VISTO l’articolo 5, comma 2, lettera a) della legge 23 agosto 1988, n. 400;

VISTO il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 28 ottobre 1997, n. 405, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 278 del 18 novembre 1997, recante istituzione ed organizzazione del Dipartimento per le pari opportunità nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri;

VISTA la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 marzo 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 116 del 21 maggio 1997, recante "Azioni volte a promuovere l’attribuzione di poteri e responsabilità alle donne, a riconoscere e garantire libertà di scelte e qualità sociale a donne e uomini";

VISTA la dichiarazione e il programma d’azione adottati dalla quarta conferenza mondiale sulle donne per l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace, svoltasi a Pechino dal 4 al 15 settembre 1995, in particolare la lett. E, nella quale si individuano gli obiettivi strategici da perseguire per la tutela delle donne coinvolte nei conflitti armati;

VISTO il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 26 marzo 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 73 del 29 marzo 1999, con il quale è stato dichiarato lo stato di emergenza nel territorio nazionale per fronteggiare un eventuale eccezionale esodo delle popolazioni provenienti dalle zone di guerra dell’area balcanica;

VISTO il decreto-legge 21 aprile 1999 n. 110, convertito dalla legge 18 giugno 1999, n. 186, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 144 del 22 giugno 1999, recante autorizzazione all’invio in Albania ed in Macedonia di contingenti italiani nell’ambito della missione NATO per compiti umanitari e di protezione militare, nonché rifinanziamento del programma italiano di aiuti in Albania e di assistenza ai profughi;

VISTO il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 12 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121 del 26 maggio 1999, recante misure di protezione temporanea, a fini umanitari, da assicurarsi nel territorio dello Stato a favore delle persone provenienti dalle zone di guerra dell’area balcanica;

TENUTO CONTO dei criteri e delle metodologie contenuti nelle linee guida per le politiche di genere nella cooperazione allo sviluppo, approvate nel 1998 da parte del comitato direzionale della cooperazione allo sviluppo del Ministero degli esteri;

CONSIDERATO che la Presidenza del Consiglio dei ministri ha promosso e coordinato campagne umanitarie a favore delle popolazioni provenienti dalle aree balcaniche interessate dai recenti conflitti;

CONSIDERATO che l’emergenza nell’area balcanica e le sue conseguenze sono caratterizzate da un notevole grado di complessità dovuto alla situazione militare e ai suoi effetti di lungo periodo, nonché alle quantità e ai tempi del flusso di profughi;

CONSIDERATO che le donne rappresentano la gran parte della popolazione profuga e che esse sono non solo vittime di gravi violenze ma anche soggetti determinanti per una ricostruzione della convivenza civile;

VISTA la deliberazione del Consiglio dei ministri del 16 giugno 1999;

UDITO il parere del Consiglio di Stato espresso nell’adunanza della prima sezione del 14 luglio 1999;

VISTA l’ulteriore deliberazione del Consiglio dei ministri del 29 luglio 1999;

Sulla proposta del Ministro per le pari opportunità;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Indirizza ai Ministri la seguente direttiva:

 

 

Art.1

(Finalità)

  1. La presente direttiva ha lo scopo di orientare l’azione delle amministrazioni statali competenti che intervengono nella gestione e nel finanziamento della campagna umanitaria a favore delle popolazioni già coinvolte nelle situazioni di conflitto nell’area dei Balcani, nell’esercizio delle proprie competenze, sulla base della valutazione dei diversi bisogni della popolazione maschile e femminile e delle peculiari situazioni in cui si trovano uomini e donne, allo scopo di avviare il ritorno ad una situazione di piena autonomia delle profughe e dei profughi.
  2. L’azione delle amministrazioni e dei soggetti indicati nel comma 1 del presente articolo persegue i seguenti obiettivi:

  1. favorire la partecipazione delle donne profughe all’organizzazione della protezione e dell’assistenza che le riguarda, in modo da avviare la creazione di un tessuto connettivo sociale funzionale alla ricostruzione della convivenza civile;
  2. favorire la costruzione di relazioni sociali che possano esercitare una funzione di protezione contro fenomeni quali la violenza sessuale, lo sfruttamento e il traffico di persone, in particolare donne e minori;
  3. integrare le strutture e le operazioni di accoglienza dei profughi nel contesto sociale circostante, valorizzando il ruolo attivo delle donne;
  4. favorire il perseguimento dei medesimi obiettivi anche nella fase di riabilitazione e di ricostruzione.

3. Nell’elaborazione di nuovi progetti e nell’attuazione dei progetti di assistenza umanitaria già elaborati ed approvati nelle sedi proprie, le amministrazioni statali competenti tengono conto dei criteri e degli obiettivi indicati dalla presente direttiva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art.2

(Criteri generali)

  1. Gli obiettivi di cui all’articolo 1, comma 2, sono attuati attraverso l’adozione concordata, da parte di tutti i soggetti partecipanti all’azione umanitaria e di ricostruzione, dei seguenti criteri generali:

a) valorizzare le donne come soggetti attivi socialmente ed economicamente, con particolare riguardo alla capacità di auto-organizzazione dei servizi di base, delle scuole, degli asili, delle attività collettive e di socializzazione sia nei campi di accoglienza, sia nelle comunità di rientro;

b) privilegiare la politica di accoglienza dei profughi in entità territoriali definite per facilitare la protezione e l’assistenza, valorizzando il contributo delle donne;

  1. accertare caso per caso la volontà dei profughi e delle profughe di espatriare in luoghi non investiti direttamente dal fenomeno bellico;
  2. valorizzare il ruolo delle donne di tutte le etnie in un processo di pace di area regionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art.3

(Criteri operativi orientati secondo il genere)

  1. L’azione delle amministrazioni e dei soggetti indicati nell’articolo 1, comma 1, tiene conto in modo particolare della differenza di genere per fornire adeguata assistenza materiale e per soddisfare le necessità delle donne profughe, con particolare riferimento a:

a) la distribuzione dei beni di necessità e la fornitura di materiale per l’igiene;

b) la logistica dei campi di accoglienza e degli eventuali futuri insediamenti nelle località di rientro, in particolare per quanto riguarda la dislocazione dei servizi, le modalità di somministrazione dei pasti e l’accesso a tutti i servizi forniti;

  1. l’assistenza sanitaria e sociale specifica per quanto riguarda le cure ginecologiche, le azioni di sostegno e di comunicazione per le persone vittime di violenza sessuale, per quelle che hanno dovuto abbandonare coattivamente i familiari, o che si trovano nell’impossibilità di occuparsi e proteggere i figli;
  2. la protezione fisica delle donne come attività di prevenzione della violenza;
  3. l’assistenza giuridica, con particolare riferimento alle problematiche relative al loro status e agli obblighi e diritti ad esso connessi;
  4. la realizzazione di attività culturali e di intrattenimento, con particolare riferimento a quelle destinate alle bambine e ai bambini.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art.4

(Azioni da intraprendere)

  1. I progetti di assistenza umanitaria che destinano parte dei fondi stanziati ad interventi direttamente o indirettamente rivolti alle donne già coinvolte nelle situazioni di conflitto nell’area dei Balcani mirano preferibilmente a:

  1. promuovere l’autogestione della vita quotidiana e tutte le forme di auto-organizzazione delle donne, le attività di supporto psicologico post-trauma, i ricongiungimenti familiari, le esperienze formative e lavorative;
  2. sviluppare azioni di sostegno alle esperienze già avviate dall’associazionismo italiano a favore delle donne;
  3. sviluppare strumenti di comunicazione che aumentino la consapevolezza dei rischi connessi con offerte di transito verso l’Italia e, soprattutto per le giovani, del rischio di assoggettamento a traffici criminali finalizzati allo sfruttamento sessuale;
  4. analizzare soluzioni differenziate per gruppi di età delle donne ed in particolare delle giovani, anche in collaborazione con centri universitari e centri di formazione;
  5. avviare o sviluppare iniziative economiche mirate all’organizzazione di servizi essenziali e alla ripresa delle attività economiche, con particolare riferimento alle iniziative di microcredito;
  6. studiare e realizzare, in collaborazione con le comunità di profughi, iniziative volte a favorire l’integrazione nel tessuto sociale, allo scopo di facilitare uno scambio di esperienze che tenga conto delle rispettive specificità culturali, nonché delle differenze fra i sessi e le generazioni;
  7. avviare iniziative volte a individuare il potenziale delle donne di diverse etnie e le modalità di promozione della partecipazione delle donne alle sedi negoziali e alla ricostruzione del tessuto sociale, in un’ottica di protezione dei diritti umani orientata secondo il genere;
  8. avviare iniziative mirate alla ricostruzione del tessuto sociale e culturale, con la realizzazione immediata di occasioni di scambio di presenze ed esperienze tra studenti e studentesse, docenti e intellettuali, attraverso soggiorni brevi, periodi di studio presso le università, avvio di progetti di ricerca congiunti.

 

 

 

 

 

 

Art.5

(Formazione del personale e informazione)

  1. Allo scopo di garantire una particolare attenzione alle esigenze delle donne, sia come soggetti sia come destinatarie delle iniziative di gestione dei campi e di ricostruzione, le amministrazioni competenti predispongono, nell’ambito delle attività formative del personale addetto, corsi brevi specificamente mirati alla conoscenza dei criteri indicati nella presente direttiva.
  2. Allo scopo di realizzare un’efficace circolazione delle informazioni finalizzate al miglioramento della condizione delle donne, sia nella gestione dei campi sia nelle comunità di rientro, e del ricongiungimento delle famiglie, le amministrazioni competenti:

  1. si avvalgono preferibilmente di operatrici socio-culturali per l’individuazione delle esigenze specifiche delle donne già coinvolte nelle situazioni di conflitto nell’area dei Balcani e dei differenti gruppi generazionali;
  2. avviano e promuovono iniziative volte a fornire materiale di informazione e documentazione, nonché di pubblicazioni in lingua comprensibile;
  3. avviano e promuovono iniziative volte a mettere a disposizione delle donne già coinvolte nelle situazioni di conflitto nell’area dei Balcani strumenti informativi e tecnologie di comunicazione in rete.

La presente direttiva sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

La presente direttiva sarà trasmessa alla Corte dei conti per la registrazione.

Roma,