Il bivio: discriminazione o umanizzazione
Le disparità economiche presenti ormai su scala planetaria hanno come diretta conseguenza lo spostamento di gruppi umani, in fuga da situazioni disperate e nella comprensibile ricerca di condizioni di vita più umane. Di fronte a questo fenomeno, non certo nuovo ma comunque in palese crescita, appaiono in evidente crisi i concetti di confine tra gli stati e di definizione della presenza delle popolazioni sul territorio; in realtà la vera profonda crisi riguarda lo stesso sistema socio-economico che genera queste abnormi diseguaglianze, che unite al cambiamento delle comunicazioni e delle possibilità di spostamento, contribuiscono inequivocabilmente al recente aumento del fenomeno migratorio.
Si tratta di un fenomeno che nella storia ha sempre subito oppressione e sfruttamento.
Oppresso perché la carica di innovazione culturale e la multiformità rappresentano un pericolo per una società costruita per l'interesse economico di pochi. Per questo i governi degli stati hanno usato tutti gli strumenti a loro disposizione, dai mezzi di comunicazione a quelli legislativi, per spostare il problema della presenza degli immigrati dal piano reale (ovvero la discutibilità di un sistema disumano e dei suoi governanti) a uno fittizio, dell'immigrato come pericolo, sobillando la cosiddetta guerra dei poveri. Gli strumenti di questa oppressione in passato erano più diretti, oggi sono più sottili ma comunque sempre carichi della stessa violenza discriminatoria.
Allo stesso tempo gli immigrati rappresentano una risorsa inestimabile come manodopera a buon prezzo e disponibile anche ai lavori più pericolosi. Dallo schiavismo, passando per il colonialismo e arrivando alle ultime leggi sull'immigrazione, gli immigrati si ritrovano sempre oggetto di sfruttamento nel campo lavorativo.
Nonostante la complessità della situazione sembra non offrire vie d'uscita, si profila in maniera sempre più chiara un bivio tra l'esasperazione di un modello basato sul potere economico di pochi su molti, e la ricostruzione di una società multiforme fondata su valori comuni alle varie culture, nella direzione di un mondo umano universale.
E' un bivio che appare anche all'interno di situazioni contingenti e specifiche, come quelle che affrontano quotidianamente gli immigrati, dove è altrettanto importante contrapporre alla logica discriminatoria imposta dal potere economico un modello interculturale, che fra l'altro trae fondamento da valori radicati profondamente all'interno degli esseri umani.
La discriminazione in atto
La discriminazione trova la sua attuazione in vari campi, economico, sociale, personale, e per permetterne l'esistenza riceve anche un supporto giuridico da parte dei governi che, in questo ambito, sembrano muoversi con impressionante omogeneità.
Nonostante le convenzioni internazionali e le costituzioni nazionali, che assicurano pari diritti a tutti, assistiamo all'affermarsi di leggi sull'immigrazione sempre più discriminatorie e alla comparsa di "centri di detenzione temporanea" che nella concezione ricordano tristemente luoghi simili appartenenti ad un tempo non molto lontano, nel quale erano conosciuti col nome di lager.
Proprio la privazione ingiustificata e arbitraria dei più fondamentali diritti umani costituisce l'aspetto più scandaloso e irritante della situazione che questo documento vuole denunciare.
Sembra che la risposta delle istituzioni di fronte al fenomeno delle migrazioni sia univoca: rendere la vita impossibile agli immigrati, negando loro i diritti fondamentali come la libertà, la casa, il lavoro, l'assistenza sanitaria e legale, ecc ecc.
E' evidente che questa risposta è frutto di una visione del mondo e degli uomini incentrata su interessi meramente economici di quei pochi che, guarda caso, detengono anche i mezzi informativi che accompagnano la descrizione del fenomeno, con campagne perfettamente in linea nel descrivere gli immigrati come un pericolo criminale.
D'altra parte questo comportamento è di per sé contraddittorio, in quanto è evidente che sono proprio gli immigrati a fornire quelle risorse economiche e lavorative ormai indiscutibilmente necessarie. Ma quando parliamo di interessi economici che condizionano le politiche discriminatorie, non ci riferiamo certo all'economia globale, intesa come miglioramento delle condizioni di vita di tutti, ma all'economia "personale", intesa come dimensioni del conto in banca di chi decide le odierne politiche sull'immigrazione.
Si tratta di un atteggiamento che non ha futuro, che a breve termine colpisce soprattutto gli immigrati più deboli ma che a lungo andare coinvolgerà tutti, senza distinzioni; questo atteggiamento deve essere messo in discussione non solo nei suoi aspetti più evidentemente discriminatori, ma nella sua globalità.
Proprio per questo l'affermazione di un progetto globale che ponga l'essere umano come valore centrale acquista fondamentale importanza, proponendosi come nuovo modello di sviluppo sociale.
Il Centro delle Culture è un'iniziativa del Movimento Umanista che da anni lotta contro ogni forma di discriminazione, proponendo il dialogo tra le culture e la diffusione del Nuovo Umanesimo e affermando il valore comune dell'essere umano come prioritario, in contrapposizione al sistema denaro-centrico che crea le abominevoli discriminazioni oggetto di questo documento.
Le leggi sull'immigrazione a livello europeo
Non mancano gli strumenti legislativi che difendono i diritti dei migranti, anzi, le varie convenzioni e dichiarazioni universali parlano fin troppo chiaro, e ad esse tutti gli stati hanno aderito. Esistono anche organismi internazionali sovrastatali che dovrebbero sorvegliare sull'applicazione delle convenzioni sui diritti umani, ma la loro forte politicizzazione e asservimento a logiche di potere, li rende praticamente inutili.
Di fronte a quanto sancito dalle leggi sull'immigrazione apparse in Europa in questi ultimi anni, viene da chiedersi quanta ipocrisia ci sia nell'adesione ai trattati internazionali, e quanta volontà di discriminare gli stranieri sia invece presente nelle leggi istituite all'interno dei vari paesi.
Non entriamo nel dettaglio legislativo dei singoli paesi, che richiederebbe una trattazione lunga e complessa, sebbene poche siano le differenze tra i vari stati.
Vogliamo invece segnalare i risultati derivati dall'applicazione di queste leggi discriminatorie, cominciando con un numero agghiacciante: 1021 morti.
Dal 1993 al 1998 sono infatti 1021 le morti documentate causate direttamente o indirettamente dall'applicazione delle leggi razziali degli stati europei: a volte accidentalmente, durante i tentativi di attraversare le frontiere, altre volte intenzionalmente, per le violenze della polizia, in particolare durante la deportazione nei loro paesi originari, o per carenza di adeguata assistenza sanitaria nei centri di detenzione, oppure suicidi per il rifiuto della domanda di asilo.
Si tratta, come detto, "solo" delle morti che è stato possibile documentare, e ci chiediamo quante siano in realtà, e quanta violenza venga attuata in tutte le sue forme dagli stati europei nei confronti degli immigrati extracomunitari.
Se approfondiamo l'analisi della legislazione e dei regolamenti in atto, troviamo poi dei punti in comune presenti in quasi tutti gli stati europei, che ne evidenziano gli intenti discriminatori.
- Trattamento alla frontiera
E' alla frontiera che succedono gli episodi più gravi, agevolati da un clima di tensione che le stesse forze di polizia contribuiscono a creare; l'intenzione evidente è di respingere quanti più ingressi possibile, senza offrire agli immigrati nessuna informazione sui loro diritti e sulle modalità di richiesta di asilo politico.
Inoltre spesso la polizia frontaliera ha poteri di espulsione immediata, liquidando in maniera sbrigativa anche chi avrebbe pieno diritto ad essere accolto, e che invece non può neanche usufruire di una minima assistenza legale.
- Difficoltà nell'ottenimento dell'asilo
L'asilo politico dovrebbe essere lo strumento principale di garanzia per molti immigrati, in realtà è diventato una chimera, circondata da leggende di enormi difficoltà burocratiche e tempi lunghissimi; la legislazione in merito è spesso contorta e poco chiara, favorendo interpretazioni "liquidatorie".
In molti stati vige l'assurda restrizione che lo straniero deve restare in un centro di detenzione mentre attende la valutazione della richiesta di asilo.
- Centri di detenzione temporanea, i nuovi lager
Questa creatura della fantasia discriminatoria di vari governi introduce un concetto molto pericoloso, ovvero che uno dei diritti fondamentali della persona, la libertà, possa essere limitato in conseguenza di un provvedimento amministrativo (quindi non di un reato).
La clandestinità viene di conseguenza associata alla criminalità anche nel trattamento restrittivo, che spesso ha anche caratteristiche di ulteriore discriminazione, in confronto a reati reali ben più gravi.
Nell'ottica perversa di chi li ha istituiti, non è da escludere poi che servano come esempio di risposta alle richieste di ordine e sicurezza che i mezzi di comunicazione montano attraverso campagne di "informazione" mirate.
- Nessuna politica di reale accoglienza
E' quasi grottesco osservare come siano previsti, nei nuovi ordinamenti giuridici sull'immigrazione, sia i centri di accoglienza che i centri di detenzione, ma solo i secondi vengono realizzati, mentre i primi restano sulla carta. La differenza negli investimenti testimonia una chiara volontà di rifiuto e non certo di accoglienza.
Vengono quindi a mancare quegli strumenti che permetterebbero agli immigrati di inserirsi nell'ambito sociale e lavorativo.
- Controllo del territorio
Alcuni stati hanno introdotto misure particolarmente severe per rendere impossibile la clandestinità, andando a colpire i servizi sociali, come l'assistenza sanitaria, che invece andrebbero assicurati a tutti. La tipica approssimazione per eccesso di questo genere di provvedimenti finisce per colpire anche chi si trova perfettamente in regola.
Un altro metodo utilizzato è l'attribuire poteri straordinari alle forze di pubblica sicurezza, che vanno ben al di là delle loro competenze. Questa libertà di azione contribuisce anche al verificarsi di numerosi episodi di ingiustificata violenza nei confronti degli stranieri.
- Espulsioni immediate
La fretta è la caratteristica comune presente in quasi tutti i trattamenti degli immigrati irregolari.
La giustificazione addotta è solitamente l'urgenza di provvedere ad una situazione di grave squilibrio o disordine pubblico. Si tratta di una scusa molto poco credibile, in base anche ai dati sui flussi migratori e sul loro impatto sociale. Piuttosto, verrebbe da sospettare che la fretta sia sintomo della volontà di nascondere le violazioni dei diritti umani che vengono perpetrate nei confronti degli stranieri.
Possiamo renderci conto di questo aspetto verificando come quasi tutti gli stati prevedano espulsioni immediate per reati anche futili commessi dagli stranieri (anche regolari), che si trovano così a vivere con la continua paura di essere espulsi, consapevoli anche del fatto che ciò potrebbe succedere in maniera molto sbrigativa, negando loro ogni possibilità di difesa legale.
- Accordi con i paesi di origine
A completare l'opera concorrono gli accordi stipulati con i paesi di origine degli immigrati, per far sì che accettino senza protestare i rimpatri, in cambio di aiuti economici, il più delle volte mirati a potenziare le forze di controllo invece che a migliorare la reale situazione della popolazione locale.
A conferma di quanto esposto finora, tracciamo una breve panoramica della situazione in alcuni stati europei, riportando episodi che anche nella loro sinteticità contribuiscono alla comprensione della situazione stessa.
Francia - La stampa imbavagliata
Cominciamo il nostro breve giro europeo dai nostri vicini d'oltralpe, con i quali condividiamo una legislazione sull'immigrazione molto simile in vari aspetti.
E' interessante notare come proprio in Francia siano maggiormente segnalati i casi di violenza contro i giornalisti che si siano in qualche modo impegnati nel documentare le ingiustizie perpetrate nei confronti degli stranieri. Sembra che questo irrigidimento nei confronti della stampa sia cominciato dall'estate 1997, quando ebbe vasta risonanza l'occupazione della chiesa di S.Bernard da parte di alcuni "sans-papiers". Come conseguenza le autorità da allora impediscono a giornalisti e fotografi di documentare i vari episodi legati a manifestazioni, deportazioni, incidenti nei centri di detenzione o negli aereoporti, e sono numerosi i casi in cui i giornalisti stessi sono stati trattati brutalmente, arrestati, trattenuti e interrogati per ore. Le macchine fotogafiche vengono sistematicamente sequestrate, con la scusa di "motivi di sicurezza".
Se questo è il trattamento riservato ai giornalisti francesi che cercano di documentare quel che succede agli immigrati, possiamo immaginare come vengono trattati gli immigrati stessi.
Paesi Bassi - La fine dei servizi sociali
L'Olanda è stato uno dei primi paesi a introdurre i centri di detenzione e anche ora resta all'avanguardia nell'introduzione di misure discriminatorie.
Nel 98 é stato infatto varato un decreto per colpire gli immigrati illegali negando loro i servizi sociali, anche quelli fondamentali come l'assistenza sanitaria.
L'applicazione di questa normativa non ha colpito però solo gli stranieri illegali, ma anche i richiedenti asilo, gli immigrati in attesa di ricongiungimento familiare, e paradossalmente anche gli immigrati in possesso di permesso di soggiorno che lavorano legalmente (e che quindi sono obbligati a pagare i contributi per quei servizi sociali che ora vengono loro negati).
Germania - La violenza di stato
La Germania da sempre si contraddistingue per i maltrattamenti perpetrati da parte della polizia, che gode di una notevole impunità e autonomia. Gli episodi documentati sono numerosi, e nei rarissimi casi in cui si giunge a un processo i tempi lunghissimi e vari cavilli legali insabbiano il caso, mentre gli immigrati che hanno denunciato le violenze possono comunque essere deportati, testimoni compresi.
Per sfuggire alle violenze delle forze dell'ordine, gli immigrati spesso si rifugiano nelle chiese, ma ormai la polizia non ha più scrupoli, basti pensare a quando sono entrati con la violenza in una chiesa per arrestare il curdo A.M.Duzenli, espulso il giorno dopo in Turchia insieme alla sua famiglia (compresa la moglie incinta).
Sotto l'aspetto legislativo, oltre ai tempi lunghissimi e alle difficoltà per ottenere asilo politico, le interpretazioni della legge sull'immigrazione portano a risultati paradossali, come la situazione di algerini e afgani, ai quali non viene riconosciuto asilo perché la Germania non riconosce come valida ai fini della richiesta di asilo la persecuzione da parte di enti non governativi. Non solo, nel caso degli algerini, nonostante siano documentate le torture perpetrate dalla polizia algerina nei confronti di chi cerca di emigrare illegalmente, la documentazione relativa alla loro richiesta di asilo viene direttamente consegnata dalla polizia tedesca alla polizia algerina.
Inoltre la permanenza in Germania è strettamente legata alla propria situazione penale, e basta un piccolo crimine per essere espulsi, anche se minorenni e se non si è mai vissuto nel proprio paese (un ragazzo turco di 14 anni è stato deportato senza i suoi genitori in Turchia).
Regno Unito - I giudici non possono giudicare
Più di 70.000 persone sono in attesa da anni della pronuncia sulla loro richiesta di asilo; di questi 800 risultano rinchiusi in prigione, sebbene non abbiano commesso nessun crimine.
La detenzione di un immigrato richiedente asilo può essere disposta da un ufficiale in base al semplice sospetto che l'immigrato possa venir meno ai suoi obblighi durante il periodo di attesa.
I centri di detenzione sono tristemente noti per le situazioni di violenza e discriminazione; nove africani accusati di rivolta hanno finalmente ottenuto l'assoluzione in quando si sono dimostrate infondate le accuse della polizia nei loro confronti; nessuno dei media ne ha parlato.
Il Regno Unito è uno dei paesi (come anche l'Australia) dove non vi è effettiva supervisione della magistratura nei casi di detenzione di richiedenti asilo.
Austria - L'asilo politico è un'opinione
Proprio l'Austria ha presentato, dietro le porte chiuse del Comitato K4, che si occupa dell'immigrazione nell'Unione Europea, un documento riservato nel quale si propone di abolire la convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato, e di considerare l'asilo non come un diritto soggettivo individuale ma come un'offerta del paese ospitante. Questo atteggiamento da parte del governo austriaco è confermato anche dalle dichiarazioni del ministro dell'interno.
Si tratta di un attacco gravissimo alla convenzione che rappresenta il fondamentale strumento internazionale per la protezione dei rifugiati. Nel documento in questione si propone anche di vincolare gli aiuti della cooperazione internazionale alla capacità da parte degli stati extraeuropei di mantenere gli impegni presi per garantire i flussi migratori.
Il documento è in via di revisione, ma la sua redazione avviene a porte chiuse.
In Austria il 3 per cento dei richiedenti ottiene asilo, su un totale di quasi 14.000 domande.
Grecia - L'espulsione violenta
La Grecia è tristemente nota per le violenze e per il trattamento disumano riservato agli immigrati.
Non esistono centri di accoglienza, mentre nei numerosi centri di detenzione vengono detenuti anche per mesi gli immigrati irregolari, in condizioni indecenti sotto tutti gli aspetti, igienico-sanitario e legale. Raramente esistono traduzioni dei documenti legali, mentre le espulsioni vengono eseguite in maniera sommaria.
Parecchi immigrati sono stati uccisi nel 1998 dalla polizia o da civili, spesso con la giustificazione dell'autodifesa, sebbene gli immigrati fossero disarmati.
Nel luglio 1999 è cominciata un'intensa operazione di "pulizia", con l'obiettivo di giungere all'espulsione di tutti i clandestini (oltre 500.000) entro dicembre. Di conseguenza vengono arrestati immigrati irregolari ma anche regolari con incriminazioni pretestuose; spesso i permessi di soggiorno vengono stracciati dalla polizia, nell'ipotesi che siano falsi, senza addurre altre motivazioni. Gli immigrati vengono poi rinchiusi nelle prigioni a tempo indeterminato, in quanto la legge non pone limiti di tempo alla detenzione.
Il Ministero dell'Ordine Pubblico ha potere assoluto sugli immigrati detenuti, cioè può trattenere in carcere ed espellere anche chi è stato assolto dalla Magistratura per le accuse che avevano portato al suo arresto.
Stati Uniti - Il presunto modello
Facciamo un salto oltre oceano a vedere com'è la situazione là dove si applicano da tempo gli stessi provvedimenti restrittivi nei confronti degli stranieri che sono stati introdotti da qualche anno in Europa.
Gli immigrati reclusi come conseguenza della legge sull'immigrazione sono più di 16.000 e i centri di detenzione non sono più in grado di sostenere la situazione. Sono stati aperti alcuni centri di detenzione privati, ma attualmente il 60% degli immigrati vengono reclusi nelle normali prigioni.
Le prigioni però non riconoscono le normative sui diritti degli immigrati, per cui agli stranieri non vengono garantiti i diritti alla comunicazione, assistenza legale e sanitaria che spetterebbero loro.
Come conseguenza solo il 10% degli immigrati detenuti è riuscito ad ottenere assistenza dal proprio consolato.
Le donne rappresentano solo il 7%, e siccome mancano strutture per ospitarle vengono spesso detenute in situazioni miste.
Anche per i bambini, che non dovrebbero essere detenuti oltre 72 ore, non mancano casi che le hanno superate, in aperta violazione delle normative internazionali sui diritti del bambino.
Il rapporto dello Human Rights Watch a riguardo è impressionante, gli episodi di violenza e discriminazione, razziale, religiosa e sessuale compiuti dalla polizia sono numerosi.
L'inadeguatezza della legislazione americana mostra i suoi effetti appena arrivati all'aereoporto, dove la deportazione immediata (summary exclusion) spesso viene decisa da funzionari inesperti e dove gli immigrati non possono usufruire di assistenza legale.
Il trattamento dei richiedenti asilo in U.S.A. è altrettanto scandaloso. Non appena giunti, vengono imprigionati fin quando non dimostrano una "paura credibile" di ritornare nel loro paese.
Non sono chiari i criteri che stabiliscono la "credibilità" della paura...
Anche se hanno parenti negli U.S.A. che potrebbero ospitarli e aiutarli, non vengono rilasciati ma detenuti nei centri di detenzione, in attesa del pronunciamento sulla loro richiesta di asilo, che può richiedere svariati anni. Annualmente circa 6000 richiedenti sono detenuti ogni anno.
Una situazione paradossale che si verifica da tempo negli Stati Uniti riguarda attualmente quasi 3500 persone, detenute in quanto immigrati illegali ma che non possono essere mandate ai loro paesi di origine con i quali gli Stati Uniti non hanno relazioni diplomatiche. Questi immigrati si trovano quindi condannati alla detenzione infinita, (in pratica l'ergastolo) semplicemente perché ricadono in uno vuoto legislativo. Non è infatti previsto dalla normativa americana un termine temporale per il rilascio degli immigrati detenuti.
Anche per gli immigrati regolari la situazione non è semplice; in base alla normativa vigente, basta un reato anche irrilevante, come l'offesa o il gioco d'azzardo, per incorrere nell'espulsione. La legge che ha introdotto questi criteri è anche retroattiva, per cui molti immigrati regolari si ritrovano con il decreto di espulsione pendente, e magari non ne sono ancora a conoscenza.
L'esempio statunitense evidenzia un altro aspetto della detenzione degli stranieri irregolari, ovvero il suo alto costo economico, nel contesto della politica sull'immigrazione, decisamente sproporzionato e inadeguato. Pur affermando decisamente che non sono certo le variabili economiche che possono determinare l'atteggiamento dello Stato verso le persone e i loro diritti, vogliamo far notare come anche sotto questo punto di vista i centri di detenzione siano un fallimento.
Nonostante gli sforzi per espellere gli immigrati irregolari e ridurre al minimo il loro tempo di permanenza nei centri, l'applicazione esasperata delle leggi discriminatorie ha portato a un continuo aumento dei detenuti e dei giorni di permanenza all'interno dei centri.
Problematiche burocratiche e diplomatiche si sommano al mancato rispetto del diritto di difesa degli stranieri, come risultato gli stranieri si ritrovano detenuti per tempi lunghissimi se non infiniti. In alcuni stati europei è stato intodotto un limite temporale alla detenzione, e in questo caso assistiamo al paradossale balletto di immigrati che entrano ed escono più volte dal centro, rilasciati per scadenza dei termini e subito dopo ricatturati.
Il costo della detenzione di uno straniero negli Stati Uniti arriva anche a 144$ al giorno; la stima dell'INS (Immigration and Naturalization Service), approssimativa perché neanche loro sanno
il numero preciso di stranieri detenuti, è che nel 2001 gli U.S.A. spenderanno 500 milioni di dollari l'anno per la detenzione degli stranieri irregolari.
Cifre enormi, per altro di un paese che vanta il triste primato della maggior percentuale di detenuti rispetto alla popolazione. Occorre inoltre precisare che qui stiamo parlando solo dei costi di detenzione, ai quali dobbiamo aggiungere i costi relativi alla deportazione, spesso in aereo
e con scorta, degli stranieri espulsi.
Si pensi a quanto potrebbero essere utili questi fondi reinvestiti in iniziative per l'accoglienza e l'integrazione degli immigrati...
La situazione in Italia
Non esiste in Italia una legge che disciplini in qualche modo le richieste di asilo politico, per cui l'Italia si adegua alle normative internazionali e all'articolo 10 della Costituzione, che comunque non stabiliscono praticamente i criteri di presentazione e di accettazione delle domande.
Il risultato è un ritardo enorme nella valutazione delle domande, per esempio nel 1998 ci sono state 13.000 richieste di asilo, delle quali solo 2927 sono state esaminate portando all'accettazione di 855 (29%).
La legge che disciplina le problematiche relative all'immigrazione e che istituisce i centri di detenzione temporanea è la legge 40 del 19 marzo 1998, approvata dal parlamento con i voti favorevoli di PDS, Rifondazione Comunista, Verdi, Partito Popolare.
Il 29 gennaio 1999 è stato invece varato dal Consiglio dei Ministri il regolamento attuativo, che precisa ulteriormente i criteri di applicazione della legge sull'immigrazione. Il regolamento è ancora al vaglio delle Commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato, ma in realtà viene già considerato operativo.
Parallelamente all'introduzione di leggi più rigide in Italia e in vari stati europei, sono stati ratificati degli accordi con i paesi di origine degli immigrati. Proprio gli accordi tra l'Italia e altri paesi hanno allarmato per l'esplicita violazione dei diritti umani.
Occorre innanzitutto ricordare che in molti paesi di origine degli immigrati vigono delle pene severe per chi emigra illegalmente, ed è inoltre documentato come nelle loro prigioni avvengono spesso episodi di tortura e violenza da parte della polizia.
Nonostante questo il 6 Agosto 1998 l'Italia e la Tunisia hanno firmato un accordo per il rimpatrio degli immigrati illegali, secondo il quale la Tunisia fornisce l'assistenza necessaria per l'identificazione degli immigrati (che non possono essere espulsi senza essere identificati) in cambio di aiuti economici pari a circa 300 miliardi di lire. Si tratta di una palese violazione dei diritti di quei tunisini che vogliono emigrare (in Tunisia chi emigra illegalmente viene condannato a 3 anni di prigione). Accordi simili sono stati ratificati dall'Italia con il Marocco e con l'Albania
I centri di detenzione in Italia sono stati istituiti dalla legge 40/98, in altri paesi europei esistono già da tempo.
Attualmente sono operativi il centro di Milano (via Corelli), di Torino (corso Brunelleschi), di Roma (Ponte Galeria); il centro di Trieste è stato chiuso perché dislocato all'interno dell'area doganale del porto. Altri centri sono dislocati in Sicilia.
Secondo la normativa vigente, uno straniero irregolare riceve un decreto di espulsione, convalidato da un giudice entro due giorni e contro il quale ha cinque giorni di tempo per fare ricorso. Nel frattempo, se non è possibile eseguire immediatamente l'espulsione o se sono necessari accertamenti supplementari sulla sua identità o nazionalità, lo straniero viene "trattenuto" nel centro di detenzione più vicino. Se entro trenta giorni non vengono risolti i problemi che impediscono di eseguire l'espulsione, lo straniero viene liberato.
Nella ricerca di informazioni sulla situazione nei centri di detenzione europei, abbiamo notato una notevole assenza di dati e notizie aggiornate e precise su quanto succede all'interno dei centri.
E' evidente che questa assenza di informazioni è dovuta alla struttura stessa dei centri, che impediscono le comunicazioni tra chi vi è detenuto e chi si trova al di fuori. Altri fattori di cui abbiamo già parlato, come il clima di tensione, la militarizzazione, la presenza ossessiva di controlli, il comportamento spesso ostruzionista delle forze di polizia, sicuramente contribuiscono a mantenere un alone di disinformazione su tutto quello che riguarda i centri di detenzione.
Giornali e televisioni in genere evitano accuratamente il tema, se non per accostarlo a notizie riguardanti il supposto binomio clandestinità-criminalità.
Le associazioni di volontariato che vogliono entrare nei centri per svolgere opera di assistenza e verifica, incontrano spesso ostacoli burocratici insormontabili per ottenere il permesso di accedere ai centri.
Occorre rilevare l'aspetto più importante, ovvero che gli immigrati, unici reali testimoni credibili di quello che succede dentro ai centri di detenzione, vengono frettolosamente rimpatriati e si perde quindi ogni contatto con loro; quei pochi che ne escono fuori, non si espongono per paura di ritorsioni o perché ancora in situazione di irregolarità.
Milano - via Corelli
Per appurare quanto succede, aiutare gli immigrati ma soprattutto per raccogliere le informazioni necessarie a denunciare l'istituzione dei centri di detenzione, il Centro delle Culture di Milano ha per parecchio tempo richiesto di poter entrare nel centro di via Corelli a Milano, in base al regolamento di attuazione della legge 40/98 che prevede l'ingresso di associazioni di volontariato all'interno dei centri di detenzione.
Il centro di detenzione di via Corelli è stato aperto l'11 gennaio 1999, dopo un'intensa campagna stampa tesa a rappresentare l'immigrazione clandestina come la principale causa della criminalità milanese.
Dal 19 aprile 1999 il Centro delle Culture entra ogni lunedì dalle 14.30 alle 16 al centro di via Corelli, con una delegazione di sei persone che comprende un esperto legale e traduttori in varie lingue.
Nel corso di queste visite abbiamo appurato i seguenti problemi:
- Situazioni igieniche vergognose, non a caso sia a Milano che a Roma sono stati rilevati dei casi di scabbia; le carenze igieniche sono spesso diretta conseguenza di come è stata organizzata la struttura stessa del centro, con gli immigrati che vivono in container, dove non ci è stato possibile entrare.
- Mancanza di traduzioni e informazioni legali sulla situazione degli immigrati stessi, che trovano così moltissime difficoltà nell'organizzare il ricorso contro il decreto di espulsione, che per di più deve essere effettuato entro cinque giorni; molti stranieri non sanno neanche il motivo per cui si ritrovano rinchiusi.
Si pensi poi alla modalità assurda con cui le associazioni, come il Centro delle Culture, sono costrette ad offrire asistenza legale: gli stranieri non possono richiedere direttamente aiuto, ma devono essere i rappresentanti dell'associazione a scegliere a caso degli stranieri tra la lista dei presenti nel centro.
- Numerosi tentativi di suicidio, per la disperazione di una situazione disumana.
- Molestie sessuali nei confronti delle donne, recluse insieme agli uomini; di notte dormono in container separati, e questo è forse l'unico momento della giornata nel quale posso stare tranquille.
- Violenze da parte delle forze dell'ordine, con particolare riferimento alla deportazione dal centro verso l'aereoporto per l'espatrio.
- Mancanza di rispetto delle libertà di culto degli stranieri presenti, con il cibo che viene distribuito senza distinzioni anche a chi, come i musulmani, segue delle regole precise.
- Mancanza di ogni possibilità di socializzazione, non esistono spazi a tale scopo (nonostante siano previsti dal regolamento di attuazione), mentre è proibito consegnare agli immigrati reclusi qualsiasi oggetto, compresi libri, quaderni e penne.
Per quanto riguarda gli aspetti legali, gran parte dei casi da noi esaminati evidenzia come l'istituzione di questi centri di detenzione violi sia la Costituzione Italiana che le varie convenzioni internazionali a cui l'Italia aderisce.
Abbiamo ritenuto opportuno presentare queste violazioni per tipologia, allegando una breve spiegazione e l'elenco dei casi che abbiamo rilevato.
Per ragioni di sicurezza degli immigrati e delle loro famiglie, non forniamo i loro nomi o altri dati che potrebbero contribuire ad una loro identificazione; non dimentichiamo infatti che l'emigrazione illegale è punita come un reato in molti dei paesi di origine degli immigrati stessi, e in quegli stessi paesi è da tempo noto che non vengono rispettati i diritti umani, soprattutto nelle carceri.
Chi volesse prendere visione della documentazione in nostro possesso può farlo previo contatto telefonico al Centro delle Culture di Milano (via Vela 8 tel. 02 2049271).
Libertà di circolazione
Dichiarazione Universale dei diritti umani, articolo 13:
"Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato."
Costituzione italiana, articolo 13:
"La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge."
L'articolo 13 della Costituzione precisa poi quali sono i criteri per le restrizioni della libertà personale:
"In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto."
La Costituzione pone quindi dei requisiti molto chiari: eccezionalità, tassatività, necessità, urgenza.
Nell'istituire i centri di detenzione la legge 40/98 non indica invece, neppure in modo incidentale, in quali circostanze ricorrano i presupposti di eccezionalità; di conseguenza il provvedimento di trattenimento assume le caratteristiche di una misura del tutto ordinaria, applicabile in un numero estesissimo di casi, colpendo anche lo straniero che si trovi in semplice condizione di irregolarità di soggiorno (e che quindi non ha commesso nessun reato).
L'assenza di un criterio di proporzionalità nell'applicazione del provvedimento restrittivo è indicativa dell'intenzione di colpire, con questo provvedimento, più persone possibili, anche in violazione di precise normative costituzionali e internazionali.
Inoltre lo straniero viene discriminato in quanto oggetto delle stesse misure di reclusione previste per delitti puniti con pene superiori ai tre anni di reclusione, e questa costituisce una palese violazione del principio di eguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione.
In merito ai criteri che la legge 40/98 usa per giustificare la detenzione dello straniero nel centro, la loro vaghezza ("procedere al soccorso dello straniero", accertamenti supplementari") non può certo attenersi al criterio di tassatività stabilito dalla Costituzione.
Questa vaghezza nelle motivazione che la legge pone al provvedimento restrittivo, non solo non giustifica in nessun modo la sua applicazione e l'istituzione dei centri di detenzione, ma può anche contribuire all'estensione di arbitrarietà nell'operato delle forze di pubblica sicurezza, che si trovano ad avere una discrezionalità pressoché assoluta nel decidere l'adozione o meno del provvedimento.
Ricordiamo che il trattenimento, come misura ordinaria, potrebbe essere legittimamente adottato solamente da parte di un'autorità giudiziaria, con provvedimento motivato, e non da un'autorità di pubblica sicurezza.
In realtà occorre notare che il procedimento è prevalentemente amministrativo (seppur seguito da un'autorizzazione quasi automatica di un giudice), visto che non può trattarsi di un procedimento penale in quanto la clandestinità non è un reato, e quindi lo straniero si ritrova costretto alla reclusione senza aver subito un processo. Inoltre è atipico e decisamente discutibile il fatto che un provvedimento amministrativo possa limitare la libertà personale di una persona.
Diritto di asilo
Dichiarazione Universale dei diritti umani, articolo 14:
"Ogni individuo ha diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni."
Costituzione italiana, articolo 10:
Convenzione di Ginevra, articolo 33 - Prohibition of expulsion or return ("refoulement")
"1. No Contracting State shall expel or return ("refouler") a refugee in any manner whatsoever to the frontiers of territories where his life or freedom would be threatened on account of his race, religion, nationality, membership of a particular social group or political opinion.
2. The benefit of the present provision may not, however, be claimed by a refugee whom there are reasonable grounds for regarding as a danger to the security of the country in which he is, or who, having been convicted by a final judgement of a particularly serious crime, constitutes a danger to the community of that country."
Una premessa: in Italia come abbiamo detto manca una legge sull'asilo, ma la sentenza n. 4674/97 della Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto d'asilo è un diritto soggettivo perfetto, ovvero applicabile anche in assenza di una legge specifica.
Inoltre la situazione di irregolarità non può essere di per sé preclusiva del riconoscimento dello status di rifugiato e dunque dell'accesso alla procedura; l'espulsione andrebbe quindi emanata solo dopo il pronunciamento sullo status di rifugiato.
La convenzione sui profughi del 1951 e il suo Protocollo del 1967 hanno stabilito il principio di Non-refoulement, ovvero l'esplicito divieto di espulsione e rimpatrio di profughi verso paesi dove la loro vita o la loro libertà sia in pericolo.
La convenzione e il protocollo sono stati firmati da tutti gli stati europei (Italia, Francia, Germania, Austria, Belgio, Olanda, Svizzera, Spagna ecc) che sarebbero quindi vincolati a obbedire a tale principio.
La normativa italiana sull'immigrazione prevede due forme di garanzia per lo straniero.
Il permesso di soggiorno per ragioni di carattere umanitario o come conseguenza di obblighi costituzionali o internazionali (come appunto il diritto d'asilo o il principio di "non-refoulement"), e come seconda, il divieto assoluto di espulsione o di respingimento nel caso in cui potrebbe esservi un rischio persecutorio.
La legge è quindi chiara nello stabilire i criteri di rispetto del principio di non refoulement, peccato che subito emergono dei difetti applicativi.
Ad esempio l'applicazione delle norme sulll'immigrazione si basa sull'ipotetica conoscenza da parte delle forze di pubblica sicurezza delle situazioni di pericolo per gli immigrati nei loro paesi di origine. Pur confidando nel fatto che gli organi di polizia siano efficacemente informati, non si può certo pensare di lasciare in mano ad un ufficiale di pubblica sicurezza la decisione riguardo aspetti così delicati, che dovrebbero essere valutati invece in sede giudiziaria, dove però con ogni probabilità ci troveremmo con il decreto di espulsione già emesso, che come ricordiamo non può essere sospeso...
E' poi prassi comune utilizzare un altro espediente per procedere all'espulsione di immigrati irregolari richiedenti asilo, ovvero in presenza di un reato, anche futile, commesso dagli immigrati durante la permanenza nello stato dove chiedono di restare.
Ciò deriva da una interpretazione molto discutibile della convenzione di Ginevra, che prevede l'espulsione di chi ha commesso un grave crimine. E' appunto sulla gravità del crimine che avviene l'interpretazione discriminatoria, che arriva a sancire l'espulsione anche per reati la cui gravità non è neanche lontanamente paragonabile alla possibile persecuzione di cui sarebbe oggetto l'immigrato una volta rimpatriato nel suo paese di origine.
In Italia per esempio uno straniero, anche richiedente asilo, viene espulso se commette reati contemplati nei commi 1 e 2 dell'art. 380 del CPP, come ad esempio il furto aggravato, che non possono certo rientrare nella definizione di crimine grave.
Un'altra interpretazione "di parte" riguarda la veridicità del possibile trattamento persecutorio che rischia l'immigrato richiedente asilo. E' noto che su molti dei paesi dai quali provengono gli immigrati esistono dati certi sul mancato rispetto dei diritti umani; e ricordiamo che la Costituzione non fa solo riferimento al rischio di vita, ma anche alla limitazione delle libertà personali.
Ciò nonostante non esistono segnalazioni ufficiali da parte degli organismi preposti, per cui tutto viene lasciato alla coscienza di chi valuterà la richiesta di asilo o il ricorso contro l'espulsione. Sebbene esistono alcune sentenze positive, la prassi comune è quella di procedere comunque all'espulsione.
Segnaliamo infine un ultimo aspetto, riguardante la procedura di richiesta di asilo politico da parte degli stranieri trattenuti presso i centri di detenzione, che vengono assistiti (quando succede...) da interpreti delle rappresentanze diplomatiche, ai quali sicuramente lo straniero non esprime la sua intenzione di richiedere asilo, arrivando spesso per paura a declinare false generalità.
Diritto di difesa
Dichiarazione Universale dei diritti umani, articolo 10:
"Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta."
Costituzione italiana, articolo 24:
"Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento."
Facciamo subito notare che l'articolo 24 della Costituzione si riferisce a "Tutti", e quindi non solo ai cittadini italiani.
5 giorni 5 per salvarsi
Il testo unico della legge sull'immigrazione stabilisce il termine di soli 5 giorni per presentare il ricorso innanzi al Pretore da parte dell'extracomunitario colpito dal decreto di espulsione.
Inoltre in questi 5 giorni l'extracomunitario è rinchiuso in un centro di detenzione temporanea.
E' evidente che anche un italiano, a conoscenza delle leggi, con un buon avvocato e aiutato da amici e conoscenti, con i quali può comunicare telefonicamente, avrebbe le sue notevoli difficoltà ad articolare una difesa completa in un termine così breve e con l'insensato vincolo della restrizione della propria libertà personale.
Per un extracomunitario dobbiamo considerare le difficoltà linguistiche di comunicazione, la mancanza di traduzioni delle carte a lui consegnate, l'assenza di appoggi esterni al centro dove viene rinchiuso, le difficoltà logistiche ed economiche.
Si pensi poi all'acquisizione di documentazione (in particolare in caso di ricorsi basati su motivazione di asilo politico) e ai tempi che questa richiede.
Da quanto visto finora nei centri esistenti in Italia, è evidente che tutta una serie di ostacoli vengono a limitare il diritto alla difesa degli extracomunitari che si trovano rinchiusi nei centri di detenzione.
Non solo, anche familiari e avvocati incontrano le loro notevoli difficoltà nell'assistere i "reclusi".
Vogliamo sottolineare quanto la reale violazione del diritto alla difesa non sia tanto il limite temporale di 5 giorni, ma la permanenza obbligatoria nel centro.
E anche chi decide viene discriminato...
L'accanimento legislativo nei confronti degli stranieri trascina con sé anche i pretori che devono pronunciarsi in merito ai ricorsi presentati.
Oltre all'aspetto più evidente relativo al limite di 5 giorni per la presentazione del ricorso, anche i 10 giorni di tempo concessi al pretore per pronunciarsi sul ricorso sono palesemente insufficienti, si pensi solo alla necessità di reperire documentazione presso la pubblica amministrazione o addirittura dal paese di origine del ricorrente.
Non solo, ma il pretore non può neppure sospendere il decreto di espulsione, ad esempio nel caso che il pretore stesso voglia approfondire la questione sollevata dal ricorrente e abbia bisogno di più tempo per acquisire documentazione o altre informazioni in merito.
Il decreto di espulsione viene attuato in ogni caso, anche in assenza della decisione del pretore.
La mancanza della previsione di un potere di sospensione nuoce alla difesa del ricorrente, tanto più che questo potere è ampiamente previsto in caso di reati ben più gravi (e ricordiamo ancora una volta che qui non è stato commesso nessun reato).
Mentre l'avvocato non può partecipare
Per chiudere il cerchio, se lo straniero non ha tempo per difendersi, e il pretore per pronunciarsi, l'avvocato non ha neanche il diritto di assistere il suo cliente.
Infatti un'altro aspetto di violazione del diritto costituzionale alla difesa è la mancata previsione della presenza obbligatoria di un difensore nelle fasi iniziali del procedimento di trattenimento e della sua convalida.
La giustificazione è nel fatto che non si tratta di un processo ma di un provvedimento amministrativo, ma abbiamo già fatto notare come sia discutibile questa interpretazione, che viola palesemente il diritto alla difesa: infatti senza processo non può esservi difesa.
Sebbene la legge 40/98 all'art. 14 preveda per lo straniero "un'adeguata assistenza", questo non si riferisce certo solo all'assistenza materiale, ma anche e soprattutto alla possibilità di accedere ad una effettiva tutela giurisdizionale, "in ogni stato e grado del procedimento".
Lo scenario che abbiamo descritto in questo capitolo dedicato al diritto alla difesa è desolante, e vorremmo ricordare che, sebbene sembri che in questa situazione tutti trovino difficoltà ad esercitare i loro diritti, chi alla fine ne paga le conseguenze è solo lo straniero che, come abbiamo visto, vede ostacolato in tutti i modi il suo diritto di difendersi legalmente.
Via Corelli - Centro di discriminazione permanente...
Prima di affrontare l'inquietante casistica ci preme segnalare alcuni aspetti.
La presenza delle associazioni all'interno del Centro, e le denunce fatte delle sue carenze, hanno portato a un progressivo miglioramento delle condizioni di vita degli stranieri "ospiti". Nei primi tempi seguenti alla sua apertura abbiamo visto di tutto, soprattutto quando alla discriminazione e violenza delle forze dell'ordine si sommava l'ignoranza della legge e la non applicazione del regolamento. Solo grazie al nostro deciso intervento abbiamo ottenuto piccoli passi verso un trattamento umano, anche se il solo trattamento umano reale sarebbe la chiusura del centro di detenzione. Ci resta il dubbio di come sarebbero andate avanti le cose se non avessimo voluto a tutti i costi entrare nel Corelli e intervenire in difesa degli immigrati.
Alcuni degli episodi a cui si fa riferimento tra i casi che seguono, riguardano infatti aspetti che dopo la segnalazione sono stati risolti, come la distribuzione degli assorbenti alle donne, la qualità del cibo, le condizioni igieniche generali, la pericolosità delle coperture in amianto dei tetti della struttura adiacente al centro.
Molti altri aspetti però, soprattutto riguardanti l'assistenza legale e informativa, sono tutt'ora notevolmente carenti.
Inoltre vogliamo far notare che, sebbene siano numerosi gli episodi preoccupanti rilevati nelle nostre visite, il reale numero è notevolmente superiore, in quanto ci sono state concesse solo un paio di ore alla settimana. In pratica il campione da noi rilevato è esiguo rispetto al numero di immigrati detenuti nel centro, e quindi possiamo solo immaginare quante ingiustizie siano state perpetrate.
In merito poi ai dati forniti dai responsabili del centro, al di là di fondati dubbi sulla validità delle analisi statistiche effettute, vogliamo ricordare come siano gli esseri umani e i loro diritti ad essere discriminati nei centri di detenzione. I numeri lasciano il tempo che trovano, in quanto anche uno solo dei numerosi episodi descritti qui di seguito dovrebbe essere sufficiente per la chiusura dei centri di detenzione.
... per chi é regolare
All'interno del centro spesso abbiamo trovato immigrati perfettamente in regola, ma che erano stati trovati senza documenti o ai quali la polizia non aveva creduto. Questa è la evidente dimostrazione di quante ingiustizie possono avvenire con l'istituzione di questi centri di detenzione. In molti casi, grazie al nostro intervento, siamo riusciti a liberare gli stranieri, ma in molti altri non ci è stato possibile per la scadenza dei termini previsti. Molti immigrati sono stati quindi espulsi e rimpatriati pur essendo in regola, magari anche con casa, lavoro e famiglia qui in Italia.
Tra i regolari rientrano anche gli immigrati che hanno presentato domanda nella sanatoria di fine 98. Proprio in questi casi sono state commesse le maggiori ingiustizie, in quanto molti immigrati, pur in possesso della ricevuta della domanda e con la possibilità di essere accolti (i termini per la presentazione dei documenti relativi scadono il 20 ottobre 1999), sono stati frettolosamente espulsi.
In molti casi il nostro intervento è stato decisivo per la loro liberazione, recuperando da parenti o amici i documenti necessari.
E' evidente quindi l'assenza di una capacità di verifica della situazione degli immigrati, spesso a causa anche delle differenti modalità applicative delle diverse questure (alcune rilasciano delle ricevute, altre timbrano i passaporti, ...) e della solita macchinosa burocrazia.
Ma al di là dei limiti tecnici, il fatto che un semplice interessamento da parte dei volontari del Centro delle Culture abbia portato alla liberazione immediata di molti immigrati detenuti ingiustamente, è l'evidente sintomo della volontà da parte dei responsabili del centro di detenzione di non prendersi cura dei casi, di non credere a quanto dichiarato dagli immigrati stessi, di non metterli nella condizione di spiegare la loro situazione e di non svolgere tutti gli accertamenti necessari.
agosto 99 - B. E., nigeriana, fermata e portata in questura, senza l'assistenza di un interprete viene rinchiusa nel centro e dichiara false generalità; riusciamo in extremis a recuperare i suoi documenti (permesso di soggiorno e carta d'identità) contattando un amico, dopodiché viene rilasciata
agosto 99 - R. G., 20 anni, bulgara, in Italia con regolare visto Schengen, mai assistita da un interprete.
agosto 99 - B., nigeriana, passaporto con timbro della questura di Roma per appuntamento per la sanatoria, fatta uscire dopo il nostro intervento
luglio 99 - T. O., con ricevuta per la sanatoria, espulsa
luglio 99 - D. N., 22 anni, rumeno, in Italia dal 1994, ha perso i documenti ed è in attesa del rinnovo da parte del consolato
luglio 99 - M. H., in attesa di presentare ricorso contro il rifiuto di una delle sue prove per la sanatoria
giugno 99 - A. C., 55 anni, senegalese, con permesso di soggiorno scaduto ma con ricevuta per sanatoria, in Italia da 7 anni, sposato, assistito da un avvocato ha presentato ricorso
giugno 99 - L. E., senegalese, senza interprete, ha fatto ricorso
giugno 99 - M., nigeriana, in possesso della ricevuta della sanatoria ma non vengono effettuati accertamenti, dopo il nostro intervento viene liberata
giugno 99 - J. J. A., nigeriana di 24 anni, con domanda per sanatoria rifiutata per scadenza dei termini (ma i termini devono ancora scadere...), per paura dichiara false generalità, presenta ricorso tramite avvocato e viene liberata
maggio 99 - O. A. O., nigeriana, la questura aveva rifiutato i suoi documenti per scadenza dei termini, viene accolto il suo ricorso ed esce dal Corelli
(in riferimento ai due casi precedenti, ricordiamo che il termine per la presentazione dei documenti per la sanatoria è il 20 ottobre 1999, ma evidentemente alcune questure non lo sanno)
maggio 99 - R., 23 anni, nigeriana, con fotocopia della domanda per la sanatoria, uscita solo dopo che abbiamo recuperato il documento originale
maggio 99 - M., ucraina, con appuntamento per la sanatoria scaduto
maggio 99 - J., peruviano, prelevato dalla polizia durante una partita di pallone tra amici, portato al Corelli perché senza documenti, dichiara alla polizia di aver fatto domanda per la sanatoria ed avere la ricevuta, ma non ottiene ascolto. Fortunatamente arriva in tempo la sua ragazza con la ricevuta.
maggio 99 - R. M. M. D, colombiana di 45 anni, con regolare visto, nessuno le ha tradotto il decreto di espulsione che ha dovuto firmare senza ottenere spiegazioni
maggio 99 - M. P., bulgara, entrata con regolare visto per turismo, ha fatto come previsto il permesso di soggiorno entro 8 giorni, fermata dalla polizia le hanno ritirato passaporto e permesso, revocato il visto e fatto firmare il decreto di espulsione in inglese, lingua a lei sconosciuta, senza l'assistenza di un interprete
maggio 99 - G. U., 21 anni, nigeriana, con domanda di sanatoria e appuntamento, senza assistenza di un interprete
maggio 99 - A., uruguaiana, da 9 anni in Italia, con passaporto rinnovato in Italia al consolato uruguaiano, stava per fare domanda di cittadinanza, fermata, portata al Corelli ed espulsa
maggio 99 - S. H., tunisino con permesso di soggiorno
maggio 99 - R., in possesso della fotocopia della ricevuta della domanda per la sanatoria, ma la fotocopia non viene considerata valida e non vengono svolti accertamenti, grazie all'intervento di un amico che porta l'originale viene rilasciata
aprile 99 - A., con permesso di soggiorno rinnovato
aprile 99 - B. D., 32 anni, dal Senegal, da 15 anni in Italia, malato di TBC, dichiara di non aver ricevuto assistenza sanitaria, uscito nei giorni seguenti
aprile 99 - R. A., cileno di 23 anni, con permesso di soggiorno, dichiara di essere malato e di aver subito violenze
aprile 99 - E., con permesso di soggiorno francese, liberata dopo alcuni giorni
aprile 99 - B. S., 32 anni, del Benin, con domanda di sanatoria e ricevuta per appuntamento
... per chi richiede asilo politico
Occorre inoltre prestare attenzione a tutti gli immigrati che possono correre rischi per la loro vita o libertà se rimpatriati nel loro paese di origine. Purtroppo nel centro di via Corelli la parola "asilo politico" non è contemplata: manca la più elementare assistenza legale, figuriamoci per affrontare una procedura complessa e intricata come la richiesta di asilo...
agosto 99 - I. I., palestinese, ha chiesto asilo politico in Olanda
aprile 99 - S. F., rumeno di 25 anni, sposato in italia e con figlio di 3 anni, con passaporto in possesso dei familiari, con i quali non riesce a mettersi in contatto, dichiara di rischiare la vita se ritorna in Romania dalla quale era fuggito anni fa, ha tentato il suicido nei giorni di permanenza al Corelli
aprile 99 - H. C., algerino di 23 anni, fuggito dall'Algeria per problemi politici, non ha chiesto asilo (non sa come si fa...)
... per chi ha bisogno di un'interprete e di assistenza legale
In moltissimi casi abbiamo verificato che agli stranieri non sono state fornite informazioni sufficienti sulla loro situazione legale, con particolare riferimento alla traduzione dei documenti.
Molti addirittura dichiarano di non sapere assolutamente per quale motivo si trovano rinchiusi in quel posto. Non li elenchiamo perché sono praticamente l'80% degli stranieri che abbiamo incontrato.
- Il potere decisionale della Polizia
Alcuni gravi casi evidenziano poi il comportamento discriminatorio e fortemente discrezionale da parte delle forze di polizia.
agosto 99 - I. I., bulgara, 18 anni, rapita in bulgaria, portata in albania e lì venduta ad un italiano che la porta in italia con passaporto falso, costretta a prostituirsi, subisce violenza e droga contro la sua volontà, un giorno scappa e si presenta alla polizia per denunciare tutto questo, dando il nome vero (i suoi parenti hanno fatto denuncia in bulgaria per la sua scomparsa).
La polizia non le crede e la rinchiude al Corelli, dove dichiara di subire violenze e che la polizia non interviene se non quando la situazione degenera.
maggio 99 - F. A., nigeriana, portata in Italia con la promessa di lavorare come parrucchiera, scappata perché hanno cercato di farla prostituire ed andata spontaneamente alla polizia per denunciare i suoi sfruttatori. Non è stata creduta e portata al Corelli, in seguito espulsa al suo paese, dove aveva dichiarato di rischiare la vendetta dei suoi sfruttatori.
maggio 99 - A. G. M., libanese di 32 anni, collaborava con la polizia come informatore avendo ricevuto la promessa di un permesso di soggiorno in cambio, ma dopo un po' lo hanno fermato con l'accusa di non aver fornito informazioni che conosceva ed è stato rinchiuso al Corelli.
- Molestie sessuali e violenze
Infine la vita dentro al centro è molto pericolosa, soprattutto per le donne; uomini e donne dormono in container separati ma vivono insieme di giorno all'interno del centro, e la polizia interviene solo quando la situazione degenera. Durante i colloqui abbiamo ascoltato racconti agghiaccianti sulle molestie sessuali che alcune donne hanno subito dentro e fuori dal Corelli.
Alle nostre domande i responsabili del centro hanno risposto in maniera evasiva.
maggio 99 - R. dichiara di aver subito molestie sessuali dal personale in servizio al centro
maggio 99 - A. S., venezuelana, ha fatto ricorso, dichiara che la notte le donne ricevono molestie perché i container non sono chiusi, in precedenza è stata insultata pesantemente in questura e ha ricevuto un pessimo trattamento da parte della polizia
Non abbiamo avuto testimonianze dirette di episodi di violenza commessi dalle forze dell'ordine nel centro. L'unica segnalazione riguarda il trasporto di un gruppo di rumeni verso l'aereoporto, che dalla Romania hanno fatto sapere che la polizia li ha ripetutamente picchiati, durante il tragitto e nell'imbarco sull'aereo.
Purtroppo non è possibile assistere al trasporto degli immigrati dal centro all'aereoporto dove vengono imbarcati, operazione che viene spesso effettuata in tutta fretta e senza preavvisi.
- Assistenza sanitaria
L'assistenza sanitaria viene assicurata dalla Croce Rossa, che sembra curiosamente convinta della validità del Valium come medicina globale.
A causa della limitata permanenza del centro, i tossicodipendenti non ricevono una terapia al metadone, ma semplici dosi di Valium a seconda delle loro richieste.
Ogni straniero viene visitato al momento di entrare nel Centro e successivamente su sua richiesta.
Non ci è stato possibile verificare le condizioni igieniche all'interno dei container, anche se molti immigrati ci hanno segnalato problemi igienici (ad es. lenzuola di carta non cambiate).
I vari casi di scabbia verificatisi al Corelli di Milano e a Ponte Galeria di Roma sono però un chiaro indicatore della situazione igienica all'interno dei centri di detenzione.
Un recente caso (settembre 99), in particolare, evidenzia come il mancato rispetto di norme igieniche fondamentali può portare a conseguenze drammatiche per chi viene detenuto, per di più ingiustamente, dentro al centro. Tre ragazze sudamericane sono infatti risultate positive al test della TBC, dopo che nel loro container aveva dormito un'altra donna infetta da TBC.
Lettera dal lager di via Corelli: qui è un inferno!
E' passato un altro giorno. Uno di quelli più brutti della mia vita nel lager per stranieri di Via Corelli 28 a Milano. Da quando sono in Italia per la prima volta sono dispiaciuta per il modo nel quale si comportano le persone in uniforme che occupano determinati posti. Prima non pensavo che alcuni italiani potessero essere nazisti, però adesso, stando in questo posto da noi chiamato lager, ho cambiato idea, sì possono. Una sera alcune ragazze di colore, che stavano in un container vicino al nostro, stavano protestando perché venivano sempre maltrattate e discriminate per il colore. Dopodichè noi siamo state portate fuori mentre loro le hanno chiuse dentro senza corrente né acqua. Poi ci hanno portato a dormire in una grande e sporca stanza su materassi per terra; come cani senza bagno e al freddo, perché l'ispettore non voleva fare niente per migliorare la situazione nel modo più decente possibile. Per loro era più comodo così, portarci fuori al freddo, dandoci sempre un cibo schifoso che a volte non si riusciva a mandare giù, farci morire di fame, metterci a dormire su lenzuola di carta. Lenzuola che quando arrivano nuove persone non vengono nemmeno cambiate. Lasciano quelle delle persone che sono "andate via" facendoci venire fuori delle allergie cutanee. Così si va dal dottore il quale, per curarci il corpo ed il viso, ci dà una crema con la quale l'allergia peggiora ancora di più. Se ti succede qualcosa, se ti fa male la testa vai dal dottore, aspetti 2 ore prima che qualcuno ti dia attenzione e alla fine ti danno una pastiglia che ti fa passare il mal di testa ma in compenso non riesci a dormire tutta la notte dal mal di stomaco che ti ha fatto venire.
Io e tutti quelli che con me hanno sottoscritto questo articolo siamo testimoni di una bruttissima scena al Corelli: un uomo era salito sul tetto, voleva impiccarsi perché lo volevano mandare al suo paese. E la moglie ed il figlio nato in Italia lo guardavano dall'altra parte della rete e piangevano. Un atto che non può essere perdonato ai responsabili di questo lager. Secondo me la gente che arriva a tanta disperazione non è suicida ma è spinta ad ammazzarsi.
Il motivo per il quale uno straniero viene in Italia è cercare una vita migliore, cercare lavoro, poter curare la sua famiglia, avere un tetto sulla testa
però dove sono queste possibilità?
Scrivo a nome di tutte le persone che hanno firmato in fondo. Voglio che tutti quelli che leggeranno capiscano che qui è un inferno. Nella mia vita non ho fatto niente contro la legge per stare in galera ed essere trattata come ladra o assassina, per essere picchiata in Questura. Dove posso denunciare? Chi mi può difendere? Chi sono io qua? Un animale come il resto di tutti gli stranieri che sono in Italia senza documenti perché non hanno i soldi per comprarseli. Chi sono questi tutori della legge che possono mettere in galera gente indifesa che soltanto gira per la strada ma non fa del male a nessuno? Chi sono questi che si permettono di fare di te tutto quello che vogliono solo perchè sono protetti dalla legge?
"Noi siamo esseri umani come tutti voi e dobbiamo avere gli stessi diritti. Viviamo nello stesso mondo ma perché? Per essere maltrattati da voi ed essere rinchiusi in un lager come tempo fa faceva Hitler con gli ebrei! Tutti pensano che questo sia "passato" e che non ci sarà un secondo Hitler. La differenza tra i suoi Lager e questi centri in Italia è che lì li uccidevano e a noi ci spediscono nei nostri paesi. E la stretta somiglianza è l' odio verso la gente diversa da te."
Scritto e firmato da:
Stefca Stefanova - bulgara
Collaboratori:
Elisabeth Michailova - bulgara
Veronica Peeva - bulgara
Ivanka Gresceva - bulgara
Sachav Iolanela - polacca
Valentina Popova - bulgara
Adriana Cenay - albanese
Adana Alazi - albanese
Bulas Daniela - rumena
Golub Olia - russa