Pronto il sistema EURODAC per il confronto delle impronte digitali

(E’ finalizzato al rilevamento dei dati di richiedenti asilo e di taluni altri stranieri)

Il 30 novembre scorso, a Bruxelles, è stato varato il regolamento che disciplina l’istituzione ed il funzionamento della banca dati europea la quale contiene e cataloga estremi ed impronte digitali di alcune categorie di extracomunitari, al fine di una più efficace applicazione della Convenzione di Dublino.

Nel 1991, all’indomani dell’approvazione della convenzione anzidetta ed in considerazione delle difficoltà che gli stati membri prevedevano di incontrare per individuare gli stranieri che avessero presentato una domanda d'asilo, i ministri competenti in tema di immigrazione ritennero necessario organizzare un sistema comunitario (Eurodac) di confronto delle impronte digitali e dei dati dei richiedenti asilo. Perciò, nel 1996, venne negoziata una convenzione fondata sul titolo VI del trattato di Maastricht, il terzo pilastro dell’Unione, relativo alla cooperazione tra gli stati membri nei settori della giustizia e degli affari interni.

Tuttavia, nel 1998, emergendo l’opportunità di estendere il campo d'applicazione del sistema anche al trattamento delle impronte di stranieri non rientranti nella categoria dei richiedenti asilo -i clandestini-, si elaborò un protocollo che estendesse il campo d'applicazione della convenzione a queste persone. Nel dicembre dello stesso anno, a causa dell'imminente entrata in vigore del trattato di Amsterdam che modificava la base giuridica della politica d’asilo e le relative procedure, il Consiglio europeo decise di trasformare i due elaborati, non ancora entrati in vigore, in un regolamento comunitario che avrebbe consentito di raccogliere in un unico atto applicabile direttamente in tutti gli Stati membri l’insieme delle norme relative alla conservazione, al confronto ed alla cancellazione dei dati identificativi degli stranieri considerati.

Eurodac consente agli Stati membri di conoscere, attraverso la raccolta delle impronte digitali da parte delle autorità nazionali, diverse notizie concernenti sia coloro che hanno presentato domanda di asilo presso uno Stato dell’Unione sia gli immigrati che hanno varcato irregolarmente una frontiera esterna della Comunità. I dati rilevati dagli Stati e trasmessi ad Eurodac possono indicare: il paese d'origine, il luogo e la data di presentazione dell'eventuale domanda d'asilo, il sesso e, nel caso specifico dei rifugiati, consente una più facile individuazione dello stato competente ad esaminare la domanda di asilo che, secondo "Dublino", può essere presa in considerazione da un solo Stato membro.

Spetta alla Commissione Europea verificare che i principi definiti dal regolamento vengano rispettati, ed in particolare essa vigila affinché le rilevazioni delle notizie e la raccolta delle impronte digitali vengano effettuate secondo legalità ed affinché i dati personali siano trattati ed adeguatamente protetti sulla base della direttiva 95/46/CE.

Il 26 maggio 1999, la Commissione Europea ha presentato una proposta di regolamento su Eurodac; il 23 settembre 1999 il comitato Schengen ha espresso parere favorevole al progetto da quella elaborato ed il successivo 18 novembre esso è stato approvato da parte del parlamento che ha, però, introdotto alcuni emendamenti su aspetti sostanziali della normativa.

In particolare, l’organo rappresentativo dei popoli europei, ha accentuato gli elementi di garanzia nella procedura di rilevazione dei dati. Sicché, tra le altre cose: si è decisamente escluso che potessero essere prese impronte di richiedenti asilo con età inferiore ai 18 anni, rigettando l’iniziale proposta di sottoporre a questo tipo di procedura anche i quattordicenni; i dati individuali raccolti in Eurodac debbono essere cancellati sistematicamente nel momento in cui alla persona viene riconosciuta una qualsiasi forma di protezione o di status giuridico come quello di rifugiato o come quello connesso al rilascio di un permesso di soggiorno; il trasferimento dei dati personali alle autorità di paesi terzi o ad enti pubblici deve avvenire in base a regole rigorose.

A causa di tali emendamenti, il 15 marzo 2000 la Commissione ha adottato una nuova proposta modificata ed il Parlamento è stato consultato sul progetto normativo e solo qualche giorno fa, l’iter si è concluso con l’approvazione definitiva di un regolamento che, in Italia, ha sollevato polemiche in ordine alla sua compatibilità con il rispetto dei diritti alla dignità e libertà garantiti come fondamentali dalla Costituzione.

Asilo

Secondo l’articolo 10, terzo comma della Costituzione, lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione Italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.

A tale categoria appartengono i c.d. rifugiati che l’art. 1 della Convenzione di Ginevra definisce come coloro i quali, "temendo a ragione di essere perseguitati per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche, si trovano fuori dal paese di cui sono cittadini o nel quale, se apolidi, hanno la residenza abituale e non possono o non vogliono, a causa di quel timore, avvalersi della protezione di questo paese". Costoro hanno diritto d’asilo presso i paesi firmatari della Convenzione.

Convenzione di Dublino (firmata il 15 giugno 1990)

E’ la convenzione che disciplina i criteri di individuazione dello Stato competente per l'esame delle domande di asilo presentate presso gli Stati membri dell’Unione. Lo Stato membro al quale è stata presentata la domanda di asilo è tenuto ad accogliere il richiedente e ad ospitarlo durante la procedura d’esame. Tale obbligo cessa se il richiedente asilo ha lasciato nel frattempo il territorio degli Stati membri per un periodo di almeno tre mesi o se uno Stato membro gli ha concesso un titolo di soggiorno di durata superiore a tre mesi. E’ competente per l'esame della domanda un solo Stato membro ed esso viene determinato in base ad uno dei criteri seguenti: 1)se il richiedente asilo ha un membro della famiglia cui sia stato riconosciuto lo status di rifugiato ai sensi della convenzione di Ginevra, che risiede legalmente in uno Stato membro, detto Stato è competente per l'esame della domanda, sempre che l'interessato lo desideri; 2) se il richiedente asilo ha un titolo di soggiorno in corso di validità rilasciato da uno Stato membro, è competente questo Stato membro; 3) se il richiedente asilo è titolare di un (o più) visto/i in corso di validità o scaduti rilasciati da uno Stato membro, è competente detto Stato membro; 4)se lo Stato membro in cui un richiedente asilo ha presentato la domanda può provare che questi ha varcato irregolarmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da uno Stato terzo, la frontiera di un altro Stato membro, è competente quest'ultimo Stato. Ciò non si applica tuttavia se il richiedente asilo ha soggiornato nello Stato membro in cui ha presentato la domanda per almeno sei mesi prima della presentazione di detta domanda; 5) l'esame della domanda d'asilo compete allo Stato membro responsabile del controllo dell'entrata dello straniero nel territorio degli Stati membri, a meno che, dopo essere entrato legalmente in uno Stato membro in cui è dispensato dal visto, lo straniero non presenti la domanda di asilo in un altro Stato membro in cui è parimenti dispensato dal visto.

Se nessuno dei criteri di cui sopra è applicabile, l'esame della domanda di asilo è di competenza del primo Stato membro al quale essa è stata presentata, tuttavia uno Stato membro, anche se non è competente per l'esame in base ai criteri previsti dalla convenzione, può, a richiesta di un altro Stato membro, esaminare per motivi umanitari una domanda di asilo, a condizione che il richiedente asilo lo desideri.

Trattato di Amsterdam (1 maggio 1999)

Le disposizioni finali del trattato di Maastricht stabilirono che nel marzo del 1996 i capi di stato e di governo si sarebbero riuniti per fare il punto della situazione relativa all’applicazione del trattato sull’Unione e per proporre nuove modifiche. La Conferenza intergovernativa di marzo sfociò addirittura in un accordo su un nuovo trattato per l’Europa che entrò in vigore nel 1999.

Il Trattato di Amsterdam ha introdotto rilevanti modifiche ai trattati istitutivi delle Comunità Europee. Per esempio, il Parlamento ha visto crescere il suo ruolo nelle procedure di adozione degli atti normativi comunitari diventando un vero e proprio co-legislatore insieme al Consiglio.

Per quanto riguardano invece il terzo pilastro, si è proceduto alla c.d. "comunitarizzazione". Sono state, con ciò, trasferite al primo pilastro le materie (rilascio di visti, cooperazione doganale, immigrazione, concessione dell’asilo) che precedentemente venivano trattate solo in ambito intergovernativo. Secondo il trattato di Maastricht, infatti, la cooperazione tra Stati nei settori della giustizia e degli affari interni si realizzava fondamentalmente attraverso "strategie comuni", "azioni comuni", "posizioni comuni", ecc. senza il ricorso ai tipici strumenti istituzionali (regolamenti, direttive, decisioni) di cui esse normalmente si servono.

Silvia Bucciarelli