Il ruolo dei media nel processo di integrazione

 

L'immagine che l'opinione pubblica aveva fino ad alcuni anni fa della presenza degli immigrati in Italia è profondamente cambiata. Prima si pensava all'immigrazione come ad un fenomeno di passaggio, un transito di stranieri che prima o poi sarebbero rientrati nel paese d'origine.

Oggi questa percezione si è modificata nel senso che la maggior parte degli italiani ha capito che l'immigrazione è un fenomeno ormai stabile e che la maggior parte degli immigrati presenti nel territorio rimarranno in questo paese.

Questa consapevolezza ha provocato vari tipi di reazioni: una parte degli Italiani ha capito che non vi è alternativa possibile se non quella di imparare a convivere con la presenza di persone di culture diverse. Altri vivono questo nuovo fenomeno con preoccupazione, senza schierarsi né da una parte né dall'altra. Altri ancora, si sono schierati apertamente contro la presenza e l'inserimento degli immigrati, rifiutando categoricamente e di fatto la società multietnica. Questo atteggiamento di rifiuto era impensabile fino a qualche anno fa, quando la presenza di stranieri immigrati suscitava disinteresse o al massimo curiosità.

Oggi, un atteggiamento diffuso di xenofobia (non solo in Italia ma anche in altri paesi d'Europa) trova un appoggio e un avvallo da parte di qualche partito che, per ideologia o per opportunità politica, cavalca il malcontento.

Se si tenta di giustificare con l'ignoranza un atteggiamento di razzismo nella gente comune, nel caso di leader politici non si tratta di ignoranza ma di lucido calcolo di interesse, come facilmente possiamo vedere in alcuni partiti europei di chiaro stampo razzista.

In questa azione di ostacolo allo sviluppo di una società multiculturale, un ruolo fondamentale lo giocano i mass media.

La stampa e la televisione italiana, in alcuni casi, hanno trattato il fenomeno correttamente, ma sono casi sporadici, non rappresentativi del modo generale con cui viene affrontato un tema così delicato.

Nella maggior parte dei casi l'immigrazione viene trattata in termini di delinquenza o di pericolo per la sicurezza sociale, allarmando sempre di più l'opinione pubblica già così fortemente condizionata dai pregiudizi. L'immagine dell'emigrato che ci viene trasmessa dai mass media è talmente stereotipata in senso negativo, che anche in molti immigrati nasce un senso di rifiuto per quelle comunità che vengono maggiormente prese di mira. Non solo l'italiano ma anche l'immigrato finisce per prendere le distanze da quelle comunità che vengono presentate in blocco come delinquenti, spacciatori, ladri, protettori o prostitute.

 

 

 

 

Oltre al continuo flusso negativo di informazione sul mondo dell'immigrazione, lo spettatore è informato in modo univoco, distorto e parziale attraverso alcuni servizi giornalistici sui vari paesi di provenienza. I temi centrali sono quasi sempre guerre, massacri, carestie o terribili malattie contagiose. E' un'informazione scandalistica che usa le forti sensazioni per trasmette un'immagine disastrosa dei nostri paesi di provenienza e quindi, per conseguenza, sull'intera popolazione qui immigrata. Basti pensare che un paese dell'Africa di oltre cento milioni di abitanti, ricco di arte e di storia antica, con una letteratura che ha conquistato anche un premio Nobel, in Italia è conosciuto solo per quel centinaio di prostitute che "infestano" le strade di alcune città.

Potete immaginare quanto è difficile poter contrastare questo continuo flusso di informazione negativa. È sufficiente uno di questi servizi televisivi per annullare tanti sforzi fatti per riscattare l'immagine dell'immigrato.

Credo che una corretta informazione potrebbe svolgere un ruolo decisivo nella società che si sta formando in Italia e in Europa. La televisione, soprattutto, proprio perché può entrare in casa di tutti, e raggiungere tutta la popolazione, per la capacità di imporre immagini e modelli di vita, gioca una funzione determinante nel processo di integrazione in atto.

Sto parlando di una comunicazione attuata attraverso i mass media che vada oltre la cronaca (spesso solo una cronaca scandalistica) utilizzando un linguaggio di maggiore rispetto. E' un discorso rivolto anche agli intellettuali, che rappresentano la coscienza critica di questo paese, affinché prendano posizione.

Bisognerebbe che la televisione italiana dedicasse uno spazio preciso ai film realizzati dai paesi più poveri. Abbiamo visto film africani, indiani, che hanno molto da insegnare.

Ed infine bisognerebbe stabilire uno spazio definitivo alla RAI. Perché non si può immaginare di sconfiggere i pregiudizi con un ciclo di trasmissioni. I pregiudizi si sono formati e si sono consolidati nel tempo. Non basta un episodio positivo per contrastare anni di cattiva informazione. Bisogna definire uno spazio continuo e collocato in un orario decente.

Vorrei dire un'ultima cosa riguardo al tema generale trattato durante questa giornata di studio: si tratta degli strumenti legislativi da attuare per combattere gli ingressi clandestini e facilitare invece gli ingressi legali in Italia. Mi riferisco al ricongiungimento familiare, al lavoro subordinato e al lavoro autonomo

Di questi tre strumenti legislativi, per ora solo il primo è percorribile, anche se limitato agli emigrati che hanno familiari di primo grado in Italia.

Gli altri due per ora sono i più difficile, perché il lavoro subordinato è condizionato alla chiamata nominativa da parte del datore di lavoro, il quale difficilmente assumerà una persona che non ha mai visto né conosciuto. Infine, per quanto riguarda l'ingresso per lavoro autonomo, questo è ostacolato dalla necessità di dimostrare un reddito minimo.

L'unica soluzione che rimane, alla maggior parte di coloro che sono spinti a emigrare dalla povertà, è rischiare in prima persona cercando di raggiungere i paesi di immigrazione attraverso le numerose vie clandestine, pronti a sopportare tutto quello che ciò comporta. E questo rischio non lo possono tentare tutti. Per esempio, chi proviene da un altro continente, non può imbarcarsi per l'Europa se non ha superato il controllo dei visti. Ma tra coloro che vengono respinti, ci sono anche i rifugiati politici, ingiustamente penalizzati.

L'unica via che resta praticabile è quella attraverso le frontiere italiane, soprattutto attraverso la via marittima, utilizzando gli scafisti. Ma questo favorisce e aumenta la criminalità organizzata da una parte e dalla altra l'immigrazione clandestina, che non si sa dove andrà a finire poiché fuori dal controllo dello stato.

L'unico modo di controllare l'immigrazione è quello di facilitare gli ingressi legali. Questo non significa frontiere aperte, significa lasciare la possibilità di controllare l'immigrazione attraverso un canale legale, ossia quello delle quote di ingresso per ricerca di lavoro, già previsto dall'art. 23 della legge 40.

Vorremmo che il Governo italiano sperimentasse queste norme e diventasse portatore, in Europa, di un modo nuovo di affrontare un fenomeno così delicato come l'immigrazione.

Maria de Lourdes Jesus