Cari amici,

vorrei segnalarvi alcuni problemi relativi all'attuazione dell'articolo 18 del Testo unico (protezione sociale).

1) Si stanno registrando difficolta', in alcune questure, in relazione al rilascio dei permessi per motivi umanitari (secondo quanto stabilito dal Regolamento) a persone che tentino di sottrarsi allo sfruttamento. Il motivo sembra risiedere in una interpretazione restrittiva del decreto del Ministro per le pari opportunita' del 23/11/99 (G.U. 13/12/99 n.291). Questo decreto, all'art.2 comma 3, definisce cosa si debba intendere per "programma di protezione sociale". All'art.4, poi, definisce le modalita' di presentazione dei progetti, ai fini del cofinanziamento statale, alla Commissione interministeriale per l'attuazione dell'art.18, e i criteri che la Commissione adotta per la valutazione dei progetti. Queste disposizioni vengono interpretate dalle questure suddette come se l'approvazione del progetto da parte della Commissione fosse condizione necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno alla persona che tenta di sottrarsi allo sfruttamento.

Ritengo che questa interpretazione non trovi fondamento in alcuna delle disposizioni vigenti; per le ragioni che seguono:

L'articolo 18 del Testo unico stabilisce, al comma 1, che il permesso sia rilasciato allo straniero per consentirgli di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti dell'organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale. Il rilascio del permesso deve quindi avvenire anche nell'eventualita' che un programma del genere non sia immediatamente disponibile, cosi' come alla clandestina incinta viene rilasciato un permesso per motivi di cure anche nell'ipotesi che i letti in clinica ostetrica siano tutti occupati.

Al comma 2 dello stesso articolo, addirittura, si chiarisce che le modalita' di partecipazione al programma di integrazione sono comunicate al Sindaco, e non al Questore. Non dovrebbero far parte qunidi degli elementi che il Questore deve valutare ai fini del rilascio del permesso. E' piuttosto l'interruzione della partecipazione al programma - questa si' dipendente dalla volonta' dello straniero - a costituire motivo di revoca del permesso (art.18, comma 4). Il Regolamento di attuazione, all'articolo 27, comma 2, contraddice quest'ultimo punto, stabilendo che il Questore rilasci il permesso dopo aver acquisito, tra le altre cose, il programma di integrazione conforme alle prescrizioni della Commissione interministeriale.

Si puo' da questo concludere che l'interpretazione adottata dalle questure sia corretta? No. Lo stesso Regolamento, infatti, all'articolo 25, comma 1, stabilisce che i programmi di integrazione realizzati a cura dell'ente locale sono cofinanziati dallo Stato, previa valutazione della Commissione interministeriale. Alla lettera c) del comma 3 dello stesso articolo, pero', chiarisce che la Commissione "seleziona" i programmi da finanziare, sulla base dei criteri definiti - appunto - con decreto del Ministro per le pari opportunita'. E' evidente quindi come la valutazione positiva da parte della Commissione sia vincolante solo ai fini del cofinanziamento, e come possano invece essere legittimamente realizzati dall'ente locale programmi di integrazione, anche quando questi non vengano - ad esempio, per mancanza di risorse - selezionati per il cofinanziamento.

L'ente locale, da parte sua, puo' ben realizzare autonomamente un programma di integrazione (il comma 1 dell'articolo 25 appena citato parla appunto di programmi realizzati a cura degli enti locali "o" dei soggetti privati convenzionati). Qualora pero' decida di dare in convenzione la realizzazione del programma o di parte di esso, deve, in base alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 26 del Regolamento, verificare la rispondenza del programma o dei programmi che il soggetto intende realizzare ai criteri e alle modalita' stabiliti col suddetto decreto. Tale valutazione vincolante - necessaria, ovviamente, solo quando l'ente locale voglia affidare in convenzione a un privato la realizzazione del programma o di parte di esso - spetta quindi al solo ente locale, non alla Commissione. La Commissione stessa, in base alla lettera b) del comma 3 dell'articolo 25, si limita a formulare pareri e proposte - non vincolanti - sui progetti di convenzione tra ente locale e privati.

In definitiva, fermo restando che il requisito sostanziale per il rilascio del permesso di soggiorno ex art.18 e' la condizione di rischio derivante dalla volonta' di sottrarsi alla pressione dell'organizzazione di sfruttamento, anche quando si ritenga indispensabile l'acquisizione delle informazioni in relazione al programma di integrazione, il rilascio del permesso non puo' essere condizionato al preventivo benestare della Commissione interministeriale sul programma stesso. E' solo richiesto che tale programma sia conforme ai criteri (estremamente semplici) indicati dall'art. 2 del decreto. Tale valutazione - preventivamente effettuata dall'ente locale per le parti del programma affidate a privati in convenzione - spetta complessivamente al Questore. L'esistenza di una valutazione positiva da parte della Commissione - formulata a seguito di una richiesta di cofinanziamento - potra' eventualmente costituire motivo perche' il Questore la confermi senza ulteriori riflessioni.

 

2) Un problema che incontra il titolare del permesso ex art. 18 e' l'impossibilita' di praticare il ricongiungimento familiare se prima non e' riuscito a ottenere la conversione del permesso in permesso per lavoro o per studio. In proposito andrebbe tenuto presente, da parte delle questure, il comma 3 dell'art. 28 del Testo unico, che afferma il diritto prevalente del minore nei procedimenti finalizzati a dare attuazione al diritto all'unita' familiare. Dovrebbe quindi essere chiarito che, ove si tratti di ricongiungimento con figlio minore ed esistano ragioni serie relative all'interesse dello stesso figlio, si puo' prescindere da tutti i requisiti previsti dagli articoli 28 e 29.

La cosa ovviamente non risolve il problema del ricongiungimento - ad esempio - con familiari a carico, che, d'altra parte, puo' essere rilevante nei casi in cui l'organizzazione criminale minacci la loro incolumita'. In proposito, a meno di non assimilare il titolare del permesso ex art. 18 al titolare di un permesso per asilo (cosi' la recente circolare del Ministero della sanita', secondo la quale la categoria "asilo umanitario" corrisponde a diversi tipi di permesso di soggiorno, incluso quello rilasciato in base all'art. 18) e di non applicare l'esonero dai requisiti di reddito previsto per il ricongiungimento con il rifugiato, sarebbe necessario modificare il Testo unico.