il manifesto
02 Aprile 2000
 

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GIANNI E PINOTTO

SERGIO BRIGUGLIO

M olti nostri politici, forse sulla base di una valutazione prudenziale delle capacità intellettive degli interlocutori, riducono i programmi di politica dell'immigrazione allo slogan "Sia benvenuta l'immigrazione legale, sia repressa quella clandestina". Ciò fatto, non sembrando ad alcuno degna di ulteriori approfondimenti la prima parte dello slogan, il dibattito si concentra sulla seconda parte. Il contrasto tra i poli molto spesso risulta relativo, più che all'opportunità della repressione, alla valutazione della sua efficacia. Un esempio di questo tipo di confronto si è avuto in questi giorni; pretesto, la circolare che raccomandava ai questori di non dar luogo al trattenimento dello straniero espellendo nei casi in cui appaia improbabile l'eventualità di poter eseguire l'allontanamento entro i prescritti 30 giorni. Per inciso, la circolare sembra, almeno a me, un esempio di buon senso, stante la difficoltà di far riammettere in patria stranieri di determinate nazionalità. E' però, innegabilmente, una circolare che prende atto del fatto che gli espellendi sono troppi rispetto agli strumenti offerti dalla normativa. Di fronte a questo scompenso, si può scegliere di potenziare quegli strumenti. L'opposizione lo chiede ad ogni passo, e il governo, per bocca di Bianco, assicura che lo farà. Quando si tratta di ipotizzare soluzioni concrete, però, la stessa opposizione mostra di non avere alcuna idea. Ne è prova la proposta di legge avanzata da Bossi e Berlusconi. A parte il permesso di sparare ai trafficanti e quello di invadere, con le nostre navi da guerra, le acque territoriali altrui, la proposta è perfino meno severa della normativa attuale. L'arresto del clandestino scatta infatti solo dopo il terzo ingresso in Italia, anziché dopo il secondo. I centri di detenzione sono poi aboliti, a meno che il presidente del Consiglio non provveda, entro 30 giorni dall'eventuale entrata in vigore della legge, a ripristinarli con decreto. Il compito non è dei più facili giacché, con lo stesso decreto, il povero presidente del Consiglio deve disciplinare l'intera condizione giuridica dello straniero, azzerata da uno dei primi articoli della proposta Bossi-Berlusconi.

In attesa che emergano proposte di riforma più degne di considerazione, e nell'ipotesi che la valutazione sulle capacità intellettive degli interlocutori possa essere rivista al rialzo, suggerisco di sostituire lo slogan in voga con uno più breve, ma più consistente: "Sia legale l'immigrazione benvenuta". Non si tratta solo di un vezzo metrico, ma tiene conto di alcuni elementi molto semplici: la nostra economia ha bisogno di immigrati. Porre ostacoli al loro ingresso legale danneggia la società o costringe gli immigrati stessi alla clandestinità. L'aumento smisurato dei clandestini rende irrisolvibile il problema della loro espulsione. Il governo D'Alema - grazie soprattutto all'opera di Maritati - sta ponendo le basi per dare corpo a questo secondo slogan. La pubblicazione puntuale del decreto flussi e il lavoro in corso per spianare gli ostacoli posti da una burocrazia difficile da rieducare sono elementi importanti di questo progresso. Meriterebbero di essere considerati e sostenuti. Lasciando a Gianni e Pinotto gli approfondimenti su espulsioni e navi da guerra.


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