Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 819 del 4/12/2000
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(Discussione sulle linee generali - A.C. 5808)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Informo che il presidente del gruppo parlamentare di Alleanza nazionale ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazione nelle iscrizioni a parlare, ai sensi del comma 2 dell'articolo 83 del regolamento.
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) s'intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore per la maggioranza, onorevole Sinisi, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIANNICOLA SINISI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di legge n. 5808, della quale sono relatore per la maggioranza, è stata oggetto di un travagliato quanto singolare iter in I Commissione (Affari costituzionali). La descrizione di tale iter, anche se breve, è utile per ragioni di chiarezza, ma anche per rappresentare la complessità di un tema di straordinaria rilevanza, come quello delle politiche per l'immigrazione.
A seguito dell'entrata in vigore della legge n. 40 del 1998 - che, com'è noto, ha introdotto per la prima volta nel nostro paese una disciplina complessiva volta a regolare il contrasto all'immigrazione clandestina, gli ingressi illegali, le misure


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di integrazione per i cittadini stranieri non comunitari -, è stata presentata una serie di ulteriori proposte modificative, per le quali la discussione procedeva congiuntamente in I Commissione fino a quando il gruppo di Alleanza nazionale ha chiesto il disabbinamento dell'atto Camera n. 5808, sottoscritto dai colleghi Fini ed altri, secondo la trattazione dei tempi riservati alle proposte di legge dell'opposizione e la loro calendarizzazione in Assemblea.
La Commissione procedeva quindi all'esame del testo e degli emendamenti presentati, che venivano approvati in misura tale da indurre il relatore della proposta a dimettersi. La nomina di relatore sulla proposta, approvata dalla Commissione con la mia designazione a relatore per la maggioranza, veniva accompagnata dal mandato a riferire favorevolmente all'Assemblea sulla proposta medesima.
Sul testo grava la diversa considerazione della portata e degli effetti della legge n. 40 del 1998 che, secondo la maggioranza della Commissione, non solo è una buona legge, ma anche sotto il profilo dei risultati non può che essere apprezzata (e questo secondo un giudizio obiettivo, statistico o comparativo e nonostante il breve lasso di tempo intercorso dalla sua entrata in vigore). Perciò si è proceduto verso interventi meramente migliorativi che non ne snaturassero i precetti fondamentali ma che, viceversa, ne comportassero un rafforzamento. Infatti, l'articolo 1 e il comma 2 dell'articolo 2 della proposta della Commissione recepiscono in forma di legge l'iniziativa assunta dal Presidente del Consiglio dei ministri che, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 agosto 2000, ha voluto istituire un coordinamento interministeriale al più alto livello, presieduto dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, e far partecipare le regioni, gli enti locali, insieme alle parti sociali e alle associazioni maggiormente impegnate in materia, al processo decisionale relativo all'eliminazione dei «decreti-flussi» attraverso la forma della consultazione, già prevista dalla legge per il documento di programmazione.
Con il comma 1 dell'articolo 2, invece, si è voluto ridurre da tre a due anni lo spazio temporale di riferimento del documento di programmazione.
Con il comma 1 dell'articolo 3 si introduce una specifica fattispecie penale riguardante il falso documentale relativo al permesso di soggiorno negli atti presupposti.
Il comma 2 dell'articolo 3 facilita l'ingresso nel mercato del lavoro, sebbene nell'ambito delle quote, attraverso la conversione del titolo previsto dalla prestazione di garanzia.
L'articolo 4 introduce misure di coordinamento nei controlli di frontiera marittima ad opera del ministro dell'interno, di concerto con il ministro della difesa, e individua nel ministro dell'interno l'autorità deputata a promuovere il coordinamento con le altre autorità europee nell'ambito dello spazio di Schengen.
L'articolo 5 prevede un'ipotesi autonoma di reato per il traffico di essere umani per fini di prostituzione, per l'ipotesi in cui sia favorita la permanenza in Italia in violazione delle disposizioni del testo unico sull'immigrazione.
L'articolo 6 introduce tre diversi articoli tutti inerenti il contrasto dell'immigrazione clandestina e il rafforzamento degli strumenti a disposizione della polizia giudiziaria.
La prima di tali disposizioni (l'articolo 12-bis), sebbene redatta in termini generali, riguarda l'esigenza di accertare nel procedimento penale l'identità personale e la nazionalità dei soggetti sottoposti al procedimento, al fine di evitare l'abuso dei benefici previsti dalla legge attraverso la mancata individuazione dei precedenti penali, e di procedere effettivamente all'espulsione qualora si tratti di stranieri.
La seconda disposizione (l'articolo 12-ter) consente alla polizia giudiziaria di infiltrarsi nelle organizzazioni criminali dei trafficanti di esseri umani, escludendone la punibilità in caso di operazioni simulate.


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La terza disposizione (l'articolo 12-quater) consente alla polizia giudiziaria e al pubblico ministero di ritardare i provvedimenti di arresto, fermo e sequestro per fini investigativi, secondo procedure già note nel nostro ordinamento per i delitti di traffico di sostanze stupefacenti, per il riciclaggio e per altri delitti per i quali queste tecniche si sono rivelate particolarmente efficaci. Queste due disposizioni sono recepite da analoghe disposizioni avanzate dal Governo nel cosiddetto pacchetto sicurezza.
L'articolo 7 prevede che la misura dell'espulsione, una volta che sia stato richiesto l'intervento del giudice, non possa essere adottata fino a quando questi non si sia pronunziato.
L'articolo 8 riguarda la possibilità per il ministro del lavoro di promuovere progetti integrati per l'impiego di cittadini extracomunitari nella tutela ecologica del territorio italiano ovvero di approvare analoghi progetti promossi da enti pubblici o privati.
L'articolo 9, infine, propone la modifica della sanzione penale prevista all'articolo 22, comma 10, del testo unico, per il caso di datori di lavoro che occupino alle proprie dipendenze lavoratori privi del permesso di soggiorno trasformando la contravvenzione, attualmente prevista, in delitto e aggiungendo la pena accessoria del sequestro temporaneo dell'esercizio dell'impresa per giorni quindici.
Dal corpo del testo approvato dalla Commissione emerge che gli articoli 3, comma 1, 4, 8 e 9 sono il frutto dell'adesione della maggioranza alla proposta originaria, mentre l'articolo 2, comma 1, è stato approvato su proposta del precedente relatore onorevole Landi di Chiavenna. Con questi era stato avviato un interessante approfondimento sulla materia in Comitato ristretto allorquando il «disabbinamento» delle proposte ha imposto un diverso procedere dei lavori che ci ha condotto fino all'esame odierno. Desidero ringraziare l'onorevole Landi di Chiavenna per il lavoro svolto, ma al tempo stesso manifestare il rammarico per aver dovuto interrompere un tentativo di collaborazione con l'opposizione su un tema, come quello dell'immigrazione, sul quale sarebbe stato davvero auspicabile, nell'unità del riconoscimento dei diritti universali della persona e degli altri principi che segnano il livello di civiltà del nostro paese, aprire un dibattito sull'efficacia delle norme della legge n. 40 del 1998 e sul loro miglioramento.
Dovremmo discutere, quindi, della proposta della Commissione di cui sono relatore e di altre proposte alternative dell'opposizione sulle quali riferiranno i relatori di minoranza. Ciò ci darà motivo di discutere delle molte e fondate ragioni per cui la maggioranza ha ritenuto di dover emendare il testo nel quale non solo si metteva in discussione il merito, ma anche alcuni principi sui quali si è ritenuto di non poter transigere, e principalmente: l'istituzione del ministro dell'immigrazione che era previsto agli articoli 1 e 20, la definizione di quote etniche, previste all'articolo 11, comma 1, e la previsione di un reato di immigrazione clandestina previsto all'articolo 3. Sono previsioni che confondevano vittime e carnefici, che introducevano norme di discriminazione sulla base della razza, che ci inquietano e che negano la interdisciplinarietà delle politiche dell'immigrazione. Si tratta anche di norme impraticabili, ma vorremmo che la fermezza nella condivisione dei principi ci esoneri dalla discussione nel merito di questa ipotesi. Il dibattito sulle quattro proposte alternative dell'opposizione si svolgerà nelle forme previste.
In conclusione, la posizione della maggioranza è quella di chi è consapevole non solo della complessità della materia, ma anche di aver introdotto una buona legge che rafforza il contrasto, regola più efficacemente gli ingressi e favorisce l'inserimento sociale.
Risulta a nostro avviso frettoloso e incomprensibile procedere a modifiche essenziali mentre la legge comincia a dispiegare i suoi effetti. Sul piano del contrasto valgono i dati sui rimpatri effettivamente eseguiti: sono stati 9.365 dal 1o gennaio al 26 marzo 1998, ma subito


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dopo l'entrata in vigore della legge si sono impennati a 11.182 dal 27 marzo al 30 giugno 1998 e a ben 33.588 dal 1o luglio al 31 dicembre 1998, per diventare 72.392 nel 1999 e ben 56.297 nei soli primi dieci mesi di quest'anno.

PAOLO ARMAROLI. Ancora sono in Italia.

GIANNICOLA SINISI, Relatore per la maggioranza. Non so se è polemica o è una telefonata.

PAOLO ARMAROLI. No.

GIANNICOLA SINISI, Relatore per la maggioranza. Pensavo che lei fosse al telefono e che non stesse parlando con me.

PAOLO ARMAROLI. Interloquivo con lei.

GIANNICOLA SINISI, Relatore per la maggioranza. Così, sull'entrata a regime del sistema delle quote (che è avvenuto solo nel 2000, perché il regolamento è stato pubblicato alla fine del 1999) devo dire che, a leggere i dati del «decreto flussi» del 2000, che è il primo vero «decreto flussi» di attuazione della normativa sui flussi, tutte le misure che erano state previste sono state sostanzialmente e integralmente applicate.
Per quanto riguarda la maggiore integrazione sociale, vale la pena di ricordare solo un dato, che dovrebbe essere di grande incoraggiamento: sono ben 119 mila gli alunni stranieri che nel 1999-2000 hanno frequentato le scuole italiane. Queste, fra le altre, sono le ragioni che hanno indotto a non interrompere un percorso lungo, faticoso ma proficuo che l'Italia ha avviato con la legge n. 40 del 1998, apprezzata anche in Europa, tanto che, vale la pena ricordarlo, il nostro ingresso nel sistema di Schengen fu approvato tra il 26 ottobre 1997 e il 1o aprile 1998, ovverosia proprio mentre il Parlamento approvava quella legge. Allo stesso tempo, però, ci hanno suggerito di affrontare con senso di responsabilità ogni proposta al fine di migliorare tutte le funzioni di governo di questo complesso fenomeno.
Il risultato di tale atteggiamento e di tale lavoro è il testo della Commissione, che ora, signor Presidente, onorevoli colleghi, sottoponiamo alla valutazione dell'Assemblea auspicandone il voto favorevole (Applausi dei deputati dei gruppi dei Popolari e democratici-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Potranno intervenire adesso i relatori di minoranza.
Informo che il tempo complessivo per i relatori di minoranza è stato ripartito per metà in parti uguali e per metà in proporzione alla consistenza dei gruppi di appartenenza, al fine di consentire a tutti i relatori di minoranza un tempo minimo congruo per l'illustrazione delle proprie posizioni. Pertanto, i tempi a disposizione dei relatori di minoranza risultano i seguenti: Di Luca (Forza Italia): 27 minuti; Landi di Chiavenna (Alleanza nazionale): 24 minuti; Fontan (Lega nord Padania): 17 minuti; Giovanardi (misto-CCD): 12 minuti.
Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Landi di Chiavenna.

GIAMPAOLO LANDI di CHIAVENNA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come è noto, il fenomeno dell'immigrazione verso l'Italia e, più in generale, verso i paesi dell'Unione europea è diventato uno dei principali temi del dibattito politico interno, nonché a livello europeo. Tale fenomeno, infatti, spinto dalle dinamiche della globalizzazione dei mercati e dai meccanismi dell'andamento demografico mondiale, ha oggi raggiunto dimensioni estremamente rilevanti. Tra l'altro, autorevoli studi in materia di immigrazione prospettano, almeno per i prossimi venti anni, un incremento costante dei flussi migratori verso i paesi dell'Unione europea.
A ciò si aggiunga che lo scenario della crisi ambientale cui è destinato il pianeta terra prefigura una profonda ridefinizione degli equilibri di sopravvivenza in molte


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aree, soprattutto del continente africano, dove la già cronica carenza di risorse idriche espone le popolazioni a condizioni di vita al limite ed in alcuni casi oltre il limite della stessa sopravvivenza. Il fallimento della recentissima Conferenza de L'Aia sull'ecosistema del pianeta induce, pertanto, a ritenere che in prospettiva assisteremo a migrazioni ambientali di ben più preoccupante portata non solo numerica, ma anche per le condizioni sociosanitarie dei migranti. Assisteremo, in altre parole, non solo alla mutazione dell'ambiente ma anche ad un fenomeno di transumanza di centinaia di milioni di persone affamate, assetate, ammalate.
Tutto ciò, quindi, impone all'Italia, ai Governi e alle maggioranze che assumeranno questa responsabilità di politica nazionale e internazionale, di dotarsi di un apparato istituzionale e normativo adatto a fronteggiare in modo articolato e moderno le problematiche correlate sia all'afflusso di immigrati, sia al ruolo politico strategico che il nostro paese sarà impegnato a svolgere in sede di cooperazione allo sviluppo, orientando le proprie strategie più verso l'impegno etico e solidaristico che consenta alle economie povere del mondo sottosviluppato di alimentare una prospettiva di crescita meno condizionata esclusivamente dai debiti contratti. Una formula, quindi, i cui elementi per nulla sono in contraddizione fra loro.
La sicurezza del territorio e l'applicazione ed il rispetto delle regole sono, infatti, precondizioni fondamentali per garantire la convivenza fra autoctoni e stranieri, certezza a favore dei cittadini perché non si sentano espropriati dei propri diritti, affermazione di una cultura occidentale che non vuole sopraffare ma neppure essere sopraffatta. Il contrasto forte verso ogni pulsione e sentimento di xenofobia e di razzismo.
La politica del rigore negli ingressi e del rispetto delle leggi va peraltro accompagnata da una visione ampia e ragionata verso «l'esterno», che consenta di far comprendere che non vi è altra strada alla riduzione delle pressioni migratorie se non quella di incidere profondamente all'origine del problema; ciò testimonierebbe un impegno forte e determinato a favore dei paesi di provenienza degli immigrati, volto a favorirne l'emancipazione non solo economica, ma anche politica e culturale. Migliore condizione di vita in questi paesi significa, infatti, minore rischio di migrazioni di massa.
Una più attenta politica della ridistribuzione delle ricchezze prodotte dal pianeta, quindi una più attenta capacità dei governi di incidere sul piano dei valori comunemente intesi, deve essere l'impegno che assorbirà le maggiori energie della politica mondiale nello scenario globalizzato del terzo millennio.
Così inquadrato il problema, non appare per nulla distonico considerare l'attuale disciplina sulle politiche dell'immigrazione ampiamente deludente in ordine ai risultati conseguiti nei primi due anni della sua vigenza. In particolare, la politica attuata da questo Governo e dai precedenti, nonché dalle maggioranze che lo sostengono e li hanno sostenuti è risultata fallimentare riguardo al controllo degli ingressi e alla repressione dei soggiorni clandestini, alla crescita esponenziale del fenomeno di contiguità fra criminalità italiana e criminalità internazionale, al proliferare di microorganizzazioni criminali sviluppatesi nella sempre più ampia fascia di immigrati clandestini, all'insorgere di patologie infettive legate ad un contesto socio-ambientale di marginalizzazione degli stranieri comunque presenti sul territorio, al largo impiego nel sommerso di cittadini extracomunitari e, quindi, anche alla marginale partecipazione della forza lavoro extracomunitaria al sistema contributivo previdenziale, all'insufficiente capacità di sviluppare una politica di reale integrazione nel tessuto socio-culturale nel rispetto delle identità.
Quanto, in particolare, al sistema delle espulsioni, attualmente previste con l'uso della sola via amministrativa, i casi di effettiva e reale esecuzione del provvedimento di espulsione rappresentano ancora una percentuale estremamente limitata rispetto al numero di provvedimenti di


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semplice intimazione irrogati ma in realtà non eseguiti. Non di meno, i provvedimenti di respingimento alla frontiera operano in numero limitato rispetto alla quantità assai maggiore di clandestini che riescono a varcare i confini nazionali sia approdando sulle coste pugliesi, calabresi o siciliane sia attraverso le frontiere terrestri di Ventimiglia, di Trieste, di Gorizia, dell'Isonzo, da dove ogni notte entrano in Italia centinaia di clandestini. Tali circostanze inducono a prevedere un numero di ingressi quantificabile nell'ordine di 50 mila unità su base annua.
I dati ufficiali del Ministero dell'interno aggiornati al 31 ottobre 2000 confermano, infatti, che su 109.070 stranieri allontanati o intimati, quelli respinti alla frontiera sono stati 26.758, quelli riammessi in paesi di provenienza sono stati 7.117, quelli che hanno ottemperato all'invito a lasciare il territorio italiano solo 2.217. Complessivamente, quindi, 36.092 persone hanno lasciato materialmente il territorio italiano, mentre 72.978 stranieri non hanno in realtà mai lasciato il suolo nazionale per quanto intimati con provvedimento di espulsione e ivi risiedono ancora senza fissa dimora, privi di alcun titolo che ne legittimi la presenza. Uno status di clandestino tollerato dall'autorità nazionale e frutto, appunto, del deficit normativo dell'attuale legge in vigore.
Poco rileva, poi, che sulle coste pugliesi, calabresi e siciliane sia sbarcato un numero di stranieri inferiore rispetto all'anno precedente proprio perché questo aspetto positivo è stato ampiamente ridimensionato dal crescente numero di stranieri che penetrano in Italia via terra utilizzando i valichi di frontiera sopra menzionati. Il fenomeno, quindi, già di per sé di particolare gravità diventa poi insostenibile se si considera che ai clandestini viene affidato dalle organizzazioni criminali di sfruttamento il compito di trasferire armi, droga e sigarette di contrabbando.
Non è pertanto un caso se i cittadini stranieri rinchiusi nelle carceri italiane superano le quindicimila unità, cui si aggiungono più di ottantacinquemila extracomunitari denunciati a piede libero. Di questi, il 22 per cento dei detenuti appartiene all'etnia marocchina, il 16 per cento a quella albanese, il 14 per cento alla tunisina, l'8 per cento a quella algerina.
Il 39 per cento dei reati commessi dagli stranieri in Italia sono legati allo spaccio della droga, i reati contro il patrimonio (furti, rapine, truffe) sono pari al 19 per cento e quelli contro la persona (omicidi, violenze sessuali, lesioni) compongono il 13,7 per cento dei casi. Solo nella città di Milano il 71 per cento dei reati legati allo spaccio di droga sono commessi da cittadini extracomunitari. Nella città di Torino la percentuale è del 67 per cento e a Bologna raggiunge il 70 per cento.
Siamo, quindi, in presenza di una crescita preoccupante della criminalità straniera ed in particolare di una professionalizzazione di alcune etnie ad operare in determinati campi del malaffare con la complicità delle organizzazioni criminali sia italiane che straniere che spesso hanno stipulato veri e propri patti di collaborazione e di sfruttamento della manovalanza di base.
La popolazione italiana, avverte con sempre maggiore coscienza - i dati del Censis pubblicati qualche giorno fa ne sono, ahimè, triste, ma reale testimonianza - la impellente necessità di introdurre correttivi all'attuale disciplina finalizzati a prevenire e reprimere l'immigrazione clandestina e il crescente coinvolgimento della medesima nelle attività criminose così da restituire allo Stato il ruolo di tutore e garante della sicurezza nazionale e della libertà individuale.
È necessario, in altre parole, colmare i vuoti normativi che confliggono con l'interesse precipuo dello Stato di dare risposte positive se è vero, come è vero, che un cittadino italiano su due - e forse di più a questo punto - percepisce l'immigrazione attraverso stati d'animo sempre più orientati a forme di allarme sociale.
Ma è altrettanto vero che uno Stato di diritto è tale quando è in grado di guidare la popolazione senza diventare succube degli umori più lontani dalla cultura


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democratica, che ci insegna il rispetto delle minoranze e che avversa ogni forma di discriminazione, distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'ascendenza o l'origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose.
Conseguentemente, e a fronte dell'incapacità dei Governi che si sono succeduti nell'ultimo quinquennio di dare adeguate risposte al fenomeno dell'immigrazione di massa, le forze del centrodestra - e Alleanza nazionale con maggior partecipazione in questo dibattito, sia in Commissione, sia in aula - propongono soluzioni che, nel rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo, vadano a definire un percorso di contrasto reale all'immigrazione clandestina e di valorizzazione di quella regolare.
L'immigrazione, infatti, se correttamente programmata e inquadrata nella cornice di uno Stato capace di fare rispettare le leggi da chiunque eventualmente violate, è in grado di produrre vantaggi sia economici che socioculturali.
Sul piano economico, a fronte di un fenomeno culturalmente grave quale è quello che possiamo definire la «disoccupazione sociale italiana», laddove molti giovani cittadini rifiutano di svolgere arti e mestieri ritenuti socialmente inadeguati al loro status, o alla proiezione di status che, nell'immaginario collettivo, va sempre più diffondendosi per via del linguaggio comunicazionale e visivo prodotto dai media, la forte richiesta di manodopera «pesante, usurante e umile» viene garantita dagli stranieri maggiormente disposti a sottoporsi a tipologie di lavoro rifiutate dagli autoctoni, ad accettare marginali condizioni ambientali (sia di natura logistica, sia alimentare, sia socioculturale), a predisporsi a processi di temporaneità e forte mobilità del proprio lavoro, a prepararsi psicologicamente ad accettare lo sradicamento dal proprio humus in ragione di una prospettiva di sopravvivenza che ai disoccupati italiani viene comunque garantita sia dal paracadute della solidarietà di famiglia o parentale, sia dalla politica di assistenzialismo sociale profuso a piene mani dallo Stato con non sempre innocente disinteresse.
Su questa complessa ma anche articolata e ragionata visione del problema immigrazione si fonda la proposta di legge Fini nel testo alternativo che l'opposizione e il partito di Alleanza nazionale hanno elaborato all'esito del dibattito svoltosi in sede referente presso la I Commissione affari costituzionali, durante il quale la maggioranza ha negato, con una serie di emendamenti soppressivi, qualunque possibilità di corretto e costruttivo dibattito, nonostante lo sforzo del presidente della I Commissione, onorevole Rosa Jervolino Russo, per rendere possibile il dibattito stesso.
Dobbiamo registrare che, di fronte ad una preclusione di carattere politico, è venuto meno ogni tentativo di pervenire ad un testo che contenesse punti di confronto fra la Casa delle libertà e la maggioranza. È per questo che presentiamo una relazione di minoranza ed un testo alternativo che è la sintesi forte del ragionamento che Alleanza nazionale conduce ormai da anni e che ruota attorno a due principi fondamentali: lotta forte e mirata ad ogni forma di immigrazione clandestina e accettazione e valorizzazione del ruolo di quella immigrazione che, se regolare, può portare effetti e benefici anche all'Italia sia dal punto di vista del lavoro sia dal punto di vista della crescita demografica e culturale.
Nel dettaglio del testo alternativo, come proposta unitaria del centrodestra, si prevede che la Presidenza del Consiglio, in sede di predisposizione del decreto annuale dei flussi, adotti forme incisive di consultazione e di partecipazione decisionale degli enti locali, in particolare delle regioni, province e dei comuni maggiormente coinvolti nell'amministrazione e nella gestione sociale, economica e culturale dello straniero destinato a risiedere nel loro territorio e a convivere in realtà che a volte hanno dimostrato segnali di ostilità. Viene previsto un più efficace coinvolgimento delle regioni, delle province e dei comuni nella determinazione


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dei flussi e il tutto viene rapportato all'effettiva esigenza di acquisire manodopera e forza lavoro che, da questo punto di vista, verrebbe valorizzata attraverso l'utilizzo delle camere di commercio che hanno sicuramente il polso della situazione economica del territorio e che potrebbero quindi incidere fortemente in una valutazione complessiva del flusso che la proposta di legge Fini prevede unico e non nella molteplicità attualmente prevista dal testo unico.
Al fine di consentire una effettiva razionalizzazione dei flussi oltre che sul piano quantitativo anche sul piano qualitativo, viene prevista l'istituzione dei ruoli di immigrazione presso le rappresentanze consolari italiane nei paesi non appartenenti all'Unione europea alle quali vengono delegati, attraverso un potenziamento di organici anche di polizia, i compiti di espletare le necessarie indagini e verifiche sulla regolarità e veridicità dei documenti prodotti dallo straniero richiedente l'iscrizione ai ruoli. A tutti i soggetti iscritti nelle liste viene attribuito il codice fiscale italiano.
Viene, a tal fine, espressamente positivizzato il divieto di consentire il reingresso nell'ambito delle quote annuali dello straniero che sia stato oggetto di precedente provvedimento di espulsione.
Uno Stato che voglia garantire il rispetto delle leggi e la civile convivenza sul territorio deve adottare iniziative volte ad una politica di prevenzione degli illeciti. Fra tali iniziative, quella già adottata in molti Stati europei e d'oltreoceano, ritenuta di maggior impatto sociale quanto agli effetti positivi che da essa discendono, attiene alla istituzione presso il Ministero dell'interno dell'anagrafe dei cittadini extracomunitari ove fare confluire tutti i dati anagrafici e i rilievi fotosegnaletici e dattiloscopici relativi agli stranieri comunque presenti in Italia.
Questa anagrafe incrocerà i propri dati con l'archivio europeo delle impronte digitali già operativo al fine di creare una rete di intelligence informatica dei movimenti, delle presenze, dei provvedimenti di espulsione eseguiti o in fase di esecuzione.
I rilievi sono assunti all'atto del rilascio del permesso di soggiorno dalle questure competenti, presso i centri d'accoglienza, presso i centri di permanenza temporanea e di assistenza ove affluiscono gli stranieri soggetti ai provvedimenti di respingimento e/o espulsione, ovvero ancora dall'autorità giudiziaria per i casi di sua competenza.
Viene anche prevista l'istituzione dell'ufficio dell'anagrafe tributaria dei cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti. Infatti, secondo gli ultimi dati forniti dalla Banca d'Italia e dall'ufficio italiano cambi, le rimesse degli immigrati indirizzate verso i rispettivi paesi di provenienza toccano circa 1.500 miliardi annui. L'ufficio dell'anagrafe tributaria si propone, pertanto, di disciplinare questo settore attraverso la verifica delle posizioni lavorative e contributive, verifica resasi necessaria a seguito del moltiplicarsi di casi di assunzioni non regolari e, quindi, di un mercato del lavoro parallelo che elude le norme in materia tributaria, previdenziale e del lavoro. Poniamo sia vero che l'apporto del lavoro extracomunitario possa andare a beneficio delle casse esangui dell'INPS, qualora, peraltro, si introducano seri correttivi alla norma del testo unico e in particolare all'articolo 22, che consente la liquidazione a favore degli extracomunitari dei contributi versati senza prevedere alcun obbligo di maturazione di minimi annuali e di vecchiaia (ciò, sì, in palese discriminazione con il trattamento previsto per i lavoratori italiani); in ogni caso, risulta necessario, attraverso l'istituzione dell'anagrafe tributaria, fare emergere reddito imponibile altrimenti non tassabile.
Un altro importante obiettivo che l'anagrafe tributaria si pone consiste nel monitoraggio delle fonti di provenienza del flusso di denaro esportato verso i paesi di provenienza. Verificarne la liceità, infatti, risulta opportuno per stringere il cerchio attorno agli eventuali flussi di provenienza non regolare (quali le attività per traffici di droga, prostituzione, contrabbando


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o commercio illegale che sappiamo essere, talvolta o spesso, legate all'immigrazione clandestina). D'altra parte, l'equiparazione anche sul piano fiscale del cittadino extracomunitario a quello italiano favorisce il processo di integrazione e la conseguente prospettiva di acquisizione di tutti i diritti di parificazione.
Vi è un altro aspetto molto importante, previsto dal testo alternativo: mi riferisco all'articolo 2, che prevede che lo straniero produca anche la documentazione attestante il proprio stato di salute e ciò alla luce dei dati forniti dal Ministero della sanità che certificano, nella comunità immigrata, percentuali del 35 per cento di affezioni polmonari, del 22 per cento di malattie infettive, del 22 per cento di infezioni epatiche e del 17 per cento di immunodeficienze organiche.
Sulla questione specifica creano allarme le recenti dichiarazioni di illustri immunologi, che hanno posto l'accento sull'aumento del numero di neonati extracomunitari nati nel 2000 in Italia affetti dall'AIDS, trasmessa loro da genitori portatori di immunodeficienza conclamata, ma non medicalmente trattata, il più delle volte per lo stato di clandestinità in cui essi si trovano.
È necessario intervenire, pertanto, al momento dell'ingresso, sia per garantire la tutela della salute pubblica costituzionalmente protetta sia per offrire adeguata assistenza agli stranieri portatori di malattie infettive.
Con gli articoli 2, 3 e 4 del testo alternativo vengono riproposti i reati di introduzione o di permanenza di clandestinità sul territorio dello Stato, di contraffazione o falsificazione dei permessi e delle carte di soggiorno, di falsa od omessa dichiarazione di generalità. Per gli effetti, chiunque si introduca o permanga clandestinamente sul territorio italiano, ovvero fornisca generalità false, incomplete o comunque tali da non permetterne l'identificazione, deve essere arrestato, processato per direttissima ed espulso con provvedimento immediatamente esecutivo, anche in caso di sospensione della pena o gravame della stessa. Vengono evidentemente fatti salvi gli stranieri che provino la loro condizione di rifugiato politico o di essere destinatari di protezione sociale.
Al fine di non congestionare le carceri e al fine di evitare la contiguità anche concettuale tra criminali e clandestini, è prevista nelle more del giudizio l'applicazione delle misure degli arresti domiciliari presso i centri di assistenza e permanenza temporanea, il cui numero dovrà essere incrementato (almeno uno per regione).
La positivizzazione nell'ordinamento giuridico del reato di immigrazione clandestina (lo dico perché so che sulla questione si aprirà un «piccante» dibattito con la maggioranza) è ben lungi da qualsivoglia ipotesi di illegittimità costituzionale; infatti è già stato adottato da molti paesi ad alto tasso di maturità democratica: il Regno Unito, la Germania, la Francia, il Canada, gli Stati Uniti prevedono ipotesi di reato per l'ingresso in forma non regolare o clandestina. L'istituzione di tale reato, dunque, si rende particolarmente necessaria sia per il costante flusso di immigrazione clandestina, alla base delle logiche di sfruttamento economico, sia per superare le eccezioni di incostituzionalità degli articoli 13 e 14 del testo unico, sollevate da vari magistrati in ordine all'attuale previsione del provvedimento di espulsione in via esclusivamente amministrativa.
Le ragioni della solidarietà umana, infatti, non possono essere affermate al di fuori di un corretto bilanciamento dei valori in gioco, di cui si è fatto carico il legislatore. Lo Stato non può, infatti, abdicare al compito, ineludibile, di presidiare le proprie frontiere: le regole stabilite in funzione di un ordinato flusso migratorio e di un'adeguata accoglienza vanno dunque rispettate e non eluse o anche soltanto derogate di volta in volta con rivalutazioni di carattere sostanzialmente discrezionale, essendo poste a difesa della collettività nazionale e, insieme, a tutela di coloro che le hanno osservate e che potrebbero ricevere danno dalla tolleranza di situazioni illegali (e richiamo l'attenzione dei colleghi della maggioranza


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proprio su una piuttosto recente sentenza della Corte costituzionale, la n. 353 del 1997, che ha focalizzato il ragionamento che ho riportato).
La previsione incriminatrice è idonea a raggiungere finalità statuarie di prevenzione e non produce, attraverso la pena, danni ai diritti fondamentali dell'individuo (è sempre la Corte costituzionale ad affermare questo importante principio, con due sentenze, la n. 409 del 1989 e la n. 341 del 1994). Quindi, credo di poter concludere che l'introduzione del reato di immigrazione clandestina non solo è in linea con la migliore giurisprudenza di legittimità della Corte costituzionale, ma si adegua, ancorché tardivamente, per quanto riguarda l'Italia, alle normative dei paesi a maggiore maturità ed a maggiore applicazione di democrazia compiuta.
Con l'articolo 9 viene introdotta la norma di non punibilità degli ufficiali di polizia giudiziaria che, nell'ambito delle operazioni specificamente disposte per la repressione dei delitti indicati nel presente testo, nonché di quelle istituite per il contrasto dei delitti di criminalità organizzata, si intromettano nelle attività criminose al fine di evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori e di acquisire elementi di prova in ordine ai medesimi delitti. Su questo punto abbiamo trovato una convergenza con la maggioranza e di ciò evidentemente siamo assolutamente lieti.
Gli articoli 10 e 11 del testo a prima firma Fini elidono le rugginosità procedurali che rendono le espulsioni in via amministrativa dei clandestini lente ed incerte: il provvedimento di espulsione diventa immediatamente esecutivo, senza più il periodo di intimazione, ed è comunque efficace anche se impugnato dall'interessato. Esso viene eseguito dal questore competente mediante accompagnamento coattivo alla frontiera, con riconsegna alle autorità del paese di provenienza e con l'obbligo di verifica che lo straniero accompagnato e riconsegnato abbandoni effettivamente il territorio dello Stato (e non come avviene oggi, che una volta accompagnato alla frontiera poi si reintroduce nel paese in forma surrettizia).
Signor Presidente, avrei molte altre cose da dire...

PRESIDENTE. Bisognerebbe invece che si accingesse alla conclusione.

GIAMPAOLO LANDI di CHIAVENNA, Relatore di minoranza. Le chiederei di concedermi ancora due minuti, Presidente.

PRESIDENTE. Due minuti glieli accordo senz'altro. Prego.

GIAMPAOLO LANDI di CHIAVENNA, Relatore di minoranza. L'articolo 14 - torno su un tema che ho già trattato, ma che voglio ribadire - dispone che il decreto annuale sui flussi debba essere predisposto in base ai dati sulla effettiva richiesta di lavoro suddivisi per regioni, province e comuni elaborati dalle locali camere di commercio, industria, agricoltura e artigianato. Per noi questo è un elemento molto importante, perché il trasferimento delle competenze, ancorché non in via esclusiva, ma attraverso un coordinamento vero e reale tra enti locali e Stato centrale, è un elemento fondamentale per creare una maggiore osmosi nella presenza degli extracomunitari sull'intero territorio nazionale.
Tuttavia, al fine di assecondare una logica di migrazioni «mirate» sia sul piano quantitativo che qualitativo, risulta necessaria una programmazione degli ingressi specificamente volta a soddisfare sia il fabbisogno di manodopera attraverso il coinvolgimento degli operatori locali destinatari finali sia l'esigenza di riequilibrare sul territorio nazionale la distribuzione delle presenze straniere, onde ovviare, nei limiti del possibile, alle eccessive concentrazioni in poche realtà regionali. Lo sviluppo dell'economia nazionale, infatti, in quanto bene comune, può essere valorizzato anche attraverso la razionalizzazione dei flussi sull'intero territorio dello Stato.


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Ciò che si vuole evitare, pertanto, è la dicotomia fra regioni con presenze stanziali di stranieri (quali la Lombardia, il Piemonte, il Veneto e l'Emilia-Romagna) e regioni coinvolte solo o prevalentemente per esigenze di accoglienza ed assistenza (come la Sicilia, la Calabria, la Puglia e in parte il Trentino). Quindi la predisposizione alla mobilità del lavoro dimostrata dagli stranieri può diventare un volano per la crescita e lo sviluppo delle economie meridionali attraverso una programmazione del lavoro extracomunitario a livello nazionale.
Non meno importante è quanto prevede l'articolo 15 del testo presentato dal gruppo di Alleanza nazionale. L'INPS, al fine di contrastare adeguatamente lo sfruttamento di manodopera e di verificare la regolarità dei rapporti di lavoro e la vigenza dei permessi di lavoro, esegue controlli bimestrali avvalendosi dell'archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari. Questa norma mira a ridurre drasticamente lo sfruttamento «in nero» della manodopera, piaga sempre più presente e quindi da contrastare con fermezza in nome di quel principio di vera solidarietà e di parificazione dei diritti cui sottende l'iniziativa politica del centrodestra.
Il fenomeno dell'immigrazione regolare va comunque sostenuto con provvedimenti ed iniziative che tutelino seriamente il percorso di integrazione sul piano sociale, culturale ed economico. Finalità politica delle forze del centrodestra è, dunque, quella di accompagnare gli stranieri regolari a percorrere un iter di partecipazione alla vita sociale in sintonia con le leggi, gli usi ed i costumi della cultura occidentale.
Il testo presentato da Alleanza nazionale prevede, a tale proposito, una serie di articoli volti a rendere reale ed operativa la politica dell'integrazione sul territorio nazionale. In particolare, l'articolo 21 prevede l'istituzione del fondo di garanzia per l'integrazione e la cooperazione.
In conclusione, il presente testo vuole rappresentare un responsabile passo in avanti sulla via della costruzione di un sistema istituzionale e politico che sappia ricondurre le problematiche inerenti all'immigrazione entro un quadro normativo moderno, articolato ed organico, che sia in grado di coniugare le esigenze sociali, economiche, sanitarie e di pubblica sicurezza dei cittadini italiani con una sana politica di integrazione compatibile e, quindi, razionale, uscendo dal clima di emergenza senza ingenerare nella popolazione autoctona convincimenti errati sul fenomeno della immigrazione, dai quali potrebbero scaturire sentimenti che la storia ha insegnato non appartenere alla cultura delle società democratiche ispirate da alti valori etici (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Giovanardi.
Onorevole Giovanardi, le ricordo che ha dodici minuti a sua disposizione: glielo dico perché così saprà saggiamente regolarsi.

CARLO GIOVANARDI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, credo che dodici minuti siano anche troppi per analizzare la questione che è alla base del provvedimento che stiamo esaminando.
Credo che i cittadini, destinatari dell'attività legislativa del Parlamento, facciano fatica a capire cosa sta accadendo oggi in quest'aula. Infatti, teoricamente stiamo discutendo una proposta di legge presentata dall'onorevole Fini e da altri colleghi del gruppo di Alleanza nazionale, ma in realtà il testo che stiamo esaminando è stato modificato dalla maggioranza in Commissione affari costituzionali e si presenta con caratteristiche del tutto diverse da quello originario. Questo la dice lunga sulle difficoltà che esistono quando ci si muove all'interno di una realtà che intende modificare la legislazione italiana in tema di immigrazione e che ci portano a dover discutere, ancorché il relatore sia un valoroso collega della maggioranza, un testo del tutto diverso da quello presentato.
Vorrei partire da una realtà di fatto, quella che ci ha spinto a fare in modo che


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l'argomento fosse discusso in un'aula parlamentare: gli strumenti legislativi ed amministrativi al momento vigenti in tema di immigrazione sono assolutamente insufficienti. Soffermandomi su quanto sta accadendo in Italia in questi ultimi giorni, non posso non ricordare - analizzando anche singole vicende - che il questore di Modena, ad esempio, ha deciso di far trasferire 20 immigrati clandestini, notoriamente dediti alla spaccio di droga, nell'unico campo di raccolta a disposizione sul territorio nazionale, vale a dire a quello di Agrigento - vorrei far notare la distanza tra Modena e Agrigento -, ma i magistrati li hanno liberati con la motivazione che il campo di raccolta è troppo lontano da Modena e che tali clandestini non avrebbero potuto pertanto esercitare il loro diritto di difesa.
Ogni giorno attraverso Gorizia entrano nel nostro territorio - l'ho verificato alla Casetta rossa - 200-300-400-600 clandestini. Polizia e carabinieri con grande abnegazione e facendo quello che possono, ne fermano 150-200, riempiono le questure ovunque sia possibile di immigrati clandestini, li identificano, ma nel frattempo altre centinaia entrano nel nostro territorio senza essere nemmeno fermati perché non ci sono forze sufficienti per farlo. Il giorno successivo le persone fermate, come accadeva ancora prima della cosiddetta legge Turco-Napolitano, vengono liberate con il famoso foglio di via in cui si dice che entro 15 giorni debbono abbandonare il territorio nazionale. Tutto il meccanismo - ahimè! - gira a vuoto perché il centro di raccolta più vicino a Gorizia è quello di Milano!
In sostanza oggi da Gorizia e dalla frontiera orientale, i clandestini entrano tranquillamente, a piedi, nel territorio italiano senza che nessuno dica loro alcunché. Naturalmente chi ha potuto constare la situazione in quella zona conosce anche le condizioni in cui questa povera gente entra nel nostro territorio, condizioni che sono drammatiche dal punto di vista sanitario; si tratta naturalmente di persone che vengono, per così dire, gestite dai mercanti di carne umana! Adesso il rischio di entrare in Italia, ad Otranto, servendosi degli scafisti, è maggiore, e quindi è più facile dirottare il traffico dei clandestini in quella direzione.
La legge esiste da due anni e mezzo ed allora perché non ci sono i centri di raccolta? Vorrei chiedere al Governo cosa ha fatto in due anni e mezzo. Visto che uno strumento divenuto indispensabile, anche nell'ottica di quella legge, per consentire laddove era possibile i respingimenti, le espulsioni, è talmente indietro quanto a realizzazione da risultare inutilizzabile.
Purtroppo devo dire che ancora oggi - e siamo nel 2000 - manca quell'equilibrio che pure si deve trovare con riferimento al fenomeno immigratorio, che peraltro è anche necessario per il nostro paese, per tutta una serie di ragioni. A tale riguardo, abbiamo avuto modo di dire tantissime volte che siamo assolutamente favorevoli ad esso perché ci rendiamo conto che non solo le grandi imprese del nord hanno bisogno di manodopera. È la società che ha bisogno della forza-lavoro; ne ha bisogno l'agricoltura, la zootecnia e via dicendo. C'è bisogno di infermieri, di persone che assistano gli anziani. Dunque è una domanda di lavoro che parte inevitabilmente dal basso!
Il problema vero è che, se vogliamo avere una immigrazione nel nostro territorio di persone dai cinque continenti per motivi di lavoro con un tasso di criminalità che sia fisiologico ... So bene che tra gli emigrati italiani negli Stati Uniti c'era Al Capone, e che non erano tutti onesti. Indubbiamente tra milioni di italiani che emigravano verso l'estero c'era un tasso di criminalità; tutti sappiamo però che il tasso di criminalità delle persone immigrate in Italia è insopportabile, e questo non lo dico io ma il Ministero dell'interno! Si guardino le statistiche relative alla percentuale di reati commessi non da parte da chi viene a lavorare ma dalla manovalanza, che viene scaricata nel nostro paese perché tra tutti i paesi del mondo è quello che ha meno regole in questo campo, e dal racket della malavita organizzata che si saldano con la mafia, la 'ndrangheta,


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la camorra e la sacra corona unita, insomma con le forme italiane di criminalità organizzata. Dinanzi a questi fenomeni bisognerà pur fare qualcosa. Purtroppo quanto è stato fatto finora è assolutamente insufficiente.
Rispetto a questi fenomeni l'allarme sociale cresce; in alcune zone d'Italia, in particolare quelle del centro-nord, non abituate a convivere con fenomeni malavitosi, tale allarme è ormai a livello di guardia perché non ci si vuole adattare a vivere giornalmente con fenomeni di prostituzione, di spaccio di droga, di furti, di rapine, con persone che svaligiano gli appartamenti anche in presenza dei loro abitanti, rendendosi purtroppo anche colpevoli di episodi di efferata violenza.
Insomma, la gente vede che vi è una crescita della criminalità ed che essa è collegata al fatto che in Italia ci sono persone che non dovrebbero esserci. Ed allora l'idea del respingimento e dell'espulsione è giusta, ma bisogna essere in grado di farlo. Siamo nel 2000 ma i campi di raccolta non sono stati apprestati in maniera nemmeno lontanamente sufficiente per fronteggiare il fenomeno. C'è poi il problema dei recidivi, degli habituè del rientro. E quelli che dopo essere stati espulsi in Albania, in Serbia o in altri paesi del est, il giorno dopo tornano in Italia? E quelli che nuovamente espulsi tornano di nuovo in Italia? Vi è gente che è tornata ventidue volte! Lo so che nella legge, all'articolo 13, è previsto anche l'arresto, ma non ho mai saputo che sia stata applicata questa sanzione; neanche nei confronti di persone condannate per sfruttamento della prostituzione, espulse e tornate in Italia, sono state mai applicate sanzioni.
Bisogna fare chiarezza; nelle nostre proposte abbiamo chiesto - graduando - che il recidivo sia colpito duramente con la previsione di un delitto non perché è un clandestino - in questo caso, ci va benissimo l'espulsione amministrativa rapida o il respingimento, se possibile -, ma perché chi entra in una posizione di recidiva e di violazione reiterata di ordini della pubblica amministrazione si pone, a suo rischio, nella condizione di ottenere una sanzione penale, la prima volta magari con la condizionale, poi di nuovo con l'espulsione, ma alla terza volta anche con l'espiazione di una pena, senza la quale tutto il gioco di guardie e ladri che facciamo gira a vuoto.
Lo so anch'io che l'Italia è il paese con il più alto rapporto tra forze dell'ordine e cittadini, ma esse girano a vuoto perché sono impegnate, come a Gorizia, a fermare i clandestini, a fare i baby-sitter, a seguire le donne e i bambini - ed è giustissimo -; tutta la loro azione è vanificata perché non possono incidere minimamente sul problema. In questa situazione, dovremmo prevedere 50 milioni di poliziotti, di carabinieri e di finanzieri!
Dobbiamo rispondere in maniera precisa e rendere difficile l'opera degli scafisti. L'altra sera al TG3 ho visto uno scafista salutare con la manina i poliziotti sulla spiaggia dopo aver buttato a mare donne e bambini perché sapeva che non gli potevano fare nulla. Ho qualche dubbio che un paese civile e democratico possa difendersi da questi criminali sulla base delle disposizioni impartite alla polizia. Attenzione: le donne e i bambini erano già stati buttati a mare e lo scafista se ne andava da solo, ma nessuno poteva fare niente; andava a prendersi un altro carico sostanzialmente indisturbato ed impunito. Sono fenomeni inaccettabili che la gente vede e si ribella. Allora, bisogna dare segnali.
Quando a Modena o in altre città dico queste cose durante i dibattiti, il senatore Guerzoni, che è un amico, o altri esponenti diessini mi danno sempre ragione. Mi dicono che è giusto prevedere un reato penale, che sono d'accordo, ma voglio vedere se saranno d'accordo anche in Parlamento quando voteremo la norma. Quando si parla di fronte ai cittadini o agli iscritti sono tutti severi - anzi, magari mi superano -, ma quando si fanno le stesse proposte in Parlamento, improvvisamente, non so perché - vi saranno condizionamenti a sinistra, ci sarà Rifondazione, ci saranno i Verdi - ciò che in


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periferia, davanti alla gente, è una cosa che si deve assolutamente fare, poi non si può più fare. Vorrei capire perché non si può fare, vorrei capire chi tuteliamo.
Credo di avere le idee chiare; penso che si debbano tutelare esattamente nello stesso modo i cittadini italiani e gli extracomunitari dell'Asia, dell'Africa, del nord America e di qualunque parte del mondo, che hanno diritto di venire a lavorare e ad insediarsi con la loro famiglia, senza essere vittime di questi fenomeni. Ci continuano a dire con le loro associazioni che l'Italia è un paese che non li tutela e che non li garantisce rispetto a questi fenomeni malavitosi che giocano anche contro di loro. È una richiesta forte da parte loro, ed esige una risposta. Una volta risolto il problema dei fenomeni malavitosi, ne deve essere approfondito un altro: il trattamento dei lavoratori che vengono dall'estero. Vi deve essere una partecipazione - che a me sembra scontata - doverosa e utile, delle regioni e degli enti locali alla gestione dei flussi migratori. Badate, molte volte è esattamente il rovescio di quello che si pensa: sono proprio gli enti locali e le regioni a chiedere più emigrati. Ho bene in mente il Trentino-Alto Adige, che tempesta il Governo di richieste per aumentare il numero dei raccoglitori di frutta, senza i quali l'economia agricola di quella regione rischia di andare a fondo; ho bene in mente che a Brescia e a Modena vi è una richiesta di bovari senegalesi o pakistani; ho bene in mente il problema degli infermieri e tutti gli altri fenomeni di questo genere.
Scusate, da chi vengono queste richieste? Esse vengono non solo dalle associazioni degli industriali, degli artigiani e dei commercianti, da chi nella zona del lago di Garda ha bisogno di persone che lavorino negli alberghi o nei ristoranti, ma anche dai responsabili degli enti locali e delle regioni. Secondo me, non è solo un diritto ma anche un dovere sedersi intorno ad un tavolo con il Governo per concertare i flussi di immigrazione ed il tipo di domanda e di offerta che, anche attraverso le ambasciate all'estero, può essere accolto.
Grandi cenni di assenso dai colleghi del centrosinistra: peccato che con la politica delle porte aperte e delle sanatorie sia saltato tutto. In Italia, il posto delle persone di cui abbiamo bisogno è stato preso da chi si trova nelle nostre città per commettere crimini e spacciare droga e che, quando viene fermato (come è accaduto a Modena alcuni giorni fa), invece di essere neutralizzato o espulso viene liberato.
So che esiste anche il problema della magistratura, ma esso coinvolge anche un problema di chiarezza normativa (Commenti del sottosegretario Li Calzi). Sì, signor sottosegretario, c'è il problema della magistratura. Il senatore Guerzoni ha presentato un esposto al Consiglio superiore della magistratura per capire se il giudice di Agrigento applichi la legge o se la inventi: dove è scritto nella legge che, se il questore manda una persona ad Agrigento perché c'è posto solo lì, lo si deve liberare perché ci si inventa che Agrigento è troppo lontana da Modena? La deve fare lui la legge?

PRESIDENTE. Il problema è geografico.

CARLO GIOVANARDI, Relatore di minoranza. Il sottosegretario è anche magistrato e la corporazione insorge sempre quando si affrontano tali argomenti.

MARIANNA LI CALZI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Io che c'entro?

CARLO GIOVANARDI. Relatore di minoranza. Presidente, ho esaurito il mio tempo limitato.
Credo che il paese si aspetti dal Parlamento risposte serie a questo problema. C'è più maturità in Italia di quel che si pensi, ma credo sia giusto che anche il Parlamento dimostri tale maturità e dia risposte giuste e forti alle preoccupazioni dei cittadini (Applausi dei deputati dei


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gruppi misto-CCD, di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Di Luca, che complessivamente dispone di 27 minuti. Li adoperi con parsimonia «ambrosiana»!

ALBERTO DI LUCA, Relatore di minoranza. Con l'avvicinarsi di Sant'Ambrogio!
Signor Presidente, vorrei articolare il mio intervento in tre punti: una breve premessa, un'analisi del fenomeno e, naturalmente, la parte propositiva di Forza Italia.
La premessa è fondamentale, forse ovvia ma necessaria (ne stiamo parlando ormai da cinque anni). Noi vorremmo che venissero divisi in due «spicchi» ben netti e differenti il fenomeno dell'immigrazione ed il problema della clandestinità. A nostro avviso, l'immigrazione è un fenomeno con connotati positivi, nei quali crediamo e sui quali siamo convinti si debba lavorare, non solo perché è il mondo intero a chiederlo, ma soprattutto perché riteniamo che ciò sia giusto. Altra questione è, invece, la clandestinità, rispetto alla quale bisogna essere forti e rigorosi.
Sempre nell'ambito delle premesse, spesso si dice, soprattutto da una parte della sinistra, che il voler differenziare l'immigrazione dalla clandestinità sembrerebbe ledere il concetto di solidarietà. Al contrario, noi vogliamo ribadire ancora una volta che secondo noi la solidarietà - quella vera, unica e possibile - è soltanto quella che risparmia a poveri - lasciatemelo dire - disgraziati di venire nel nostro paese rincorrendo una chimera, per poi essere sfruttati o buttati nelle braccia della delinquenza.
Vivo a Milano e non mi ritrovo affatto nell'intervento svolto dal relatore per la maggioranza. Non so se Milano sia isolata dal resto d'Italia, ma mi sembra che la realtà descritta dall'onorevole Sinisi sia leggermente diversa da quella che i cittadini italiani riscontrano nel nostro paese. Il nostro paese ha riempito solo formalmente il vuoto ventennale che vi era e che vi è in materia di immigrazione con questa nuova legislazione che, però, nei fatti è risultata confusa ma soprattutto inapplicabile. Le grandi questioni che riguardano l'immigrazione clandestina, il governo dei flussi, il tema dell'accoglienza, del soggiorno degli immigrati sono rimaste irrisolte; anzi, semmai sono peggiorate!
Prima l'onorevole Landi di Chiavenna nella sua relazione ci ha fornito qualche dato di fonte Ministero dell'interno, aggiornato alla data del 31 ottobre. Io vorrei ritornare brevemente su alcuni di questi dati.
L'onorevole Landi di Chiavenna ci ha ricordato che su 109 mila, unità più unità meno, allontanati, 26 mila sono stati respinti alle frontiere ma quelli che di fatto si sono veramente allontanati sono stati solamente 2.200! Duemiladuecento su 109 mila: in sostanza, quindi, stiamo parlando di una percentuale del 2 per cento!
La «legge Turco-Napolitano», il testo unico emanato con il decreto legislativo del 25 luglio 1998, n. 286, mostra carenze di ogni tipo; ha un difetto soprattutto: quello di risultare inapplicabile! Questa conferma peraltro non viene solo dai cittadini italiani, dai politici o da chi come il sottoscritto fa parte di Forza Italia, ma arriva soprattutto dalle forze di polizia che si trovano a dover combattere con una normativa che è farraginosa e che soprattutto poi non gli dà la possibilità di raggiungere i risultati. Quali sono i risultati? Quelli di poter espellere effettivamente i clandestini!
Oggi noi ci troviamo a discutere un provvedimento che reca per prima la firma degli onorevoli Fini ed altri, l'atto Camera n. 5808. In realtà, invece, attraverso un «sopruso regolare», ci troviamo a dover discutere di un qualcosa che nulla a che vedere con la posizione espressa dall'onorevole Fini, da Alleanza nazionale, dal Polo e dalla Casa delle libertà. Parlo di sopruso perché di fatto questa proposta di legge è stata talmente «cannibalizzata»


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che nei contenuti non è rimasto più nulla di coincidente con lo spirito iniziale. Ho parlato di «sopruso regolare» perché in realtà è stato perfettamente rispondente a quanto previsto dal regolamento della Camera: non urlo quindi allo scandalo, ma urlo semplicemente alla sostanza!
Cosa serve al nostro paese? Serve una legge diversa sul tema dell'immigrazione che gestisca certamente i flussi migratori, ma sulla base di numeri certi! Diciamo quindi basta alle continue sanatorie e aggiungiamo che, quando si parla di flussi, sarebbe anche ora di voler considerare pure quella quota relativa ai ricongiungimenti come quota da inserire nel computo dei flussi medesimi.
Come ho detto prima, rispetto invece al problema della clandestinità, dobbiamo essere molto più rigorosi. Noi proponiamo, ad esempio, che in prima istanza il soggiorno nei centri possa essere ben più lungo di quello dei 20 giorni più 10 previsto dal testo unico. Perché avanziamo tale proposta? Perché sappiamo che l'espediente più usato dai clandestini è quello di non voler dichiarare la loro nazionalità! Pensiamo, ragionevolmente, che un tempo di permanenza più lungo consentirebbe alla nostra diplomazia di identificarli e consentirebbe certamente di attivare quel «passaparola» efficacissimo diffuso tra i clandestini che li porta a considerare oggi l'Italia come il paese «migliore» in Europa nel quale entrare per essere appunto clandestini. Oltretutto, clandestinità significa - come dicevo prima rispetto alla logica della solidarietà - trovarsi a non avere un lavoro e quindi neanche una casa.
Sappiamo bene che, quando uno non ha un lavoro e non ha i mezzi sufficienti per la sopravvivenza, accetta qualsiasi tipo di compromesso. Di qui nasce la spiegazione per cui oggi nelle nostre carceri ci troviamo ad avere una popolazione carceraria composta per il 52 per cento da extracomunitari! Sia ben chiaro (ed evito o precedo qualche battuta dozzinale che ogni tanto ci sentiamo fare): noi non sosteniamo assolutamente che immigrazioni significhi criminalità; affermiamo però che la clandestinità - quindi, l'aspetto più deteriore e il problema che rientra nell'ambito dell'immigrazione - porta molto spesso - si potrebbe quasi dire nel 52 per cento dei casi, visto quello che troviamo nelle nostre carceri - a delinquere, per sopravvivere!
Quali sono i delitti che vengono commessi? Essi vengono identificati come «microcriminalità», ma forse varrebbe la pena di ricordare che la microcriminalità non esiste e che esiste piuttosto una forte e violenta criminalità urbana che lede sempre di più i diritti dei cittadini.
C'è qualcosa di buono in quello che è stato detto o fatto dalla maggioranza e dal Governo negli ultimi tempi (Commenti di deputati del gruppo della Lega nord Padania)? Sento qualcuno dire no. In verità, c'è stato qualcosa di molto positivo che ho accolto con grande piacere. Vi sono state le dichiarazioni del senatore Brutti - fatte in più di una circostanza - che finalmente è arrivato sulle posizioni di chi dice che bisogna prendere le impronte digitali agli immigrati (Commenti del deputato Jervolino Russo). La presidente Jervolino Russo mi vorrebbe interrompere. In realtà il testo unico dice che si può, ma noi lo vogliamo correggere affermando si deve. Comunque, visto che abbiamo presentato un emendamento in tal senso, immagino che la presidente Jervolino Russo vorrà proporre di votare a favore dello stesso che chiede di modificare l'espressione «si può» con «si deve». Sono contento che il senatore Brutti, da parte del Governo, dica che si devono prendere le impronte. Inoltre, se ho ben compreso le parole della presidente Jervolino Russo, finalmente verrà accettato un emendamento della Casa delle libertà. Comunque, forse tutto ciò non si colloca all'interno di una scelta politica dell'attuale maggioranza, ma si tratta di un obbligo europeo, visto che il sistema Eurodac deve diventare operativo.
Per quanto riguarda il reato di clandestinità di cui tanto si parla, anche se le televisioni non sono certamente la fonte della nostra politica quando ho sentito il ministro Turco dire che era favorevole al reato di clandestinità, sono rimasto favorevolmente


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sorpreso (anche se la maggioranza osserverà che nel testo unico esso è già previsto all'articolo 13, comma 13). Diciamo allora che vorremmo vederlo meglio esplicitato in un modo tale da arrivare a punire qualche clandestino per un reato di clandestinità, magari non al suo primo ingresso, ma al secondo. Comunque, vorremmo vedere applicato quanto invece ci viene detto esistere già.
Rispetto alla parte propositiva, con questo testo che non so se sia giusto chiamare di minoranza o di opposizione, Forza Italia vorrebbe avanzare alcune proposte. Innanzitutto, per quanto riguarda la determinazione dei flussi, vorremmo che concorressero anche le regioni e le associazioni di categoria nella valutazione dei flussi annuali. Naturalmente sarebbe gradito se nel computo dei flussi fosse compresa anche la quota dei ricongiungimenti familiari. In secondo luogo, quando parliamo di ingresso nel nostro paese e di «obbligo» di avere un lavoro, o comunque un impegno, vi è tutta una serie di passaggi che sono stati sempre disattesi. Vorremmo fosse sottoposto a verifica il fatto che la persona che entra nel nostro paese abbia un lavoro vero e lo possa dimostrare certificando la disponibilità effettiva di un reddito annuo. Noi chiediamo molto semplicemente che questo non sia inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale (circa 600 o 700 mila lire), cioè a quella cifra che il nostro paese considera sufficiente per quelle persone che noi consideriamo con riferimento alla soglia di sopravvivenza. Comunque vogliamo partire da questa quota minima di garanzia.
Rispetto al tema delle impronte digitali, mi sono già pronunciato in precedenza: occorre considerarle come un dovere più che come una possibilità. Arrivo ora al tema tanto discusso dell'occupazione in nero di una grande quantità di clandestini: se vogliamo interrompere tale meccanismo, dobbiamo certamente lavorare in modo diverso nell'ambito del provvedimento in esame ed affrontare effettivamente la questione della clandestinità; parimenti, dobbiamo intervenire sui datori di lavoro, quindi punirli e sanzionarli nel caso in cui impieghino persone in nero. Come già osservavo, uno dei punti chiavi rispetto alla condizione di clandestino nel nostro paese riguarda il fatto che troppo spesso non vengono dichiarate la nazionalità e le generalità, sostanzialmente non esibendo i documenti. Vorremmo, quindi, che tale comportamento venisse punito, addirittura con la reclusione fino a quattro anni: sarebbe certamente un modo per contribuire ad eliminare un problema con il quale si scontrano quotidianamente le nostre forze di polizia, che sono arrivate a schedare per 21 volte la stessa persona, evidentemente perché quella persona non aveva esibito i documenti per 21 volte, fornendo generalità diverse ogni volta, forse mai rispondenti al vero.
Benché si preveda che un immigrato possa entrare nel nostro paese se ha un lavoro, sappiamo quanto siano formali e, lasciatemelo dire, in molti casi false le relative certificazioni: anche in questo caso, allora, cerchiamo di superare il dubbio che possano esservi organizzazioni che tendono ad essere un po' troppo permissive, per cui proponiamo di fare riferimento, anziché a generiche offerte di lavoro, ad offerte concrete, quindi comprovate o supportate da contratti di lavoro...

DOMENICO MASELLI. È già così!

ALBERTO DI LUCA, Relatore di minoranza. Il contratto di lavoro non è previsto.
In materia di ricongiungimento familiare, riteniamo sia doveroso prevedere una soglia di salvaguardia sul piano economico, una garanzia per tenere lontane gli immigrati dalla tentazione, o dalla costrizione, di buttarsi nelle braccia della criminalità perché privi dei necessari mezzi di sostentamento. Riteniamo dunque opportuno prevedere che ogni persona interessata al ricongiungimento debba poter disporre di una somma non inferiore, ancora una volta, all'importo annuo dell'assegno sociale. Questo, quindi,


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deve valere per ogni familiare per il quale si chieda il ricongiungimento.
Ho espresso in estrema sintesi le nostre posizioni ed evidentemente nel corso della discussione in Assemblea affronteremo punto per punto, emendamento per emendamento, le questioni che si presentano. Ciò che è importante, comunque, è che vorremmo che finalmente si facesse fronte all'esigenza avvertita dal paese di avere un'immigrazione gestita in modo serio ed una clandestinità fortemente combattuta ascoltando l'opposizione e quindi non accantonando aprioristicamente, come spesso accade, ogni proposta dell'opposizione. Abbiamo illustrato in questa sede alcune proposte sulle quali esponenti del Governo e della maggioranza si sono dichiarati favorevoli, almeno a parole, ed anche in televisione: ebbene, riproponiamo in questa sede tali proposte. Ci siamo visti costretti a presentare quattro relazioni di minoranza per cercare di far sentire la voce della Casa delle libertà...

ROSANNA MORONI. Le voci!

ALBERTO DI LUCA, Relatore di minoranza. ...visto che la proposta di legge originaria, che ha dato lo spunto per poter modificare il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione, è stata completamente smembrata. Ebbene, attraverso queste relazioni alternative, l'esame dei singoli articoli e degli emendamenti che verranno presentati a ciò che è rimasto della proposta di legge Fini ed altri, vorremmo risolvere uno dei problemi più sentiti dagli italiani e più gravi del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. L'onorevole Fontan, relatore di minoranza, interverrà successivamente nel corso del dibattito.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

MARIANNA LI CALZI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, chiedo di parlare per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, esporrò io i contenuti della relazione dell'onorevole Fontan in sede di discussione generale perché, purtroppo, per un impegno politico importante in Trentino, oggi non è potuto intervenire.

PRESIDENTE. Sta bene. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non è un caso che il primo firmatario della proposta di legge in esame sia l'onorevole Fini, il che dimostra l'importanza che la destra attribuisce ai temi della sicurezza, della legalità e dell'integrazione possibile, combattendo l'immigrazione clandestina.
Desidero svolgere, innanzitutto, una considerazione metodologica. Abbiamo presentato la proposta di legge in esame e ne abbiamo chiesto la discussione in Assemblea nell'ambito della quota di proposte spettante all'opposizione, secondo il nuovo regolamento della Camera - siamo nell'ambito di una riflessione sul regolamento - ma cosa è accaduto? Quella proposta di legge avrebbe dovuto essere comunque considerata come testo base sul quale discutere in Assemblea, con l'eventuale presentazione di emendamenti ed espressione di opinioni in accordo o disaccordo. Non si può fare riferimento allo scheletro della proposta di legge Fini, onorevole Maselli, perché, una volta chiesta l'iscrizione all'ordine del giorno e svolta la discussione in Commissione, essa si chiama Fini, ma in realtà è scarnificata di tutta la sostanza, delle norme più importanti, tese a correggere i princìpi fondamentali della cosiddetta legge Turco-Napolitano. È un rilievo che facciamo soprattutto alla Presidenza, sottolineando la necessità di garantire che gli spazi riservati alle proposte dell'opposizione -


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20 per cento - siano utilizzati in maniera diversa. Ho svolto una riflessione a voce alta perché, di fatto, in aula giunge un testo base che si chiama «proposta di legge Fini», ma non ha più la sostanza dell'originaria proposta, tanto è vero che anche lo stesso gruppo che vede nelle proprie fila l'onorevole Fini ha presentato una relazione di minoranza, costretto ad agire in questo modo per riproporre la sostanza dell'originaria proposta. Mi riferisco, ad esempio, al reato di immigrazione clandestina che non compare più nel cosiddetto testo base.
Ad un paio di anni di distanza, rileviamo che la legge Turco-Napolitano non ha funzionato; non siamo convinti delle cifre che, spesso, sono state sbandierate perché le espulsioni sono più teoriche che reali, i centri di trattenimento temporaneo hanno funzionato male ed è in atto una discussione da parte di settori della magistratura che rinviano alla Corte costituzionale «pezzi» della legge Turco-Napolitano vanificando l'azione dei centri di trattenimento temporaneo. Lasciamo perdere, poi, le proteste dei cittadini, le vicende quali quella del centro di trattenimento temporaneo di Trapani, dove una protesta portò alla morte di alcuni immigrati ivi trattenuti. Sono aspetti dell'impatto sociale di una norma.
Desidero ricordare che, in quest'aula, nel corso del dibattito sulle quote - era ministro dell'interno l'onorevole Napolitano - più volte incalzai perché la politica delle quote ci stava bene, e lo ribadiamo, in quanto riteniamo che una quota di ingressi di immigrati in Italia, al pari di altri paesi europei, debba essere accettata. Il ministro Napolitano ci disse che si immaginava una quota di 20 mila persone all'anno; l'Italia ha 8 mila comuni, quindi significa una media di meno di tre persone a comune. È evidente che si tratta di un calcolo alla Trilussa perché è ovvio che a Roma, a Milano o a Bologna andranno più persone, mentre a Monte Porzio Catone, a Fiesole e a Somma Lombardo ne andranno di meno. Ma quelle erano le cifre; poi, in sede di applicazione della legge Turco-Napolitano, con il primo decreto si parlò di 20 mila persone; nello stesso anno 1998 la quota aumentò a 38 mila unità e ciò determinò la presentazione di 300 mila domande. Successivamente, a colpi di sanatoria - cari colleghi e cari ascoltatori che seguite i dibattiti attraverso gli strumenti messi a disposizione dalla Camera, la radiofonia e le telecomunicazioni -, nel solo 1999 sono stati concessi 300 mila permessi di soggiorno ad extracomunitari. Dai 20 mila annui, che potevano anche diventare 30 mila senza scandalo, questa quota si è estesa «a fisarmonica», a dismisura.
Il fatto poi che lo chiedano le imprese o altri è tutto da dimostrare, perché noi abbiamo chiesto un coinvolgimento vero e non teorico delle regioni e delle associazioni dei produttori. Ci chiediamo, ad esempio: dove stanno i 200 mila extracomunitari iscritti alle liste di collocamento? Servono nel nord-est per lavori che gli italiani rifiuterebbero? Andiamoli a cercare. Ce ne sono 200 mila iscritti nelle liste di collocamento: come campano? Potremmo immaginare che molti purtroppo, siccome sono in Italia, hanno il permesso di soggiorno e sono iscritti al collocamento, forse si dedicano ad altre attività non perfettamente legali.
Allora, vediamo come sono andate le cose: le quote si sono dilatate, le espulsioni saranno pure aumentate rispetto al poco di prima, ma non sono sufficienti ed adeguate. Noi proponiamo varie misure: innanzitutto erogare fondi ai paesi che collaborano per la riammissione. Sono stati fatti accordi di riammissione, ma non abbastanza. Penso al caso dell'Albania: quanto ci è costata la politica bilaterale con l'Albania? Ho con me pacchi di ordini del giorno che il Governo attuale ha accolto nel corso della discussione dell'ennesimo decreto volto a destinare aiuti economici all'Albania e chiameremo il Governo a rispondere di questi ordini del giorno, che riguardano la distruzione delle coltivazioni di droga e l'uso corretto dei fondi che eroghiamo all'Albania.
Noi chiediamo che, in cambio dello stanziamento di fondi, si esigano il rispetto delle regole, l'applicazione degli


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accordi di riammissione, che nel porto di Valona non si viva come nella Tortuga dei pirati dei romanzi, dove ognuno fa quello che vuole. Questo chiediamo in primo luogo e su questo vorremo che il Governo ci rispondesse.
Le politiche di integrazione sono necessarie ed il testo alternativo che l'onorevole Landi di Chiavenna ha presentato indica alcune soluzioni, anche moderne, per il miglior controllo dei flussi finanziari che dall'Italia partono verso questi paesi terzi a beneficio dei familiari di chi viene qui a lavorare, con un utilizzo di questi fondi anche per le politiche di integrazione.
Non siamo ciechi, sordi, muti e ignari di queste esigenze di integrazione, ma, accanto alla solidarietà possibile, vorremmo che si affermasse la legalità necessaria, che oggi in Italia non c'è. Sono state già citate dal collega Landi di Chiavenna statistiche che anche il dipartimento della pubblica sicurezza ha sfornato recentemente in occasione di importanti convegni. Nella città di Torino i condannati per reati collegati agli stupefacenti sono stranieri nel 95 per cento dei casi. È il dato più estremo, ma se andiamo a Bologna, a Firenze o a Milano, i condannati per i reati tra i più diffusi - droga, sfruttamento della prostituzione e furti - sono, ahimé, stranieri con percentuali che dal 40, 50 o 60 per cento toccano quel record torinese del 95 per cento di stranieri per i reati legati agli stupefacenti. A Padova, un anno e mezzo fa, nigeriani e albanesi lottarono nelle strade per contendersi il controllo del mercato della prostituzione.
Credo che tutto questo imponga risposte più severe che non c'entrano con la xenofobia, che noi condanniamo e rifiutiamo. L'Italia è protesa nel Mediterraneo ed è inevitabilmente il primo approdo delle disperazioni che si affacciano sul Mediterraneo stesso. Tuttavia, non possiamo farci carico di tutto e di tutti.
Allora, noi sfidiamo politicamente la maggioranza di questa Assemblea, che ha voluto «scarnificare» la proposta di Alleanza nazionale. Nei diversi testi alternativi abbiamo proposto varie opzioni, a partire da quella, che noi rivendichiamo, di una sanzione per chi entra clandestinamente in Italia, con conseguenze anche di carattere penale. Si dirà che poi la magistratura si ingolfa e si intasa. Certo, la gestione non è facile, ma noi riteniamo che la capacità di deterrenza di certe norme farebbe diminuire il numero di ingressi clandestini.
Se oggi esistesse una guida Michelin «del perfetto clandestino», il nostro paese sarebbe considerato a cinque stelle e saremmo strasegnalati: c'è una sanatoria ogni sei mesi, c'è la mancata espulsione di tutti. Ma tramite telefono, giornali e parabole televisive, avvengono le comunicazioni, magari con un telefono clonato di uno straniero, e ci sono i «consigli per gli acquisti»: venite in Italia, dicono ai connazionali.
Noi siamo a cinque stelle nella guida del perfetto clandestino; vorremmo scendere a una o due stelle e che vi fosse un'indicazione del tipo: attenzione, in Italia si può essere espulsi sul serio, in Italia alcuni partiti vogliono trasformare in reato penale l'ingresso clandestino; in Italia, se il nostro paese - vedi l'Albania - non distrugge le coltivazioni di droga e non riaccoglie i clandestini - vedi alcuni paesi del Maghreb -, ci mandano via.
Vorremmo che nella «guida Michelin del clandestino» ci fosse scritto questo, insieme al fatto che gli italiani sono allegri, generosi, pazienti e solidali più di altri popoli, mentre non vorremmo che ci fosse l'irrisione verso i livelli di sicurezza del nostro paese, irrisione che al momento esiste. Ecco perché proponiamo che l'immigrazione clandestina sia un reato, rispetto al quale però vi è un ventaglio di opzioni sulle quali sfidiamo la maggioranza: non va bene il reato di ingresso clandestino? Vi sono altre opzioni sia nel nostro testo (come per esempio l'inasprimento di altri aspetti amministrativi contenuti nella legge Turco-Napolitano) sia nel testo Giovanardi, che prevede sanzioni per i recidivi al secondo ingresso. Ecco che serve l'impronta digitale! Qualcuno potrebbe pensare che noi siamo contenti


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che il sottosegretario Brutti l'abbia proposta ma la credibilità delle persone fa parte delle proposte, e Brutti e questo Governo non sono credibili nel proporre misure di questo tipo, avendo tacciato di xenofobia chi sosteneva, secondo verità, che solo i dati biometrici (così vengono definiti in modo burocratico) consentono la certezza della identificazione delle persone. È ovvio che l'espulso che rientra in Italia o quello con il foglio di via inutile che, espulso da Torino, si ripresenta a Trapani o che, espulso da Catania, si ripresenta ad Ancona, ogni volta che viene fermato dà un nome diverso e quindi l'identificazione è impossibile, mentre l'impronta non è ripetibile e garantisce il riconoscimento.
Quindi noi plaudiamo al rinsavimento di Brutti, ma plaudiamo soprattutto all'Europa, che indica questa strada. Però non possiamo aspettare che la sinistra si accorga, a cinque o a dieci di distanza, che quello che affermiamo è giusto; noi non vogliamo aspettare cinque anni di avere ragione da voi su sanzioni più severe per l'ingresso clandestino, vorremmo ragione oggi. Come dicevo, ci sono varie opzioni che vi invito a valutare, anche perché c'è una notte di tempo: non va bene quella più dura, mentre va bene quella sui recidivi? Vogliamo studiare altre formule di inasprimento? I testi alternativi sono a vostra disposizione e noi siamo pronti ad accogliere tra le proposte della Casa delle libertà quella che voi riterrete migliore - in Parlamento comunque servono i numeri - purché si compiano dei passi in avanti per uscire da una situazione di lassismo, di debolezza e di inefficacia che l'attuale testo vigente presenta, al punto che voi stessi in alcune occasioni avete proposto qualche correzione.
Alcune disposizioni contenute nella proposta di legge Fini sono sopravvissute alla censura che voi avete operato: pensate, capita anche a noi di fare qualcosa di sensato ogni tanto! Riteniamo che anche sull'aspetto che avete eluso e che fa discutere (ci rendiamo conto della delicatezza del tema e dei problemi che esso presenta, se cioè i giudici saranno in grado di affrontare questa emergenza) ma, come dicevo, ci sono varie opzioni. Pertanto ci si può schierare saggiamente in maniera - come si dice oggi con un bruttissimo termine - bipartisan (a me piace più parlare di politica dell'alternanza) ma comunque occorre verificare se la preoccupazione manifestata sia reale, se anche voi abbiate corretto le vostre posizioni. Erano xenofobi coloro i quali proponevano le impronte digitali? Ma Brutti, che adesso le propone, è saggio? Su autorevoli giornali si legge che in Europa non è condivisa l'opzione zero, e tutti sappiamo che una quota di ingressi è necessaria, così come è necessaria una normativa comune europea. Nel vertice europeo di Tampere si discusse di una politica comune sulla sicurezza e l'immigrazione alla quale bisogna fare riferimento. Il Parlamento ha dato al Governo un mandato unanime per il vertice di Nizza, che non è servito a niente, perché in Europa le questioni storiche riemergono sempre, anche se per fortuna non più con i cannoni ma con i voti, bilanciati o meno; credo che ad Amato non chiederanno neppure cosa pensi di questa vicenda e quindi, nonostante il mandato che anche noi generosamente abbiamo conferito, la marginalità dell'Italia da voi governata si manifesterà: Chirac e Schroeder mangiano ottimi cosciotti di maiale ma non trovano l'intesa, Amato forse non mangia neppure il cosciotto di maiale, oltre a vedersi precluso dall'intesa.
Come dicevo, vi sfidiamo a scegliere tra le varie opzioni una delle quali è sostenuta convintamente da Alleanza nazionale, quella per cui il primo ingresso clandestino è considerato reato. Il nostro scopo è di aprire la discussione, far ammettere che la legge Turco-Napolitano non funziona, dimostrare sulla base dei dati statistici che i reati sono alimentati anche da stranieri (sappiamo bene che comunque ci sono italiani delinquenti e proprio per questo non vogliamo alimentare una forte propensione al crimine già connaturata in maniera indigena nel nostro popolo con apporti stranieri ulteriori).


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Vogliamo discutere le quote e tutto ciò che è necessario perché riteniamo che si debba dare un segnale chiaro attraverso il voto.
Si può sostenere una cosa in televisione ed un'altra in Parlamento; ciò avviene spesso, ma noi siamo un partito che in genere dice le stesse cose nel Parlamento, nelle strade e nella comunicazione rivolta ai cittadini. Parliamo, dunque, con un forte senso di determinazione, ma anche con un forte senso costruttivo. Il nostro obiettivo sarebbe quello di concludere la discussione, non con la bocciatura della sostanza della proposta di legge dell'onorevole Fini corretta dai testi alternativi, ma facendo un passo in avanti: ci interessa, infatti, la sicurezza dell'Italia e, semmai dovessimo vincere le elezioni e governare, sarebbe meglio aver migliorato oggi la normativa, piuttosto che affrontarla domani. Un domani, infatti, se decideremo davvero di prendere le impronte digitali, anche il sottosegretario Brutti ci dirà che siamo un po' fascisti e un po' xenofobi. Noi, però, abbiamo archivi Internet e rassegne stampa e diremo che siamo seguaci del sottosegretario Brutti!
Vi invitiamo, pertanto, a prendere una decisione con determinazione, ma anche con la serenità che compete ad un argomento discusso molte volte. Su tale vicenda si è anche giocato, come da noi spesso denunciato invano. Il collega Armaroli ha passato nottate a studiare il tema: sappiamo che sono state emanate circolari e assunti provvedimenti amministrativi che hanno consentito sanatorie in violazione della legge. Dunque, la gestione della legge Turco-Napolitano è stata spesso condotta in violazione della legge stessa, come da noi denunciato invano, ma sappiamo che le violazioni in questa fase della vita del Parlamento sono state purtroppo numerose. Su tutto ciò non abbiamo taciuto, ma abbiamo denunciato ed abbiamo atteso le verifiche. Oggi mi sembra che, al di là dell'ottimismo di facciata dell'attuale ministro pro tempore dell'interno, i dati siano allarmanti ed inquietanti.
Signor Presidente, il tema è delicato e controverso: riusciranno le strutture giudiziarie a reggere tale pressione? Vi riusciranno le città? Sappiamo che già oggi vi è stato un fallimento sostanziale e la legge è stata «sforacchiata» dalla stessa magistratura. Ricordo che qualche magistrato si è offeso perché ho detto che i magistrati si erano messi d'accordo nel rinviare le norme alla Corte costituzionale, ma è successo più volte consecutive nella stessa città. Mi sembra, dunque, che non stessi sbagliando; forse ho fatto un solo errore e ne chiedo scusa in Parlamento: avevo parlato, infatti, di procura ma in realtà si trattava del tribunale. Chiedo scusa per tale gravissimo errore ma, comunque, dobbiamo constatare che vi è stata una serie di decisioni della magistratura assunte a Milano in sequenza temporale ristretta; mi sembra, dunque, che tali decisioni siano alquanto sospette.
In conclusione, ci auguriamo che la notte porti consiglio. A noi lo porterà certamente, perché siamo pronti a sposare una delle varie ipotesi sul tappeto; ci auguriamo lo porti anche a voi, perché vi è un interesse comune a rendere accogliente, ma anche più credibile sul piano della legalità, il nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gardiol, al quale ricordo che ha 12 minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

GIORGIO GARDIOL. Signor Presidente, accade a volte che di buone intenzioni siano lastricate le strade dell'inferno e che una proposta di legge della destra finisca per diventare un mezzo di miglioramento della legge sull'immigrazione del centrosinistra: questo è quanto accaduto nella discussione in Commissione. Non ho potuto seguirla personalmente, in quanto non faccio parte della Commissione, ma ho letto i documenti relativi al dibattito e debbo oggettivamente dire che in quell'occasione il regolamento è stato attuato a perfezione: se un deputato fa una proposta


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e non dispone della maggioranza per sostenerla, quel testo verrà probabilmente stravolto e modificato dalla maggioranza che si determina; così egli non può invocare la necessità di assumere un testo che sia stato bocciato dalla Commissione: ritengo che ciò sia l'ABC delle regole della Camera dei deputati. Non mi stupirei, come hanno fatto altri colleghi, su tale risultato. Il testo esiste; è quello presentato dalla Commissione ed è su di esso che occorre discutere, con tutte le relazioni di minoranza ed i documenti allegati.
Si è qui discusso molto di questioni che in realtà sono già regolate nella legge n. 40 e nel decreto legislativo n. 286 del 1998, che ha raccolto la materia. Abbiamo discusso, tra l'altro, di impronte dattiloscopiche.
Se ben ricordo, il Parlamento ha deciso di destinare qualche decina di miliardi proprio a queste finalità, che rientrano anche tra i compiti della polizia e che sono previsti dagli articoli del decreto legislativo. Si dice anche che il recidivo deve essere arrestato.
Insomma, si tratta di tutta una serie di cose già presenti nell'ordinamento e non riesco a capire perché la destra si ostini a volerle ripeterle, se non per una questione di propaganda politica, una propaganda che tende ad identificare ogni immigrato con un possibile deviante, un possibile delinquente. Se tutti gli immigrati sono di questo tipo, allora facciamo come dice Giovanardi: quando arrivano alle frontiere, facciamo il tiro all'immigrato!

CARLO GIOVANARDI, Relatore di minoranza. Io il tiro lo farei al delinquente che fa annegare l'immigrato!

GIORGIO GARDIOL. Sì, ma se non risponde all'alt...

ROSANNA MORONI. Tu hai parlato di chiunque non risponde all'alt!

CARLO GIOVANARDI, Relatore di minoranza. Leggi bene il testo, non c'è scritto questo.

GIORGIO GARDIOL. Nella tua proposta c'è scritto che contro «le persone cui l'intimazione è fatta, che persistono nel tentativo di oltrepassare la frontiera, il militare in servizio di vigilanza può fare uso delle armi»...

CARLO GIOVANARDI, Relatore di minoranza. Ci si riferisce allo scafista che ha buttato a mare...

ROSANNA MORONI. Tu parli dell'immigrato!

PRESIDENTE. Onorevole Gardiol, prosegua rivolgendosi al Presidente. Colleghi, per cortesia, evitiamo i dibattiti personali.

GIORGIO GARDIOL. Si dice che il militare può fare uso delle armi contro quei soggetti «in particolare quando tentano la fuga dopo aver sbarcato o essersi liberati in mare di immigrati clandestini...».

CARLO GIOVANARDI, Relatore di minoranza. Certo, dopo essersi liberati degli immigrati!

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. C'è scritto «in particolare» dopo essersi liberati...

CARLO GIOVANARDI, Relatore di minoranza. Togliamo la specificazione «in particolare», se volete, ma i criminali e gli assassini li volete perseguire, oppure no?

GIORGIO GARDIOL. Li vogliamo perseguire secondo le regole del diritto italiano, che non prevede il tiro al delinquente.

GUSTAVO SELVA. Se lei ad un posto di blocco non si ferma con la macchina, che cosa fa la polizia?

GIORGIO GARDIOL. Non necessariamente spara.

PRESIDENTE. Scusate, colleghi, è una dotta discussione, ma debbo interrompervi:


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il codice prevede il legittimo uso delle armi e chi le usa sa quando è legittimo e quando no e ne risponde nel caso in cui l'uso fosse illegittimo, tanto dolosamente quanto colposamente.
Prosegua, onorevole Gardiol.

GIORGIO GARDIOL. Grazie, Presidente.
Dicevo che alcune misure sono già previste nella normativa ed altre sono previste nel testo al nostro esame, il quale prevede che venga intensificata la repressione della falsificazione dei documenti ed aumentate le pene per la cosiddetta tratta delle bianche e lo sfruttamento della prostituzione; si stabilisce il ruolo del giudice nel caso dell'espulsione, e così via. Insomma, sono previsti garanzie giudiziarie e controllo di tutto il sistema, quindi io ritengo che la proposta che sta emergendo dalla Commissione sia positiva e vada in direzione di un miglioramento di quelle parti dell'ordinamento che non venivano completamente attuate in via amministrativa. Anche il comitato di monitoraggio sui flussi è già previsto, tuttavia viene rafforzato con il progetto di legge in esame.
Ribadisco, quindi, che tutta una serie di questioni sono già presenti nella normativa, quindi non si trattava di peggiorarla, ma di agire per applicarla.
Vi è invece un aspetto che attualmente non è disciplinato adeguatamente dall'ordinamento. Oggi un lavoratore clandestino, in nero, se il suo datore di lavoro viene in qualche modo colpito da sanzioni amministrative, il più delle volte viene espulso. Si tratta quindi di una carenza legislativa che dovrebbe prevedere la regolarizzazione del lavoratore irregolare, perché è più volte accaduto che siano state comminate sanzioni amministrative al datore di lavoro, mentre il lavoratore irregolare è stato costretto a tornare a casa, vale a dire in quei paesi dai quali si parte per ragioni economiche, come diceva anche prima l'onorevole Landi di Chiavenna. Pertanto, più che di una condanna amministrativa si tratta di una condanna che riguarda il futuro di queste persone.
Ritengo necessario quindi approvare il testo proposto dalla Commissione e respingere tutte le proposte emendative alternative.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.

GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, discutiamo oggi il tema dell'immigrazione e della sua regolamentazione, molto sentito dall'opinione pubblica.
A mio parere, per fare un lavoro serio è necessario fare il punto della situazione, vale a dire fissare il punto di partenza e quindi gli obiettivi che si intendono raggiungere. Mi rifarò sostanzialmente, come ho già detto prima giustificando l'assenza del relatore di minoranza, onorevole Fontan, ai contenuti della relazione di minoranza presentata dal gruppo della Lega nord Padania.
All'alba del terzo millennio si confrontano, in Europa, due opposti modelli di società: il modello neogiacobino della società universale multirazziale, standardizzata dal mercato, attore politico dominante e che utilizza gli Stati, o meglio quel che ne resta, come cinghie di trasmissione, e il modello cristiano di una società equilibrata tra il presente, il futuro ed il passato, tra il locale ed il globale, tra in e out, tra le forze nuove che premono dall'esterno ed i valori storici radicati nella tradizione del popolo italiano, in particolare, e di quello europeo, più in generale. I due modelli sociali si identificano nel punto di partenza, ma si differenziano radicalmente nel punto di arrivo. Entrambi emergono infatti dalla crisi dello Stato-nazione, ma si sviluppano lungo direttrici opposte. Il primo modello sociale si basa prima sulla scissione fra Stato e nazione e poi sull'idea del primato dello Stato sulla nazione (sulle nazioni).
Per questa ragione, nell'economia politica del modello neogiacobino l'immigrazione non è un problema, ma viene vista


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come un'opportunità. Si assume infatti che lo Stato esiste a prescindere dalla nazione (dalle nazioni) e che per questo possa vivere (sopravvivere) producendo ed attribuendo titoli statali di cittadinanza che prescindono dall'appartenenza alla nazione (alle nazioni). Nell'economia politica di questo modello la quantità dei cittadini dello Stato può conseguentemente ed artificialmente, su vasta scala, superare la quantità dei cittadini della nazione.
L'immigrazione è conseguentemente utilizzata come un grimaldello per rompere l'ordine sociale, aumentando conseguentemente il potere di arbitraggio tra le forze sociali destrutturate, e per mettere le mani sul bottino elettorale: dobbiamo ricordare quest'ultimo passaggio, importante dal punto di vista politico, vista la massa enorme di immigrati che è logico ipotizzare sia propensa a votare per il centrosinistra, vale a dire per coloro che li hanno fatti entrare allegramente, permettendo l'invasione del nostro paese.
Paradossalmente, più forte è la crisi dello Stato-nazione - e di riflesso più forte è la crisi dello Stato tout court - più si fa forte il tentativo di tenerlo in vita con mezzi artificiali, perché lo Stato è la macchina politica giacobina per definizione, come diceva Rousseau.
È questo in realtà un modello filisteo, che si alterna tra visioni escatologiche (tipo: «il tramonto dell'occidente») e curve demografiche, tra solidarismo terzomondista, alibi umanitari e cinismo del mercato, sintetizzandosi nella forma: «essere buoni conviene». Il buonismo! Sappiamo che esso è molto diffuso in Italia tra gli esponenti più in vista della maggioranza di Governo. La sua filosofia la possiamo riassumere in questa frase: gli immigrati devono venire in Italia, e su vastissima scala, ma a liberarci dallo sforzo demografico, a fare i lavori più faticosi, a pagarci le pensioni. Questo è quanto sostengono i propugnatori di tale modello!
È un modello che funziona in base a quattro principi essenziali. Il primo è l'assenza di prevenzione. Il messaggio che si trasmette all'esterno, anche ricorrendo a delle spettacolari tournée politiche africane, come ha fatto il segretario dei DS alcuni mesi orsono, è, all'opposto della prevenzione, un messaggio di accoglienza. Il secondo principio è quello del riconoscimento di una sorta di diritto di immigrazione in Italia, esercitabile di fatto su iniziativa degli interessati. Il terzo principio riguarda la conservazione di frontiere «colabrodo». Una scelta incredibile ma fatta con coscienza da questa maggioranza che non vuole fare controlli seri alle nostre frontiere. Il quarto principio concerne la riduzione dell'azione di contrasto a forme erratiche e casuali, saltuarie e poco esemplari, di repressione dell'immigrazione illegale già avvenuta.
Viene quindi da chiedersi quale sia ...

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di non voltare le spalle alla Presidenza (Commenti del deputato Armaroli). Era un pacchetto di mischia, diciamo, inversamente proporzionale alle esigenze del gioco!

GIACOMO STUCCHI. Capisco che i colleghi si appassionino a questa discussione!
Viene da chiedersi, stavo dicendo, quale sia l'alternativa a questa sinistra prospettiva. Cosa si può fare? Esiste un secondo modello sociale che si basa invece, ed all'opposto, sul primato della nazione, intesa tanto in senso romantico, come nucleo di valori e di religione, di cultura e di lingua, di costumi e di tradizioni, quanto in senso democratico, come «plebiscito di ogni giorno».
Nell'economia politica di questo modello, la crisi dello Stato-nazione non porta con sé la crisi della nazione (delle nazioni). All'opposto, la crisi dello Stato-nazione riporta la nazione, cioè le nazioni, alla sua vitalità originaria e piena, non soffocata dallo Stato.
La memoria sta infatti all'individuo come la storia sta alle nazioni. Questo è importante sempre tenerlo presente.
Individuo e memoria, storia e nazioni sono, infatti, tutti insieme, parti inscindibili


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di un'unica struttura sociale che, nella nuova geopolitica del mondo, è l'unico possibile antidoto al caos che si sta creando. Per questo la nostra visione politica è radicalmente diversa da quella della sinistra. Perché è una politica di difesa della nazione (delle nazioni), intendendo la nazione come baluardo della civiltà europea.
Nell'economia politica del nostro modello di società, il quantum di immigrazione è dunque funzione della conservazione dello Stato, come macchina politica assoluta. Ma è un quantum che va calcolato essenzialmente in rapporto alla sopravvivenza delle «nazioni». E proprio per questa ragione è un quantum che va calcolato in misura proporzionale alla oggettiva e naturale capacità di assorbimento dell'immigrazione all'interno delle comunità internazionali.
Il nostro è un modello sociale che funziona in base a sette principi essenziali (si tratta di sette proposte, di sette cardini necessari a tenere in piedi questo modello sociale). In base al primo, la frontiera va spostata dall'interno all'esterno; il messaggio che va trasmesso all'esterno non può essere il messaggio di accettazione sostanzialmente incondizionata: infatti, è soprattutto all'esterno e non all'interno che va gestito il fenomeno. Chi mi ha preceduto ha illustrato benissimo questo concetto, facendo riferimento alle propagande che alcuni esponenti della maggioranza fanno, parlando di «guida Michelin dell'immigrazione». In effetti è proprio questo il riferimento giusto al primo cardine del modello sociale che noi proponiamo. Il secondo punto di riferimento è che non basta la repressione ma occorre la prevenzione. La politica dell'immigrazione non può essere casuale ed ex post, deve essere una politica ex ante. È essenziale, da un lato, passare dalla logica della sanatoria a quella della programmazione, dall'altro, alla repressione degli illeciti.
È importantissimo il terzo punto: il diritto di immigrazione non preesiste, si conquista. Questo deve essere chiaro a tutti.
Il quarto punto stabilisce che chi immigra illegalmente deve essere respinto e non può rientrare. Chi tenta di entrare illegalmente in un paese va contro le sue leggi; non possiamo permetterci di ospitare persone che, fin dal momento del loro ingresso, manifestano l'intendimento di non rispettare le regole del paese in cui vorrebbero vivere.
Il quinto punto evidenzia che la chiave di ingresso, in una Repubblica fondata sul lavoro come l'Italia, è appunto il lavoro: può entrare solo chi lavora nella nazione e per la nazione, adempiendo a tutti i doveri, a partire da quello fiscale.
Il sesto punto prevede che i costi dell'immigrazione siano a carico prioritariamente dei beneficiari e non della collettività, regola che, purtroppo, sembra essere normale per la maggioranza che governa questo paese ormai da quasi cinque anni.
Il settimo punto stabilisce che può diventare cittadino solo chi abbia lavorato e pagato le tasse per un congruo numero di anni, senza commettere illeciti.
In questa direzione, le norme che la Lega nord Padania propone come testo alternativo sono avallate da un forte consenso popolare perché abbiamo deciso di coinvolgere i cittadini su questo tema, chiedendo loro di sottoscriverne i contenuti. Il testo nasce, infatti, come proposta di legge di iniziativa popolare, ma le firme sono state raccolte su un testo depositato dagli onorevoli Bossi e Berlusconi. Le norme introducono una profonda riforma dell'intero assetto legislativo in materia di immigrazione.
Cercherò di far capire i contenuti delle norme proposte nella nostra relazione di minoranza e degli emendamenti presentati. In particolare, è opportuno evidenziare che dall'articolo 2 all'articolo 9 si tratta di norme di principio che riguardano sia i paesi interessati dal fenomeno sia il necessario ruolo di pianificazione e di controllo e, soprattutto, la condizione giuridica dell'immigrato nei suoi fondamentali aspetti di diritto-dovere al lavoro,


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della soggezione all'ordinamento fiscale, della prima accoglienza e della successiva integrazione.
Ovviamente, il completo e concreto dettaglio è rinviato ad appositi negoziati con i paesi interessati, per la parte internazionale, e ad un apposito regolamento interno, per quanto riguarda l'attuazione delle norme nel nostro paese.
Nella nostra proposta le norme penali, contenute negli articoli 10, 11 e 12, coerentemente e conseguentemente disciplinano gli strumenti amministrativi e/o penali necessari per garantire, sul piano dei poteri e dei rimedi coattivi, la concreta effettività degli obblighi, dei comandi e dei divieti previsti per legge. In particolare, si prevede l'introduzione di un più rigoroso e completo catalogo delle ipotesi di reato nel contesto di un apparato sanzionatorio realmente deterrente, aspetto che attualmente - dobbiamo dirlo in modo franco - non esiste.
Inoltre, dato che l'immigrazione non è una fatalità ineluttabile, deve essere sostenuto lo sviluppo nei paesi di origine dell'immigrazione. La Lega nord Padania sostiene da moltissimi anni, prima ancora della legge Martelli, che bisogna aiutare gli immigrati a casa loro. Per iniziare questo processo è in specie necessario introdurre la detassazione dei contributi erogati a favore di tutte le iniziative missionarie ed umanitarie, di assistenza, di istruzione - chiamatele come volete -, tanto religiose quanto laiche nei paesi di emigrazione. Ciò per aiutare a costruire in quei paesi uno sviluppo accettabile di condizioni sociali di fondo, base necessaria per lo sviluppo di quei territori che potrebbero benissimo progredire se fossero aiutati in un modo adeguato e non certamente con la cooperazione internazionale che l'Italia fa attualmente.
In conclusione, come si può ben capire da ciò che ho cercato di evidenziare, la contrapposizione su questa tematica è squisitamente politica. Da una parte, vi sono coloro che, tollerando largamente (per non dire incentivando) l'immigrazione clandestina, diventano paladini di questi «poveretti» (lo dico tra virgolette per utilizzare una terminologia tanto cara a chi non sa fare altro che finta ed ipocrita solidarietà); nella sostanza, queste persone si trasformano in sostenitori del diritto all'invasione, dell'apertura indiscriminata delle frontiere e, fatto strettamente collegato, in protettori politici non solo dei clandestini, ma anche delle persone e degli extracomunitari, magari con un regolare permesso di soggiorno ma che non lavorano e che, comunque, per procurarsi soldi e per vivere - sarebbe meglio dire per arricchirsi -, sono soliti dedicarsi ad attività che effettivamente rendono molto, anche se si tratta di ricorrere ai peggiori traffici ed ai peggiori sfruttamenti delle persone. Sono crimini riprovevoli, atti ripugnanti per coloro che, invece, hanno a cuore il buon funzionamento di un sistema, di uno Stato e, soprattutto, il fatto che i cittadini non debbano subire atti compiuti da persone che poi, sostanzialmente, restano impunite.
Dall'altra parte, sull'altro versante, vi sono le forze politiche che operano a fianco dei cittadini (lo possiamo e lo dobbiamo dire), in difesa dei loro interessi, della loro sicurezza, della loro tranquillità e delle loro proprietà; infatti, purtroppo, oggi il cittadino italiano non è più sicuro nemmeno della sua proprietà, considerata la presenza di bande che rubano l'auto e che invadono le case e le abitazioni per sequestrare persone e sottrarre gli oggetti preziosi ivi presenti. A fianco di tali persone, come dicevo, vi sono forze politiche come la nostra, come la Lega nord Padania, che, non essendo mai state complici di certe scelte devastanti, non sono obbligate a chiudere gli occhi, a fingere di non vedere, restando immobili come statue. Al contrario, io ed i miei colleghi non apparteniamo sicuramente ed in modo organico agli arredi dei palazzi della politica; riteniamo naturale essere sempre vigili nell'osservare i problemi e le situazioni vissute quotidianamente dal cittadino comune. Certi atti di matrice criminale, certi timori dei nostri concittadini li sentiamo, li denunciamo, in altre parole ne siamo consapevoli; per tale


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ragione, proponiamo interventi mirati sia alla loro repressione sia alla loro prevenzione.
Non credo vi sia altro da aggiungere: saranno i lavori dell'Assemblea, domani e nelle giornate successive, a far comprendere all'opinione pubblica quali sono le forze politiche che veramente intendono affrontare in modo serio il tema dell'immigrazione in Italia e quali, invece, ritengono ottimale la situazione che oggi noi tutti viviamo (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania e di Forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Maselli, che ha a disposizione 30 minuti. Ne ha facoltà.

DOMENICO MASELLI. Signor Presidente, la legge n. 40 del 1998 è un punto di partenza con il quale dobbiamo fare i conti parlando del provvedimento in esame. Naturalmente, ognuno di noi dà di tale legge visioni diverse a seconda del punto di vista dal quale si pone.
Vorrei dire che quella legge doveva rispondere a tre esigenze, la prima delle quali era rappresentata dalla lotta al traffico di uomini ed alla malavita organizzata. La seconda esigenza, che era totalmente diversa, faceva riferimento al bisogno di manodopera che già allora avvertivamo e che oggi avvertiamo ogni giorno di più. Tale esigenza è stata recentemente quantificata dall'Unioncamere con il numero, forse esagerato, di 200 mila persone.

GUSTAVO SELVA. Purché siano legali!

DOMENICO MASELLI. Sì, sto parlando di legalità!
Il terzo punto - sempre nella legalità - è relativo a questo equilibrio demografico mondiale.
La legge n. 40 ha comportato la seguente conseguenza: tutti gli obiettivi che erano stati prefissati nella legge sono stati rapidamente realizzati. È stato rapidamente predisposto il testo unico, sono stati rapidamente elaborati due e poi tre decreti correttivi, è stata fatta la legge quadro generale per il triennio, sono stati preparati nei tempi dovuti i decreti sui flussi.

GUSTAVO SELVA. Manca solo l'applicazione!

DOMENICO MASELLI. La considerazione che vorrei aggiungere è che purtroppo il regolamento, che è stato predisposto entro i termini, anzi con due giorni di ritardo (perché è «uscito» dal Ministero dell'interno il 2 ottobre del 1998), per una serie di eventi legati alla nostra burocrazia, è stato approvato nel dicembre del 1999 ed ha iniziato ad entrare in funzione nel marzo del 2000. Una legge che non vede attuare immediatamente il relativo regolamento è una legge monca! Questo fatto non è però addebitabile al Governo, ma è stato la conseguenza di una richiesta della nostra Commissione di consentire che i vari pareri fossero espressi uno dopo l'altro (sottolineo che tale richiesta è stata avanzata proprio dall'onorevole Armaroli). I Presidenti del Senato e della Camera l'hanno trovata logica, ma ciò ha comportato tre mesi di tempo per ognuno degli enti che doveva esprimere il parere. Noi siamo arrivati ad esprimerlo a febbraio, ad aprile finalmente è stato emanato il decreto e da aprile fino a novembre lo stesso è stato «trattenuto» dalla Corte dei conti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LORENZO ACQUARONE (ore 20)

DOMENICO MASELLI. Ho richiamato questo aspetto per dire come in realtà noi abbiamo fatto i conti con un regolamento entrato in vigore da poco. Tuttavia, possiamo affermare che la legge, nonostante questo ritardo, ha funzionato. Dal punto di vista degli ingressi regolari, ad esempio, è stato notato recentemente che l'istituto dello sponsor, che creava tanti dubbi, ha funzionato benissimo, perché 15 mila posti sono stati «sistemati» in 60 giorni! E perfino le liste, che sembravano quasi


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impossibili, hanno iniziato a funzionare per l'ottimo lavoro svolto con alcuni dei paesi interessati: l'Albania, la Tunisia, il Marocco, la Romania e la Nigeria.
Senza un lineare funzionamento delle entrate, cioè senza avere una via d'ingresso possibile, regolare e facile, non vi può essere una seria lotta all'ingresso clandestino perché, se non vi è forma di accesso, l'unica porta attraverso la quale anche le persone perbene accedono è quella «clandestina»! Quindi, la prima forma di lotta contro la clandestinità è quella di creare delle vie di accesso regolari! Ritengo pertanto molto importante una delle previsioni contenute nella proposta di legge in esame. Da questo punto di vista, inoltre, si giustifica ed assume un ruolo l'articolo 5 della presente legge.
Poiché vorrei che in questa sede non si dicessero sempre delle stranezze, preciso che il comma 13 dell'articolo 13 (questo numero purtroppo non gli porta buono) del testo unico prevede che, se l'espulso ritorna nel territorio nazionale, sia punito con l'arresto e nuovamente espulso con effetto immediato.

PAOLO ARMAROLI. Chi ha visto l'applicazione dell'arresto?

DOMENICO MASELLI. No, è stato applicato.

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Questo è un problema della magistratura che, fino a prova contraria, è libera!

DOMENICO MASELLI. È una questione che interessa la magistratura; la legge lo prevede ed è stato attuato: sono stati presi dalla polizia!
L'opposizione sostiene che queste norme del testo unico non siano state attuate e chiede l'introduzione del reato di ingresso clandestino e di quello di falsa ed omessa identità.
In realtà, si può sostenere che, a parte le conseguenze del ritardo nell'approvazione del regolamento, già si è cominciato (e si vuole andare avanti) a lottare contro la clandestinità. Vi voglio far notare due cose. In uno dei decreti che sono stati emessi vi è la possibilità per le prostitute (e non solo per loro), se si ribellano e denunciano i loro sfruttatori, di avere un loro permesso di soggiorno regolare e quindi di conseguire una regolarizzazione. Da questo punto di vista avrete notato recentemente che delle prostitute che non avevano denunciato i loro sfruttatori sono state rimandate in Nigeria - è avvenuto questa settimana -, mentre in tanti altri casi ciò ha permesso di mettere le mani su vere e proprie bande di criminali. Questo è un risultato.
Da questo punto di vista, la legge che noi abbiamo di fronte cerca di prevedere le stesse cose quando aumenta le pene per coloro che per fini di sfruttamento della prostituzione agevolano il commercio degli esseri umani.
La legge al nostro esame, nasce da una proposta dell'onorevole Fini ed è stata regolarmente dibattuta in Commissione. Quello era il testo base, ma come tutti i testi base ci sono emendamenti al testo che hanno dato democraticamente questo risultato.

PAOLO ARMAROLI. È stato un «monobattito» in Commissione!

PRESIDENTE. Onorevole Armaroli, per cortesia, siamo in pochi, perché deve disturbare? Lei parla subito dopo.

ROSANNA MORONI. «Monobattito» perché non avevate argomenti.

PAOLO ARMAROLI. Io non disturbo, interrompo!

PRESIDENTE. Lei interrompendo, disturba.

PAOLO ARMAROLI. Lei è un sofista, Presidente!

PRESIDENTE. Adesso non interrompa e poi parlerà.
Prego, onorevole Maselli.


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DOMENICO MASELLI. In realtà, noi abbiamo pensato che, anche se non vi sono nuove fattispecie di reato, l'articolo 1 istituisce un comitato di coordinamento e monitoraggio del testo unico.
Si tratta in realtà di due tipi di comitato: un comitato di ministri, presieduto dal Presidente del Consiglio, e un comitato di esperti, designato dallo stesso Presidente del Consiglio, che attua le decisioni del comitato dei ministri. Questo è importante per impedire che ogni ministero funzioni per conto suo o che ci sia una sola visuale. Da questo punto di vista noi abbiamo preferito questa soluzione a quella che aveva proposto la proposta di legge Fini, cioè la proposta di istituire un ministero dell'immigrazione. In un primo tempo questa mi era sembrata una cosa utile proprio per l'unicità delle decisioni. Però ho visto che ciò avrebbe potuto portare una dicotomia per cui il ministero avrebbe potuto vedere uno solo degli innumerevoli aspetti che questo fenomeno pone. Vi è, ad esempio, l'aspetto dell'immigrazione degli studenti che è importante. La funzione della presenza degli studenti del terzo mondo nel nostro paese è importante: essa comporta la possibilità di poter influire domani sulle classi dirigenti dei loro paesi, e non credo che sia una cosa da poco. Lo ricordo anche per indicare il significato per un ministero che potrebbe sembrare più marginale, quello dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica.
Nell'articolo 2 si accetta l'idea di avere un quadro generale non più ogni tre anni, ma ogni due anni: mi permetto di osservare che la proposta di legge Fontan prevede addirittura un flusso mensile, che a me sembra veramente molto strano, perché non riesco a capire come si possa programmare con questa cadenza. Il comma 2, di fatto, attribuisce anche alla conferenza unificata città-regione il compito di esprimere pareri sui «decreti flussi»: è accettata, fondamentalmente, l'ipotesi della proposta di legge Fini di sentire il parere qualificante delle regioni, delle città e degli enti locali, perché la conferenza unificata città-regione ha proprio questa funzione nel nostro paese.
Come vedete, in tal modo si cerca (anche se poi, forse, non ci riusciamo perché naturalmente non sempre si riescono a perseguire gli obiettivi che si desiderano) di avere una visione d'insieme tenendo presenti le richieste sul piano locale; altrimenti avviene ciò che è accaduto per un «decreto flussi» durante il Governo Dini, quando improvvisamente risultarono 33.360 persone che entravano nel nostro paese, perché precedentemente erano 20 mila ma poi Bolzano ne aveva chieste 13.360 per la raccolta delle mele, per cui ne era risultato il numero di 33.360. È necessario, quindi, che vi sia una mediazione tra le richieste delle città e delle regioni e la visione centrale dello Stato.
In un altro articolo, si pensa ancora ad una ipotesi contenuta nella proposta di legge Fini, cioè alla possibilità che anche lo Stato si possa giovare dell'immigrazione per i lavori pubblici, aprendo ad una possibilità di questo genere. La maggioranza ha accettato tale proposta, che si è trovata interessante. Il coordinamento non riguarda soltanto i flussi, poiché viene previsto anche un coordinamento alle frontiere marittime: da tale punto di vista, vorrei notare che per molto tempo in Italia si è fatto riferimento a Pantelleria e Lampedusa come centri di arrivo dell'immigrazione maghrebina mentre oggi credo di non sbagliare se affermo che da almeno quattro mesi non se ne parla più. Certamente, ci si porrà il problema della frontiera terrestre ma, quando sento dire qui che quella di Ventimiglia è tra le frontiere terrestri che dobbiamo controllare, mi chiedo se si tratti della frontiera con un paese dell'Unione europea. Il caso di Ventimiglia prova che il problema dei clandestini si pone anche nella nostra vicina Francia: è il caso dei famosi sans papiers; vorrei ricordarvi che, addirittura, qualche anno fa vi fu una protesta della Camera francese quando fermammo i sans papiers che entravano a Bardonecchia. Anche per la frontiera austriaca, se


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vi sono persone che vanno dall'Italia all'Austria, vi sono anche persone che vanno dall'Austria all'Italia.
In proposito, vorrei notare che proprio questa Camera, pochi giorni fa, ha approvato un nuovo provvedimento sul reato di transito clandestino dall'Italia ad altri paesi.
Ritengo anche molto importante l'articolo 8, che favorisce l'identificazione del clandestino, anche se non si tratta di una novità. Come l'onorevole Armaroli ricorderà, durante la discussione della legge n. 40 abbiamo dovuto accantonare un emendamento a firma Contento, riferito ai primi articoli, rinviandone l'esame fino all'ultimo articolo per poter avere i 10 miliardi per l'identificazione. Il nostro presidente si rifiutò di giungere alla discussione in Assemblea senza che il bilancio avesse previsto i suddetti miliardi. L'identificazione di chi è senza alcuna identità è stata una preoccupazione sempre presente.

PAOLO ARMAROLI. Avete scontentato anche Contento! Non avete cuore.

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Era contentissimo quando lavorava con noi!

DOMENICO MASELLI. Era contentissimo. Naturalmente l'articolo 11 è teso ad evitare il lavoro nero inasprendo le pene per i datori di lavoro. Tuttavia, esse possono essere davvero applicate se il flusso degli immigrati è regolare, se esiste una possibilità di ingresso normale. Diversamente, tutte le misure repressive diventeranno inutili perché, come la muraglia cinese, non riusciranno a fermare nessuno. Credo sia necessario coniugare la sicurezza pubblica con l'interscambio e con il bisogno di manodopera dall'esterno, ma vorrei davvero che ciò potesse accadere nelle migliori condizioni possibili. Credo che, nonostante tutto, il testo che abbiamo di fronte ci faccia compiere un passo in questa direzione (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Armaroli. Ne ha facoltà.

PAOLO ARMAROLI. Signor Presidente, si dice che la fortuna aiuta gli audaci; voi, signori della maggioranza, non mi rivolgo alla valorosa sottosegretario Li Calzi, perché più che un sottosegretario mi sembra una centralinista, dal momento che da quando è iniziata la discussione, per ragioni di ufficio, di alto ufficio, non lo metto in dubbio...

ROSANNA MORONI. Ma come ti permetti, Armaroli?

MARIANNA LI CALZI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Perché dovrei essere al mio ministero e non qui.

PAOLO ARMAROLI. ...voi, signori della maggioranza siete conservatori incalliti e quindi non siete baciati dalla fortuna. Tanto meno oggi perché il dibattito, finalmente un dibattito e non un monobattito, quale quello che si è svolto in Commissione ma ci tornerò in seguito - inizia con due uova di giornata sui quotidiani nazionali. Il primo, e mi riferisco al dotto intervento dell'onorevole Maselli, che illustrava le meraviglie della legge Turco-Napolitano, c'è la notizia di un albanese alla guida si una BMW che ha ammazzato un bambino alla periferia di Roma. Non lo ha soccorso ed è stato preso, condannato con patteggiamento a due anni e, dopo otto mesi, è fuori; ha chiesto la patente e, già che c'era, ha chiesto anche la cittadinanza.

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. In base a quale articolo della legge Turco-Napolitano?

ROSANNA MORONI. Ad un italiano che cosa succede in questi casi?

PAOLO ARMAROLI. Onorevole Moroni, la sua interruzione, che è gradita, estremamente gradita come tutte le interruzioni...

PRESIDENTE. Meno gradite al banco della Presidenza.


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PAOLO ARMAROLI. ...si dovrà accontentare, signor Presidente, una bella camomilla fa bene a tutti... Dicevo che l'interruzione è particolarmente gradita perché, se ho capito bene, l'onorevole Moroni è sfortunata, non è nata con la camicia, perché proprio oggi un principe del foro, quale l'avvocato Coppi, sui giornali sostiene che il ritiro della patente è un provvedimento previsto in funzione della pericolosità del soggetto.
Ma c'è di più: il sostituto procuratore generale Margherita Gerunda si domanda se per poter guidare occorre la buona condotta; io indagherei per capire come mai un uomo che non ha un lavoro fisso giri sempre su auto di grossa cilindrata. Ed anche il procedimento a carico di Panajot, l'albanese criminale, per sfruttamento della prostituzione dovrebbe essere preso in considerazione.
Signor presidente Jervolino, lei che è stata ministro dell'interno mi dovrà spiegare come mai, sia pur avendo sposato un'italiana, questo signore ha fatto soltanto otto mesi di galera per sfruttamento della prostituzione - è uno schiavista - ed oggi è a piede libero, chiede la patente e chiede addirittura la cittadinanza italiana.

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Stiamo parlando della legge Turco-Napolitano. In base a quale articolo?

PAOLO ARMAROLI. Siccome l'onorevole Maselli parlava delle meraviglie della Turco-Napolitano, anche in relazione allo sfruttamento della prostituzione...

DOMENICO MASELLI. Non ho parlato!

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Cerchiamo di non strumentalizzare i drammi!

PAOLO ARMAROLI. ...risulta dal resoconto stenografico. Ecco le meraviglie della legge Turco-Napolitano.

ROSANNA MORONI. Che non c'entrano niente con la legge Turco-Napolitano.

PAOLO ARMAROLI. Ma siccome siete particolarmente sfortunati, vi è un'altra notizia riportata su Il Sole 24 Ore, in un paginone intero, in cui il responsabile della sicurezza a livello comunitario dice che presto sarà approvato un provvedimento unitario e solidale che dovrà essere caratterizzato anche da un contrasto risoluto a tutte le forme di criminalità che sono direttamente o indirettamente legate ai flussi clandestini: mano pesante per i clandestini, massimo di integrazione per i regolari in perfetto rapporto con il codice penale.
Così non è, perché, grazie a ben due sanatorie, evidentemente le forze preposte all'ordine pubblico non hanno potuto valutare caso per caso come questa gente si mantenesse e, come io avevo detto durante la discussione della legge Turco-Napolitano, lo schiavismo è stato introdotto in Italia. Mi pare che non si sia nemmeno dato ascolto alla voce del Capo dello Stato che pressappoco diceva le stesse cose.

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Il Capo dello Stato è una persona seria.

PAOLO ARMAROLI. Quindi, dopo un anno e mezzo dalla presentazione della proposta di legge Fini e dalle proposte dell'opposizione, l'Unione europea va nella direzione indicata in quelle proposte di legge. Qui va smascherato un falso.

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Ha mai letto le conclusioni di Tampere?

PAOLO ARMAROLI. Il falso mi pare sia stato detto, o almeno arrangiato, dal relatore per la maggioranza, onorevole Sinisi, quando ha affermato - traduco in linguaggio materno - che tutto andava per il meglio in Commissione, quando quel «cattivaccio» di Armaroli, evidentemente


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avendo preso un caffè di più, ha disabbinato la proposta di legge Fini dalle altre, fra l'altro facendo un dispetto a tutte le altre forze di opposizione che avevano presentato proposte analoghe, e non si è potuto arrivare ad un accomodamento tra maggioranza e opposizione.
Ebbene, onorevole Sinisi, io misuro le parole e ho grande rispetto di lei, ma questo è uno smaccato falso per il semplice fatto che...

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Come?

PAOLO ARMAROLI. ...in Commissione si è andati avanti per un anno e mezzo e in questo periodo ha parlato soltanto l'opposizione e, incalzata da noi della Casa delle libertà, soltanto nelle ultime sedute si è ascoltata la voce della maggioranza...

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Onorevole Armaroli, l'ha chiesto o no il disabbinamento?

PAOLO ARMAROLI. ...che ha farfugliato qualcosa e basta. Questo è agli atti! Presidente Jervolino, lei ha buona memoria e sa benissimo come sono andate le cose.

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Per fortuna ci sono gli atti parlamentari.

PAOLO ARMAROLI. La maggioranza non ha parlato per mesi e mesi, per un anno e mezzo, e poi, facendo seguire alle parole i fatti, ha presentato tutta una serie di emendamenti soppressivi. A questo punto, però, è stata presa da un soprassalto nel timore di fare una frittata e si è detta fra sé e sé: se presento una serie di emendamenti soppressivi, è evidente che non esiste il problema della immigrazione clandestina. Così in quattro e quattro otto, con l'acqua alla gola nelle ultime ore ha predisposto un testo.
L'onorevole Sinisi, che ha illustrato questo testo, mi è sembrato un po' come lo smemorato di Collegno (Bruneri-Canella) o forse è innamorato perché non si ricorda come sia nato questo testo della maggioranza. Glielo ricordo io, onorevole Sinisi: il piatto forte di questo testo della maggioranza è composto da un primo articolo che riprende pari pari una disposizione normativa, che già c'è...

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. L'ha detto!

PAOLO ARMAROLI. ...e da alcuni articoli presi pari pari dal testo Fini, copiati parola per parola, soggetto, verbo, complemento oggetto, virgole e quant'altro!

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Non copiati, riconosciuti validi, che è cosa diversa!

PAOLO ARMAROLI. Questa è la verità! Siccome mi piace motivare il mio dire, ricordo che le parti copiate di sana pianta riguardano l'articolo 4 del testo di maggioranza, relativo al potenziamento ed al coordinamento dei controlli di frontiera, l'articolo 5, anch'esso parzialmente ispirato al testo Fini, e l'articolo 8, identico al secondo comma dell'articolo 11 del testo presentato dalla Casa delle libertà.
L'aspetto più incredibile relativamente al quale la maggioranza si è tirata la zappa sui piedi - pare per ispirazione dell'onorevole Moroni - riguarda la soppressione dell'ultimo articolo del progetto di legge Fini. Ricordo che nei confronti di questo testo tutti i componenti della Casa delle libertà hanno lavorato nelle ultime settimane in maniera proficua per apportare gli opportuni miglioramenti. Ringrazio i colleghi per il loro lavoro perché il testo Fini è stato migliorato. Però, come dicevo, è stato soppresso l'articolo 21 relativo all'entrata in vigore della legge: «La presente legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale». Così la vacatio legis sarà di quindici giorni. Si tratta di un'autorete perché la maggioranza dice all'opinione pubblica che la sua proposta è talmente minimale


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che non occorrono trenta giorni per far sì che gli organi preposti all'ordine pubblico si adeguino alla nuova legge. Voi stessi dite che, nonostante la copiatura che avete fatto, come i somari, del lavoro del primo della classe...

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Onorevole Armaroli, sia almeno educato!

PAOLO ARMAROLI. ...voi stessi dite che questa è acqua fresca, che questa è una lisca del pesce presentatovi dalla Casa delle libertà!

MARIANNA LI CALZI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Dovrebbe richiamarlo il Presidente!

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Lo so!

PAOLO ARMAROLI. Siccome la carne fa male, forse avete sbagliato a togliere il pesce e a rimanere con una lisca che vi finirà probabilmente in gola e vi farà male perché non è questo un modo di agire.
A questo punto un simpatico collega della maggioranza (alludo all'onorevole Soda) si è domandato perché mai la Casa delle libertà, che pure presenta un testo unitario perché, come ho detto, sulla proposta di legge Fini sono state innestate modifiche grazie al contributo dell'onorevole Landi di Chiavenna e di tutti i capigruppo dell'opposizione, ci siano quattro relatori di minoranza.

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. È una e quadrupla!

PAOLO ARMAROLI. Il fatto è presto detto. Il presidente Selva aveva inviato una lettera al Presidente Violante chiedendo, ai sensi dell'articolo 24, comma 12, del regolamento, che fossero ampliati i tempi della discussione, cioè che non vi fosse il contingentamento dei tempi per la prima iscrizione in calendario, al fine di consentire una congrua discussione. Tutti sanno che le novità regolamentari sono state applicate centinaia di volte ma, guarda caso, la disposizione prevista dall'articolo 24, comma 12, è - diciamo così - «vergine». Se quella disposizione si manterrà ancora «vergine» nei prossimi mesi, la inviterò al ballo delle diciottenni: infatti, sembra che non sia stata mai applicata o, meglio, il Presidente Violante ci ha detto che la proposta di legge in esame non riguarda questioni di eccezionale rilevanza politica, sociale o economica. Ne abbiamo preso doverosamente atto e abbiamo chiesto, nella Conferenza dei presidenti di gruppo, un congruo termine che non ci è stato concesso: pertanto, in appena 10 ore e mezza, la proposta di legge in esame sarà licenziata o respinta in toto, nonostante i quattro testi alternativi. Di fronte a tutto ciò, il gruppo di Alleanza nazionale avrà a disposizione soltanto 48 minuti da domani in poi. L'abbiamo chiesto in Commissione e in aula, ma da domani in poi avremo soltanto 48 minuti di tempo a disposizione.
Mi sembrava doveroso, dunque, per dare maggiore forza espressiva a tutta la Casa delle libertà, che non vi fosse un solo relatore di minoranza (ovvero l'onorevole Landi di Chiavenna, che ancora ringrazio per le sue fatiche), ma che vi fossero anche colleghi delle altre componenti della Casa delle libertà; ciò - lo ribadisco - per dare maggiore forza al testo di iniziativa dell'onorevole Landi di Chiavenna che rimane il testo della Casa delle libertà.
Vi è un'altra ragione: continuiamo l'«offensiva di pace» nei confronti della maggioranza (come ha detto molto bene l'onorevole Gasparri), dichiarandoci pronti ad accogliere una serie di proposte, si tratti della proposta più mite o di quella più severa; l'importante è che la maggioranza risponda alle nostre richieste, visto che finora è stata colpevolmente sorda.
D'altra parte, non è un caso che le proposte di legge presentate in Commissione siano tutte - ripeto, tutte - di iniziativa dell'opposizione, salvo una dell'onorevole Gardiol. Ricordo che vi è stata anche la proposta di legge di iniziativa


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dell'onorevole Pisapia, che è un illustre giurista ma che ha compiuto un errore che era già stato commesso dal Governo e dalla sua maggioranza, all'inizio della legislatura: concedere con legge ordinaria il voto agli extracomunitari, sia pure per le elezioni amministrative, quando l'articolo 48 della Costituzione - come ben sa l'onorevole Bassanini, che nella precedente legislatura aveva presentato una proposta di legge costituzionale - stabilisce che solo i cittadini italiani hanno diritto di voto. Sono questi, dunque, gli autogol del centrosinistra, che arriva fino a Rifondazione comunista, quando può! Sono queste le cose davvero incredibili che accadono nel nostro Parlamento, prima in Commissione e poi in aula!
Signor Presidente, mi auguro che questa offensiva di pace...

ROSANNA MORONI. Ma quale?

PAOLO ARMAROLI. ...faccia breccia presso di voi, altrimenti dovremmo concludere che per voi l'immigrazione clandestina non è un problema. Noi di Alleanza nazionale siamo memori che il popolo italiano ha dato grande sviluppo all'emigrazione tra la fine del secolo scorso e l'inizio di quello attuale, pertanto, comprendiamo i drammi dell'immigrazione. Tuttavia, dobbiamo muoverci nella direzione chiesta dalla Casa delle libertà che, ancora una volta, si può tradurre in poche parole. La Casa delle libertà è unanime nel reclamare alcuni interventi urgenti: un'anagrafe ove far confluire dati anagrafici e rilievi fotosegnaletici e dattiloscopici; un'anagrafe tributaria per stroncare il mercato del lavoro parallelo; certificati di buona salute per impedire il diffondersi di pericolose malattie infettive...

ROSANNA MORONI. Si ammalano qui da noi, per le esclusioni sociali che subiscono!

PAOLO ARMAROLI ...il reato di ingresso clandestino; mai più una lira - questo è un nostro Leitmotiv, ripetuto molte volte, ma invano - a quei paesi extracomunitari che non si oppongono con energia al traffico dei clandestini; provvedimenti di espulsione davvero esecutivi; flussi di ingresso mirati alle effettive esigenze della nostra economia; revoca del permesso di soggiorno a chi realizza o commercia prodotti contraffatti.
In parallelo, però, la Casa delle libertà è altresì unanime nel prevedere norme volte all'integrazione degli stranieri regolari che sono in Italia per svolgere un onesto lavoro e che ormai sono i primi ad invocare la mano pesante nei confronti di chi, violando le nostre leggi, li mette in cattiva luce. Questa è la pura e santa verità. Se un domani arriveremo al voto agli stranieri per le amministrative, rideremo nel vedere quanti voti andranno al centrosinistra e quanti invece al centrodestra. Voi avete creato una massa di diseredati - lo diceva poc'anzi l'onorevole Gasparri - che sono in Italia, non fanno niente e quindi molto spesso sono dediti alla delinquenza.

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. E quindi voteranno centrodestra!

PAOLO ARMAROLI. Voi e solo voi avete introdotto lo schiavismo in Italia. Vergogna (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.

ROSANNA MORONI. Signor Presidente, intervenire dopo l'onorevole Armaroli mi crea sempre qualche difficoltà: non so ancora, però, se mi lascia afasica o se mi stimola interventi che non sarebbero di buon gusto, in questa sede. Io sono toscana, quindi il mio linguaggio a volte rischia di essere incontrollato: cercherò di moderarmi.
Io credo che ogni legge sia perfettibile alla luce delle verifiche fatte in sede di concreta attuazione e sono certa che


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anche riguardo alla legge Turco-Napolitano nessuno di coloro che hanno lavorato alla sua stesura pensi di aver prodotto una legge non migliorabile. Anche alcune richieste del mio gruppo non sono state accolte, all'epoca, e su quelle materie abbiamo mantenuto posizioni critiche (come ad esempio rispetto ai ricorsi non sospensivi del provvedimento di espulsione), ma siamo anche consapevoli del fatto che la legge è il frutto di una mediazione tra punti di vista dissimili e che non era possibile raggiungere tutti gli obiettivi auspicati. Analogamente, conoscevamo e conosciamo bene la complessità di questa materia e la difficoltà di rispondere completamente alle varie esigenze, a volte anche contraddittorie, che il fenomeno presenta.
Nonostante ciò, con la legge n. 40 del 1998 abbiamo cercato di coniugare nei fatti i principi dell'accoglienza, della pari dignità di tutti gli esseri umani, della solidarietà verso quanti tentano di sfuggire ad un'esistenza disperata, con la necessità di punire invece coloro che di questa dolente umanità si fanno sfruttatori o, peggio, veri e propri aguzzini, e di dare doverosa risposta, senza demagogia ed opportunismi, alle preoccupazioni, alle insicurezze di una parte di cittadini.
A proposito di queste paure, debbo e voglio, però, precisare alcuni aspetti: un conto è tentare di rassicurare quella parte di popolazione, che spesso è anche la più bisognosa, condizionata da informazioni distorte diffuse da nostri media e preoccupata, a torto o a ragione, che gli stranieri in arrivo possano rappresentare dei concorrenti nei bisogni fondamentali, come la casa o il lavoro; un conto è rispondere alle legittime richieste di quanti si sono trovati di fronte agli aspetti più deteriori del fenomeno migratorio, quelli connessi a comportamenti criminosi; altro conto - e lo dico con grande convinzione - è subire un senso comune deteriore generato dall'ignoranza del fenomeno e strumentalmente acuito da pezzi della politica e delle istituzioni - di cui anche questa sera abbiamo avuto qui esempi significativi - che hanno come prevalente interesse non il benessere della persona, italiana o straniera che sia, ma la propria conferma personale, tanto più facile da ottenere quando si cavalcano, appunto, temi tanto complessi da apparire ad alcuni incomprensibili o irrisolvibili.
Credo che legge n. 40 del 1998, pur con i limiti che le riconosco, abbia anche il grande merito di provare ad affrontare una questione così delicata e problematica in modo complessivamente equo e razionale. Essa si propone, infatti, di eliminare quelle condizioni che, determinando il ricorso all'immigrazione clandestina, non solo sollecitano paure negli italiani, ma creano anche agli stranieri grandissime difficoltà di regolarizzazione e di inserimento sociale. Un limite sta semmai nel fatto che non abbia potuto esplicare tutti i suoi effetti per una serie di ritardi in sede di attuazione, come ha ricordato correttamente il collega Maselli. Questo rende prematura una valutazione complessiva sulla sua concreta efficacia, anche se a me sembra che abbiamo già potuto cogliere alcuni positivi risultati.
Un aspetto significativo di questa legge è indubbiamente la previsione di strumenti che consentano l'integrazione e la concreta fruibilità di diritti come la salute, lo studio, la casa. Sono scelte che naturalmente condivido, ma che ritengo, in un certo senso, dovute da parte di uno Stato democraticamente e socialmente avanzato.
Quello che giudico ancora più apprezzabile, più innovativo e, per certi versi, coraggioso, viste le grida che vengono dai settori più beceri e scomposti della destra, è la possibilità di entrare in Italia per la ricerca di lavoro. Questa previsione comporta in concreto la disponibilità di vie di ingresso regolari, canali che prima la nostra legislazione non consentiva e che obbligavano, nei fatti, alla clandestinità; si tratta di canali che potranno permettere di ridurre gli ingressi clandestini e di isolare la criminalità.
La consapevolezza delle cause prime del fenomeno migratorio - le guerre, i fondamentalismi, la fame, la miseria, le violazioni dei diritti umani - e dell'inadeguatezza delle politiche di cooperazione


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messe in atto dai paesi occidentali obbliga i paesi ricchi come il nostro all'accoglienza. Ciò non significa accoglienza indiscriminata ed irresponsabile, ma governo di un fenomeno strutturale che sarà sempre più massiccio, permanendo gli squilibri economici e sociali tra paesi ricchi e paesi poveri e l'ingiusta ripartizione di ricchezze e opportunità sul pianeta. Una situazione così difficile rende inaccettabili le molte e facili speculazioni di parte, che sono ancora più indegne se si pensa che in massima parte si tratta di esseri umani sofferenti e che il nostro paese, non molti anni fa, ha distribuito in tutto il globo centinaia di migliaia, anzi, milioni di disgraziati e diseredati, male accolti e giudicati pregiudizialmente pericolosi e indesiderati, esattamente come quelli che ora cercano da noi una speranza per il futuro.
Dovrebbero bastare questo ricordo e la consapevolezza che le rimesse di quegli italiani hanno salvato, oltre alle molte famiglie di origine, la nostra economia, per disporci con animo più sensibile nei confronti di donne, uomini e bambini che giungono qui, a volte a rischio della stessa vita, e comunque pagando prezzi altissimi, non solo economici, con la speranza di avere una dignità, un'esistenza decorosa, un futuro sereno; uomini, donne e bambini che rappresentano anche una grande occasione di scambio e di crescita culturale e sociale oltre che un contributo allo sviluppo del nostro mercato del lavoro, della nostra economia e, non ultimo, alla tenuta del nostro sistema previdenziale.
Nella proposta di legge Fini, come in altre proposte di legge presentate dal centrodestra, non vedo traccia di queste considerazioni per certi versi elementari; trovo invece un approccio insieme egoista e politicamente ottuso, perché, da un lato, sembra ignorare che i bisogni, che sono alla radice delle migrazioni, sono un movente coercitivo e, dall'altro, propone di tornare a politiche di carattere repressivo che hanno ampiamente dimostrato, oltre ad una sostanziale iniquità di fondo, anche una totale inefficacia, alla prova dei fatti, non solo da noi, ma anche in paesi come la Germania e gli Stati Uniti d'America.
Il sospetto che il tema serva soprattutto a conquistare consensi non riduce in alcun modo, anzi per certi versi aggrava, le responsabilità di alcuni esponenti della Casa delle libertà nel momento in cui propagandano false equivalenze fra immigrati e crimine, perché tale propaganda alimenta sentimenti di rifiuto e di intolleranza, di paura e di odio, anziché rendere più facile la comprensione e la ricerca di soluzioni eque ed equilibrate.
Tutto il testo, anche se presentato con i toni garbati e moderati della relazione, è ingiustamente impietoso e punitivo, da una parte, e inutile, dall'altra. È inaccettabile l'idea che emerge dall'intera proposta di un trattamento diverso tra italiani ed immigrati riguardo ai diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione e da altre carte nazionali ed internazionali. Ci sono diritti inalienabili che devono essere riconosciuti a tutti gli esseri umani. Inquietante nel primo testo presentato era poi la preoccupazione «di evitare squilibri di concentrazione» monoetnica nei comuni: solo la parola concentrazione usata a proposito di razza evocava tragici e dolorosi ricordi. Può essersi trattato di un uso infelice della lingua, di un utilizzo improprio ed involontario, ma anche se la nuova formulazione è più corretta politicamente, a me sembra che il succo resti il medesimo e che la tesi sia contraria a ogni principio di rispetto umano e ad ogni regola di convivenza civile.
L'altro aspetto ampiamente pubblicizzato riguarda l'introduzione del reato penale per l'ingresso clandestino. In un generale contesto di depenalizzazione dei reati minori trovo sinceramente sproporzionato alle vicende reali dei destinatari della norma, che si pensi di infierire ancora, trattandosi di individui già pesantemente provati dalla vita. E poi a che pro? Quali sarebbero i benefici conseguenti alla sostituzione di sanzioni amministrative con sanzioni penali? Certamente tra gli immigrati vi sono anche dei delinquenti, così come tra gli italiani, ma


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le norme vigenti prevedono già apposite sanzioni e anche con la legge n. 40 abbiamo introdotto pene per specifiche violazioni della legge stessa.
Nel reato di immigrazione clandestina vedo solo l'effetto di colpevolizzare e criminalizzare ancor più persone già gravate da preoccupazioni non indifferenti e responsabili solo della disperata ricerca di prospettive di vita decenti. Speravo che la preoccupazione espressa dalla CEI avesse temperato gli eccessi punitivi di AN in direzione di una maggiore carità cristiana; forse avranno invece risultati migliori le preoccupazioni della Lega di non aumentare troppo le spese giudiziarie con l'introduzione del reato di immigrazione clandestina. Mi sembra che l'ultimo elenco fattoci da Armaroli confermi questa mia tesi perché non vedo più - e lo colgo con piacere - tale richiesta.
A proposito della proposta leghista, ho letto con grande attenzione sia la relazione che il testo alternativo. Nonostante l'abbondanza di termini forbiti, l'autore dei testi non solo fa un uso improprio e spregiudicato di riferimenti storici, politici e culturali, ma palesa un'assoluta superficialità e approssimazione, una totale incomprensione della complessità e della strutturalità ormai generalmente riconosciuta del fenomeno immigrazione.
Tralascio - mia nonna avrebbe detto: per pietà - le farneticazioni sulle nazioni. Farneticazioni che dovrebbero preoccupare non poco gli alleati moderati o sedicenti tali di questa compagine che ancora una volta dimostra di essere un pericoloso concentrato di xenofobia, intolleranza e separatismo. L'unico sorprendente aspetto positivo, forse involontariamente sfuggito all'estensore, è la previsione del gratuito patrocinio e dell'assistenza da parte di un difensore d'ufficio in caso di necessità. Sono commossa da tanta magnanimità.
Al di là comunque delle valutazioni etiche e politiche, questa proposta non ha nemmeno il merito di essere funzionale allo scopo dichiarato di eliminare o limitare le immigrazioni clandestine, figuriamoci poi quello di avviare una seria programmazione degli ingressi. Simili fattispecie normative avrebbero come unico effetto certo, riducendo o sopprimendo la possibilità di ingressi legali, quello di incentivare il ricorso alla clandestinità, visto come è ormai ben noto la fuga dalle guerre e dalla fame è molto più coercitiva di ogni legislazione di carattere repressivo.
La proposta Giovanardi supera incredibilmente in ferocia perfino quella della Lega; infatti essa prevede l'uso delle armi ogni qualvolta chi tenta di passare clandestinamente una frontiera non rispetti l'intimazione all'alt. Il collega - bontà sua - preferisce comunque che ciò avvenga dopo lo sbarco, il che ci tranquillizza, mi consenta l'ironia!
I leghisti, invece, limitano l'intervento armato alle situazioni previste dall'articolo 53 del codice penale, ai tentativi intrapresi per via mare e al momento del ritorno quando a bordo sono presenti solo i responsabili del traffico di persone. Premesso che l'idea mi sembra comunque inaccettabile e pericolosa, vorrei osservare: e se i trafficanti, visto che hanno ampiamente dimostrato il loro disinteresse per le vite umane che trasportano, decidessero di tenersi un ostaggio?

CARLO GIOVANARDI, Relatore di minoranza. C'è il sequestro di persona, un reato che va trattato come tale!

ROSANNA MORONI. In sintesi, nelle contraddittorie proposte alternative dell'opposizione, l'unico elemento edificante è una inutile quanto crudele voglia di discriminare, una cattiveria gratuita, un desiderio di infierire persino incomprensibili. Come si spiegano altrimenti - mi riferisco di nuovo alla proposta Fini - i limiti numerici posti ai permessi di soggiorno per motivi di protezione sociale? Il divieto di ricongiungimento con i figli minori non a carico, con i figli del coniuge, con i genitori a carico? Forse sono questi legami affettivi che possono essere ignorati? Forse si pensa che il sacrosanto diritto all'unità familiare in questi casi decada? Come si spiega il divieto di rientro alle persone sottoposte a


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procedimento penale, in contrasto con il diritto inviolabile alla difesa sancito per tutti dall'articolo 24 della Costituzione? Oppure la reclusione fino a quattro anni per chi rifiuta di dare informazioni sulle proprie qualità personali? Mi chiedo anche quali siano queste qualità personali e se debbano interessare le forze dell'ordine o se, anche in questo caso, non si vogliano tormentare senza motivo dei poveri diavoli in un eccesso di giustizialismo che sparisce miracolosamente solo quando si tratta di illustri alleati politici.
Sono tutti questi aspetti che hanno portato la Commissione a modificare in modo sostanziale legittimo, in modo legittimo nella piena osservanza della Costituzione, delle leggi e del regolamento della Camera il testo predisposto dall'onorevole Landi di Chiavenna. Sono assolutamente infondati i rilievi del collega Armaroli, quando sostiene che, nel momento in cui un testo viene cambiato, il provvedimento non è più ascrivibile al gruppo promotore in termini di tempi dei lavori in Assemblea. Pretendere che la Commissione e l'Assemblea debbano porsi limiti nella propria libertà di trattare e di modificare provvedimenti mi sembra, infatti, l'esatta negazione dei compiti riconosciuti a tali soggetti in termini di confronto democratico. Comunque, questa è solo un'osservazione marginale di scarsissimo rilievo, benché il collega Armaroli ce la riproponga continuamente in modo estenuante.
Tornando al merito, i voti espressi in Commissione hanno prodotto un testo che, salvaguardando e confermando la filosofia e gli obiettivi del testo unico sull'immigrazione, cerca di apportare modifiche migliorative, alcune delle quali avanzate dalla stessa opposizione, a dimostrazione che le decisioni assunte non conseguono per niente a ragioni di appartenenza politica. In particolare, valuto positivamente la convalida del provvedimento di espulsione da parte del pretore, in modo da rendere effettivo il ricorso; la possibilità di convertire un permesso di soggiorno rilasciato ad altro titolo, in presenza di una richiesta di autorizzazione al lavoro, ai sensi dell'articolo 23; la previsione di sanzioni nei confronti di chi favorisce la permanenza, considerato che il favoreggiamento dell'ingresso dello straniero è già previsto, ma è difficilmente dimostrabile in concreto, a fini di prostituzione; le aggravanti disposte per i datori di lavoro che, imponendo rapporti di dipendenza al nero, negano o riducono i diritti dei lavoratori stranieri, li rendono ingiustamente competitivi e, quindi, invisi ai lavoratori italiani.
Il nostro gruppo ha presentato, inoltre, due emendamenti che ritengo particolarmente importanti. Il primo contempla la possibilità di istituire le liste di prenotazione previste dal quarto comma dell'articolo 23 del testo unico presso il Ministero del lavoro. Un limite che abbiamo riscontrato nell'attuazione della legge è, infatti, la difficoltà e la lunghezza dei tempi per l'istituzione delle liste nelle nostre rappresentanze diplomatiche. D'altronde, l'efficacia della previsione è connessa alla sua rapida attuazione, considerato che, altrimenti, continuerebbero a mancare possibilità di ingresso regolare.
La nostra proposta serve, quindi, a far entrare in funzione - tra l'altro, con minori costi per lo Stato - un istituto fondamentale come deterrente alla clandestinità e come filtro che consenta di distinguere i lavoratori stranieri da chi viene con altri scopi. Un altro emendamento al quale attribuiamo caratteristiche di buon senso e di realismo è quello che stabilisce la discrezionalità del prefetto nel comminare un provvedimento di espulsione. In certi casi, il prefetto può constatare elementi che rendono assurda l'espulsione e preferibile l'intimazione a lasciare il territorio italiano. Questa possibilità, che a differenza dell'altra non prevede il divieto di reingresso per cinque anni, è anche un incentivo per lo straniero ad andarsene spontaneamente perché gli consente la speranza di un rientro regolare in tempi relativamente brevi, soprattutto nel caso in cui abbia conosciuto qualcuno disponibile ad attivare la chiamata nominativa. Una simile previsione lascia al prefetto la possibilità di valutare


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liberamente la scelta più opportuna sulla base di elementi oggettivi, senza nulla togliere all'aspetto della sicurezza.
Vi è un'ultima considerazione che vorrei fare. Il collega Garra in Commissione ci diceva di tenere presenti gli umori di una parte della popolazione. Personalmente, credo che la politica debba avere sì rispetto della pubblica opinione, ma questo non significa subire reazioni allarmistiche, a volte giustificate, ma spesso istintive e irrazionali. Credo che una politica e istituzioni serie debbano informare i cittadini delle cause e degli aspetti reali di un problema, debbano fornire loro gli strumenti utili a vanificare i cosiddetti umori peggiori, debbano proporre risposte ragionevoli e civili, non dettate dall'emotività che il cittadino si può anche permettere, ma lo Stato no (Applausi dei deputati dei gruppi Comunista, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e dei Popolari e democratici-l'Ulivo)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Franz. Ne ha facoltà.

DANIELE FRANZ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli membri del Governo, per la verità sono abbastanza perplesso, lo confesso: difficilmente riesco a comprendere da quale parte della nostra adorabile nazione provengano alcuni colleghi...

ROSANNA MORONI. Da quella più civile!

DANIELE FRANZ. ...e come si faccia, tendenzialmente, al pari del relatore per la maggioranza, collega che personalmente stimo molto, a definire la Turco-Napolitano una legge che, seppure in vigore da poco tempo, avrebbe già garantito ottimi risultati.
Credo che, senza necessariamente dover sposare toni polemici che difficilmente mi appartengono, possiamo parlare tranquillamente di inadeguatezza, al contrario di ciò che pensano l'onorevole Sinisi e - credo - molti altri colleghi della maggioranza, che con toni enfatici si sono espressi in favore della legge citata. Essa è inadeguata sia nei confronti degli extracomunitari che cercano di entrare legalmente nella nostra nazione (i cosiddetti regolari), sia nei riguardi degli extracomunitari che scelgono - comunque di scelta si tratta - una via che tanto legale non appare (probabilmente non verrà introdotto il reato di immigrazione clandestina, ma comunque non si tratta di un ingresso legale). Soprattutto, si può parlare di inadeguatezza relativamente al fronte della prevenzione.
Il collega Giovanardi mi ha preceduto in una visita, che ho riscontrato essere «terribile», presso il confine di Gorizia detto Casa rossa. Se il collega Sinisi ed il ministro Bianco avessero fatto lo stesso giro che ho fatto io, alzandomi molto presto la mattina (circa alle 5) per vedere de visu il flusso continuo di immigrati clandestini; se avessero visto - come ho fatto io, il collega Giovanardi e, ancora prima, due colleghi della Lega nord Padania (gli onorevoli Bosco e Pittino) - le condizioni di estremo disagio in cui si trovavano non gli immigrati clandestini, ma gli agenti della forza pubblica, ridotti al rango, certamente non «diminutivo» ma che non appartiene loro, di assistenti sociali; se gli amici della maggioranza ed il ministro Bianco in primis avessero verificato come, di fatto, l'unico centro di prima accoglienza temporaneo presente a Gorizia sia rappresentato dalla caserma della polizia, credo che i toni enfatici non apparterrebbero alla discussione che si svolge oggi in quest'aula. Allo stesso modo - mi si consentirà -, gli stessi toni enfatici, critici o plaudenti nei confronti della scoperta delle impronte digitali non vi sarebbero stati, amici della maggioranza, se, come me, aveste visto «a metri» i cartellini riproducenti le impronte digitali di immigrati clandestini che non possedevano un passaporto, venivano «riconosciuti» sulla parola e le cui impronte non potevano assolutamente essere confrontate con l'informatizzazione che, non certo il ministro Bianco ma, se non ricordo male, il ministro precedente (oggi


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presidente della I Commissione) aveva più volte promesso o garantito come già realizzata.
Questi immigrati, sicuramente, sono bravissime persone, tutte in cerca di una decorosa occupazione, molte delle quali in transito; anzi, visto che si è accusata l'opposizione di scarso approfondimento sulle tematiche concernenti i flussi migratori, gioverebbe oggi affermare che si è interrotto un certo flusso migratorio dall'Albania mentre si sta incrementando un grandissimo flusso migratorio dall'area ex balcanica, il 50 per cento del quale di solo transito, considerato che molti dichiarano di essere di etnia curda e che, transitando in Italia, dovrebbero raggiungere sedicenti parenti in Germania, Francia o Gran Bretagna, ma tant'è.
Come dicevo, probabilmente i flussi migratori sono cambiati ma sicuramente, allo stato attuale, in mezzo a tanta gente perbene, a tanti poveracci alla ricerca di una decorosa, degna ed inoppugnabile opportunità di nuova vita, sicuramente o molto probabilmente qualche malavitoso vi sarà. La tragedia è che in questo momento - verificare per credere - in Italia potrebbe esserci a piede libero qualsiasi pericoloso latitante internazionale di provenienza extracomunitaria, verosimilmente già fermato al valico di Casa rossa, senza che nessuno, né a livello comunitario, né a livello italiano, lo sappia. Questo eventuale, pericoloso, criminale, potrebbe colpire in maniera impunita perché di fatto nulla si sa di lui!
Vorrei fare ora anch'io una piccola provocazione tra le tante che ho sentito a proposito della funzionalità della legge Turco-Napolitano. Qualcuno di voi ha mai sentito parlare o visto in Italia un funerale di un cittadino cinese? Alla luce della limitata esperienza che ho potuto maturare nel Friuli-Venezia Giulia, devo dire di non averli mai visti, nonostante i ristoranti cinesi stiano - là come qui, d'altro canto - proliferando legalmente. Come noi sembriamo tutti quanti uguali alle popolazioni che provengono dall'estremo oriente, loro appaiono a noi molto simili, se non addirittura uguali: non vorrei, quindi, che risultasse piuttosto semplice confondere documenti e indicazioni, in modo tale da dare ad un permesso di soggiorno una funzione «permanente ed effettiva» negli anni in quanto, di fatto, non vi è alcun tipo di controllo effettivo.
Prima mi sono permesso di auspicare una visita del ministro Bianco. Mi risulta che quest'ultimo si dovrebbe recare alla Casa rossa nella prossima settimana (può darsi che io sia male informato, ma non lo so). Il ministro Bianco tempo fa aveva parlato spesso di un controllo aereo, attraverso un elicottero, dei confini. Pur non vedendo una grande utilità in un'iniziativa di questo genere, credo che comunque poteva essere già una cosa. Presumibilmente, egli si renderà conto che quell'elicottero non potrà mai decollare perché risulta essere sostanzialmente inutilizzabile (sia questo sia quello di scorta). Nel caso in cui dovesse trovare un elicottero ad attenderlo al suo atterraggio all'aeroporto di Ronchi dei Legionari per portarlo tempestivamente nelle zone interessate, forse gioverà ricordargli che quell'elicottero - come avveniva nei tempi ai quali faceva riferimento la collega Moroni: probabilmente cambiano le cose buone, ma i mali vizi restano sempre gli stessi - viene spostato dall'aeroporto militare di Bologna per far credere al ministro Bianco che sia effettivamente in funzione. Tutto questo si verifica nonostante a Tessera vi sia un grosso contingente di uomini (circa una settantina di elementi) che attende di essere utilizzato e che non viene attivato sostanzialmente perché mancano i mezzi necessari.
Sarebbe opportuno inoltre chiedere a che punto di realizzazione sia giunto il coordinamento tra le forze di polizia, un provvedimento tante volte decantato da questo come dai Governi precedenti. Anche in questo caso, se si andassero ad analizzare le circolari inviate dal Friuli-Venezia Giulia, ci si renderebbe conto che probabilmente il livello delle chiacchiere è molto elevato mentre i fatti stanno a zero, visto che, ad esempio nel caso dell'elicottero, i carabinieri, la polizia e la Guardia


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di finanza si sarebbero dovuti accordare su un pattugliamento di trenta giorni continuativi da effettuare su quel maledetto confine orientale e invece pare che alla fine gli unici agenti disponibili - ammesso che gli elicotteri siano poi riusciti a decollare - fossero quelli della Polizia di Stato: credo peraltro che nessuno sarebbe riuscito a risolvere qualcosa, anche se avesse pattugliato la zona con un elicottero per dieci giorni su venti!
Poiché vedo che il collega Sinisi sta prendendo appunti, vorrei precisare che queste cose ho avuto modo di dirle già al ministro Bianco nel corso di un'audizione e che, alla sua domanda «come fa lei a sapere queste cose», mi sono permesso di rispondergli: «Come fa lei a non saperle, visto che le sono state regolarmente notificate dalle competenti autorità regionali?».
Il collega Armaroli ha citato un articolo contenuto in una pagina de Il Sole 24 Ore di oggi, dove vengono riportate le valutazioni espresse dal presidente del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione ed il funzionamento della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen e di vigilanza sull'attività dell'unità nazionale Europol. Oggi si è tanto parlato (a sproposito, credo, forse da una parte e dall'altra; non lo so, non si sa mai bene come vadano a finire queste cose) di facile demagogia. Ebbene, io credo che sulle pagine de Il Sole 24 Ore il presidente di quella Commissione oggi abbia dato una lezione - forse non solo al sottoscritto - su come si riesca, anche ricoprendo incarichi istituzionali, a profondere a piene mani demagogia e poi neanche della più raffinata; è stata una demagogia tendenzialmente «spicciola»!
Alleanza nazionale e i gruppi della Casa delle libertà hanno presentato alcune proposte di legge in materia. La maggioranza, però ha ritenuto, con una legittima scelta politica, di farne scempio; speriamo di riuscire a correggere il tiro con una sola certezza di partenza: la situazione così com'è - spero sia chiaro a tutti - è intollerabile; la legge in vigore non funziona e le risposte che fino ad oggi la classe politica nel suo complesso ha dato - perché poi l'elettore finisce comunque per fare un po' di confusione - sono state clamorosamente inadeguate.
Oggi, e non certo per merito della maggioranza, abbiamo l'opportunità di rimetterci mano. Speriamo che steccati ideologici come quelli che ho visto e ho sentito stridere poc'anzi, non debbano ancora una volta segnare la parola fine al tentativo di affrontare in maniera seria, analitica e rigorosa, o forse solo semplicemente con maggiore buonsenso, un problema certamente delicato, ma con un tasso di urgenza assolutamente elevatissimo (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e misto-CCD).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, l'onorevole Stucchi ha già spiegato la nostra proposta che è una proposta di iniziativa popolare assolutamente coerente con i reali problemi del paese. Illustrerò alcuni principi per noi importanti sul tema dell'immigrazione.
Per noi è un dovere morale, più che politico, denunciare le gravissime responsabilità del centrosinistra per l'approvazione dell'attuale legge sull'immigrazione che noi stiamo da tempo combattendo e cercando di cambiare con le nostre proposte che saranno discusse domani in Assemblea.
Ricordo che la Lega nord Padania denunciò subito i pericoli che tale legge avrebbe generato: dal lassismo al permissivismo, alle tutele a 360 gradi a chiunque, alla concessione di diritti, senza chiedere nello stesso tempo di osservare alcuni doveri, all'impunità garantita, alle espulsioni solo sulla carta, ai ricongiungimenti incontrollati, allo schiavismo e alla droga. Sono tutti pericoli che la Lega nord Padania denunciava a suo tempo in Commissione e puntualmente questi problemi si sono verificati.
Avete introdotto la schiavitù nel nostro paese. La «merce umana» viene acquistata e venduta, meglio se minorenne, e


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sbattuta con violenza a prostituirsi sulle strade e a rubare. Questo noi lo denunciamo perché non fa e soprattutto non faceva parte della nostra cultura. Per questo motivo noi cerchiamo in tutti i modi di combattere quelle che per noi sono le vostre debolezze, soprattutto ideologiche. Questi sono i frutti, purtroppo, di politiche di sinistra dettate da ideologie disgreganti la società, la famiglia, le culture e le appartenenze. Sono i frutti e i figli di politiche che hanno generato purtroppo povertà in tutti i paesi in cui si è imposta questa logica. Ora, grazie purtroppo anche all'appoggio del partito popolare, questa ideologia sta distruggendo i valori del nostro popolo. Si è cominciato con l'immigrazione incontrollata e soprattutto agevolata (meglio se i soggetti in entrata erano delinquenti patentati); siete poi passati ad approvare in Europa il concetto dei matrimoni tra omosessuali e relative adozioni dei bambini; ora vi arrendete di fronte al problema della droga. Tutto questo denota delle precise incapacità di Governo, ma soprattutto questa politica del centrosinistra è pericolosa per la vostra cocciuta propensione a fare del male ai cittadini, costringendoli a vivere da vittime passive il degrado della loro società.
Per questi motivi noi non perdiamo occasione di ricordare quanto malessere c'è nell'attuale società. Nelle città, nelle strade, nelle abitazioni private, ormai non si vive più in modo tranquillo, soprattutto per la degenerazione degli aspetti politici che hanno contraddistinto negli ultimi cinque anni questo Governo di centrosinistra. Non bastasse ciò, vi ricordo le lotte in Commissione, quando volevamo demandare alle regioni le politiche sull'immigrazione mentre voi - il centrosinistra - avete invece imposto alle regioni, bocciando le nostre proposte, le leggi sull'immigrazione come principio fondamentale.
Noi riteniamo - e lo faremo con il prossimo Governo - che siano le regioni, sentito il volere dei propri cittadini, a scegliere quale dovrà essere la politica dell'accoglienza e in che modo questa dovrà essere controllata.
Avete imposto il principio dell'accoglienza, in buona sostanza, senza sentire le parti in causa, anzi avete fatto di peggio: le 700 mila firme raccolte dalla Lega nord per abrogare con referendum l'attuale legge sull'immigrazione sono state volutamente e politicamente annullate. La vostra Corte costituzionale...

ROSA JERVOLINO RUSSO, Presidente della I Commissione. Quella dello Stato italiano!

LUCIANO DUSSIN. ...probabilmente composta anche da giudici di Magistratura democratica, quindi di sinistra, alla faccia dell'imparzialità dei giudici, ha bocciato l'iniziativa popolare che noi, però, ripresentiamo in quest'aula. Probabilmente, la boccerete nei prossimi giorni ma sarà sicuramente vincente alle prossime politiche, perché è una proposta d'iniziativa popolare che porta avanti sentimenti che giungono direttamente dai nostri cittadini.
D'altronde, non possiamo aspettarci niente di meglio - è un'osservazione politica - da una maggioranza di centrosinistra in stile peruviano: una maggioranza abusiva, che ha ottenuto i numeri solo con manovre che hanno origine da imbrogli e da passaggi di schieramento che hanno mortificato la volontà dei cittadini elettori, ed ora purtroppo i cittadini ne pagano anche le conseguenze. I responsabili del centrosinistra, fra l'altro, non perdono occasione per offendere gli uomini della Lega, etichettandoli come razzisti, xenofobi e così via; ma a questo, comunque, come prima osservavo, penseranno i cittadini a breve.
Voglio ora riportare alcuni dati per far capire quanto sia grave la situazione che avete generato con la vostra politica sull'immigrazione. Troppi immigrati, reati in aumento: è quello che indica un sondaggio del Censis sulle paure relative agli immigrati. Il 75 per cento degli italiani ritiene che la criminalità aumenti con la presenza degli immigrati, tutelati con queste leggi demenziali; sono promossi, invece, gli operatori della polizia per il loro impegno sulla sicurezza. Al contrario, sono bocciati


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clamorosamente, sempre in base ai dati del Censis, il Governo e la sua maggioranza per le loro responsabilità nell'elaborare strategie e leggi, che sostanzialmente alimentano la criminalità.
I cittadini, di fronte al dilagare soprattutto dei crimini più odiosi, come il furto in abitazione, con relativo sequestro e violenza agli occupanti, non protestano più con le forze dell'ordine, perché si sono accorti che si tratta di un problema politico: è inutile prendere i ladri se dopo poche ore sono liberi e più sfacciati di prima, grazie a leggi che sembrano fatte apposta per rimetterli in libertà impuniti e più forti di prima. Queste cose ormai la gente le ha capite e va da sé che in uno Stato in cui la giustizia non funziona, alla fine, manca la democrazia: quando un cittadino non può più camminare con tranquillità per strada, quando non può stare tranquillo a casa sua nemmeno di notte, vuol dire che non vi è più democrazia. Se i cittadini hanno individuato i colpevoli nel Governo e nella sua maggioranza di centrosinistra, mentre assolvono la polizia, perché le colpe sono politiche, desta estrema preoccupazione il fatto che l'80 per cento dei cittadini non si fidi più della magistratura. Anche questo risulta da sondaggi recentissimi pubblicati sui maggiori quotidiani a tiratura nazionale.
Tutto ciò è preoccupante, perché i giudici sono visti non come la polizia, quindi come esecutori di leggi che sembrano scritte da gente che vive in altri mondi, bensì come soggetti che sempre più spesso fanno politica: non è un caso che certe sentenze siano uno scandalo ed indignino i cittadini. Da ultimo, abbiamo avuto quella sull'albanese che ha ucciso un bambino investendolo con la macchina e non si è fermato a prestargli soccorso: ebbene, è stato punito non per la premeditazione rispetto a quanto è avvenuto, ma solo per colpa, come se si trattasse di un incidente normale. Anche in questo caso è stata ignorata la volontà criminale di lasciar morire per strada un bambino di nove anni. Ciò lascia il cittadino con una rabbia incontrollabile nei confronti dei giudici che hanno assunto questa pazzesca decisione politica. Anche i cittadini hanno capito che buona parte della magistratura, purtroppo, fa politica e quindi bocciano i magistrati. Questo esempio di politica giudiziaria di sinistra, che difende e lascia impunito un assassino albanese, la dice lunga sulla volontà politica di garantire la libertà agli immigrati, soprattutto se delinquenti. È proprio l'argomento di cui stiamo parlando in queste ore perché viviamo simili vicende quotidianamente.
A Milano i giudici hanno liberato, pochi giorni fa, decine di stranieri che avrebbero dovuto essere espulsi anche per reati molto gravi perché, secondo loro, la libertà individuale non era tutelata. Allora, ci chiediamo: e quella dei cittadini derubati, chi la tutela? Hanno o no dignità i nostri cittadini? Probabilmente saranno anche gli stessi giudici che, invece di processare i delinquenti, stanno perdendo tempo, intere giornate di lavoro al tribunale di Milano, per processare i pericolosissimi contadini che manifestarono per la vicenda tristemente nota delle quote latte. Questi ultimi fanno più paura dei delinquenti perché sono contro il sistema, ma i cittadini ormai hanno compreso questi passaggi. Non è una situazione da Stato di diritto l'apprendere che un nomade, ricercato per furto, ha fornito ben quaranta diverse generalità, ottenendo per decine di volte i benefici di legge senza mai andare in galera, grazie al fatto che non gli sono state prese le impronte digitali.
Vi riporto alcuni titoli di giornale sulla questione sicurezza che ho ritagliato negli ultimi giorni: «Al nord aumenta la delinquenza straniera»; «Criminalità: la politica sottovaluta l'allarme sociale» (Il Sole 24 Ore); «Clandestini: i questori dalle mani legate» (La Stampa); «I trenta giorni per trovare le generalità di chi si rifiuta di darle per poi essere messo in libertà sono un'infamia, le espulsioni sono fatte ancora con i quindici giorni della legge Martelli». Sono titoli che si trovano sui quotidiani a maggiore tiratura. Un altro titolo: «Impotenti di fronte ai clandestini» (Il Gazzettino). Il Gazzettino riporta, tra l'altro, le


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denunce di due procuratori della Repubblica che affermano che: «le mafie albanesi e nigeriane la fanno sistematicamente franca». Ancora: «Gli avvisi di carcerazione agli extracomunitari nel 1999 rispetto al 1998 aumentano, in un solo anno, del 76 per cento in Friuli, del 30 per cento in Veneto e del 20 per cento in Lombardia» (Il Sole 24 Ore).
Da notare che tali dati vanno letti in conseguenza del fatto che nel 1997 gli stranieri denunciati sono stati 82 mila. Ciò significa che almeno altri 800 mila reati imputabili agli stranieri sono rimasti di autore ignoto. Non ho inventato io i dati che riguardano lo stato della giustizia in questo paese, che vedono l'83 per cento dei reati impuniti perché gli autori rimangono ignoti. Quindi se 80 mila sono stati colti in flagranza di reato, almeno 800 mila l'hanno fatta franca: ecco i frutti della legge Turco-Napolitano. La Repubblica riportava in un titolo la frase del Presidente Ciampi: «Criminali immigrati: basta con la tolleranza». È ciò che stiamo dicendo noi e i cittadini da moltissimo tempo, ma questa maggioranza, purtroppo, è sorda al riguardo. Questa è una bocciatura a tutto campo e i responsabili, tra i quali il ministro Livia Turco, dovrebbero prenderne atto. È certo che se il suo compagno Napolitano si difende dicendo che è vero, ma la destra fa demagogia, significa che non si vuole capire assolutamente nulla dei problemi reali che stiamo vivendo in questi giorni. Per questo ho detto che da parte nostra è un obbligo morale, prima che politico, cambiare questo sistema e soprattutto questa maggioranza.
Vi consiglio di fare una prova: in questi giorni mi sono collegato via Internet agli archivi relativi all'ultimo mese di diversi quotidiani e ho digitato le parole «albanese» e «albanesi». Vi sono decine e decine di articoli sulle barbarie commesse dalle loro bande ai danni dei cittadini durante le loro visite notturne nelle abitazioni.
Ormai nel bergamasco, nella provincia di Brescia, in tutta la Brianza - e adesso stanno arrivando in provincia di Padova e Treviso - ogni giorno, se si apre il giornale, è un disastro. C'è addirittura gente che sta vendendo la casa singola per andare ad abitare in un condominio, perché non ottiene nessun tipo di risposta alle esigenze minime di sicurezza.
Il sistema purtroppo lascia liberi questi individui quindi è un problema politico, così come è un problema politico, ad esempio, il fatto che non si riesca ad avere dei posti in cui mettere chi delinque.
Siamo perfettamente d'accordo su quello che diceva prima l'onorevole Moroni, che ha fatto un quadro dell'immigrazione, intendendo parlare di immigrati regolari che vengono qua per lavorare e quant'altro, ma il problema non sono gli irregolari o i regolari che vengono con dignità in Italia per chiedere di poter sopravvivere. Il problema che noi evidenziamo è un altro, è quello delle bande mafiose albanesi e nigeriane che vengono in Italia e costringono anche i nostri cittadini a vedere in un'unica ottica l'immigrato perbene e l'immigrato delinquente, perché le leggi non riescono a distinguere le due fattispecie.
Quindi, alla fine la gente si esaspera, mette assieme tutto e dice: vadano a casa tutti. Ma questa non è una colpa del cittadino, non è razzista il cittadino; sono le istituzioni che non permettono al cittadino di dire: questa è brava gente e quest'altra invece viene qua sbagliando, perché ci fa soffrire e quindi il concetto dell'accoglienza purtroppo va a farsi benedire. Il buonismo certe volte fa male soprattutto alle persone perbene e non agli altri.
Come dicevo, mancano anche, per volontà politica, i siti per accogliere chi delinque. L'altro ieri ho esaminato i dati contenuti in un'analisi: negli Stati Uniti ci sono un milione e 700 mila carcerati. Se si fa la proporzione, noi dovremmo averne almeno 350 mila; invece ne abbiamo solo 50 mila, quindi sette volte di meno, di cui 15 o 20 mila, tra l'altro, sono extracomunitari.
Il ministro Fassino ha poco da dire che farà qualcosa per assicurare la giustizia: deve prendere atto che il suo Governo di


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centrosinistra per cinque anni ha volutamente fatto di tutto perché il tema della sicurezza non fosse affrontato, anzi ci ha regalato la legge sull'immigrazione che consente, ad esempio, in un comune vicino al mio di vedere parcheggiati in un campo nomadi una Ferrari Testarossa cabriolet di colore bianco (perché sanno scegliersi anche i colori diversi da quelli della massa) ed una Mercedes 500 CL coupé nuova, per un valore di mezzo miliardo per due automobili, con un'altra serie di «macchinette» meno pretenziose del costo di circa 80 milioni cadauna, senza che nessuno vada a verificare la provenienza dei soldi necessari per acquistare auto da un miliardo e passa, perché questo era il parco auto presente fuori da questo campo nomadi.
Questi pagano in contanti, perché nessuno fa credito a queste persone, poi però, ad esempio, si aumenta il gas per il riscaldamento per i nostri anziani per regalarlo a questi balordi, perché alla fine sono queste le risposte che arrivano.
Quando noi denunciamo queste cose, non siamo razzisti; lo è chi tutela, come dicevo prima, questa categoria di malviventi, di bastardi che vengono nei nostri territori a romperci le scatole. Come vedremo anche domani e dopodomani, vi è una serie di dati impressionanti sulle attività criminali delle bande che noi vogliamo contrastare cambiando questa legge.
Sempre attraverso quel piccolo lavoro su Internet - che vi invito a fare - sono riuscito a rendermi conto di quanto questo fenomeno sia deleterio. Nel 2000 vengono compiuti degli assalti: c'è una serie di comuni...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCIANO DUSSIN. Ne riparlerò domani, ma per il momento posso dire che da queste notizie emerge che ogni sera nei vari comuni entrano queste bande di delinquenti che, minacciando le persone con un cacciavite alla gola, si fanno consegnare tutto e violentano le donne. Di questi fatti non si legge nulla sui giornali, perché spesso le donne non hanno il coraggio di denunciare lo stupro, il che è comprensibile. Così si vive grazie a questa legge che noi dobbiamo cambiare (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania e di Alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

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