Il giorno 2 agosto sono stati individuati, su una strada nei pressi di Mola di Bari, 98 kosovari di etnia rom, sbarcati nella notte. Tra loro più di 40 minori e alcune donne in stato di gravidanza. Portati alla Questura di Bari, hanno ricevuto un provvedimento di espulsione, perché "non avrebbero manifestato la volontà di fare richiesta di asilo in Italia".

Per tutta la giornata gran parte dei 98 cittadini kosovari sono rimasti nei pressi della Questura di Bari, senza mangiare, senza indumenti adatti e in pessime condizioni dal punto di vista igienico-sanitario; alcuni minori sono stati ricoverati per le condizioni di salute precarie. Soltanto nella serata, dopo ore di affannose ricerche, sono stati trasferiti in centri di accoglienza.

E’ inquietante rilevare ancora una volta la drammatica assenza di strutture di accoglienza nel Comune di Bari: sono bastate cento persone per mettere in crisi Prefettura e Questura di Bari in un periodo in cui si verificano nella nostra regione sbarchi di ben altra entità.

La persecuzione dei kosovari di etnia rom non è finita, bensì iniziata con la fine dei bombardamenti NATO; negli ultimi mesi la maggioranza dei profughi provenienti dalle aree balcaniche e arrivati in Puglia è rom. Le storie sono tutte simili e raccontano di ripetuti e gravi atti di violenza da parte della maggioranza albanese, di incursioni nelle case in piena notte, di rapimenti e torture, anche su minori, di ostacoli al libero movimento sul territorio. E’ un esodo silenzioso, perché i rom che arrivano avrebbero "buone ragioni" per chiedere asilo in Italia, se solo sapessero di poterlo fare, ma vengono sistematicamente espulsi senza che nessuno fornisca loro informazioni o ascolti le loro storie.

Solo i pochi (rispetto al numero degli arrivi) che entrano in contatto "casuale" con associazioni, coordinamenti o sportelli per la difesa dei diritti dei profughi e immigrati riescono ad impugnare le espulsioni e fare richiesta di asilo e, spesso, vincono i ricorsi davanti all’autorità giudiziaria.

Tutti gli altri sono di fatto condannati a uno stato di irregolarità pressoché insanabile in Italia e in tutti i Paesi dell’area Schengen; ciò comporta produzione di clandestinità e emarginazione in tutta Europa, totale assenza di diritti. Oppure il rimpatrio forzato in Kosovo, nonostante i rapporti di numerose agenzie internazionali, non ultimo un rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e dell’OSCE del 31 maggio 2000, lo ritengano inattuabile e pericoloso.

Il rilascio dei provvedimenti di espulsione ai 98 rom kosovari — episodio non isolato a livello regionale e nazionale - dimostra una volta di più l’assenza di una politica nazionale organica in materia di asilo e protezione delle minoranze etniche tuttora in fuga dal Kosovo, e più in generale di persone in fuga da situazioni di violenza generalizzata nel proprio Paese di origine (una proposta di legge sulla riforma del diritto di asilo in Italia è ferma in Parlamento da quasi due anni). Ancora oggi l’unica possibilità per ottenere protezione dallo stato italiano ( peraltro negata ai rom kosovari) è accedere alla procedura di richiesta di asilo "politico" ai sensi della Convenzione di Ginevra. Si tratta di una procedura lunga, che costringe i richiedenti asilo a restare sul territorio nazionale per almeno un anno, senza poter lavorare legalmente e in assenza di misure di accoglienza. Il rilascio da parte delle questure di permessi umanitari ai cittadini stranieri in fuga da situazioni di violenza generalizzata o comunque impossibilitati a fare ritorno nel Paese di origine è consentito dal Testo Unico sull’immigrazione (art. 5 comma 6); circolari del Ministero degli interni hanno, di fatto, ridotto questa possibilità di rilascio a casi particolarissimi.

E’ fondamentale che il conflitto ancora in atto in Kossovo non venga negato e, anzi, sia riconosciuto; questo è il primo passo affinché si prendano provvedimenti chiari a favore delle popolazioni che sono ancora oggi in fuga e si interrompano espulsioni di massa.

Chiediamo che il governo riconosca che c’è ancora un conflitto e una persecuzione di massa in Kossovo e che ciò sia chiaro anche per quei profughi, ancora presenti in Italia, con permessi per protezione temporanea scaduti il 30/06/2000.

Riteniamo inutile la prosecuzione di permessi di carattere temporaneo, dato che il Testo Unico prevede i permessi per motivi umanitari, che non devono sottostare a valutazioni parziali e discrezionali.

Fino a quando non ci sarà chiarezza su questo punto, noi continueremo ad informare i rom kossovari del loro diritto a richiedere asilo.

Chiediamo a tutti i soggetti attivi nell’affermazione dei diritti dei profughi e degli immigrati di denunciare situazioni di espulsioni, rimpatri, mancata conversione dei permessi per protezione temporanea e di diniego dello status di rifugiato nei confronti dei kossovari, anche di etnia rom.

Gruppo Lavoro Rifugiati — Bari

Per informazioni: info.rifugiati@libero.it