesa di espulsione ristretti nei centri non sono di solito informati circa i loro diritti, la durata del periodo di permanenza forzata, e soprattutto la possibilità di presentare ricorso contro i provvedimenti di espulsione entro 5 giorni dal loro internamento;

questi "centri", pur non essendo definiti carceri, sono ugualmente luoghi di restrizione della libertà personale;

a differenza delle carceri non vi sono state sinora regole certe al proprio interno, sono risultati privi di operatori qualificati, di un'assistenza sanitaria e psicologica adeguata; non sono state date informazioni agli stranieri sui loro diritti, né vi è stata sinora possibilità di vedere assicurato il diritto di difesa e di incontrare i propri familiari o amici;

la applicazione delle regole interne è pertanto stata discrezionalmente sinora affidata ai militari della Croce Rossa o, nei casi migliori, ai volontari delle organizzazioni non governative;

neanche i parlamentari possono entrare in questi centri mentre è notoriamente loro accordato il diritto di visitare gli istituti penitenziari;

in molti casi non è assicurata la presenza dell'interprete, né di personale femminile;

sui Centri di detenzione amministrativa, ed in particolare sul Centro di via Corelli di Milano, si sono succedute vivaci polemiche a seguito di notizie di stampa riguardanti gravi episodi di maltrattamenti, di violenze e di condizioni igienico-sanitarie indecenti;

nei mesi corsi il Centro di Trieste è stato definitivamente chiuso con decisione ministeriale a seguito di accertate condizioni di vita inaccettabili;

il Centro delle Culture di Milano, a seguito di visite sistematiche effettuate al Centro di via Corelli, ha svolto una serie di interviste. Su 100 immigrati ristretti presso il Centro è risultato fra l'altro che: 18 persone non fossero a conoscenza della possibilità di inoltrare un ricorso avverso il provvedimento di espulsione, 5 erano in possesso di passaporto valido, 9 erano in possesso di regolare ricevuta per il ritiro del permesso di soggiorno, 5 in attesa di un processo in quanto imputati di reati, 2 i richiedenti asilo politico;

questi dati evidenziano la utilizzazione dei centri per finalità diverse rispetto a quelle previste dalla legge, ossia per internarvi quelli che nelle cronache milanesi di Repubblica sono stati chiamati arresti facili da poliziotti e magistrati;

nel corso di una visita al Centro di via Corelli a Milano avvenuta il 25 settembre 1999 da parte di una delegazione di volontari, sono state raccolte testimonianze di decine di persone internate da 2 a 5 volte, il che fa pensare ad un uso dell'internamento in tali centri contrario alle finalità originarie della legge;

notizie di scarsa igiene, di violenze e di atti di autolesionismo e di tentati suicidi sono giunte anche dagli altri centri di permanenza temporanea;

gli articoli 20, 21 e 22 dello schema di regolamento di attuazione del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, con le modifiche conseguenti alle osservazioni della Corte dei Conti, riguardano il trattenimento nei centri di permanenza temporanea e assistenza;

l'articolo 21 prevede che sia il prefetto, sentito il questore, a dettare le disposizioni occorrenti per la regolare convivenza all'interno del centro, ivi comprese quelle relative alle modalità di erogazione dei servizi predisposte per le esigenze fondamentali di cura, assistenza, promozione umana e sociale;

in base all'articolo 22 il prefetto della provincia, in cui è istituito il Centro di permanenza temporanea ed assistenza, provvede all'attivazione e alla gestione dello stesso anche mediante la stipula di apposite convenzioni con l'ente locale o con soggetti pubblici o privati che possono avvalersi dell'attività di altri enti, di associazioni di volontariato e di cooperative di solidarietà sociale. Per la realizzazione dei Centri il Prefetto può procedere finanche all'acquisto di edifici o aree;

tali articoli configurano una vera e propria indebita privatizzazione dei centri, e di conseguenza una forma inaccettabile di privatizzazione di attività di polizia incidenti sulla libertà di movimento delle persone;

il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura (CPT) ha più volte sottolineato il pericolo che forme di detenzione non regolamentate e non conseguenti alla commissione di reato configurino ipotesi di trattamento inumano;

nell'ultimo Rapporto del CPT riguardante l'Italia è stata ad esempio evidenziata la drammatica situazione presente nei centri di detenzione per immigrati in attesa di espulsione negli aeroporti ove non erano garantiti neanche i materassi ed i due pasti quotidiani, se non per il buon cuore di alcune compagnie aeree;

la presenza dei Centri rischia di ridurre gli spazi ed i fondi per l'accoglienza a favore di immigrati e profughi;

in Toscana, nel centro di accoglienza allestito per profughi rom e kosovari di Vallescaia, a Rosignano Marittimo, il Ministro degli Interni avrebbe intenzione di collocare al suo posto un centro di detenzione temporanea;

gli assessori della regione Toscana alla cultura ed alle politiche sociali hanno espresso il loro dissenso, al pari delle associazioni che si occupano di immigrazione ed anti-razzismo in quanto tale scelta comporterebbe il rischio di vedere compromesso un lungo lavoro di integrazione culturale e di solidarietà (nella vicinissima Cecina si tiene ogni anno infatti il meeting nazionale anti-razzista organizzato dall'Arci)

quali e quanti ad oggi sono i Centri di permanenza temporanea e assistenza;

quali sono le aree ove si intende realizzare nuovi centri di permanenza temporanea e assistenza;

quale è il numero complessivo di immigrati sinora ristretti e le ragioni del provvedimento di intrattenimento presso i Centri;

quanti stranieri sono stati internati più volte e per quali ragioni;

quanti sono stati gli episodi di suicidio, tentato suicidio e autolesionismo;

se non ritiene che la decisione di trasformare l'area di accoglienza per profughi di Rosignano in un centro di detenzione sia contraria ad una logica di integrazione culturale fra popoli e di mutua solidarietà;

se intende prendere in considerazione la possibile abolizione di questi centri in quanto spesso luoghi ove, alla luce di quanto sinora accaduto, sono sistematiche le violazioni dei diritti fondamentali della persona.

 

 

Salvato, Manconi, Marchetti, Russo Spena

24 novembre 1999