(6/10/1999)

 

LA POLITICA DI IMMIGRAZIONE ITALIANA DI FRONTE AL PROCESSO DI ARMONIZZAZIONE EUROPEA

 

1) La tendenza dei governi europei sembra cosi' riassumibile, sul piano formale:

a) Piena integrazione dell'immigrazione legale.

b) Lotta contro l'immigrazione illegale.

c) Grande attenzione ai diritti fondamentali (diritto d'asilo, diritto all'unita' familiare).

 

2) Sul piano sostanziale, invece, puo' essere cosi' schematizzata:

a) Azzeramento dell'immigrazione legale, salvo quella associata a diritti fondamentali, come l'immigrazione per ricongiungimento familiare (l'immigrazione per lavoro subordinato e' condizionata a una preventiva chiamata nominativa, quella per lavoro autonomo alla dimostrazione di capacita' economiche dello straniero; esclusi quindi l'incontro diretto tra domanda e offerta di lavoro, e la possibilita' di svolgimento di piccoli servizi e di lavori saltuari).

b) Creazione di cuscinetti protettivi intorno all'Unione europea, con l'imposizione di oneri e sanzioni a carico dei vettori di linea che trasportino stranieri da respingere (il vettore, per non incorrere in tali misure, rifiuta di imbarcare quanti siano privi dei documenti normalmente richiesti per l'ingresso; vengono cosi' colpiti tipicamente potenziali rifugiati), e l'applicazione, per quanto riguarda l'asilo, del principio del "Paese terzo sicuro" (chi proviene da un Paese extra-comunitario aderente alla Convenzione di Ginevra dove avrebbe potuto chiedere asilo, viene rispedito li').

c) Diniego rapido di fronte alle richieste d'asilo abusive (fenomeno in crescita a causa del punto a).

 

3) L'esperienza italiana "a regime" non si discosta da questo quadro per quanto riguarda il punto 2a), a dispetto della legge 40 che consentirebbe di programmare quote di ingressi per ricerca di lavoro (il lavoro autonomo e' ostacolato dalla previsione del reddito minimo di 16 milioni). Ne' si discosta per il punto 2b) (sulla base delle norme della legge 40 e dell'art. 1 della legge 39). Riguardo al punto 2c), la normativa in vigore lo esclude (lo ammetterebbe, invece, se entrasse in vigore, cosi' com'e', il ddl asilo). Vi e' pero' - verosimilmente - coincidenza con la prassi adottata ai valichi di frontiera (respingimenti di richiedenti asilo non tutelati giurisdizionalmente); meno con quella "sul territorio" (possibilita' di ricorrere al giudice contro l'espulsione). Ne risulta

a) un bassissimo numero di ingressi legali ab initio (nessuno viene chiamato da un datore di lavoro senza un incontro preventivo) con conseguente "allarme sicurezza" dei mass-media;

b) un diffuso ricorso da parte di immigrati e profughi ai servizi degli scafisti (i vettori di linea sono inutilizzabili, ed e' piu' facile essere respinti ai valichi di frontiera che espulsi dal territorio) con conseguente coinvolgimento della criminalita' organizzata;

c) un crescente numero di domande d'asilo da parte di persone sbarcate sulle coste (la procedura di riconoscimento dello status di rifugiato e' lenta e da' comunque carattere di legalita' al soggiorno) con conseguente presunzione di mala fede nei riguardi del generico richiedente.

 

4) A dispetto della maggior facilita' nell'eseguire le espulsioni (in seguito alla stipula di accordi di riammissione), il peso di questo approccio, che costringe gli immigrati a soggiornare illegalmente o a confondersi con i richiedenti asilo, e' mitigato, di fatto,

a) dalla permeabilita' delle frontiere (nel contratto con lo scafista, per di piu', e' previsto spesso piu' di un tentativo d'ingresso);

b) dai ricorrenti provvedimenti di sanatoria (120 mila nel 1987, 240 mila nel 1990, 250 mila nel 1996, 300 mila (?) nel 1999, a fronte di circa 25 mila chiamate nominative per anno).

 

5) Il risultato netto e' che, dopo un purgatorio (pluriennale) di soggiorno illegale, durante il quale e' presentato dai mass-media come elemento destabilizzante, lo straniero cessa improvvisamente di essere percepito come un pericolo allorche' lo Stato, sanandone la posizione, ne riconosce di fatto la positivita' dell'inserimento. Una politica dell'immigrazione deve consistere nel rendere percorribile fin dall'inizio un canale legale, per non dover sanare domani chi si tenta oggi di respingere o espellere.

 

6) L'art. 23 della legge 40 pone le basi per una politica di ingressi per ricerca di lavoro. Il Governo italiano deve sperimentare queste norme (fino ad oggi non l'ha fatto) e farsi portatore, in Europa, di una visione nuova del problema. In caso contrario, i flussi migratori continueranno ad essere calpestati o a mascherarsi da flussi di rifugiati, dando forza a chi invoca pericolose procedure sommarie nell'esame delle domande d'asilo, che, a loro volta, calpestano i diritti del rifugiato.