N E W S PROGETTO ATLANTE
POLITICHE LEGISLATIVE n. 5/2000
27 aprile 2000
a cura dell'
ASGI - Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
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SOMMARIO
richiedenti lo status di rifugiato.
legge sull'immigrazione ribadisce la possibilità del rilascio del permesso di soggiorno umanitario nei casi in cui venga sollecitato della Commissione centrale nonostante il diniego al riconoscimento dello status di rifugiato.
- PROGRAMMAZIONE DEI FLUSSI MIGRATORI (Ingresso, soggiorno, espulsioni). preoccupazioni relativamente alle condizioni per il rinnovo dei permessi di soggiorno. Una recente giurisprudenza sottolinea l'illegittimità di ogni automatismo riguardo alle ipotesi di diniego al rinnovo del permesso di soggiorno. familiari extracomunitari di cittadini comunitari o italiani. regolamentare l'ingresso dei minori stranieri per adozione internazionale. Compiuto un passo in avanti decisivo per la piena applicazione della legge sulle adozioni internazionali, in attuazione della Convenzione dell'Aja del 1993. Le competenze della Commissione per le adozioni internazionali in caso di ingresso di minori stranieri soli non accompagnati ed il raccordo con quanto previsto dalla disciplina sull'immigrazione.
- INTEGRAZIONE SOCIALE riconoscimento dei titoli professionali sanitari conseguiti all'estero da parte dei cittadini extracomunitari già legalmente residenti in Italia ovvero che intendono trasferirsi in Italia per esercitare una professione sanitaria. Resa possibile l'assunzione di personale straniero anche da parte delle strutture sanitarie pubbliche. Con l'entrata in vigore del regolamento di attuazione e della direttiva sulla programmazione dei flussi di ingresso operativa la disciplina sul riconoscimento dei titoli di studio ai fini dell'esercizio delle libere professioni da parte di cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti. recante nuove norme per il diritto al lavoro dei disabili che riforma il sistema del collocamento obbligatorio. I cittadini extracomunitari invalidi civili pienamente equiparati ai cittadini italiani per l'accesso a tali agevolazioni all'inserimento nel mercato del lavoro. Definiti i criteri e le modalità per gli adempimenti informativi periodici cui sono soggetti i datori di lavoro. - IMMIGRAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE immigrazione. Istituita a partire dal 1 gennaio 2000 in seno al Ministero Affari Esteri la Direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie. - ACCORDI INTERNAZIONALI Finlandia agli accordi di Schengen, nonché l'accordo di cooperazione tra gli Stati parte degli Accordi di Schengen e la Repubblica di Islanda ed il Regno di Norvegia per la soppressione dei controlli alle persone alle frontiere comuni. di Uganda, del Sud Africa e di Georgia in materia di reciproca promozione e protezione degli investimenti. Ratificati e resi esecutivi dal parlamento italiano i medesimi accordi con la Repubblica di Capo Verde, il Regno di Giordania e la Repubblica del Libano. Con la nuova legge sull'immigrazione ed il varo del regolamento di attuazione non è più richiesta la condizione di reciprocità per l'acquisto di immobili ad uso abitativo da parte di immigrati stranieri. (Organizzazione Internazionale del Lavoro) concernenti le agenzie per l'impiego privato. reciproco riconoscimento dei titoli di studio superiori ed universitari. SPECIALE N E W S
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ASILO
1. Stabilita l'esenzione dal pagamento dei tickets per le prestazioni sanitarie fornite ai richiedenti lo status di rifugiato.
Con circolare del Ministero della Sanità n.5 del 24 marzo 2000 è stato disposto l'esenzione dalla compartecipazione alla spesa (pagamento dei tickets) in relazione alle prestazioni sanitarie fornite ai richiedenti lo status di rifugiato in possesso dello specifico permesso di soggiorno previsto dall'art.1 della legge 39/90. Il Ministero della Sanità motiva il provvedimento con l'impossibilità dei richiedenti asilo di intrattenere rapporti di lavoro durante la procedura di esame dell'istanza. Di conseguenza i richiedenti asilo vengono assimilati ai disoccupati iscritti alle liste di collocamento.
Con la circolare del Ministero della Sanità viene compiuto un piccolo passo in avanti nella direzione di una migliore condizione giuridica e sociale per i richiedenti asilo in Italia.
L'assistenza sanitaria per i richiedenti asilo è stata introdotta dall'art.34 del TU ( D.lgs. 286/98) che ha incluso questa categoria di stranieri tra i beneficiari del diritto all'iscrizione obbligatoria al SSN.
Prima dell'emanazione del regolamento attuativo (Dpr 394/99) talune Aziende Sanitarie avevano ugualmente negato l'iscrizione dei richiedenti asilo sul presupposto della mancanza della residenza anagrafica, impossibile da ottenere per i richiedenti asilo titolari soltanto del permesso di soggiorno temporaneo. Il regolamento attuativo ha opportunamente precisato (art.42) - e la circolare ministeriale ora lo ribadisce - che la legge sull'immigrazione non richiede la residenza anagrafica al fine dell'iscrizione obbligatoria al SSN per le categorie di stranieri che ne hanno diritto, facendo esclusivo riferimento al concetto dell' effettiva dimora dello straniero che, in mancanza di residenza anagrafica, può intendersi anche con il domicilio indicato nel permesso di soggiorno.
La circolare del Ministero della Sanità contiene inoltre l'importante precisazione che il periodo di copertura sanitaria obbligatoria per i richiedenti asilo deve decorrere dal momento della presentazione della richiesta di riconoscimento dello status, incluso il periodo dell'eventuale ricorso contro il diniego al rilascio del permesso di soggiorno, così come la titolarità del diritto deve essere documentata mediante esibizione della ricevuta di presentazione dell'istanza alle autorità di polizia. Sebbene non completamente sviluppata, la disposizione lascerebbe intendere che il richiedente asilo possa godere della copertura sanitaria obbligatoria anche successivamente all'eventuale diniego al riconoscimento dello status notificato dalla Commissione Centrale, purché egli abbia debitamente inoltrato ricorso al giudice civile ( anziché al TAR in base alla recente sentenza della Corte di Cassazione ) e abbia inoltrato istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di richiesta di asilo alla Questura competente, ottenendo anche solo il cedolino per ricevuta. La questione non è di poco conto. L'assenza di una normativa organica sull'asilo rende tuttora irrisolta la questione della regolare presenza in Italia del richiedente asilo nelle pendenze di un ricorso avverso la decisone negativa adottata in prima istanza dalla Commissione Centrale. L'art.1 c.5 della Legge n.39/90 prevede che al richiedente asilo sia rilasciato un permesso di soggiorno valido "sino alla definizione della procedura di riconoscimento dello status " , potendosi dunque ritenere compresa anche la fase dell'eventuale esperimento dei mezzi di ricorso. Contro tale argomentazione, tuttavia, molte questure fanno prevalere un'interpretazione restrittiva dell'art.5 del Dpr 136/90 , con il quale il richiedente asilo cui sia negato il riconoscimento "deve lasciare il territorio nazionale", per effetto dunque della sola decisione negativa della Commissione Centrale. E' vero peraltro che la competenza ora attribuita al giudice unico del Tribunale civile in materia di ricorsi attinenti lo status dei rifugiati rende possibile per la parte chiedere entro termini brevissimi l'emanazione di un provvedimento di urgenza di natura cautelare e sospensiva ex art.700 cpc, nell'attesa del provvedimento definitivo di merito. Il richiedente appare legittimato alla richiesta del provvedimento cautelare in quanto la mancanza di una normativa chiara che gli garantisca un titolo di soggiorno in Italia e lo tuteli dal rischio di un provvedimento espulsivo costituisce per lui una fonte di immediato pregiudizio e danno irreparabile, anche in relazione alle conseguenti violazioni del principio di non-refoulement.
Nell'attesa dell'approvazione del disegno di legge sull'asilo, che appare peraltro sempre più improbabile nella corrente legislatura, sarebbe dunque auspicabile un chiarimento a livello amministrativo sugli aspetti relativi al soggiorno del richiedente asilo nella pendenza del ricorso. Nel frattempo, la formulazione adottata nella circolare del Ministero della Sanità sembrerebbe far intendere che al richiedente asilo spetti la proroga dell'iscrizione obbligatoria al SSN anche nel periodo di pendenza del ricorso al giudice unico avverso la decisione negativa della Commissione Centrale, e ciò prescindendo anche dalla legalità del suo soggiorno in Italia, ritenendosi sufficiente la mera presentazione dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno alla questura competente.
Con una clamorosa sentenza datata 8.10.1999, la Corte di Cassazione sezioni unite civili ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie (ricorsi) relativi al mancato riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951, da parte della Commissione centrale di cui all' articolo 1 della Legge 39/90 e al Dpr. 136/90.
La Corte di Cassazione ha preso le mosse dall'avvenuta espressa abrogazione - contenuta nell'articolo 46 della Legge 40/98 - della disposizione dell'articolo 5 della " Legge Martelli" che attribuiva al giudice amministrativo ( TAR) la decisione sull'impugnazione del provvedimento di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato. Di conseguenza l'attribuzione al TAR della competenza sui ricorsi avverso le decisioni assunte in prima istanza dalla Commissione centrale non può più ritenersi automatica, ma la giurisdizione in proposito deve essere determinata secondo al Corte di Cassazione in base ai principi generali dell'ordinamento secondo i quali tutte le controversie concernenti lo status delle persone rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario .In appoggio a tale argomento, la Corte di Cassazione ha fatto riferimento alla disposizione contenuta nella Convenzione di Ginevra del 1951 che garantisce ad ogni rifugiato il libero e facile accesso ai tribunali degli Stati contraenti (art. 16), parificando sostanzialmente la sua condizione a quella dei cittadini .
La Corte di Cassazione ha ulteriormente richiamato la sua precedente giurisprudenza volta a far rientrare nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria le controversie riguardanti il riconoscimento del diritto di asilo costituzionale ( Cass. Sez. unite 26.5.97 n° 4674) .La Cassazione ha messo in evidenza la convergenza tra le due situazioni, sebbene distinte sotto il profilo dei requisiti per il riconoscimento ( non richiedendo l'asilo costituzionale l'ulteriore requisito della persecuzione soggettiva richiesta al rifugiato), riferendosi entrambe ad uno status, o diritto soggettivo, con la conseguenza che tutti i provvedimenti assunti dagli organi competenti in materia hanno natura meramente dichiarativa e non costitutiva . Ad ulteriore conferma del ragionamento, la Corte ha citato il trasferimento della giurisdizione dal giudice amministrativo a quello ordinario avvenuta con il varo della legge sull'immigrazione nelle controversie relative alle misure di espulsione degli stranieri.
Avendo la Cassazione pronunciato al sentenza a sezioni unite civili questa assume valore vincolante per l'autorità giudiziaria. D'ora in avanti, dunque, i ricorsi avverso i dinieghi al riconoscimento dello status di rifugiato emanati dalla Commissione centrale potranno essere presentati dinanzi al giudice ordinario anziché a quello amministrativo senza il timore che il primo possa pronunciare una propria incompetenza di giurisdizione.
Il problema che ora si pone ai richiedenti asilo e alle organizzazioni che li assistono è quello dell'accesso al gratuito patrocinio, materia che nei procedimenti innanzi alle autorità civili e amministrative è regolata dal R.D. 3282 del 1923. Questa normativa innanzitutto è penalizzante per gli avvocati, in quanto prevede il gratuito patrocinio come una difesa non retribuita che costituisce titolo onorifico e obbligatorio. Inoltre fissa modalità e tempi per l'ammissione al beneficio difficilmente compatibili con la condizione del richiedente asilo, impossibilitato a richiedere certificazioni e documentazione alle autorità, anche consolari e diplomatiche, del paese di origine. Appare quanto mai opportuno e necessario dunque che il Ministero della Giustizia disponga opportuni chiarimenti normativi volti a consentire un effettivo accesso dei richiedenti asilo all'istituto del gratuito patrocinio in sede di ricorso di appello contro la decisione in prima istanza, rendendo concretamente usufruibili le disposizioni in materia di assistenza amministrativa ai rifugiati previste dall'art. 25 della Convenzione di Ginevra.
Copia della sentenza della Corte di Cassazione è reperibile sul sito Internet http: //briguglio.frascati.enea.it/immigrazione-e-asilo/2000/febbraio/cassazione-87-10-99.html.
3. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che dispone la proroga fino al 30 giugno 2000 delle misure di protezione temporanea per i rifugiati dalla Repubblica Federale di Jugoslavia (Kosovo). Attraverso raccomandazione della Commissione centrale, estesa la protezione temporanea anche ai richiedenti asilo kosovari giunti in Italia prima del 26 marzo 1999 ai quali venga negato il riconoscimento dello status convenzionale di rifugiato. Annunciato un programma di assistenza al rimpatrio nel periodo estivo, preceduto da una campagna informativa.
Sebbene con ritardo per gli effetti della crisi di governo e del successivo esame da parte della Corte dei Conti, ha trovato pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (n. 20 dd. 05.02.2000) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30.12.1999 che dispone la proroga fino al 30 giugno 2000 delle misure di protezione temporanea per i rifugiati dalla Repubblica Federale di Jugoslava (Kosovo). Già ai primi di gennaio, peraltro, al fine di evitare un vacuum nella condizione giuridica dei rifugiati dalla Repubblica Federale di Jugoslavia (Kosovo) titolari della protezione umanitaria introdotta dal DPCM del 12.05.1999, il Ministero dell'Interno aveva diramato una circolare amministrativa che anticipava i contenuti del decreto.
Nel decreto viene disposta la proroga del termine della protezione temporanea, scaduto il 31.12.1999, fino al 30 giugno 2000, ad esclusivo beneficio dei destinatari delle misure introdotte con il DPCM del 12.05.1999 tuttora presenti in Italia ed in possesso dei relativi permessi di soggiorno, cui dunque si deve provvedere al rinnovo. Conseguentemente al rinnovo del permesso di soggiorno, il titolare della protezione umanitaria potrà continuare a beneficiare delle misure di accoglienza ed assistenza, anche sanitaria, previste dal DPCM dd. 12.05.1999.
La decisione di prorogare il regime di protezione umanitaria per i rifugiati provenienti dalla Repubblica Federale di Jugoslavia giunti in relazione al conflitto bellico in Kosovo appare coerente con le direttive e le raccomandazioni espresse dagli organismi internazionali, primo fra tutti l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (in proposito, UNHCR, Kosovo Albanians in Asylum Countries. UNHCR Recommendations as regards Return, Ginevra, 1 ottobre, 1999) che avevano sottolineato come la ricostruzione in Kosovo si sia appena avviata e che una buona parte delle famiglie al di fuori della capitale Pristina sia costretta a trascorrere l'inverno nelle tende o in abitazioni solo parzialmente ricostruite. Le medesime motivazioni, unite all'esigenza di non creare ingiustificate disparità di trattamento, hanno spinto la Commissione Centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato a raccomandare, in caso di diniego, il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di protezione temporanea valido fino al 30 giugno 2000 a favore dei richiedenti asilo kosovari che non avevano potuto accedere a suo tempo alle misure di protezione temporanea, in genere perché entrati in Italia prima del 26 marzo 1999.
C'è infine da sottolineare che il decreto di proroga della protezione umanitaria, annuncia la predisposizione di un programma di rimpatrio assistito dei profughi presenti in Italia che dovrebbe svolgersi tra il 1 luglio ed il 31 agosto 2000 con l'assistenza e la collaborazione dell'ACNUR e dell'OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) e i cui contenuti sarebbero stati resi noti a partire dal 1 aprile mediante una campagna informativa nazionale. I rifugiati kosovari, così come quelli delle altre aree della ex-Jugoslavia, che intendono rimpatriare volontariamente nei luoghi di origine anche prima del 1 luglio 2000 possono fin d'ora accedere ad un progetto di rimpatrio assistito, gestito dall'OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) che assicura il finanziamento delle spese di viaggio, nonché un contributo economico ed un'assistenza in loco per il reinserimento sociale nei luoghi di origine. Per informazioni, ci si può rivolgere all'ufficio dell'OIM a Roma, via Nomentana 62 -tel. 06/44231428, fax 06/4402533, e-Mail: iomrome@iom.int, oppure al Consiglio Italiano per i Rifugiati, via del Velabro, 5/a, ROMA tel. 06/69200114, e-mail: c.i.r.@flashnet.it
La circolare diffusa ai primi di gennaio dal Ministero dell'Interno e firmata dal capo della polizia, Masone, conferma per la prima volta per iscritto la possibilità, già ampiamente diffusa e consolidata nella prassi dall'entrata in vigore della legge n. 40/1998, per le questure di rilasciare appositi permessi di soggiorno umanitari, di durata di norma annuale e validi per lavoro, ai richiedenti asilo che si siano visti respingere l'istanza di riconoscimento dello status di rifugiato, ma ai quali l'apposita commissione centrale abbia riconosciuto valide ragioni per non fare ritorno nel paese di origine, per le motivazioni richiamate dall'art. 5 comma 6 del TU e riconducibili a ragioni di carattere umanitario o derivanti dagli obblighi internazionali di "non refoulement" ovvero da quelli costituzionali inerenti al diritto d'asilo. Sebbene la timida e prudente formulazione usata dalla circolare ministeriale sembra sottolineare il carattere di raccomandazione della segnalazione della commissione centrale, non giuridicamente vincolante per la questura almeno in via ultimativa, il richiamo contenuto nella circolare non può che essere accolto positivamente, nell'attesa che il DDL sull'asilo possa completare il suo iter parlamentare e consentire finalmente una piena attuazione nel nostro paese di un sistema normativo organico in materia di protezione temporanea e di diritto d'asilo costituzionale.
La formulazione aperta della norma di cui all'art. 5 c. 6 del TU non pregiudica tuttavia la possibilità, almeno teorica, che la scelta di rinnovare un permesso di soggiorno, anche in deroga alle norma vigenti, possa essere adottata dalle autorità locali di polizia anche in assenza di una specifica raccomandazione della commissione centrale, così come dell' accesso dell'interessato alla procedura di riconoscimento dello status di rifugiato, in presenza di comprovate ragioni che richiamino ai suddetti obblighi internazionali o costituzionali dello Stato italiano.
5. Il Tribunale Civile di Roma riconosce il diritto di asilo costituzionale a Abdullah Ocalan.
Con sentenza depositata il 1 ottobre scorso, il Tribunale Civile di Roma ha riconosciuto il diritto di asilo politico in Italia, ai sensi e per gli effetti dell'art. 10.3 della Costituzione ("Lo straniero al quale sia impedito l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni della legge") , al leader curdo Abdullah Ocalan, a seguito dell'istanza da questi presentata il 21 dicembre 1998.
Senza sottovalutare l'importanza della pronuncia del tribunale romano per il diretto interessato, quale anche mezzo di pressione nei confronti delle autorità turche per impedire la conferma della sua condanna a morte pronunciata in primo grado e confermata in appello, la sentenza trascende certamente il caso in questione. Non può sfuggire il fatto che si tratta del primo caso di un pronunciamento giudiziario volto a dichiarare il riconoscimento del diritto costituzionale di asilo politico, rimasto tuttora inattuato.
Il dispositivo della sentenza conferma innanzitutto la giurisprudenza avviata con la famosa pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. Unite 12.12.1996-26.05.1997, n. 4674, circa la natura precettiva ed immediatamente operativa e non meramente programmatica della norma costituzionale sull'asilo, tale dunque da vincolare l'autorità giudiziaria civile anche in assenza di una disciplina attuativa. Ugualmente, viene ribadita la distinzione concettuale tra la nozione di asilo costituzione e quella di rifugiato ricavabile dalla Convenzione di Ginevra del 1951: la prima legata a criteri di natura oggettiva (la mancanza di libertà democratiche nel paese di origine dell'asilante), la seconda a presupposti di natura soggettiva (il timore individuale di persecuzione).
Va rilevato inoltre il modo esemplare con il quale il giudice civile ha respinto uno dei motivi di inammissibilità che erano stati addotti dall'Amministrazione Italiana quale parte convenuta, cioè la sostanziale inopportunità politica, in mancanza di una normativa di attuazione del diritto d'asilo costituzionale, di affidare al giudice la valutazione sulla democraticità di un ordinamento straniero che "significherebbe accettare ipotesi di responsabilità internazionale dello Stato italiano per attività del suo potere giudiziario". Giustamente, qui il giudice ha ricordato i contenuti della Dichiarazione sull'Asilo territoriale adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 15 dicembre 1967 che stabilisce che "la concessione da parte di uno Stato dell'asilo a persone che possano invocare l'art. 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo costituisce un atto pacifico e umanitario che, in quanto tale, non deve essere considerato un atto ostile nei confronti di un altro Stato".
Una volta respinti i presupposti di inammissibilità avanzati dal Governo italiano, il giudice ha riconosciuto il diritto di asilo costituzionale a Ocalan ritenendo, in base alla documentazione prodotta ( i dossier sulla situazione dei diritti umani in Turchia redatti tra l'altro dal Dipartimento di Stato USA, dal Parlamento europeo, da Amnesty International, le pronunce di condanna della Turchia da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo, ecc) e alle risultanze di prove testimoniali, l'esistenza del presupposto di base dell'assenza in Turchia delle libertà democratiche riconosciute, invece, dalla nostra Costituzione, con particolare accenno al rispetto dell'integrità della persona, al rispetto delle libertà civili, alla proibizione della discriminazione in relazione alla razza. Secondo il giudice, inoltre, la previsione costituzionale dell'asilo politico va integrata e completata alla luce di quella sul divieto di estradizione dello straniero per motivi politici (art. 10.4 Cost.) successivamente ribadito sul piano internazionale dalla Convenzione Europea di estradizione di Parigi del 1957 che stabilisce, ad ulteriore garanzia dell'estradando, che l'estradizione non verrà concessa nel caso in cui lo Stato richiesto "abbia dei seri motivi di credere che la domanda, pur motivata da un reato di diritto comune, sia stata presentata per perseguire o punire un individuo per considerazioni di razza, religione, nazionalità ed opinioni politiche oppure che la situazione di detto individuo rischi di essere aggravata da una qualsiasi di queste ragioni". Il giudice non ha ritenuto nemmeno che il riconoscimento del diritto di asilo per Ocalan debba essere negativamente condizionato dall'entità, indubbia, dell'attività delittuosa a lui contestata, in base all' orientamento giurisprudenziale per cui occorra ai fini estradizionali contemperare il rilievo del delitto politico con la tutela dei valori umani di carattere universale che il delitto invece ha offeso o posto in pericolo (Cass. I^ Sez. pen. 27.02.1989; Cass. I^ Sez. Pen. 17.02.1992). Secondo il giudice, infatti, la motivazione dell'attività di Ocalan -"politica sul piano dei valori assoluti e certamente degna di considerazione sia nell'attuale contesto (della lotta per il riconoscimento dei diritti del popolo curdo, diritti fino ad ora contestati e conculcati) che in una prospettiva storica - funge da contrappeso all'entità delle offese arrecate".
Va rilevato, infine, come il giudice abbia respinto la tesi del Governo italiano dell'infondatezza dell'istanza di asilo per la sopravvenuta mancanza nell'attore dell'interesse ad agire, in ragione del suo abbandono del territorio italiano e della sua attuale condizione di detenuto in Turchia.
Il giudice di Roma non ha ritenuto di dover ricondurre il caso Ocalan alla fattispecie prevista dalla giurisprudenza di Cassazione (Cass. 9.10.98 n. 10062 e Cass. 23.05.1982 n. 3198), secondo la quale "è inibito al giudice di risolvere questioni meramente teoriche al fine di una pronuncia dal contenuto astratto e congetturale", sostenendo al contrario che "permanga tuttora un interesse concreto e attuale dell'attore (Ocalan ndr) ad una pronuncia favorevole", per le implicite implicazioni politiche scaturenti da "un accertamento - in una sede giudiziaria neutra ed imparziale - dell'esistenza del problema del popolo curdo e del suo diritto all'autodeterminazione o, comunque, a spazi di libertà e democrazia, obiettivi dell'azione politica di Ocalan" medesimo.
La sentenza "Ocalan" è motivo di particolare soddisfazione per l'ASGI, che era intervenuta in giudizio a sostegno dell'istanza, assieme ad altre associazioni, quali il CIR e l'Associazione Giuristi Democratici.
Ritenendo non più attuale la situazione di eccezionalità che aveva determinato l'automatico rilascio di appositi permessi di soggiorno umanitari per i cittadini somali fuggiti dalla guerra civile, il Ministero Affari Esteri con decreto 1 febbraio 1999 (G.U. 17.2.1999 n. 39) ha abrogato le precedenti disposizioni contenute nel decreto ministeriale dd 9.09.1992. Il nuovo decreto prevede di conseguenza che i cittadini somali che facciano soltanto ora ingresso in Italia potranno accedere eventualmente alla procedura individuale di riconoscimento dello status di rifugiato. Per coloro che hanno già beneficiato della protezione umanitaria in base alle disposizioni ora abrogate varranno le disposizioni emanate con direttiva del PdCdM del 6 agosto 1998, con la possibilità di convertire il permesso di soggiorno umanitario in permesso per motivi di lavoro della durata biennale in caso di rapporto di lavoro in corso o di formale impegno di assunzione ovvero con la permanenza del possesso di un permesso annuale in caso di stato di disoccupazione.
Il Ministero degli Affari Esteri italiano ha inoltre ritenuto di non riconoscere più alcuna validità ai passaporti somali o altri documenti di identità o anagrafici rilasciati o rinnovati da autorità "de facto" somale dopo il 31 gennaio 1991, in conseguenza della dissoluzione delle strutture statuali della Somalia. Pertanto, i cittadini somali presenti in Italia, per recarsi all'estero al di fuori dello Spazio Schengen. e fare poi rientro in Italia, debbono chiedere alle questure il rilascio di un apposito titolo di viaggio per stranieri, della stessa durata del permesso di soggiorno. In mancanza del passaporto, il rilascio o adeguamento del permesso di soggiorno può avvenire previa esibizione della carta di identità rilasciata dal Comune italiano di residenza. Il mancato riconoscimento della validità dei documenti anagrafici sta comportando notevoli difficoltà per l'esercizio del ricongiungimento familiare, di fatto provocando il mancato rilascio dei visti di ingresso per l'impossibilità della dimostrazione del legame familiare in base a documenti consentiti. Le autorità diplomatico-consolari italiane non sembrano più disposte ad accettare eventuali autocertificazioni da parte dei cittadini somali interessati, sebbene tale procedura era in precedenza consentita in base ad una vecchia circolare del Ministero dell'Interno ( n. 48 dd. 27 giugno 1992), ritenuta non più compatibile con le disposizioni nel frattempo impartite in materia di dichiarazioni sostitutive per i cittadini stranieri.
Per ovviare alle obiettive difficoltà di provare il legame familiare ai fini dell'esercizio del diritto alla coesione familiare da parte di rifugiati somali, alcuni paesi europei hanno recentemente introdotto il ricorso al test DNA (così i Paesi Bassi e la Finlandia), con diritto al parziale rimborso delle spese relative in caso di conferma della sussistenza del legame (in "ECRE Documentation Service" n. 2/2000)
L'8 marzo scorso è ripresa la discussione alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati sul disegno di legge in materia di asilo e di protezione temporanea, già approvato al Senato il 5 novembre 1998. Per il momento, la discussione è stata affidata al Comitato ristretto presieduto dall'on Russo Jervolino (Partito Popolare). Si prevede, tuttavia, che la discussione in aula del disegno di legge non potrà iniziare prima del mese di giugno.
Già nel luglio 1999, il relatore, on. Soda, aveva illustrato sommariamente i contenuti del provvedimento, sottolineando anche alcuni limiti del testo approvato dal Senato che necessiterebbe di modifiche e correzioni durante la discussione alla Camera dei Deputati. In particolare, l'on. Soda aveva rilevato l'eccessiva limitazione dei presupposti per la concessione del diritto d'asilo, facenti riferimento al pericolo di vita, rispetto ai contenuti del testo costituzionale, che fanno riferimento unicamente all'impedimento all'esercizio delle libertà democratiche. L'on. Soda inoltre aveva sottolineato l'esigenza di escludere dal pre-esame i richiedenti asilo costituzionali, che non dovrebbero essere sottoposti alle procedure di determinazione del paese d'asilo in base alla Convenzione di Dublino, da riservare esclusivamente ai richiedenti lo status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra del 1951. Tali argomentazioni, peraltro, non appaiono coerenti con la discussione che si sta avviando a livello europeo sull' armonizzazione delle procedure per la valutazione delle istanze di asilo, che sembrano propendere per un'unica procedura di riconoscimento, valida tanto per lo status convenzionale che per i regimi complementari di protezione.
Lo scorso autunno, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati aveva convocato un gruppo di lavoro delle ONG per la formulazione di proposte di emendamento migliorative del testo approvato dal Senato. A tale gruppo di lavoro hanno preso parte il Consiglio Italiano per i Rifugiati, l'ASGI, l'ICS, il Gruppo di riflessione dell'area religiosa e Médicins sans frontières. Le richieste di emendamento sono state ufficialmente consegnate all'on. Maritati, Sottosegretario agli Interni, e all'on. Soda, durante un incontro svoltosi a Roma martedì 12 ottobre 1999. Gli elementi più rilevanti delle proposte avanzate dal gruppo di lavoro dell'associazionismo e dell'ACNUR riguardano: a) la ridefinizione dei criteri in base ai quale concedere il diritto d'asilo costituzionale, con l'inclusione delle persone in fuga da situazioni di violenza generalizzata; b) la previsione di un effetto sospensivo del ricorso in caso di esito negativo del pre-esame; c) l'assegnazione al giudice ordinario piuttosto che al TAR della competenza dell'esame del ricorso avverso la decisione negativa della Commissione centrale. Altri emendamenti sostanziali riguardano una dozzina di altri punti del DDL.
Il testo delle proposte di emendamento formulate dall'ACNUR e dalle ONG sopra richiamate può essere richiesto all'ACNUR, via Caroncini, 19, ROMA, tel. 06/8079085, e-mail: itaro@unhcr.ch.
PROGRAMMAZIONE DEI FLUSSI (Ingresso, Soggiorno, Espulsioni
).8. Entrato in vigore il decreto sulla programmazione dei flussi di ingresso degli stranieri per motivi di lavoro per l'anno 2000. La distribuzione delle quote di ingresso. Le procedure e modalità per la chiamata nominativa da parte dei datori di lavoro e per la sponsorizzazione da parte dei garanti per gli ingressi per inserimento nel mercato del lavoro. Una circolare del Ministero degli Affari Esteri revoca il divieto per gli stranieri di essere presenti in Italia durante l'iter autorizzativo. Le limitate possibilità di conversione del permesso di soggiorno per gli stranieri già presenti in Italia.
Il D.P.C.M. dell'08.02.2000 sulle quote d'ingresso degli stranieri extracomunitari per l'anno 2000 è stato pubblicato sulla G.U. del 15.03.2000. Sono previsti 63.000 nuovi ingressi per lavoro, così distribuiti:
Qualora, trascorsi 140 giorni dalla data di entrata in vigore del D.P.C.M., si verifichino significativi residui delle quote, con direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con i ministri interessati e ferma restando la quota massima di 63.000, si provvederà, sulla base delle effettive richieste, a rideterminare le ripartizioni numeriche stabilite.
Concretamente nei limiti delle quote suddette gli ingressi sono autorizzati come segue:
Con circolare telegrafica datata 09.03.2000 il Ministero degli Affari Esteri ha revocato le precedenti disposizioni amministrative che vietavano allo straniero di essere presente in Italia durante l'iter autorizzativo dell'ingresso per motivi di lavoro subordinato, pena la non concessione del visto ovvero la revoca del medesimo . Di conseguenza la circolare ora emanata dispone che la presenza dello straniero sul territorio italiano - e più in generale sul territorio Schengen - durante l'iter autorizzativo non costituisce più elemento ostativo al rilascio dell'autorizzazione o del nulla osta all'ingresso per lavoro subordinato ovvero del rilascio dell'apposito visto, fermo restando la necessità che lo straniero già presente in Italia si rechi comunque presso il consolato italiano nel paese di origine per l'apposizione del visto. Tale novità va accolta favorevolmente poiché era noto a tutti che nella quasi totalità dei casi la chiamata nominativa del datore di lavoro presupponeva una conoscenza diretta del lavoratore straniero e dunque una precedente presenza in Italia di quest'ultimo, per motivi di turismo ove possibile o anche irregolare. La circolare ministeriale rimuove dunque un ostacolo ad un effettivo incontro tra domanda e offerta di lavoro immigrato rendendo più agevole il funzionamento delle procedure di programmazione dei flussi d'ingresso.
Con circolare del Ministero del Lavoro dd. 20.03.2000, è stata definita la ripartizione numerica per ciascuna regione della quota di ingresso per motivi di lavoro subordinato (stagionale, a tempo determinato ed indeterminato), demandando alle singole Direzioni Regionali del Lavoro il compito di definire una successiva ripartizione su base provinciale. Di seguito riproduciamo lo schema allegato alla suddetta circolare con le quote fissate per ciascuna regione., con la precisazione che le cifre sono al netto delle anticipazioni già concesse per motivi di lavoro stagionale, cui si fa riferimento nella circolare del Ministero del Lavoro n. 11 del 17.02.2000 e che il Ministero del Lavoro ha inteso accantonare una quota residua pari a 2.000 unità, destinata a fronteggiare eventuali esigenze impreviste che dovessero presentarsi nel corso dell'anno, una volta esaurita la ripartizione su base regionale.
LIMITI MASSIMI CONSENTITI PER GLI INGRESSI PER LAVORO SUBORDINATO STAGIONALE, A TEMPO DETERMINATO E A TEMPO INDETERMINATO